Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 22963 Anno 2025
Civile Ord. Sez. U Num. 22963 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/08/2025
Oggetto
Ricorso contro decisioni di giudici speciali sul ricorso iscritto al n. 22141/2024 R.G. proposto da
COGNOME Paolo, in proprio e nella qualità di legale rappresentante pro tempore della società RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME domiciliata digitalmente ex lege ;
-ricorrente non costituito –
contro
Procuratore generale rappresentante il Pubblico Ministero presso la
Corte dei conti, domiciliato digitalmente ex lege ;
-controricorrente – avverso la SENTENZA della CORTE DEI CONTI SEZIONE SECONDA GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO n. 400/2023 depositata il 29 dicembre 2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto notificato il 5 febbraio 2021 la Procura Regionale della Corte dei Conti convenne dinanzi alla Sezione Giurisdizionale per la Lombardia la società RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE, esercente attività ricettiva in Milano, ed il suo legale rappresentante, NOME COGNOME chiedendone la condanna, in solido, al risarcimento del danno erariale conseguente al mancato versamento al Comune di Milano delle somme riscosse dagli ospiti della struttura (Hotel Royal) a titolo di imposta di soggiorno nel periodo compreso tra il 2015 e il 2017.
Con sentenza n. 81 del 2022, la Corte dei Conti Sezione Giurisdizionale per la Regione Lombardia, in accoglimento della eccezione del Talon, dichiarò il proprio difetto di giurisdizione, per essere la controversia devoluta al giudice tributario, giusta il disposto dell’art. 4, comma 1 -ter , d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23 (comma inserito dall’art. 180, comma 3, d.l. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77), che attribuisce la qualifica di responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno al gestore della struttura ricettiva con diritto di rivalsa sui soggetti passivi, norma applicabile anche « ai casi verificatisi prima del 19 maggio 2020 » ai sensi dell’art. 5 -quinquies (rubricato « Interpretazione autentica del comma 1ter dell’articolo 4 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 ») del d.l. 21 ottobre 2021, n. 146, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215.
3. L a Corte dei Conti Sezione Giurisdizionale Centrale d’Appello , con sentenza n. 400, depositata il 29 dicembre 2023, investita del gravame proposto dalla Procura Regionale della Corte dei Conti, in riforma di tale decisione ha dichiarato la giurisdizione contabile e rimesso gli atti al primo giudice per la decisione.
Secondo i giudici d’appello i richiamati mutamenti normativi (art. 180, comma 3, d.l. n. 34 del 2020 e art. 5quinquies d.l. n. 146 del 2021) non hanno intaccato il rapporto di servizio intercorrente tra il gestore di una struttura recettiva e il Comune e discendente dagli ulteriori compiti per tale figura previsti dall’art. 4, comma 1ter , d.lgs. n. 23 del 2011, sicché permane comunque la qualifica di agente contabile del primo e la conseguente giurisdizione della Corte dei Conti a conoscere della responsabilità amministrativo-contabile nei casi di mancato versamento.
R ichiamando l’ordinanza di queste Sezioni Unite n. 19654 del 2018, la Corte dei Conti ha osserv ato che tra l’albergatore e il Comune si realizza un rapporto di servizio pubblico con compiti eminentemente contabili, completamente avulso da quello tributario, sicché la riscossione dell’imposta assume centrale rilevanza ai fini del riversamento della stessa nelle casse comunali.
4. In data 18 luglio 2024 il Procuratore generale rappresentante il Pubblico Ministero presso la Corte dei conti ha depositato controricorso « per resistere e contraddire » al ricorso, che ha riferito essergli stato notificato in data 11 giugno 2024, proposto da NOME COGNOME in proprio e nella qualità di legale rappresentante pro tempore della società RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Unitamente al controricorso ha depositato: duplicato informatico della nota di iscrizione a ruolo; copia informatica della sentenza; duplicato informatico del menzionato ricorso; ricevute di accettazione e di avvenuta consegna della p.e.c. di notifica del controricorso a
contro
parte.
Il deposito telematico è stato accettato in data 24 ottobre 2024.
L’iscrizione a ruolo è avvenuta in base a certificato della Cancelleria Centrale Civile di questa Corte ─ datato 24 ottobre 2024 e depositato nel fascicolo informatico in pari data ─ attestante che il ricorso (che dalla copia esibita risultava effettivamente notificato in data 11/06/2024) non risultava iscritto a ruolo nel periodo compreso fra l’ 11/06/2024 e il 24/10/2024.
In data 19 dicembre 2024 è stata data comunicazione ─ al Procuratore generale presso la Corte dei Conti e all’ Avvocata NOME COGNOME che risultava aver sottoscritto il ricorso ─ della proposta di definizione ex art. 380bis cod. proc. civ. per improcedibilità del ricorso.
Tale proposta è stata così motivata:
« rilevato che la Procura generale presso la Corte dei conti ha depositato controricorso chiedendo di dichiarare il ricorso inammissibile o comunque di rigettarlo;
ritenuto che il ricorso si appalesa improcedibile, in quanto non risulta depositato a cura della ricorrente, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., come attestato dalla cancelleria ».
In data 20 gennaio 2025 è stata depositata , nell’interesse di NOME COGNOME in proprio e n.q. predetta, c.d. « memoria ex art. 380 bis c.p.c. (in opposizione alla proposta di definizione ex art. 380 bis c.p.c.) » corredata da nuova procura speciale e da numerosi altri allegati.
È stata fissata la trattazione del ricorso in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ..
Il Procuratore Generale ha depositato memoria, concludendo per il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Nella suindicata memoria, valida nella sostanza quale istanza di decisione ex art. 380bis c.p.c. rispettandone i requisiti di forma, il
ricorrente deduce che in data 27 giugno 2024 egli aveva proceduto al deposito telematico del ricorso con relativi allegati: procura speciale, sentenza impugnata, notifica, memorie di primo e secondo grado e relative attestazioni di conformità.
A riprova di ciò produce: « copia ricevuta di avvenuta consegna proveniente da ‘ EMAIL ‘ del 27 giugno 2024 ore 18.38; ricevuta di avvenuto deposito in formato eml; attestazione conformità relativo all’ della ricevuta di avvenuta consegna; frontespizio deposito 27.06.2024 generato dal software RAGIONE_SOCIALE ».
Soggiunge la difesa del ricorrente che: in date 2 e 3 luglio 2024 aveva chiesto a mezzo p.e.c. lo stato degli atti e che a tale richiesta gli uffici avevano risposto che il deposito non risultava, ma probabilmente lo stesso era ancora in lavorazione presso la cancelleria centrale; i successivi controlli non avevano avuto esito alcuno.
Sostiene che il deposito telematico degli atti processuali si perfeziona quando viene emessa la seconda p.e.c., ovvero la ricevuta di avvenuta consegna, da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia, come disposto dall’art. 16 -bis , comma 7, del d.l. n. 179 del 2012, il che nella specie sarebbe dimostrato dalla menzionata ricevuta ( sub All. 15) di avvenuta consegna della p.e.c. inviata all’indirizzo « EMAIL » a fini di deposito del ricorso e dei relativi allegati.
Le Sezioni Unite reputano che la documentazione prodotta sia idonea a dimostrare: da un lato, che il mancato completamento del deposito telematico del ricorso (la cui tempestività è provata dalla prodotta ricevuta di avvenuta consegna, datata 27 giugno 2024, del messaggio p.e.c. mediante il quale il ricorso era stato inoltrato al corretto indirizzo EMAIL ) è da imputare esclusivamente a un malfunzionamento del sistema in dotazione
dell’ufficio , effettivamente verificatosi in quel periodo per problemi tecnici nella ricezione dei depositi; dall’altro, che il ricorrente si è attivato tempestivamente per avere contezza del seguito del proprio invio, avendone ricevuto vaghe assicurazioni dall’ufficio, tali comunque da giustificare l’affidamento al riguardo riposto e la mancata riattivazione della procedura, con un nuovo deposito.
In tale contesto, in cui il mancato completamento del deposito non è addebitabile a inerzia colpevole del ricorrente ma, al contrario, quanto della relativa procedura è posto a carico del ricorrente può ritenersi tempestivamente adempiuto, il ricorso si sottrae alla sanzione di improcedibilità.
3. Con l’unico motivo di ricorso NOME COGNOME in proprio e n.q. predetta, denuncia « violazione e falsa applicazione degli artt. 103 comma 2 Cost. e 37 c.p.c. per aver la sentenza impugnata deciso in ordine ad imposta di soggiorno rientrante nella materia tributaria di cui al comma 1 -ter art. 4 d. lgs. 11 marzo 2011 n. 23 e di cui all’art. 5quinquies d.l. 21 ottobre 2021 n. 146 convertito con modificazioni dalla l. 17 dicembre 2021 n. 215 in vigore dal 21 dicembre 2021 (e relativo ad intepretazione autentica del citato comma 1 -ter art. 4 d.lgs. 23/2011) con conseguente violazione e/o falsa applicazione di norme di legge attributive della tutela giurisdizionale tributaria ex artt. 64 comma 3 d. P.R. n. 600/1973 ed art. 2 d. lgs. n. 546/1992 (e ss. modifiche l. n. 488/2001 e l. n. 248/2005) ».
Sostiene che:
─ in virtù di quanto previsto dall’art. 5 -quinquies d.l. n. 146 del 2021, convertito dalla legge n. 215 del 2021 (entrata in vigore il 21.12.2021), la disposizione dettata dall’art. 4, comma 1 -ter , d.lgs. n. 23 del 2011 trova applicazione anche riguardo ai fatti -quali quelli per cui si procede- verificatisi in epoca antecedente al 19 maggio 2020;
─ per effetto di tale norma, che ha riqualificato la figura del gestore della struttura ricettiva come responsabile di imposta, il rapporto tra lo
stesso e l’ente comunale ha assunto natura tributaria e non di servizio pubblico, essendo venuti meno la qualifica di agente contabile e il maneggio di denaro pubblico;
─ ne sarebbe, pertanto, dovuta derivare la devoluzione della controversia alla giurisdizione del giudice tributario.
La censura è infondata, risultando la decisione impugnata conforme a diritto, sebbene per motivi diversi da quelli in essa addotti, occorrendo sul punto solo correggere la motivazione ai sensi dell’art. 384, quarto comma, c.p.c..
Pronunciando in fattispecie per molti versi sovrapponibile a quella in esame queste Sezioni Unite, con ordinanza n. 14028 del 21/05/2024, hanno già avuto occasione di evidenziare (par. 10.2, pagg. 10-11), e va qui ribadito, che:
─ i l comma 1ter dell’art. 4 del d.lgs. n. 23 del 2011, introdotto dall’art. 180, comma 3, del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, vigente dal 19 maggio 2020, nel prescrivere che il gestore della struttura ricettiva è responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno, con diritto di rivalsa sui soggetti passivi, della presentazione della dichiarazione, nonché degli ulteriori adempimenti previsti dalla legge e dal regolamento comunale, con le relative sanzioni amministrative, non recava alcuna espressa indicazione o inequivoca formulazione di deroga al principio di irretroattività di cui all’art. 11 preleggi (da intendersi quale ‘ fondamentale valore di civiltà giuridica ‘: così, ad esempio, Corte cost. n. 145 del 2022), e non valeva, quindi, ad attribuire ex lege la qualifica di responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno al gestore della struttura ricettiva con riguardo ai rapporti antecedenti alla sua entrata in vigore, limitandosi conseguentemente a disporre in tal senso per l’avvenire ; il comma 1ter dell’art. 4 del d.lgs. n. 23 del 2011, vigente dal 19 maggio 2020, non poteva neppure qualificarsi come norma interpretativa del preesistente comma 1, attribuendo al rapporto fra il gestore della
struttura ricettiva e il Comune un significato nuovo, in base al quale il primo riveste la qualifica di responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno, significato non rientrante tra quelli già estraibili dall’originaria formulazione dell’art. 4 del d.lgs. n. 23 del 2011, secondo quanto risultante dal diritto vivente espresso da queste Sezioni Unite con l’ordinanza n. 19654 del 2018, che ravvisava tra il gestore ed il Comune un rapporto di servizio pubblico implicante il « maneggio di denaro pubblico » e, quindi, l’obbligo della resa del conto;
─ a propria volta, l’art. 5 -quinquies del d.l. n. 146 del 2021, come convertito (in vigore dal 21 dicembre 2021), qualificato formalmente dallo stesso legislatore come disposizione di interpretazione autentica del comma 1ter dell’art. 4 del d.lgs. n. 23 del 2011, e volto ad applicare anche ‘ ai casi verificatisi prima del 19 maggio 2020 ‘ il riconoscimento legale della qualifica di responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno al gestore della struttura ricettiva, ha attribuito alla norma introdotta dal d.l. n. 34 del 2020, come convertito, una portata estranea ai significati ricavabili dal comma 1ter ; esso detta, pertanto, una norma innovativa con efficacia retroattiva, in relazione all’ambito temporale di applicabilità del comma 1 -ter (cfr. Corte cost. n. 4 del 2024; n. 104 e n. 61 del 2022; n. 133 del 2020; n. 167 e n. 15 del 2018).
6. Nel caso di specie, l ‘atto di citazione della Procura Regionale della Corte dei Conti presso la sezione giurisdizionale per la Lombardia è stato notificato al convenuto, come detto, nel febbraio del 2021.
Al momento della proposizione della domanda era, dunque, vigente il comma 1ter dell’art. 4 del d.lgs. n. 23 del 2011 (dal 19 maggio 2020), norma che, tuttavia, mancando di un’espressa previsione di retroattività, non valeva ad attribuire ex lege la qualifica di responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno al convenuto con riguardo alle somme per cui è causa, relative al periodo compreso tra il 2015 e il 2017.
Al momento della notificazione della citazione sussisteva, dunque, la giurisdizione della Corte dei Conti, in base al rapporto di servizio pubblico tra il gestore della struttura ricettiva ed il Comune per il pagamento dell’imposta di soggiorno ravvisabile ratione temporis prima della disciplina innovativa introdotta con il comma 1ter dell’art. 4 del d.lgs. n. 23 del 2011.
L’art. 5 -quinquies del d.l. n. 146 del 2021, che ha esteso retroattivamente, anche « ai casi verificatisi prima del 19 maggio 2020 », il riconoscimento legale della qualifica di responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno al gestore della struttura ricettiva (qualifica che il ricorrente individua quale criterio di collegamento della controversia alla giurisdizione tributaria), è entrato in vigore il 21 dicembre 2021, quando il presente giudizio era già pendente.
Sia il comma 1ter dell’art. 4 del d.lgs. n. 23 del 2011, sia l’art. 5 -quinquies del d.l. n. 146 del 2021, hanno, dunque, dettato norme di natura esclusivamente sostanziale (l’una relativa alla qualificazione legale del rapporto, l’altra all’efficacia nel tempo della stessa qualificazione), con ricadute indirette sulla attribuzione della giurisdizione.
Il principio della perpetuatio iurisdictionis , di cui è espressione l’art. 5 c.p.c., rende comunque irrilevanti, ai fini della giurisdizione, i mutamenti legislativi, sostanziali o processuali, e dello stato di fatto successivi alla proposizione della domanda, perseguendo l’obiettivo di conservare la giurisdizione del giudice correttamente adito in base alla legge ed ai presupposti esistenti all’epoca della valida instaurazione del rapporto processuale. Tale principio, come interpretato da questa Corte in base ad esigenze di economia processuale, trova applicazione proprio e soltanto nei casi di sopravvenuta carenza della giurisdizione del giudice adito, e non anche quando il mutamento dello stato di fatto e di diritto (quest’ultimo semmai intervenuto in forza di legge espressamente dichiarata retroattiva) comporti l’attribuzione della
giurisdizione al giudice che ne era privo, dovendosi in questo caso confermare la giurisdizione di esso (cfr. Cass. Sez. U. n. 8999 del 2009; n. 1611 del 2007; n. 20315 del 2006; n. 25031, n. 18126, n. 15916 e n. 4820 del 2005; n. 9554 e n. 6774 del 2003).
La denuncia della mancata applicazione da parte del giudice contabile ─ il quale aveva conservato la giurisdizione ai sensi dell’art. 5 c.p.c. ─ della sopravvenuta disciplina sostanziale retroattiva del rapporto, introdotta dall’art. 5 -quinquies del d.l. n. 146 del 2021, vale al più a configurare un eventuale error in iudicando , ma non incide sui limiti esterni della giurisdizione speciale, determinata sulla mera base dell’individuazione della legge in vigore al momento dell’introduzione della causa.
7. Il ricorso deve essere dunque rigettato.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese nel rapporto processuale con il Procuratore generale della Corte dei conti, stante la sua natura di parte solo in senso formale.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento -ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – da parte delle ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto .
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto .
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di Cassazione, il 6 maggio 2025.
Il Presidente
P NOME D’Ascola