Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8607 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8607 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24951 -2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa da ll’ Avvocato NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al ricorso
-ricorrente-
contro
COMUNE DI COGNOME in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocato COGNOME COGNOME giusta procura speciale in calce al controricorso
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 726/2020 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 21/1/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 27/3/2025 dal Consigliere Relatore Dott.ssa NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE propone ricorso, affidato a quattro motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale della Campania aveva accolto l’appello del Comune di Marcianise e respinto l’appello incidentale della contribuente avverso la sentenza n. 3422/2018 emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Caserta, in accoglimento del ricorso proposto avverso cartella esattoriale per mancato pagamento TARI 2016 in favore del Comune di Marcianise.
Il Comune resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione dell’art. 1, commi 641, 642 e 649 prima parte, L. 147/2013, dell’art. 184, comma 3, lett. c, dell’art. 198, comma 2 lett. g D. Lgs 152/2006 e dell’art. 2909 c.c. per avere la Commissione tributaria regionale erroneamente rigettato la richiesta applicazione del giudicato esterno, di cui all’ordinanza n. 23434/2019 della Cassazione, a conferma della sentenza n. 7457/2017 della Commissione tributaria regionale della Campania, ritenendo legittimo l’operato del Comune di Marcianise, che aveva assimilato gli scarti industriali prodotti dalla contribuente ai rifiuti urbani e li aveva assoggettati alla TA.RI.
1.2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., violazione dell’art. 2909 c.c., Cass ord. n. 23434/2019. e CTR Campania sent. n. 7457/2017, dell’art. 184, comma 3, lett. c, D. Lgs 152/2006 e dell’ art. 1 comma 649 prima parte L. 147/2013
per avere la Commissione tributaria regionale erroneamente rigettato la richiesta applicazione del giudicato esterno, di cui all’ordinanza n. 23434/2019 della Cassazione, erroneamente qualificando gli scarti industriali prodotti nell’opificio della ricorrente quali rifiuti non pericolosi assimilabili a quelli urbani.
1.3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c. violazione degli art. 2909 e 2967 c.c. in relazione all’ordinanza n. 23434/2019 della Corte di Cassazione per avere la Commissione tributaria regionale disatteso il giudicato derivante dalla suddetta pronuncia circa la natura di rifiuti speciali, non assimilabili a quelli urbani, degli scarti industriali prodotti dalla ricorrente, al cui smaltimento provvede la stessa società avvalendosi di imprese specializzate, affermando e rroneamente che la contribuente si era sottratta all’onere della prova circa la produzione di rifiuti speciali non assimilabili.
1.4. Le doglianze, da esaminare congiuntamente, in quanto strettamente connesse, sono infondate.
1.5. Il giudicato derivante dall’ordinanza di questa Corte n. 23434/2019, pur vertendo tra le stesse parti e sui medesimi locali anche qui dedotti, ha tuttavia avuto ad oggetto annualità impositiva (2014) diversa da quella del presente giudizio (2016).
1.6. Ricorre in proposito il consolidato orientamento di legittimità -originatosi da Cass. SSUU n. 13916/06 e poi innumerevoli volte richiamato, anche nella specifica materia della tassa rifiuti -secondo cui l’efficacia espansiva del giudicato formatosi tra le stesse parti può in effetti investire anche annualità diverse da quelle in esso contemplate, ma a condizione che si verta di accertamenti fattuali o qualificazioni giuridiche del rapporto segnate sia da stabilità normativa, sia da durevolezza e tendenziale invarianza nel tempo, essendo stato affermato che nel processo tributario, l’effetto vincolante del giudicato esterno in relazione alle imposte periodiche concerne i fatti integranti elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di annualità, abbiano
carattere stabile o tendenzialmente permanente, mentre non riguarda gli elementi variabili, destinati a modificarsi nel tempo (cfr. ex plurimis Cass. n. 25516/2019; Cass. n. 38950/2021; Cass. n. 16684/2022; Cass. n. 2305/2024).
1.7. Nel caso di specie è la stessa ricorrente a porre in evidenza come il portato sostanziale del giudicato esterno in questione dovrebbe attestare -con forza preclusiva di intangibilità, ex art. 2909 c.c. -la tipologia dei rifiuti specificamente prodotti dalla contribuente, con la necessità, dunque, di individuare un elemento fattuale della vicenda impositiva per sua natura suscettibile di mutare negli anni e quindi -richiamando la giurisprudenza -privo di quel «carattere stabile o tendenzialmente permanente» che si è visto giustificare l’espansione nel tempo del giudicato tributario esterno.
1.8 . L’accertamento in questione andava pertanto svolto dal giudice di merito con riguardo alla specifica annualità 2016, non potendosi a priori escludere che la natura dei rifiuti prodotti in questa annualità potesse essere diversa -in tutto o in parte -da quella dell’annualità colà considerata, non importa se per scelta aziendale, contingenza di mercato o qualsiasi altro fattore produttivo.
1.9. Questa conclusione tanto più si avvalora considerando poi che il nucleo del giudicato esterno invocato dalla ricorrente poggiava specificamente sul fatto che la società avesse in quel giudizio «provato» di produrre rifiuti speciali non assimilabili, con ciò introducendo un ulteriore elemento di mutevolezza in ordine non solo al variare dell’oggetto della prova (tipologia dei rifiuti prodotti anno per anno), ma anche dell’esito dell’attività dimostrativa posta a carico della società contribuente, che be n avrebbe potuto -per l’anno qui in esame invece non soddisfare il relativo onere probatorio, quand’anche assolto nelle annualità precedenti.
1.10. Corretta è dunque la decisione della Commissione Tributaria Regionale sul punto, avendo l’ordinanza di questa Corte, citata, investito -nell’oggetto di asserita rilevanza preclusiva ex art. 2909 c.c. elementi della fattispecie impositiva o esonerativa in realtà non vincolanti, perché
per loro natura non durevoli e necessariamente stabili, bensì suscettibili in fatto di mutare nel tempo a seconda delle annualità considerate.
2.1. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c. , violazione dell’art. 1 , comma 649, terzo periodo, L. 147/2013, dell’art. 21 Regolamento comunale approvato con delibera n. 38 del 5/9/2014 e successive modifiche e dell’art. 2909 c.c. in r elazione all’ordinanza n. 23434/2019 della Corte di Cassazione, a conferma della sentenza n. 7457/2017 della Commissione tributaria regionale della Campania, e lamenta che sia stato erroneamente rigettato l’appello incidentale della contribuente circa le aree adibite al deposito dei prodotti finiti (mq 1.200), affermando che in ogni caso l’esenzione dal tributo poteva essere riconosciuta solo rispetto all’area di «sicura produzione dei rifiuti speciali e non anche quelle confinanti, o comunque legate al ciclo produttivo (es. aree deposito)», laddove la sentenza n. 7457/2017 aveva ribadito che la TARI deve applicarsi agli spazi relativi agli uffici, alla mensa ed ai servizi, con conseguente disapplicazione degli spazi relativi all’ area adibita alla produzione industriale di proprietà dell’ appellante società.
2.2. La doglianza è inammissibile.
2.3. Per quanto concerne la mancanza dei presupposti per l’efficacia del giudicato dianzi citato nel giudizio in esame si fa rinvio a quanto già evidenziato con riguardo ai primi tre motivi di ricorso.
2.4. La Commissione tributaria regionale, inoltre, ha rigettato l’appello incidentale anche sul rilievo che la contribuente aveva l’onere di provare la produzione, da parte sua, di rifiuti speciali non assimilabili a quelli urbani, e per i quali aveva provveduto autonomamente ad un trattamento differenziato, indicando anche i dati relativi all’esistenza ed alla delimitazione delle aree di produzione, onere al quale la ricorrente si era dunque sottratta.
2.5. La Commissione tributaria regionale ha dato corretta applicazione, pertanto, al consolidato orientamento di questa Corte secondo cui, in tema
di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), ma gli stessi principi valgono anche per la TARI, spetta al contribuente l’onere di fornire all’amministrazione comunale i dati relativi all’esistenza e alla delimitazione delle aree in cui vengono prodotti rifiuti speciali non assimilabili a quelli urbani (da lui smaltiti direttamente, essendo esclusi dal normale circuito di raccolta), che dunque non concorrono alla quantificazione della superficie imponibile, in applicazione dell’art. 62, comma 3, del d.lgs. n. 507 del 1993, posto che, pur operando anche nella materia in esame il principio secondo il quale spetta all’amministrazione provare i fatti che costituiscono fonte dell’obbligazione tributaria (nella specie, l’occupazione di aree nel territorio comunale), per quanto attiene alla quantificazione del tributo, grava sull’interessato (oltre all’obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 70 del d.lgs. n. 507 del 1993) un onere d’informazione, al fine di ottenere l’esclusione delle aree sopra descritte dalla superficie tassabile, ponendosi tale esclusione come eccezione alla regola generale, secondo cui al pagamento del tributo sono astrattamente tenuti tutti coloro che occupano o detengono immobili nel territorio comunale (cfr. Cass. n. 2623 del 2023, 21250 del 2017).
2.6. Le doglianze della contribuente circa il mancato riconoscimento dell’esenzione de lla TARI con riguardo alle aree adibite al deposito dei prodotti finiti non individuano, quindi, correttamente la ratio decidendi , contenuta nella sentenza della Corte territoriale, circa la mancata prova della dichiarazione, per l’annualità in contestazione, in merito alla produzione dei rifiuti speciali e alle aree in cui essi vengano prodotti nella denuncia originaria o di variazione da parte dell’impresa contribuente.
2.7. In tal modo, la decisione è sorretta da una doppia ratio decidendi, sicché la ricorrente avrebbe dovuto dirigere la propria impugnazione anche contro tale statuizione.
2.8. Come è noto, infatti, ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa
impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (cfr. Cass. S.U. n. 7931 del 2013; Cass. nn. 4293 del 2016, 22753 del 2011).
2.9. Il motivo di ricorso risulta, pertanto, carente, in punto di ammissibilità, per la mancata censura della ratio decidendi della sentenza impugnata.
Alla stregua delle suesposte argomentazioni, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a pagare le spese del giudizio in favore del Comune controricorrente, liquidandole in euro 4.305,00 per compensi, oltre ad euro 200,00 per esborsi, nonché spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge, se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da remoto, della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, in data 27.3.2025.
Il Presidente (NOME COGNOME)