Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14578 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14578 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29201/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende ex lege
-controricorrente-
avverso SENTENZA d ella C.T.R. dell’Emilia Romagna depositata il 06/02/2020
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ dal Consigliere NOME COGNOME
n. 392/2020 08/04/2025
FATTI DI CAUSA
Intesa Sanpaolo s.p.a. impugna la sentenza della C.T.R. dell’Emilia Romagna che ha respinto l’appello dalla medesima proposto avverso la sentenza della C.T.P di Ferrara, di rigetto del ricorso per l’annullamento dell’avviso di liquidazione dell’imposta di registro, nella misura di euro 33.158,00, relativo alla registrazione della sentenza del Tribunale di Ferrara n. 1421 del 2014.
La C.T.R., dato atto che l’oggetto della sentenza assoggettata ad imposta di registro riguardava unicamente l’effettivo saldo del conto corrente della soc. RAGIONE_SOCIALE senza che fosse pronunciata condanna al pagamento di somme, ha ritenuto applicabile la tassazione proporzionale con aliquota dell’1% ai sensi dell’art. 8 lett. c) della Tariffa parte Prima allegata al d.P.R. 131 del 1986.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
Con memoria ex art. 380 bis cod. proc. civ., la società ricorrente ribadisce le conclusioni assunte, formulando eccezione di inammissibilità del controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Intesa Sanpaolo s.p.a. formula due motivi di ricorso.
Con il primo fa valere, ex art. 360, comma 1 n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2909 cod. civ. e 8, comma 1 lett. e) della Tariffa, Prima parte allegata al
d.P.R. 131 del 1986. Rileva che la sentenza del Tribunale di Ferrara assoggettata all’imposta di registro, con cui era accertato il saldo di conto corrente della società correntista, aveva accolto le contestazioni delle medesima in ordine alla nullità delle clausole sulla determinazione del tasso degli interessi, alla nullità delle clausole anatocistiche relative all’addebito degli interessi debitori secondo il criterio della capitalizzazione trimestrale, alla nullità delle clausole relative alle spese e competenze concernenti gli addebiti. Ricorda che, secondo la lettura dell’art. 2909 cod. civ. offerta dalla giurisprudenza di legittimità, il giudicato si forma, oltre che sull’affermazione (o negazione) del bene della vita controverso, sugli accertamenti logicamente preliminari e indispensabili ai fini del decisum , quelli cioè che si presentano come la premessa indefettibile della pronuncia. Sicché, essendo la sentenza del Tribunale di Ferrara, con cui era determinato il saldo di conto corrente, fondata sull’accoglimento delle eccezioni di nullità delle clausole contrattuali, l’Ufficio avrebbe dovuto applicare la disposizione di cui all’art. 8 lett. e) della Tariffa che assoggetta i provvedimenti giurisdizionali che dichiarino la nullità o pronuncino l’annullamento di un atto all’imposta di registro in misura fissa, in quanto ripristinatori dell’originaria situazione patrimoniale.
Con il secondo motivo deduce, ex art. 360, comma 1 n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 8, comma 1 lett. c) della Tariffa, Parte prima allegata al d.P.R. 131 del 1986, quale risultante a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 177 del 2017. Rammenta che la disposizione, in conseguenza dell’intervento ablativo della Consulta, stabilisce che i provvedimenti di accertamento debbano essere tassati con l’aliquota del 1% salvo che si tratti dell’accertamento di crediti derivanti da operazioni soggette ad IVA, nel qual caso si applica
l’imposta di registro in misura fissa. Osserva che il principio di alternatività fra IVA ed imposta di registro, di cui all’art. 40 d.P.R. 131 del 1986, trova applicazione per tutti gli atti rientranti nella sfera applicativa dell’IVA, comprese, dunque, le operazioni imponibili, non imponibili ed esenti, quali i servizi bancari e finanziari, come chiarito dalla Corte di legittimità. Assume che se rientrano nel campo di applicazione dell’IVA, ancorché esenti, i corrispettivi delle prestazioni di servizi e cessioni di beni, non possono che rientrarvi anche le operazioni restitutorie conseguenti alle vicende contrattuali che abbiano ad oggetto le predette prestazioni o cessioni. Ciò si desume anche dalla disciplina di cui all’art. 90 della Direttiva 112/20006/CE e di cui all’art. 26 d.P.R. 633 del 1972, inerente alle conseguenze della nullità, dell’annullamento o della risoluzione del contratto relativo ad un’operazione rilevante ai fini IVA (richiama la sentenza della CGUE Lubbok C-63/92). Con la conseguenza che devono ritenersi ricadenti nel campo di applicazione dell’IVA, ancorché esenti, non solo gli interessi pagati in dipendenza del mutuo, ma anche quelli restituiti in conseguenza della rideterminazione della loro misura.
Il primo motivo è fondato.
La decisione qui impugnata afferma che la sentenza del Tribunale di Ferrara assoggettata all’imposta di registro è sentenza di mero accertamento, avendo ad oggetto l’effettivo saldo del conto corrente, con la conseguenza che ad essa va applicata l’aliquota proporzionale dell’1%, ai sensi dell’art.8, lett. c) della Tariffa, non essendo stata disposta, in assenza della relativa domanda, ‘alcuna condanna alla restituzione di somme, né sotto il profilo restitutorio, né sotto quello risarcitorio’ ciò rendendo inapplicabile il principio di alternatività IVA-imposta di registro.
Per dare soluzione al quesito posto con la doglianza occorre muovere dall’esame della sentenza pronunciata nella controversia intentata dalla RAGIONE_SOCIALE Ferrara RAGIONE_SOCIALE alla Cassa di Risparmio di Bologna, successivamente incorporata da Intesa Sanpaolo s.p.a.. Sia la parte ricorrente, sia l’Agenzia delle Entrate in sede di controricorso, ne riportano il contenuto (entrambe, peraltro, senza produrre la decisione in questa sede), soffermandosi in primo luogo sulle domande introdotte dalla parte attrice RAGIONE_SOCIALE con le quali la società aveva chiesto l’accertamento e la declaratoria di nullità delle clausole contrattuali contra legem . E segnatamente, delle clausole afferenti: alla previsione di interessi anatocistici con capitalizzazione trimestrale; alla previsione di commissioni di massimo scoperto; alla previsione degli interessi per i c.d. giorni di valuta. Erano, altresì state formulate la domanda di nullità dello jus variandi in favore dell’istituto di credito, nonché quella inerente alla declaratoria dell’illegittimità del saldo di conto corrente, in forza della sostituzione delle clausole nulle con la disciplina legale e, conseguentemente, quella dell’accertamento del relativo saldo. A fronte di siffatte domande, dal corpo della motivazione si trae -secondo quanto riportato dalla controricorrente, alla cui narrativa si fa riferimento, in ragione della non contestazione del contenuto- che il giudice aveva accolto ‘tutte le doglianze di parte attrice, rilevando che la clausola contrattuale di determinazione del saggio di interessi si limitava ad un mero riferimento ‘alle condizioni di piazza’ soffrendo quindi di assoluta genericità tale che la conoscenza successiva del saggio applicato non valeva a sanare l’originario vizio di nullità della pattuizione per carenza del requisito di determinabilità, la cui esistenza l’art. 1346 cod. civ. esige a priori’. Il Tribunale di Ferrara, inoltre, secondo la controricorrente, giudicava ‘fondata la doglianza della parte
attrice in merito all’illegittimo addebito degli interessi debitori secondo il criterio della capitalizzazione trimestrale’ (…) da ritenersi nulla e quanto alle spese alle commissioni ed alle competenze perveniva all’accertamento della ‘nullità della previsione concernente gli addebiti’ (…) per indeterminatezza ed interminabilità dell’oggetto ai sensi dell’art. 1346 e 1418, comma del cod. civ.’ (cosi espressamente dal controricorso). Su questa base il Tribunale di Ferrara pronunciava, nel merito, il seguente dispositivo ‘accerta e dichiara che il saldo del conto corrente (…) recava alla data del 31 dicembre 2008 un saldo a credito per l’attrice di euro 3.315.795,39’.
Non è, dunque, messo in discussione neppure dall’Agenzia delle Entrate che all’accertamento di cui al dispositivo il Tribunale sia pervenuto in ragione dell’accertamento dell’invalidità parziale del contratto per nullità delle clausole, oggetto della domanda introduttiva.
E’ necessario, allora, comprendere se una simile pronuncia possa configurarsi, ai sensi dell’art. 8 della Parte prima della Tariffa allegata al d.P.R. 131 del 1986, quale ‘accertamento di diritti a contenuto patrimoniale’ di cui alla lett. c), o, se invece vada inscritta fra i provvedimenti ‘che dichiarano la nullità o pronunciano l’annullamento di un atto, ancorché portanti condanna alla restituzione in denaro o beni’ di cui alla lett. e), posto che la particolarità del caso è insita nell’assenza della declaratoria di nullità delle clausole in dispositivo, ancorché essa sia pacificamente riconosciuta nel corpo della motivazione.
Va, innanzitutto, richiamato il recente orientamento di legittimità, secondo il quale ‘I provvedimenti giudiziari che dichiarano la nullità o pronunciano l’annullamento di un atto, ancorché di condanna alla restituzione di denaro o beni, o di risoluzione di un contratto, anche quando la dichiarazione di
nullità riguardi singole clausole ex art. 1419, comma 2, c.c., e non l’intero contratto che sopravvive tra le parti con la sostituzione della disciplina legale alle clausole nulle (nella specie, clausole di capitalizzazione trimestrale di interessi debitori relativi a contratti bancari con condanna della banca alla restituzione di somme indebitamente riscosse), sono soggetti ad imposta di registro in misura fissa, ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. e), della tariffa – parte prima – allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, essendo irrilevante che essi riguardino corrispettivi o prestazioni soggetti ad IVA, non trovando applicazione alla ripetizione di indebito oggettivo il principio di alternatività di cui all’art. 40 del d.P.R. citato, né l’art. 8, comma 1, lett. b), della suddetta tariffa, il quale postula la fisiologica validità ( in toto et in qualibet parte ) del contratto originante le obbligazioni per le quali si chiede al giudice di pronunciare la condanna al pagamento o alla consegna’ (Cass. Sez. 5, del 31/08/2022, n. 25610; conf. Cass. Sez. 5, del 26/09/2024 n. 32476, richiamate anche dalla parte ricorrente).
10. Con la sentenza testé richiamata (Cass. Sez. 5, del 31/08/2022, n. 25610), questa Sezione si è pronunciata su un’ipotesi analoga a quella in esame. In quel caso, l’allora ricorrente Agenzia delle Entrate dubitava che ‘la mera affermazione in motivazione della nullità di una clausola contrattuale’ consentisse la sussunzione della fattispecie nell’art. 8 lett. e) della Tariffa, trattandosi di una disposizione applicabile soltanto in caso di nullità dell’intero contratto e non anche di singole clausole (questione qui riproposta dall’Ufficio). Pur non occupandosi, in modo diretto, della mancata declaratoria in dispositivo della nullità delle clausole contrattuali -profilo rimasto, in quell’occasione, sullo sfondo – la Corte ha ritenuto che ‘la previsione dell’art. 8, comma 1, lett. e), della tariffa – parte prima allegata al D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131 non possa essere
limitata alla sola fattispecie della dichiarazione di nullità totale del contratto (art. 1418 cod. civ.), per quanto si tratti dell’ipotesi più frequente nella prassi, ma debba comprendere anche – per l’assoluta identità di ratio, che renderebbe illogica una difforme regolamentazione, in assenza di una differenza qualitativa tra le due pronunzie – la fattispecie della dichiarazione di nullità parziale del contratto (art. 1419 cod. civ.), allorquando la ripetizione delle prestazioni eseguite contra legem postula la ulteriore sopravvivenza del contratto adeguato mediante la sostituzione automatica delle clausole nulle con la disciplina legale (art. 1419, comma 2, cod. civ.)’. Infatti, prosegue la Corte, ‘non vi è alcuna differenza tra l’azione di nullità parziale e l’azione di nullità totale del contratto sul piano della giustificazione e dell’efficacia delle pronuncia giudiziale, essendo comune la funzione di conformare secundum legem la regolamentazione dei rapporti fra le parti mediante la reciproca restituzione delle prestazioni o delle attribuzioni sine titulo ‘.
E’ pur vero che in quel caso la parte aveva formulato, oltre alla domanda di declaratoria di nullità delle clausole contrattuali contra legem , anche la domanda di condanna alla restituzione delle somme indebitamente percepite in forza delle clausole nulle, laddove, nell’ipotesi qui in esame, si chiedeva che per effetto dell’accoglimento della prima, fosse accertato ‘l’effettivo saldo’ di conto corrente. Ma è anche vero che la rideterminazione del saldo non può che essere frutto del ricalcolo delle somme indebitamente scomputate in forza dell’applicazione delle clausole nulle. Appare, dunque, evidente che la richiesta di accertamento dell’effettivo saldo di conto corrente, ancorché non sia espressamente richiesta la condanna al pagamento delle rispettive somme, per l’evidente capienza del saldo, contiene l’azione di ripetizione di indebito oggettivo. Ed ugualmente appare evidente che la domanda sia stata così
interpretata dalla sentenza del Tribunale di Ferrara, che ha provveduto al ricalcolo espungendo le somme prive di causa adquirendi , per essere nulle le clausole contrattuali sottostanti.
Quanto sin qui osservato permette di affermare che, diversamente da quanto ritenuto dalla C.T.R. e dalla controricorrente, la pronuncia riveste funzione restitutoria perché l’accertamento del saldo, come richiesto, passa attraverso il ripristino delle prestazioni adempiute e non dovute, per effetto della nullità delle clausole e dell’applicazione della relativa disciplina legale.
Ora, secondo la giurisprudenza di questa Corte in tema di imposta di registro, i provvedimenti dell’autorità giudiziaria recanti condanna al pagamento di somme o valori o alla restituzione di denaro devono essere assoggettati, ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. b), della tariffa – parte prima allegata al D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, ad imposta proporzionale, a meno che, oltre alla condanna al pagamento di una somma di denaro o all’imposizione di un obbligo restitutorio, non abbiano ad oggetto anche l’annullamento o la declaratoria di nullità di un atto: in quest’ultimo caso, infatti, l’imposta dovrà essere determinata in misura fissa, in applicazione dell’art. 8, comma 1, lett. e), della tariffa – parte prima allegata al D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131 (in questo senso: Cass., Sez. 5^, 7/07/2017, n. 16814; Cass., Sez. 6^-5, 23/08/2017, n. 20315; Cass., Sez. 5^, 20/12/2018, n. 32969; Cass., Sez. 5^, 8/101/2020, n. 21702; ed ancora Cass. Cass. Sez. 5, 31/08/2022, n. 25610; Cass. Sez. 5, 32476 del 26/09/2024) .
La ratio di una simile impostazione, che esclude ogni proporzionalità dell’imposta assoggettando la pronuncia a misura fissa, sta proprio nell’assenza di trasferimento di ricchezza che connota l’effetto restitutorio dell’indebito conseguente alla declaratoria di nullità del contratto (o della sua
parziale nullità) o al suo annullamento o alla sua risoluzione, perché, in siffatti casi, la decisione altro non fa che ripristinare lo status quo ante dei rispettivi patrimoni delle parti, in quanto le prestazioni adempiute sono private ab origine di titolo giustificativo, ciò legittimando di per sé la ripetizione di quanto corrisposto.
Tirando le fila di quanto detto finora, va affermato che, nel caso in cui il pronunciamento del giudice di merito avente ad oggetto l’accertamento del saldo di conto corrente derivi dall’accertamento della nullità del contratto o delle sue clausole, ancorché manchi in dispositivo detta statuizione, ma essa sia chiaramente evincibile dalla motivazione, che provvede al ripristino della legalità del rapporto ed al computo del dareavere fra le parti, in forza della sostituzione delle clausole nulle con la disciplina legale, allora la decisione rientra del disposto dell’art. 8 lett. e) della Prima parte della Tariffa allegata al d.P.R. 131 del 1986. Sarebbe, altrimenti, violata la disciplina dettata dalla norma, come interpreta da questa Corte, ma sarebbe, altresì, introdotta una discriminazione fra la parte che abbia introdotto la domanda di nullità di clausole contrattuali e che ottenga la relativa declaratoria nel dispositivo e la parte che l’abbia egualmente introdotta e non l’ottenga, benché essa sia contenuta nella motivazione e sul suo accoglimento sia fondato il dispositivo. Una simile differenza, infatti, dipende unicamente da come il giudice ritiene di formulare il dispositivo e non da un diverso contenuto della decisione.
L’accoglimento del primo motivo esonera dalla trattazione del secondo, pur parendo opportuno ribadire quanto già affermato da questa Corte (cfr. supra ), secondo cui il principio dell’alternatività fra imposta di registro ed IVA di cui all’art. 40 del d.P.R. 131 del 1986 è irrilevante in relazione alle ipotesi di nullità delle clausole e sostituzione delle medesime con
la disciplina legale, con conseguente applicazione della disciplina dell’indebito oggettivo, ciò in quanto l’alternatività opera solo nei casi di cui all’art. 8 lett. c) cit., cui unicamente fa riferimento la nota II, siffatta ipotesi presupponendo la validità del contratto.
Il ricorso va, dunque, accolto e la sentenza – non essendo necessario alcun ulteriore accertamento- deve essere, cassata senza rinvio, ai sensi dell’art. 384, comma 2 cod. proc. civ., con decisione nel merito di accoglimento dell’originario ricorso, stante l’applicabilità dell’art. 8 lett. e) cit..
Le spese di lite dell’intero giudizio possono essere integralmente compensate, avuto riguardo al solo recente consolidamento degli orientamenti di legittimità sopra richiamati.
P.Q.M.
In accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso di parte contribuente . Compensa le spese di lite dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, in data 8 aprile 2025 .