Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2465 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 2465 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/01/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 8377/2015 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del procuratore speciale NOME COGNOME, rappresentata e difesa, anche disgiuntamente, dagli AVV_NOTAIO.ti NOME COGNOME, Prof. NOME COGNOME e NOME COGNOME e presso lo studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO (sc. IX – int. 12), elettivamente domiciliata in virtù di procura speciale
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore AVV_NOTAIO pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’ RAGIONE_SOCIALE AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, che la rappresenta e difende per legge
-resistente-
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna, n. 1606/02/2014, Sez. n. 2, pronunciata il 5 marzo 2014 e depositata il 24 settembre 2014, non notificata .
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 gennaio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del primo e del secondo motivo di ricorso, rigettati i restanti;
udito per parte ricorrente l’Avv.
udito per l’RAGIONE_SOCIALE AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE l’Avv
NOME COGNOME; . NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
1. La RAGIONE_SOCIALE che svolge l’attività di produzione e commercializzazione di autogrù fuoristrada e di commercializzazione di autogrù usate, è (per quanto riguarda il periodo d’imposta 2004, che qui rileva):
posseduta al 100% dalla RAGIONE_SOCIALE (c.d. controllante diretta), con sede in Olanda, che esercita l’attività di direzione e coordinamento (in qualità di socio unico);
inserita in un Gruppo multinazionale che fa capo alla c.d. controllante indiretta statunitense RAGIONE_SOCIALE – USA, detentrice del marchio RAGIONE_SOCIALE;
titolare della partecipazione totalitaria (100%) in due società italiane e, cioè, la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE;
aderente, per il periodo d’imposta 2004 , al consolidato fiscale nazionale (in qualità di consolidante), ai sensi RAGIONE_SOCIALE artt. 117 e ss. del T.U.I.R.
In data 22 dicembre 2004, la capogruppo statunitense RAGIONE_SOCIALE (in qualità di cedente del diritto di usufrutto del marchio) e la controllata RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (in qualità di cessionaria del diritto di usufrutto del marchio) hanno stipulato un contratto, denominato di cessione del diritto di usufrutto del marchio ‘RAGIONE_SOCIALE‘.
Con due distinti contratti stipulati lo stesso 22 dicembre 2004, la RAGIONE_SOCIALE ha quindi concesso in licenza d’uso il marchio RAGIONE_SOCIALE, acquisito in usufrutto dalla capogruppo americana, alle proprie controllate italiane RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, pur mantenendo il diritto di utilizzare essa stessa il medesimo marchio.
In conseguenza di tali operazioni, RAGIONE_SOCIALE ha: pagato alla capogruppo statunitense un corrispettivo di € 8.738.697,00, quale
costo di acquisizione del marchio, iscritto, tra le immobilizzazioni immateriali, nello stato patrimoniale del bilancio chiuso al 31 dicembre ed ammortizzato nell’anno 2004 (quota pari a €. 43.071,00) e nei successivi anni per tutto il periodo di durata dell’usufrutto stesso (cinque anni). La quota di ammortamento dedotta nell’anno 2004 (qui in contestazione) è pari a € 43.071,00;
incassato – per i cinque anni di durata dell’usufrutto- le royalties dalle proprie controllate italiane RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE per un importo complessivo di € 10.104.619,00.
L’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha notificato alla RAGIONE_SOCIALE :
un avviso di accertamento con il quale è stata rettificata – ai fini IRES – la dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2004, recuperando a tassazione la quota di ammortamento spesata nell’esercizio ed accertando nei confronti della stessa società (quale consolidata) una maggiore IRES teorica;
un avviso di accertamento con il quale è stata rettificata – ai fini IRAP – la dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2004, recuperando a tassazione maggior valore della produzione ai fini Irap, corrispondente alla quota di ammortamento del diritto di usufrutto del marchio riferita all’anno d’imposta 2004, e pertanto accertando una maggiore IRAP ed irrogando la relativa sanzione pecuniaria;
un avviso di accertamento con il quale è stato di conseguenza rettificato – ai fini IRES – il reddito imponibile consolidato; è stata accertata – nei confronti della società contribuente (quale ‘consolidante’) – la maggiore IRES ed è stata irrogata la relativa sanzione pecuniaria;
un avviso di accertamento con il quale è stato contestato alla contribuente il mancato assoggettamento a ritenuta del compenso pagato alla controllante statunitense RAGIONE_SOCIALE, previa riqualificazione del compenso pattuito per la cessione del diritto di usufrutto del marchio in termini di r oyalty , con conseguente recupero a tassazione dell’imposta corrispondente all’importo RAGIONE_SOCIALE ritenute non operate ed irrogazione della relativa sanzione pecuniaria;
un atto di irrogazione della sanzione pecuniaria, a fronte dell’asserito omesso versamento RAGIONE_SOCIALE ritenute.
Gli atti impositivi muovevano dal presupposto che l’Amministrazione riteneva fiscalmente non rilevante l’operazione di cessione del diritto di usufrutto del marchio in esame e recuperavano a tassazione gli ammortamenti dedotti sia ai fini IRES che IRAP, valutando che la stessa operazione fosse priva di un motivo che ne giustificasse
economicamente la realizzazione (e quindi la certezza e l’inerenza dei costi imputati in contabilità e dedotti fiscalmente dalla RAGIONE_SOCIALE) , poiché i prodotti RAGIONE_SOCIALE erano commercializzati dalla stessa contribuente già prima dell’acquisizione del diritto di usufrutto sul marchio; né era stata provata l’assenza di un risparmio fiscale indebito, determinato dal trasferimento all’estero di materia imponibile, all’interno del medesimo gruppo di interesse economico.
Pertanto, l’Ufficio, come avvenuto anche per gli anni 2005-2006-2007 e 2008, ha ritenuto di recuperare a tassazione la quota di ammortamento del diritto di usufrutto del marchio, quale componente negativo di reddito, dedotto in assenza del requisito di inerenza, in violazione dell’art. 109, commi 1 e 5, del T.U.I.R.
Contemporaneamente, l’Amministrazione ha ritenuto che la contribuente avrebbe dovuto effettuare e versare le ritenute sul medesimo corrispettivo pagato alla capogruppo statunitense RAGIONE_SOCIALE USA, titolare del marchio concesso in usufrutto
Proposti dalla contribuente distinti ricorsi avverso gli atti in questione, la Commissione tributaria provinciale di Bologna, dopo averli riuniti, li ha accolti, annullando tutti gli atti impositivi.
L’appello dell’RAGIONE_SOCIALE è stato parzialmente accolto dalla sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna di cui all’epigrafe, che, in riforma della sentenza di primo grado, ha ritenuto illegittima la deduzione, operata dalla ricorrente, della quota di ammortamento del costo di acquisizione del diritto di usufrutto del marchio RAGIONE_SOCIALE. La CTR, inoltre, in merito all’applicazione della ritenuta sul corrispettivo corrisposto a seguito del contratto di cessione di usufrutto del marchio RAGIONE_SOCIALE, ha ritenuto applicabile l’aliquota convenzionale del 10% , in luogo di quella, richiesta dall’Ufficio, del 30% ai sensi dell’art. 25, comma 4, del d.P.R. n. 600 del 1973.
Per la cassazione della decisione della CTR propone ricorso, affidato a cinque motivi e supportato da memoria, la contribuente, mentre l’RAGIONE_SOCIALE, senza proporre difese, deposita nota al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.
Il P .M., nella persona del AVV_NOTAIO, con requisitoria scritta, chiede accogliersi il primo e il secondo motivo di ricorso, con rigetto dei restanti.
RAGIONI DELLA DECISIONE
0.Preliminarmente, deve rilevarsi che l’RAGIONE_SOCIALE, intimata, ha depositato ‘atto di costituzione’ nel quale espone di essere difesa e rappresentata dall’RAGIONE_SOCIALE AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e di essere domiciliata presso gli uffici di quest’ultima; dichiara di non essersi ‘costituita nei termini di legge mediante controricorso’; e si ‘costituisce al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 comma 1 c.p.c.’.
Tanto premesso l’RAGIONE_SOCIALE intimata, senza contestazione RAGIONE_SOCIALE controparti, ha partecipato, tramite l’Avvocato RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE presente in udienza, alla discussione della controversia innanzi a questo Collegio, esercitando la facoltà processuale espressamente consentita, nella fattispecie de qua , dal secondo periodo del primo comma dell’art. 370, cod. proc. civ., il quale (nella versione applicabile ratione temporis a questo giudizio), così dispone: « La parte contro la quale il ricorso è diretto, se intende contraddire, deve farlo mediante controricorso da notificarsi al ricorrente nel domicilio eletto entro venti giorni dalla scadenza del termine stabilito per il deposito del ricorso. In mancanza di tale notificazione, essa non può presentare memorie, ma soltanto partecipare alla discussione orale.».
Per quanto riguarda la facoltà che qui interessa, peraltro, la norma non ha subito modifiche significative neppure con la novella di cui all’art. 3, comma 27, lett. f) num. 1), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 ( che, in ragione dell’art. 35 del medesimo d.lgs. n. 149 del 2022, come modificato dall’art. 1, comma 380, lett. a), della legge 29 dicembre 2022, n. 197, ha effetto a decorrere dal 1° gennaio 2023 e si applica ai giudizi introdotti con ricorso notificato a decorrere da tale data).
Infatti, il primo comma dell’art. 370 cod. proc. civ., dopo la recente novella, così recita: «La parte contro la quale il ricorso è diretto, se intende contraddire, deve farlo mediante controricorso da depositare entro quaranta giorni dalla notificazione del ricorso. In mancanza , essa non può presentare memorie, ma soltanto partecipare alla discussione orale.».
La giurisprudenza di questa Corte, con consolidato orientamento, ha ripetutamente chiarito che «La parte alla quale il ricorso per cassazione è diretto, se intende contraddire deve farlo mediante controricorso da notificare al ricorrente nelle forme e nei termini di cui all’art. 370, primo comma, cod. proc. civ. In mancanza, la detta parte non può presentare memorie ma solamente partecipare alla discussione orale. A tal fine il difensore deve essere munito di procura speciale che, in assenza di controricorso, non può essere apposta validamente a margine di una “memoria conclusiva” depositata in
prossimità dell’udienza, trattandosi di atto che esula dalla previsione normativa di cui al terzo comma dell’art. 83 cod. proc. civ. ed estraneo al sistema processuale disegnato dal legislatore per il giudizio di cassazione.» (Cass., S.U., Sez. U, 12/03/2003,n. 3602). L’arresto appena citato è preceduto da pronunce del medesimo tenore (tra le altre Cass. 15/02/1980,n. 1141; Cass. 17/04/1998, n. 3915; Cass. 19/09/2000, n. 12422).
Ad esso hanno fatto poi seguito, fino all’attualità, ulteriori decisioni conformi (ad es. Cass. 11/06/2004, n. 11160; Cass. 20/04/2012, n. 6222; Cass. 09/02/2023, n. 4049). Sicché l’evidenza normativa persistente rappresentata dall’ art. 370, primo comma, secondo periodo, cod. proc. civ., congiunta ad un orientamento di legittimità così tanto a lungo ribadito ed avallato dalle Sezioni Unite di questa Corte, non giustificano dubbi sulla legittima partecipazione all’udienza di discussione, nel giudizio di cassazione, della parte alla quale il ricorso è diretto che, intimata, non abbia a sua volta notificato (ora depositato) un rituale controricorso.
Peraltro, con riferimento al caso di specie, nel quale l’intimata resistente è l’RAGIONE_SOCIALE, non interferisce sulla legittima partecipazione all’udienza alcuna ipotetica considerazione relativa alla procura speciale all’Avvocato RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE che, quale difensore della stessa Amministrazione, prenda parte alla discussione.
Infatti, come questa Corte ha avuto modo di chiarire proprio trattando una fattispecie relativa ad agenzia fiscale, in rapporto alla quale il patrocinio facoltativo dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE è previsto dall’art. 72 del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300, «Nell’ipotesi di rappresentanza processuale facoltativa RAGIONE_SOCIALE enti pubblici da parte dell’RAGIONE_SOCIALE, non è necessario che l’ente rilasci una specifica procura all’RAGIONE_SOCIALE medesima per il singolo giudizio, risultando applicabile anche a tale ipotesi, a norma dell’art. 45 del r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, la disposizione dell’art. 1, secondo comma, del r.d. cit., secondo cui gli avvocati RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le giurisdizioni ed in qualunque sede senza bisogno di mandato. (Cass., S.U., 15/11/2005, n. 23020). Pertanto, allorché l’RAGIONE_SOCIALE si avvalga, nel giudizio di cassazione, del RAGIONE_SOCIALE dell’avvocatura RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, non è tenuta a conferire a quest’ultima una procura alle liti, essendo applicabile a tale ipotesi la disposizione dell’art. 1, secondo comma, del r.d. 30 ottobre 1933 n. 1611, secondo il quale gli avvocati RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le giurisdizioni e non hanno bisogno di mandato (Cass. 16/05/2007, n. 11227; Cass. 12/02/2010, n. 3427; cfr. altresì Cass. 05/07/2011, n. 14785; Cass. 22/02/2012, n. 2606; Cass. 29/10/2020, n. 23865).
È quindi legittima la partecipazione della resistente alla discussione, in base al principio per cui «In materia di ricorso per cassazione avverso sentenze emesse dalla Commissioni tributarie regionali (ora Corti di giustizia tributaria di secondo grado), l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE intimata, che pure non abbia già contraddetto mediante rituale controricorso, può partecipare alla discussione orale avvalendosi del RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, senza che sia necessario che a quest’ultima sia stata rilasciata una specifica procura per il singolo giudizio».
Con il primo motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 360, comma, 1, n.5 cod. proc. civ., la contribuente deduce l’ omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati stato oggetto di discussione tra le parti relativamente all’ economicità dell’operazione de qua .
La CTR avrebbe erroneamente omesso di considerare circostanze fattuali decisive in quanto idonee a giustificare – in termini di economicità ed inerenza- che la RAGIONE_SOCIALE – che pure utilizzava già gratuitamente il marchio RAGIONE_SOCIALE – abbia acquisito l’usufrutto e sopportato il relativo costo.
Con il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360, comma, 1, n.5 cod. proc. civ., deduce l’ omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, in tema di ‘certezza e/o di inerenza e/o di congruità del costo in contestazione’, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato che la società non avrebbe provato la certezza e l’inerenza del costo di cui si discute, pur risultante da alcuni fatti emergenti dalla prodotta documentazione.
Con il terzo motivo, ai sensi dell’art. 360, comma, 1, n.3 cod. proc. civ., deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 132 cod. proc. civ. e dell’art. 36 d.lgs n. 546 del 1992.
La CTR, ai fini dell’accertamento in materia di omessa applicazione ed omesso versamento RAGIONE_SOCIALE ritenute, avrebbe contraddittoriamente ritenuto che una medesima voce di costo possa essere qualificata come un reddito imponibile, illegittimamente spostato all’estero, e contemporaneamente come una royalty o un canone legittimamente spettante alla capogruppo a fronte della concessione del diritto di sfruttamento del marchio d’impresa, da assoggettare quindi a ritenuta d’imposta.
Con il quarto motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 360, comma, 1, n.3 e n. 4 cod. proc. civ., la contribuente deduce violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 7 e 12 della
Convenzione Usa-RAGIONE_SOCIALE vigente ratione temporis , firmata a Roma il 17 aprile 1984 e ratificata con la legge n. 763 del 1985.
La CTR, ai fini dell’accertamento in materia di omessa applicazione ed omesso versamento RAGIONE_SOCIALE ritenute, avrebbe erroneamente collocato il pagamento del corrispettivo per il diritto di usufrutto quinquennale del marchio nell’ambito dell’art. 12, invece che nel campo dell’art. 7, della Convenzione.
Con il quinto motivo, ai sensi dell’art. 360, comma, 1, n.3 e n. 4 cod. proc. civ., deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per omesso esame dei motivi d’impugnazione (riproposti in sede di gravame) riguardanti la domanda subordinata di ‘applicabilità della ritenuta d’imposta con aliquota del 5%’ o comunque (in via ulteriormente subordinata) – la ‘non applicabilità’ RAGIONE_SOCIALE sanzioni.
Appare opportuno trattare congiuntamente, per la loro connessione, i primi due motivi di ricorso.
Preliminarmente, deve darsi atto che (come peraltro dedotto dalla contribuente nella memoria, oltre che segnalato dalla stessa parte nel controricorso di cui al procedimento n.r.g. 8377/2015, vertente tra le stesse parti ed anch’esso chiamato all’odierna udienza) il presente contenzioso (avente ad oggetto anche la deducibilità ai fini IRES ed IRAP nell’anno 2004 – della prima quota di ammortamento del costo di acquisizione del diritto di usufrutto del marchio RAGIONE_SOCIALE) è strettamente connesso al contenzioso IRAP per l’anno 2007 (ove è stato impugnato l’analogo avviso di accertamento avente ad oggetto la ripresa a tassazione della quarta quota di ammortamento del medesimo componente), pendente tra le stesse parti e deciso, in senso favorevole alla RAGIONE_SOCIALE, con la sentenza della CTR dell’Emilia-Romagna n. 2511/9/17, a sua volta impugnata con ricorso erariale per cassazione avente n.r.g. 10863/2018, anch’esso fissato all’udienza odierna.
Invero, come risulta dagli atti dei rispettivi procedimenti di legittimità e, soprattutto, dalle corrispondenti sentenze d’appello- il contenzioso IRAP 2007 ha ad oggetto gli stessi fatti oggetto anche del contenzioso qui sub iudice , relativo all’anno d’imposta 2004, ed in particolare lo stesso contratto (stipulato il 22.12.2004) tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e la medesima iscrizione (tra le immobilizzazioni immateriali) nello stato patrimoniale del bilancio d’esercizio della contribuente chiuso al 31.12.2004, da cui originano le quote d’ammortamento per gli anni 2004-2009, contestate per le medesime ragioni, discendenti dal disconoscimento del componente unitario passivo, rappresentato dal costo successivamente ammortizzato periodicamente.
Tanto premesso, la sentenza della CTR dell’Emilia-Romagna n. 2511/9/17, relativa al contenzioso IRAP 2007, ha accertato:
l’inerenza e la correlazione del costo (sostenuto per l’usufrutto del marchio) all’attività d’impresa (con conseguente inerenza RAGIONE_SOCIALE singole quote di ammortamento dedotte di anno in anno);
la legittimità (almeno per quanto rileva ai fini fiscali) del contratto di usufrutto;
l’ esistenza di valide ragioni economiche, per la contribuente, alla base della stipula del contratto di usufrutto del marchio, vista l’utilità dell’operazione in termini sia di subconcessione dell’utilizzo del marchio alle controllate, sia di incremento del fatturato della stessa RAGIONE_SOCIALE
Nel giudizio per cassazione avente n.r.g. 10863/2018, introdotto dall’RAGIONE_SOCIALE ed anch’esso fissato all’udienza odierna, la contribuente controricorrente ha sollevato eccezione di inammissibilità, per tardività dell’impugnazione della sentenza della CTR dell’Emilia-Romagna n. 2511/9/17.
All’esito dell’udienza odierna, questa Corte ha rilevato la tardività e quindi l’inammissibilità del ricorso erariale , avente n.r.g. 10863/2018, avverso la sentenza della CTR dell’Emilia-Romagna n. 2511/9/17, che è quindi divenuta irrevocabile, passando in giudicato.
La sentenza di merito de qua , per le ragioni che a seguire si esporranno, viene pertanto a costituire un giudicato esterno, avente ad oggetto la legittimità fiscale dell’intero componente negativo corrispondente al costo di acquisizione del diritto di usufrutto sul marchio, i cui effetti si estendono anche agli altri periodi d’imposta nei quali lo stesso costo è stato frazionato ed imputato a titolo di ammortamento, compreso quindi l’anno 2004, qui sub iudice .
6.1. Infatti, quanto al contenuto della sentenza della CTR dell’Emilia-Romagna n. 2511/9/17, deve ribadirsi che esso attinge, nel merito, l’identico titolo unitario generatore del componente negativo frazionato nei vari ammortamenti periodici, riconoscendone, a monte, la legittimità e la deducibilità.
Ed invero, risulta palese, dalla lettura comparata della predetta decisione e di quella qui impugnata, la matrice fattuale e giuridica comune RAGIONE_SOCIALE avvisi relativi ai diversi anni d’imposta, identificabile nell’operazione di acquisizione del diritto di usufrutto sul marchio, da cui è scaturito il costo pluriennale contestato nei diversi periodi d’imposta.
6.2. Tanto premesso, le Sezioni Unite di questa Corte hanno già avuto modo di chiarire che «Qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo
rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame RAGIONE_SOCIALE stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il “petitum” del primo. Tale efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori RAGIONE_SOCIALE stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente. In riferimento a tali elementi, il riconoscimento della capacità espansiva del giudicato appare d’altronde coerente non solo con l’oggetto del giudizio tributario, che attraverso l’impugnazione dell’atto mira all’accertamento nel merito della pretesa tributaria, entro i limiti posti dalle domande di parte, e quindi ad una pronuncia sostitutiva dell’accertamento dell’Amministrazione finanziaria (salvo che il giudizio non si risolva nell’annullamento dell’atto per vizi formali o per vizio di motivazione), ma anche con la considerazione unitaria del tributo dettata dalla sua stessa ciclicità, la quale impone, nel rispetto dei principi di ragionevolezza e di effettività della tutela giurisdizionale, di valorizzare l’efficacia regolamentare del giudicato tributario, quale “norma agendi” cui devono conformarsi tanto l’Amministrazione finanziaria quanto il contribuente nell’individuazione dei presupposti impositivi relativi ai successivi periodi d’imposta.» (Cass., S.U., 16/06/2006, n. 13916. Conformi, ex multis , Cass. n. 6953 del 2015; Cass. n. 2433 del 2013; Cass. n. 16064 del 2017; Cass. 24/05/2022, n. 16684, in materia di rimborso).
La continuità di tale orientamento trova conferma, peraltro, nella successiva pronuncia RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite che, pur trattando la diversa questione della decadenza dell’Amministrazione dalla potestà di accertamento relativamente a componenti pluriennali, ha rilevato, in motivazione (al punto 4.6) che « la questione è stata
organicamente affrontata dalle Sezioni Unite nel 2006 (n.13916/06) e successivamente innumerevoli volte ripresa, anche e soprattutto nella specificazione e concretizzazione dei requisiti di ‘tendenziale permanenza’ e di ‘durevolezza’ RAGIONE_SOCIALE elementi fattuali definitivamente acclarati che costituiscono il presupposto imprescindibile della estensione ad annualità̀ diverse del giudicato extra moenia (tra le molte, Cass. nn. 23723/13, 4832/15, 20257/15, 21824/18, 30033/18). Non è qui il caso di tornare sui risultati ai quali questa giurisprudenza, che interamente si richiama, è negli anni pervenuta (tra l’altro, anche includendo tra i fatti suscettibili di espansione nel tempo, perché́ certamente stabili, anche quelli ingeneranti le deduzioni pluriennali: Cass. 16064/17 ed altre)» (Cass., S.U., 25/03/2021, n. 8500), in motivazione, 4.6).
Nel contesto di tale consolidato orientamento, così come rilevato di recente da Cass. n. 29084 del 2022, « è stato chiarito che, in materia tributaria, l’effetto vincolante del giudicato esterno, in relazione alle imposte periodiche, opera nei casi in cui vengano in esame fatti che per legge hanno efficacia permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco di tempo che comprende più periodi di imposta, ed in cui l’elemento della pluriennalità, come affermato dalle Sezioni Unite nella citata sentenza, costituisce un elemento caratterizzante della fattispecie normativa, che unifica più annualità d’imposta in una sorta di maxi periodo: gli esempi tipici sono quelli RAGIONE_SOCIALE esenzioni o agevolazioni pluriennali, o della ‘spalmatura’ in più anni dell’ammortamento di un bene, o, in AVV_NOTAIO, della deducibilità di una spesa ovvero nei quali l’accertamento concerne la qualificazione di un rapporto ad esecuzione prolungata (cfr. Cass.13.12.2018 n.32254; Cass.7.09.2018 n.21824; Cass. 11.03.2015 n.4832). Tali principi risultano ulteriormente seguiti da questa Corte (cfr.Cass.7.12.2021 n.38743; Cass.4.03.2021 n.5939; Cass.28.11.2019 n.31084 tutte in materia di IVA) Di recente, sempre sulla scia dei principi citati, questa Corte (cfr. Cass.28.12.2018 n.33572; Cass.15.10.2021 n.28384) ha riconosciuto la sussistenza del giudicato esterno nel caso in cui l’Ufficio aveva ripetuto per più annualità la contestazione d’inerenza, statuendo che <<in tema di determinazione del reddito d'impresa ai fini dell'applicazione di imposte periodiche, il giudicato esterno formatosi in relazione a un determinato anno d'imposta sull'inerenza tra la spesa sostenuta e l'attività dell'impresa spiega efficacia vincolante nel giudizio relativo a un successivo anno d'imposta quando siano rimasti immutati gli elementi fattuali rilevanti ai fini della verifica dell'inerenza stessa» (Cass. n. 29084 del 2022, in motivazione).
Da ultimo, poi, in una fattispecie in materia di ammortamento, assimilabile quindi a quella qui in decisione, questa Corte ha rilevato che « Tali passaggi sono già̀ sufficienti a riconoscere che le valutazioni operate dal giudice regionale nella sentenza 4/06/2010 avessero ponderato l'esistenza dei requisiti della correttezza -sotto il profilo RAGIONE_SOCIALE regole codicistiche e dei principi contabilidella iscrizione dell'avviamento al valore dell'operazione d'acquisto del ramo d'azienda (€ 4.500.000,00) e che tale accertamento, una volta passato in giudicato, non potesse che riflettersi sulla correttezza RAGIONE_SOCIALE quote d'ammortamento annuali dedotte anche negli anni d'imposta successivi, dipendenti sul piano logico e materiale dai fatti come accertati e qualificati con riguardo all'anno d'imposta in cui per la prima volta l'ammortamento era stato iscritto nel bilancio tra i beni immateriali, dando luogo alla legittimità̀ della deducibilità̀ RAGIONE_SOCIALE singole quote d'ammortamento ai sensi dell'art. 103, comma 3, del d.P.R. n. 917 del 1986 (1/18 annuo).» (Cass. n. 7437 del 2023).
Infine, è utile ricordare che, secondo questa Corte, in tema di contenzioso tributario, il giudicato esterno afferente la qualificazione giuridica di un negozio esplica effetto preclusivo anche nei giudizi tra le stesse parti relativi a diversi tributi, nei quali la medesima qualificazione giuridica rilevi ai fini della determinazione della base imponibile o di altro elemento della fattispecie impositiva (Cass. 05/10/2022, n. 28973).
6.3. Tirando quindi le conclusioni di quanto sinora argomentato, deve rilevarsi che sussistono i presupposti soggettivi ed oggettivi che giustificano l'estensione alla fattispecie qui controversa del giudicato esterno (maturato presso questa Corte successivamente alla proposizione del ricorso per cui si procede e comunque rilevabile anche d'ufficio: cfr., ex plurimis , Cass. 21/04/2022, n. 12754) rappresentato dalla sentenza della CTR dell'Emilia-Romagna n. 2511/9/17, resa tra le stesse parti il 12 giugno 2017, depositata il 18 settembre 2017 e divenuta irrevocabile come accertato all'esito della declaratoria dell'inammissibilità, per tardività, del ricorso erariale per cassazione n.r.g. 10863/2018, trattato e deciso da questo Collegio nell'odierna udienza. Ne consegue, pertanto, la cassazione della sentenza qui impugnata sia nel capo (attinto dai primi due motivi di ricorso della contribuente) relativo al disconoscimento, ai fini IRES ed IRAP, del componente negativo costituito dalla quota di ammortamento, relativa all'anno d'imposta controverso, del costo di acquisizione del diritto di usufrutto sul marchio in questione; sia, per necessaria conseguenza, nel capo relativo alle sanzioni imputate alla contribuente in ragione del medesimo rilievo.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, in parte qua vanno quindi accolti, decidendo nel merito, i ricorsi introduttivi (riuniti dalla CTP di Bologna) proposti dalla contribuente.
Appare poi opportuno trattare congiuntamente, per la loro connessione, il terzo ed il quarto motivo di ricorso, i quali attengono alla ulteriore questione dell'omessa applicazione e dell' omesso versamento RAGIONE_SOCIALE ritenute alle quali la contribuente avrebbe dovuto assoggettare il compenso pagato alla controllante statunitense RAGIONE_SOCIALE per la cessione del diritto di usufrutto del marchio.
7.1. Il terzo motivo è infondato. Invero, per effetto del rilevato giudicato in ordine alla questione della deducibilità del costo rappresentato dal prezzo di acquisizione del diritto di usufrutto sul marchio, ed a seguito della caducazione RAGIONE_SOCIALE atti impositivi che hanno per oggetto tale rilievo, viene meno anche l'ipotetica contraddizione logica tra quest'ultimo e la contemporanea qualificazione del corrispettivo come una royalty o un canone legittimamente spettante alla capogruppo a fronte della concessione del diritto di sfruttamento del marchio d'impresa, da assoggettare a ritenuta da parte della RAGIONE_SOCIALE, quale sostituto d'imposta.
7.2. Il quarto motivo è fondato.
La questione riguarda la qualificazione -nel contesto della Convenzione tra RAGIONE_SOCIALE e Stati Uniti in materia di doppia imposizione- del corrispettivo del diritto di usufrutto del marchio pagato dalla ricorrente ed incassato dalla sua controllante indiretta statunitense RAGIONE_SOCIALE – USA, detentrice del marchio RAGIONE_SOCIALE.
Va premesso che, ratione temporis , deve applicarsi la Convenzione tra il Governo della Repubblica RAGIONE_SOCIALEna ed il Governo RAGIONE_SOCIALE Stati Uniti d'America per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le frodi e le evasioni fiscali, firmata a Roma il 17 aprile 1984, ratificata con legge 11 dicembre 1985, n.763 e, ai sensi dell'art.28 dell'accordo, entrata in vigore il 30 dicembre 1985.
Non si applica invece al caso in decisione la Convenzione tra il Governo della Repubblica RAGIONE_SOCIALE ed il Governo RAGIONE_SOCIALE Stati Uniti d'America per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le frodi o le evasioni fiscali, con protocollo e verbale d'intesa, fatta a Washington il 25 agosto 1999, con scambio di note effettuato a Roma il 10 aprile 2006 e il 27 febbraio 2007, ratificata con legge 3 marzo 2009, n. 20, entrata in vigore dal 19 marzo 2009, in ragione anche RAGIONE_SOCIALE norme intertemporali di cui agli artt. 2 della stessa legge n. 20 del 2009 (« Piena ed intera esecuzione è data alla Convenzione di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore,
in conformità a quanto disposto dall'articolo 28 della Convenzione stessa.») e 28, commi 1 e 2 dell'accordo, secondo il quale:
« 1.La presente Convenzione sarà ratificata secondo le relative procedure di ciascuno RAGIONE_SOCIALE contraente e gli strumenti di ratifica verranno scambiati non appena possibile.
La Convenzione entrerà in vigore alla data RAGIONE_SOCIALE scambio RAGIONE_SOCIALE strumenti di ratifica e le sue disposizioni si applicheranno:
(a) con riferimento alle imposte prelevate alla fonte, alle somme pagate o accreditate il, o successivamente al primo giorno del secondo mese successivo alla data in cui la presente Convenzione entra in vigore;
(b) con riferimento alle altre imposte, ai periodi di imposta che iniziano il, o successivamente al 1° gennaio successivo alla data in cui la presente Convenzione entra in vigore.».
Infatti, lo scambio RAGIONE_SOCIALE strumenti di ratifica previsto per l'entrata in vigore della Convenzione del 25 agosto 1999 si è perfezionato il giorno 16 dicembre 2009, come da comunicato ('Rilascio di exequatur') del RAGIONE_SOCIALE Esteri pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale numero 13 del 18 gennaio 2010; mentre il pagamento del corrispettivo dell'usufrutto, importo che secondo l'Amministrazione avrebbe dovuto essere sottoposto a ritenuta alla fonte, è avvenuto in precedenza, nel periodo d'imposta 2004.
7.2.1. Secondo la ricorrente, dal punto di vista della società che ha incamerato l'importo, il componente positivo dovrebbe classificarsi come 'utile d'impresa', rientrando nell'art. 7, comma 1, della Convenzione, secondo cui « Gli utili di un'impresa di uno RAGIONE_SOCIALE contraente sono imponibili soltanto in detto RAGIONE_SOCIALE, a meno che l'impresa non svolga la sua attività nell'altro RAGIONE_SOCIALE contraente per mezzo di una stabile organizzazione ivi situata. Se l'impresa svolge in tal modo la sua attività, gli utili dell'impresa sono imponibili nell'altro RAGIONE_SOCIALE, ma soltanto nella misura in cui detti utili sono attribuibili alla stabile organizzazione.». Non svolgendo la RAGIONE_SOCIALE, società statunitense, attività d'impresa in RAGIONE_SOCIALE per mezzo di una stabile organizzazione ivi situata, il componente in questione sarebbe quindi imponibile soltanto negli Stati Uniti, per cui la contribuente RAGIONE_SOCIALE, che tal compenso ha pagato, non avrebbe dovuto applicare, quale sostituto d'imposta, le ritenute la cui mancata effettuazione ed il cui mancato versamento le sono invece imputati dall'Amministrazione.
Viceversa, la CTR, ritenendo dovuta la ritenuta pari al 10 per cento dell'ammontare lordo dei canoni, ha qualificato il componente in questione quale compenso corrisposto
per l'uso o la concessione in uso del marchio, ritenendo applicabile al medesimo componente l'art. 12 della Convenzione, ed in particolare i primi tre commi di quest'ultimo secondo cui:
« 1.I canoni provenienti da uno RAGIONE_SOCIALE contraente e pagati ad un residente dell'altro RAGIONE_SOCIALE contraente sono imponibili in detto altro RAGIONE_SOCIALE.
2 Tuttavia, tali canoni possono essere tassati anche nello RAGIONE_SOCIALE contraente dal quale essi provengono ed in conformità alla legislazione di detto RAGIONE_SOCIALE, ma se l'effettivo beneficiario dei canoni è un residente dell'altro RAGIONE_SOCIALE contraente, l'imposta così applicata non può eccedere:
il 5 per cento dell'ammontare lordo dei canoni relativi a compensi di qualsiasi natura corrisposti per l'uso e la concessione in uso di un diritto e autore su opere letterarie, artistiche o scientifiche;
l'8 per cento dell'ammontare lordo dei canoni relativi a compensi e qualsiasi natura corrisposti per l'uso o la concessione in uso di pellicole cinematografiche o di pellicole, nastri magnetici od altri mezzi di registrazione per trasmissioni radiofoniche o televisive; c) il 10 per cento dell'ammontare lordo dei canoni in tutti gli altri casi.
3 Ai fini del presente articolo il termine "canoni" designa i compensi di qualsiasi natura corrisposti per l'uso o la concessione in uso di un diritto di autore su opere letterarie, artistiche o scientifiche, ivi comprese le pellicole cinematografiche, le pellicole, i nastri magnetici od altri mezzi di registrazione per trasmissioni radiofoniche o televisive, di brevetti, marchi di fabbrica o di commercio, disegni o modelli, progetti, formule o processi segreti, od altri analoghi diritti o beni, nonché' per l'uso o la concessione in uso di attrezzature industriali, commerciali o scientifiche o per informazioni concernenti esperienze di carattere industriale, commerciale o scientifico.».
7.2.2. Rivendica tuttavia la ricorrente la peculiarità della costituzione e dell'acquisizione del diritto di usufrutto sul marchio, rispetto a titoli negoziali che concedano esclusivamente la licenza di uso RAGIONE_SOCIALE stesso, sottolineando che solo nel caso di questi ultimi, a differenza di quello sub iudice , i compensi sono pagati in ragione di un rapporto obbligatorio e calcolati in proporzione ai ricavi che l'utilizzatore trae dall'uso del marchio. Viceversa, la fattispecie controversa ha per oggetto la costituzione ed il trasferimento di un diritto reale di usufrutto, di durata quinquennale, sul marchio.
Inoltre, il corrispettivo, del significativo ammontare di 8.738.697,00, è stato pagato in un'unica soluzione iniziale.
A sostegno della sua tesi, la ricorrente richiama anche il Commentario O.C.S.E. all'art. 12 del MoRAGIONE_SOCIALE O.C.S.E. di convenzione sulle doppie imposizioni, ove rileva le difficoltà interpretative di fattispecie sostanziali similari.
7.2.3. Deve preliminarmente rilevarsi che, per quanto qui interessa, non solo il precedente giudicato esterno (su cui diffusamente ante ), ma anche la sentenza qui impugnata (senza censure sul punto) qualificano, espressamente e ripetutamente, il titolo dei cui effetti fiscali si discute come 'acquisto dell' usufrutto sul marchio RAGIONE_SOCIALE' ed il compenso di cui si discute come 'corrispettivo dell'usufrutto quinquennale concesso con il citato contratto'.
È quindi dall'accertamento della natura effettiva di usufrutto temporaneo del titolo in questione che occorre muovere per qualificare fiscalmente, ai fini della convenzione, il componente incassato dalla società statunitense.
La questione, tuttavia, non si riduce all'astratta interpretazione dell'art. 12 della Convenzione, per verificare se in esso possa sussumersi anche 'un' contratto di usufrutto sul marchio, essendo piuttosto indispensabile condurre l'accertamento con riferimento a quello specifico contratto di usufrutto concluso tra le parti, ovvero alla causa funzionale e concreta che risulta dall'assetto sostanziale d'interessi derivante dal complesso RAGIONE_SOCIALE relative pattuizioni concordate tra le parti.
Tale approccio sostanziale, infatti, è imposto dall'interpretazione della stessa norma convenzionale.
7.2.4. Nel Commentario al MoRAGIONE_SOCIALE O.C.S.E. di convenzione, richiamato dalla ricorrente, si legge (per quanto qui può rilevare) , a proposito del paragrafo 2 dell'art. 12, che esso contiene una definizione della nozione di " royalties " che riguardano, in AVV_NOTAIO, i diritti o la proprietà che costituiscono le diverse forme di proprietà letteraria e artistica, gli elementi di proprietà intellettuale specificati nel testo e le informazioni relative all'esperienza industriale, commerciale o scientifica; che la definizione si applica ai pagamenti per l'uso o il diritto di utilizzare i diritti del tipo menzionato, indipendentemente dal fatto che siano stati o debbano essere iscritti in un registro pubblico; che la definizione comprende sia i pagamenti effettuati nell'ambito di una licenza, sia il compenso che una persona sarebbe obbligata a pagare per la copia fraudolenta o la violazione del diritto; che la definizione non si applica, tuttavia, ai pagamenti che, pur basandosi sul numero di volte in cui viene utilizzato un diritto appartenente a qualcuno, sono effettuati a favore di qualcun altro che non è egli stesso titolare del diritto o del diritto di utilizzarlo.
Si aggiunge poi che quando un pagamento è in corrispettivo per il trasferimento della piena proprietà di un elemento di cui alla definizione, il pagamento non è in corrispettivo "per l'uso di, o il diritto di usare" tale bene e non può quindi rappresentare una royalty . In particolare, si rileva – sia pur con riferimento esplicativo al software – che possono sorgere difficoltà nel caso di un trasferimento di diritti che potrebbero essere considerati facenti parte di un elemento di proprietà di cui alla definizione, qualora tali diritti siano trasferiti in un modo che sia presentato come un'alienazione. Ad esempio, ciò potrebbe comportare la concessione esclusiva di tutti i diritti su una proprietà intellettuale per un periodo limitato o di tutti i diritti sulla proprietà in un'area geografica limitata in un'operazione strutturata come una vendita. Pertanto, si conclude che ciascun caso dipenderà dalle circostanze particolari e dovrà essere esaminato alla luce della normativa nazionale in materia di proprietà intellettuale applicabile al tipo di proprietà in questione e RAGIONE_SOCIALE norme di diritto nazionale per quanto riguarda ciò che costituisce un'alienazione, ma in AVV_NOTAIO, se il pagamento è in considerazione dell'alienazione di diritti che costituiscono una proprietà distinta e specifica (il che è più probabile nel caso di diritti geograficamente limitati che nel caso di diritti limitati nel tempo), è probabile che tali pagamenti costituiscano utili d'impresa ai sensi dell'articolo 7 o una plusvalenza ai sensi dell'articolo 13 piuttosto che royalties ai sensi dell'articolo 12. Ciò discende dal fatto che, qualora la titolarità dei diritti sia stata alienata, il corrispettivo non può essere relativo all'uso dei diritti. Il carattere essenziale dell'operazione come alienazione non può essere modificato dalla forma del corrispettivo, dal pagamento rateale del corrispettivo o, secondo la maggior parte dei paesi, dal fatto che i pagamenti sono connessi a una contingenza.
7.2.5. Come rilevato da Cass. 20/11/2019, n. 30140, in motivazione) le convenzioni, una volta recepite nel nostro ordinamento interno con legge di ratifica, acquistano il valore di fonte primaria, ai sensi dell'art.10, comma 1, Cost. (che prevede il sistema di adattamento dell'ordinamento italiano alle norme del diritto internazionale) e dell'art.117 Cost. (che prevede l'obbligo comune RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE Regioni di conformarsi ai vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario ed agli obblighi internazionali), come peraltro ribadito, nella materia tributaria, anche dall'art. 75 del d.P.R. n. 600 del 1973 («nell'applicazione RAGIONE_SOCIALE disposizioni concernenti le imposte sui redditi, sono fatti salvi accordi internazionali resi esecutivi in RAGIONE_SOCIALE») e dall'art. 169 del d.P.R. n. 917 del 1986 ( per il quale le disposizioni RAGIONE_SOCIALE stesso t.u. «si applicano, se più̀
favorevoli al contribuente, anche in deroga agli accordi internazionali contro la doppia imposizione»).
Sulla base di queste ultime norme, quindi, questa Corte (Cass. 19/01/2009, n. 1138; Cass. 15/7/2016, n. 14474) ha non solo affermato il principio AVV_NOTAIO che le Convenzioni, per il carattere di specialità̀ del loro ambito di formazione, così come le altre norme internazionali pattizie, prevalgono sulle corrispondenti norme nazionali, dovendo la potestà̀ legislativa essere esercitata nei vincoli derivanti, tra l'altro, dagli obblighi internazionali (art. 117 Cost., comma 1, nel testo di cui alla legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3, art. 3); ma ha anche specificato che, in materia d'imposte sul reddito, le norme pattizie derivanti da accordi tra gli Stati prevalgono, attesane la specialità̀ e la ratio di evitare fenomeni di doppia imposizione, su quelle interne (Cass.24/11/2016, n. 23984).
Inoltre, nell'interpretazione dell'art. 12 della convenzione richiamata assume rilevanza anche il commentario ORAGIONE_SOCIALEC.S.E. al moRAGIONE_SOCIALE di convenzione bilaterale in materia di doppia imposizione, appena richiamato.
Infatti, nella giurisprudenza di questa Corte in materia di convenzioni per evitare le doppie imposizioni ( ex plurimis Cass. 17/06/2022, n. 19722; Cass. 20/11/2019, n. 30140; Cass. 19/12/2018, n. 32842; Cass. 7/9/2018, n. 21865; Cass. 10/11/2017, n. 26638; Cass. 21/12/2018, n.33218) viene riconosciuta rilevanza, in funzione interpretativa – ossia per arricchire di argomenti e corroborare una tesi già̀ assunta in base al dato testuale, così come prevede la stessa convenzione di Vienna (cfr. la citata Cass. n. 23984 del 2016 e Cass. nn. 3367 e 3368 del 2002, n. 7851 del 2004 e n. 9942 del 2000, ivi richiamate) – sia al moRAGIONE_SOCIALE di convenzione approvato in ambito O.C.S.E. nel 1963, aggiornato nel 1977 ed oggetto via via di ulteriori emendamenti, costituente uno schema-tipo di riferimento, al quale si sono ispirati i contraenti; sia al commentario O.C.S.E. al relativo moRAGIONE_SOCIALE, il quale, pur non avendo valore normativo, costituisce, comunque, una raccomandazione diretta ai paesi aderenti (Cass. 28/7/2006, n. 17206), anche per quanto riguarda i cambiamenti ivi previsti che, successivi alla stipula della Convenzione, riflettano l'evoluzione dell'interpretazione della disposizione tra i paesi membri (Cass. 14/12/2022, n. 36679). del 14/12/2022.
7.2.6. Tanto premesso, non appare decisiva, ai fini che qui rilevano, la considerazione della ricorrente in ordine all'inesistenza, nei Paesi di common law , del diritto di usufrutto, giacché tale argomento non è sufficiente a collocare necessariamente il contratto in questione al di fuori dell'ambito applicativo dell'art. 12.
Infatti, come questa Corte ha già rilevato (Cass. 29/09/2006,n. 21220) in fattispecie similare ed a proposito della medesima Convenzione, laddove quest'ultima non contenga la definizione di una specifica espressione (nel caso di specie il titolo dell' 'uso' o della 'concessione in uso del marchio'), deve applicarsi l'art. 3, par. 2, della Convenzione (cosiddetta ' general renvoi clause '), il quale dispone che: "Ai fini dell'applicazione della presente Convenzione da parte di uno RAGIONE_SOCIALE contraente, le espressioni ivi non definite hanno il significato che ad esse è attribuito dalla legislazione di detto RAGIONE_SOCIALE relativa alle imposte cui si applica la presente Convenzione, a meno che il contesto non richieda una diversa interpretazione", con la conseguenza che la stessa definizione deve essere rinvenuta, ai fini dell'applicazione della norma convenzionale, nell'ordinamento RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE della fonte.
Del resto, anche alla stregua del Commentario O.C.S.E., il titolo deve essere esaminato alla luce della normativa nazionale in materia di proprietà intellettuale applicabile al tipo di proprietà in questione e RAGIONE_SOCIALE norme di diritto nazionale per quanto riguarda ciò che costituisce un'alienazione, e nel caso di specie non solo il precedente giudicato e la stessa sentenza impugnata definiscono inequivocabilmente il titolo come 'usufrutto', ma anche il ricorso della contribuente muove dal riconoscimento di tale natura giuridica del contratto, senza mettere in alcun modo in dubbio che ad esso debba applicarsi la norma nazionale, che prevede e disciplina il diritto di usufrutto.
7.2.7. Viceversa, la censura è fondata nei termini in cui sollecita la revisione della sussunzione della fattispecie concreta nel 'canone' di cui all'art. 12 della Convenzione, piuttosto che in quello dell' 'utile' di cui all'art. 7, sulla base di una verifica del contenuto sostanziale (in termini sia di oggetto, estensione, limitazioni, natura e durata del diritto costituto e trasferito e di quello in ipotesi rimasto in uso al concedente; sia dell'entità, della determinazione e della modalità di adempimento del corrispettivo, tenuto conto della sua effettiva correlabilità, o meno , con il numero di volte in cui il diritto venga utilizzato dall' usufruttuario) dell'accordo. Accertamento da condurre, caso per caso, nella prospettiva e secondo i secondo i criteri indicati dal riprodotto Commentario. È infatti da tale esame della fattispecie concreta che dovrà risultare se all'operazione in questione possa attribuirsi, ai fini che qui rilevano, il carattere funzionale ed economico essenziale dell'operazione come alienazione di un diritto e generatrice di un utile o come uso o concessione in uso del marchio, e quindi qualificarsi il corrispettivo come utile d'impresa o come canone da sottoporre alla ritenuta in contestazione.
La CTR, infatti, nonostante la contribuente avesse proposto e riproposto la relativa questione nei due gradi di merito ( come risulta per autosufficienza dal ricorso), non ha dato conto di aver effettuato la verifica sostanziale necessaria ed ha del tutto apoditticamente e genericamente ricondotto la fattispecie in questione alla disciplina dei 'canoni' di cui alla Convenzione (peraltro neppure menzionando, o almeno individuando, espressamente l'art. 12 della stessa, ma richiamandone a grandi linee il dettato), non facendo quindi buon governo dei predetti principi.
La sentenza impugnata va quindi cassata in parte qua , con rimessione al giudice di merito per i relativi accertamenti in fatto, da condurre tenendo conto del seguente principio. « In materia di convenzione, vigente ratione temporis , tra RAGIONE_SOCIALE ed USA per evitare le doppie imposizioni, interpretata anche alla luce del commentario OCSE al moRAGIONE_SOCIALE di convenzione, ai fini della sussunzione del corrispettivo della cessione di un diritto di usufrutto di un marchio, pagato dalla controllata RAGIONE_SOCIALE alla controllante statunitense, nell' art. 7 ( quale 'utile d'impresa') o nell'art. 12 ( quale 'canone' per l'uso o la concessione in uso di un diritto) della stessa convenzione, è necessario accertare in concreto il contenuto sostanziale dell'accordo (con particolare riguardo sia ad oggetto, estensione, limitazioni, natura e durata del diritto trasferito; sia ad entità, determinazione e modalità di adempimento del corrispettivo, correlato o meno con il numero di volte in cui il diritto venga utilizzato dal cessionario), per individuare, caso per caso, l'effettivo carattere funzionale ed economico essenziale dell'operazione».
Il quinto motivo di ricorso, nella parte in cui censura l'assunta omessa pronuncia della CTR sulla domanda subordinata di 'applicabilità della ritenuta d'imposta con aliquota del 5%', per omesso esame del motivo d'impugnazione riguardante la relativa domanda subordinata, è assorbito dall'accoglimento, con rinvio, del quarto motivo, che condiziona, a monte, l'applicazione dell'art. 12 della Convenzione nella sua integrità. Allo stesso modo la censura è assorbita nella parte in cui censura l'assunta omessa pronuncia in ordine alla questione, subordinata, della riduzione RAGIONE_SOCIALE sanzioni in considerazione della riduzione dell'aliquota RAGIONE_SOCIALE ritenute, inizialmente determinata dall'Amministrazione nella misura del 30 % ai sensi dell'art. 25, quarto comma, d.P.R. n. 600 del 1973 (cfr. pag.5, primo cpv., della sentenza impugnata), e non adeguata in considerazione dell'aliquota convenzionale del 10%, accertata dalla CTR come dovuta
(né quindi in ragione dell'aliquota convenzionale del 5%, della quale invoca l'applicazione la ricorrente).
Infatti, la riconducibilità, o meno, della fattispecie de qua all'art. 12 della Convenzione, oggetto dell'accoglimento con rinvio del quarto motivo, condiziona, a monte, la stessa debenza RAGIONE_SOCIALE ritenute (a prescindere della misura dell'aliquota da applicare) e quindi la sanzionabilità dell'omissione della loro effettuazione e del loro versamento.
8.1. Lo stesso quinto motivo è assorbito nella parte in cui censura l'asserita omessa pronuncia della CTR in ordine alla domanda subordinata di non applicabilità RAGIONE_SOCIALE sanzioni per l'ipotizzata sussistenza dell'esimente dell'oggettiva incertezza sulla norma fiscale violata, ai sensi dell'art. 10, comma 3, della legge n. 212 del 2000.
Infatti, quanto alle sanzioni irrogate per la deduzione, da parte della contribuente, dall'imponibile Irpef ed Irap del corrispettivo dell'acquisto dell'usufrutto quinquennale sul marchio, l'assorbimento deriva dall'accoglimento, in parte qua , dei ricorsi introduttivi della contribuente, con il conseguente venir meno dell'illecito sanzionato.
Invece, quanto alle sanzioni irrogate per le omesse ritenute, sul medesimo corrispettivo pagato alla società cedente statunitense, l'assorbimento deriva dall'accoglimento, con rinvio, del quarto motivo, dalla cui decisione dipende la riconducibilità, o meno, della fattispecie de qua all'art. 12 della Convenzione e quindi la stessa sussistenza dell'illecito omissivo contestato e perciò dell'astratta sanzionabilità dell'omissione ( a prescindere dalla concorrenza, in concreto, dell'esimente invocata).
8.2. Spetterà quindi al giudice del rinvio, all'esito RAGIONE_SOCIALE accertamenti in fatto e della decisione sul quarto motivo, decidere altresì in materia di sanzioni, se, e nella misura in cui, residui l'accertamento di un illecito fiscale sanzionabile. In quella sede, peraltro, potrà essere presa in considerazione l'eventuale sopravvenienza di norme applicabili in materia di sanzioni tributarie.
decidendo sul primo e sul secondo motivo di ricorso, va cassata la sentenza impugnata nel capo relativo alla deducibilità del costo controverso ai fini Irpef ed Irap (comprese le relative sanzioni) e, decidendo sul merito, vanno accolti, in parte qua , i ricorsi introduttivi della contribuente, nei limiti di cui in motivazione, con compensazione RAGIONE_SOCIALE spese dei giudizi di merito;
9. Riepilogando, pertanto: va rigettato il terzo motivo di ricorso;
va accolto il quarto motivo di ricorso e va cassata la sentenza impugnata nel capo relativo all'effettuazione e versamento RAGIONE_SOCIALE ritenute, con rinvio al giudice d'appello per i necessari accertamenti in fatto, in relazione al motivo accolto; va dichiarato assorbito il quinto motivo, in materia di sanzioni. Seguono la soccombenza le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie nei termini di cui in motivazione i primi due motivi di ricorso ed accoglie inoltre il quarto, rigettato il terzo e dichiarato assorbito il quinto; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti; decidendo ex artt. 279 e 384 cod. proc. civ., accoglie nel merito i capi di domanda di cui al § 6.3 della motivazione e rinvia nel resto alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell'Emilia -Romagna, cui demanda di provvedere sul caoi di domanda di cui al § 7.2.7 della motivazione; condanna ex art. 385, secondo e terzo comma, cod. proc. civ. alle spese dell'intero giudizio di legittimità, che liquida a carico della resistente in euro 12.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge. Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2024.