Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24727 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24727 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/09/2025
Oggetto: identificazione appellato -mancata indicazione qualità criteri
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 32817/2019 R.G. proposto da NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME (pec: EMAIL, elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 1834/7/2019 depositata il 27/3/2019 e non notificata.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 10 luglio 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 1834/7/2019 veniva accolto l’appello proposto da ll’Agenzia delle Entrate – Riscossione avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Roma n. 11135/6/2017 con la quale era stato accolto il ricorso proposti da NOMECOGNOME in proprio e quale ex legale rappresentante della estinta società RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, avverso l’ avviso di intimazione e relativa cartella di pagamento per IVA e sanzioni 1991.
Il giudice di prime cure riteneva omessa la notifica della cartella sottesa all’intimazione e accoglieva il ricorso introduttivo.
La decisione veniva riformata dal giudice d’appello che riteneva fornita la prova della notificazione della cartella e tempestiva la notifica dell’intimazione.
Avverso la sentenza d’appello la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, cui replica l’Agenzia delle entrate – Riscossione con controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo la contribuente lamenta l’omess a valutazione di un fatto decisivo, in quanto la CTR non si è pronunciata sull’eccezione, svolta dalle controdeduzioni nelle controdeduzioni in appello, di definitività della sentenza di primo grado, poiché l’agente della riscossione aveva diretto il proprio appello unicamente nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante NOME COGNOME, società estinta già il 9.11.2000, anteriormente sia alla notifica dell’intimazione sia alla asserita notifica della cartella, e non verso NOME COGNOME destinataria di tali atti quale successore nei debiti della società.
Benché l’omessa pronuncia da parte del giudice d’appello sull’eccezione sussista, il motivo non può trovare ingresso.
2.1. Innanzitutto, nel caso di specie la pronuncia sulla questione non può desumersi, neppure implicitamente, dal semplice fatto che l’intestazione della sentenza reca la duplice indicazione degli appellati: ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e ‘Studio Commerciale Elaborazione Dati di RAGIONE_SOCIALE‘, poiché la questione , effettivamente sollevata dalla parte, non è neppure menzionata dal giudice nella motivazione.
2.2. Nondimeno, secondo questa Corte, alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 cod. proc. civ., una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di appello, la Corte di cassazione può evitare la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa
nel merito sempre che si tratti di questione di diritto che non richiede ulteriori accertamenti di fatto (ad es., v. Cass. n. 17416 del 2023). 2.3. Funditus , va data continuità anche nella presente fattispecie all’interpretazione giurisprudenziale (Cass. n. 23870 del 2006; Cass. n.11876 del 2018), secondo cui la mancata indicazione nell’epigrafe dell’atto di appello della qualità nella quale l’appellato è chiamato in giudizio non importa l’inammissibilità o la nullità dell’appello quando la predetta qualità risulti con certezza dal contesto dello stesso atto di appello. Infatti, per effetto del rinvio disposto dall’art. 342 cod. proc. civ. alle disposizioni degli artt. 163, comma terzo, n. 2) del codice di rito – che richiede l’esatta indicazione, nell’atto di citazione, delle parti – e 164 dello stesso codice, che fa dipendere la nullità dell’atto introduttivo solo dall’assoluta mancanza od incertezza del predetto requisito, dovendo porsi riferimento al contenuto sostanziale dell’atto, anche eventualmente integrato con gli atti pregressi, rispetto alla mera forma di esso, è valido l’atto di appello che consenta, alla stregua della valutazione del suo contenuto complessivo, di desumere univocamente il requisito riguardante la qualità in ordine alla quale la parte appellata deve considerarsi evocata in giudizio.
2.4. Nel caso di specie, ove il giudice avesse valutato la questione non avrebbe potuto che risolverla rigettando l’eccezione, tenuto conto del complesso le circostanze processuali evocate nella censura. Il giudice non avrebbe potuto considerare assolutamente incerta l’individuazione della parte appellata, da identificarsi non nella società, pacificamente estinta sia prima della notifica dell’intimazione impugnata sia prima della pretesa notifica della cartella sottostante, quanto piuttosto in NOME COGNOME quale suo ex socio e legale rappresentante e responsabile successore ex art. 2495, cod. civ., titolare dell’obbligazione tributaria. 3. Con il secondo motivo, la ricorrente prospetta l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, essendo stata eccepita in
entrambi i gradi di giudizio la nullità dell’atto di ingiunzione, perché notificato in assenza della cartella presupposta.
Il motivo è inammissibile: la CTR non ha omesso la valutazione di alcun fatto decisivo, avendo espressamente statuito sulla ritualità notificazione dell’atto sottostante all’intimazione impugnata, ossia la cartella di pagamento ritenuta correttamente notificata alla contribuente. La censura in ultima analisi non si confronta pienamente con la ratio decidendi .
Il terzo motivo, da qualificarsi come proposto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., deduce la violazione da parte della decisione dell’art. 145 cod. proc. civ. nel testo applicabile ratione temporis , con riferimento alla notifica il 9.12.2002, data da intendersi riferita alla notifica della cartella di pagamento sottesa all’intimazione.
Il mezzo è affetto da concorrenti profili di inammissibilità. Innanzitutto, come eccepito in controricorso, è inammissibile per difetto di specificità poiché la relata di notifica non è riprodotta e ciò non mette la Corte nelle condizioni di valutare la decisività della questione.
Inoltre, è pacifico il fatto che alla data del 9.12.2002 la società era già estinta (si legge in atti, in data 9.11.2000) e, conseguentemente, alla notificazione degli atti della riscossione non può applicarsi l ‘art.145 cod. proc. civ., relativo alla notificazione alle persone giuridiche, dovendo l’adempimento essere eseguito direttamente nei confronti della socia, quale successore dell’ente estinto.
Non può trovare ingresso neppure il quarto motivo di ricorso, che ambiguamente denuncia -senza indicazione del pertinente paradigma di censura processuale -da un lato un’omessa valutazione, ma, poi, è focalizzato sulla violazione di legge circa la prescrizione della pretesa
erariale, tenuto conto che il periodo d’imposta relativo è il 1991 mentre la notifica della cartella sottostante l’intimazione è intervenuta nel 2002, e anche la decadenza ex art. 25 del d.P.R. 600/1973.
7.1. Il mezzo è inammissibile, per più ragioni. Innanzitutto, la questione è nuova, dal momento che non risulta documentata l’introduzione tempestiva nel giudizio.
Inoltre, è inammissibile per la tecnica di formulazione poiché la censura compendia un coacervo di paradigmi processuali di doglianza che spaziano dalla violazione di legge alla doglianza motivazionale, in quanto la sovrapposizione di censure di diritto, sostanziali e processuali, non consente alla Corte di cogliere con certezza le singole questioni prospettate, dando luogo all’impossibile convivenza, in seno al medesimo motivo di ricorso, di censure caratterizzate da irredimibile eterogeneità (cfr. Cass. n. 36881/2021). In materia di ricorso per cassazione, il fatto che un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, non costituisce, di per sé, ragione d’inammissibilità dell’impugnazione, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, che la sua formulazione permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (Cass. Sez. U n. 9100/2015), ma, nella specie, il ricorso non consente quanto indicato dalle Sezioni unite.
7.2. In ogni caso, i profili relativi alla prescrizione (originaria) del credito e alla decadenza dell’esercizio della potestà impositiva sono precluse in relazione all’impugnata intimazione di pagamento, trattandosi di questioni che dovevano essere fatte valere impugnando la cartella di pagamento che ha ritualmente portato a conoscenza della
contribuente il debito, secondo l’accertamento del giudice di merito non utilmente censurato in sede di legittimità.
8. Il ricorso è conclusivamente rigettato e le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite in favore dell’Agenzia delle entrate – Riscossione, liquidate in euro 4.300,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Si dà atto del fatto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10 luglio 2025