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Giudicato esterno su costi pluriennali e usufrutto

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2465/2024, ha stabilito l’efficacia vincolante del giudicato esterno in materia tributaria. Una società aveva dedotto il costo per l’acquisizione dell’usufrutto di un marchio, ma l’Agenzia delle Entrate aveva contestato la deduzione. La Corte ha accolto il ricorso della società basandosi su una precedente sentenza definitiva tra le stesse parti, relativa a un’altra annualità, che aveva già accertato la legittimità dell’operazione. Ha inoltre chiarito che il corrispettivo per l’usufrutto non è automaticamente una royalty e richiede un’analisi sostanziale per la corretta qualificazione fiscale internazionale.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Giudicato Esterno e Costi Pluriennali: La Cassazione Fa Chiarezza su Usufrutto e Royalties

Con la sentenza n. 2465 del 25 gennaio 2024, la Corte di Cassazione ha affermato un principio cruciale per la stabilità dei rapporti tributari: l’efficacia vincolante del giudicato esterno su questioni che riguardano costi pluriennali. La pronuncia offre anche importanti spunti sulla qualificazione dei corrispettivi per la cessione di usufrutto su marchi nel contesto del diritto tributario internazionale.

I Fatti: la Cessione dell’Usufrutto e la Contestazione Fiscale

Una società italiana, parte di un gruppo multinazionale, acquisiva dalla propria controllante statunitense il diritto di usufrutto quinquennale su un noto marchio per un importo di circa 8,7 milioni di euro. Successivamente, la società italiana concedeva in licenza d’uso lo stesso marchio alle proprie controllate, percependo royalties per oltre 10 milioni di euro. Ai fini fiscali, la società italiana iniziava ad ammortizzare il costo sostenuto per l’acquisizione dell’usufrutto, deducendone la quota annuale dal proprio reddito imponibile.

L’Agenzia delle Entrate contestava l’operazione su due fronti:
1. Disconosceva la deducibilità della quota di ammortamento, ritenendo l’operazione priva di valide ragioni economiche e finalizzata a trasferire materia imponibile all’estero.
2. Riqualificava il corrispettivo pagato alla casa madre statunitense come una royalty, sostenendo che la società italiana avrebbe dovuto applicare una ritenuta alla fonte.

L’Impatto Decisivo del Giudicato Esterno sui Costi Pluriennali

Il punto di svolta della vicenda processuale è rappresentato dal principio del giudicato esterno. La Corte di Cassazione ha rilevato che, per un’annualità successiva (il 2007), era già stata emessa una sentenza definitiva e non più appellabile tra le stesse parti. Tale sentenza, passata in giudicato, aveva accertato la piena legittimità dell’operazione di acquisizione dell’usufrutto e, di conseguenza, la deducibilità delle relative quote di ammortamento.

La Suprema Corte ha ribadito il suo consolidato orientamento: quando una sentenza passata in giudicato ha deciso una questione di fatto e di diritto che costituisce il presupposto per la risoluzione di altre controversie tra le medesime parti, essa ha un’efficacia vincolante anche per i giudizi relativi ad altri periodi d’imposta. Poiché il costo per l’acquisizione dell’usufrutto è un elemento a carattere pluriennale, la sua legittimità, una volta accertata con sentenza definitiva, non può più essere messa in discussione per le annualità successive.

Di conseguenza, la Cassazione ha cassato la sentenza d’appello e, decidendo direttamente nel merito, ha confermato la piena deducibilità del costo di ammortamento per l’anno in contestazione.

Usufrutto: Royalty o Utile d’Impresa? L’Analisi della Cassazione

La seconda questione affrontata dalla Corte riguarda la corretta qualificazione del corrispettivo pagato alla società statunitense, ai fini dell’applicazione della Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e USA. L’Agenzia delle Entrate lo considerava una royalty (Art. 12 della Convenzione), soggetta a ritenuta, mentre il contribuente sosteneva fosse un utile d’impresa (Art. 7), tassabile solo nello Stato di residenza del percipiente (USA).

La Necessità di un’Indagine Sostanziale

La Cassazione ha criticato la decisione della corte d’appello per aver qualificato aprioristicamente il pagamento come royalty, senza un’analisi approfondita della natura del contratto. La Corte ha stabilito un principio fondamentale: per distinguere tra utile d’impresa e royalty, è necessario un accertamento in concreto del contenuto sostanziale dell’accordo.

Il giudice del rinvio dovrà esaminare:
Oggetto e durata del diritto trasferito: La cessione di un diritto reale come l’usufrutto, sebbene temporaneo, differisce da una mera licenza d’uso.
Modalità del corrispettivo: Il pagamento di un importo forfettario e significativo in un’unica soluzione iniziale, slegato dai ricavi futuri, è un indice che depone a favore della qualificazione come alienazione piuttosto che come canone per l’uso.

Se l’operazione, nella sua sostanza economica e funzionale, si configura come un’alienazione di un diritto, il corrispettivo va qualificato come utile d’impresa. La Corte ha quindi cassato la sentenza anche su questo punto, rinviando la causa al giudice di merito per effettuare questa fondamentale analisi sostanziale.

Le motivazioni

La Corte ha fondato la sua decisione su due pilastri. In primo luogo, ha valorizzato il principio di certezza del diritto attraverso l’applicazione estensiva del giudicato esterno. Ha chiarito che l’autonomia dei periodi d’imposta non può essere invocata per rimettere in discussione elementi fattuali e giuridici a carattere permanente o pluriennale, come la legittimità di un costo che esplica i suoi effetti su più esercizi. La decisione definitiva su un anno funge da ‘norma agendi’ per le successive controversie identiche. In secondo luogo, in materia di fiscalità internazionale, la Corte ha imposto un approccio basato sulla sostanza economica dell’operazione (substance over form). La qualificazione di un pagamento come ‘royalty’ o ‘utile d’impresa’ ai sensi di una convenzione non può derivare da una mera etichetta formale, ma deve scaturire da un’analisi concreta del fascio di diritti trasferiti e delle modalità di pagamento, per individuare se si tratti di una remunerazione per l’uso di un bene o del prezzo per la sua alienazione.

Le conclusioni

La sentenza n. 2465/2024 rafforza in modo significativo la tutela del contribuente e la stabilità dei rapporti giuridici in ambito tributario. Stabilisce che, una volta ottenuta una vittoria definitiva su un costo pluriennale, questa non può essere rimessa in discussione dall’Amministrazione Finanziaria per le altre annualità. Inoltre, fornisce un’importante guida metodologica per gli operatori internazionali: la qualificazione fiscale dei flussi di reddito transfrontalieri richiede un’attenta analisi della sostanza economica dei contratti, andando oltre il loro nomen iuris, per una corretta applicazione delle convenzioni contro le doppie imposizioni.

Una sentenza definitiva su un anno d’imposta può influenzare le liti fiscali per anni diversi?
Sì. In base al principio del giudicato esterno, una sentenza definitiva che accerta la legittimità di un costo a carattere pluriennale (come l’ammortamento per l’acquisto di un usufrutto) è vincolante anche per i giudizi tra le stesse parti relativi ad altri periodi d’imposta in cui quel costo produce i suoi effetti.

Il pagamento per l’usufrutto di un marchio è sempre considerato una ‘royalty’ ai fini fiscali internazionali?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che è necessaria un’analisi della sostanza del contratto. Se l’operazione, per le sue caratteristiche (es. trasferimento di un diritto reale, pagamento di un importo forfettario iniziale), assomiglia più a un’alienazione che a una concessione in uso, il corrispettivo può essere qualificato come ‘utile d’impresa’ e non come ‘royalty’, con conseguente non applicazione della ritenuta alla fonte.

Perché la Cassazione ha deciso direttamente la questione della deducibilità, ma ha rinviato al giudice di merito quella sulle ritenute?
La questione della deducibilità è stata risolta applicando un principio di diritto, ovvero l’efficacia del giudicato esterno, che la Cassazione poteva applicare direttamente per definire la lite. La questione della qualificazione del pagamento come royalty o utile d’impresa, invece, richiede un accertamento di fatto sulla natura e sostanza del contratto, attività che compete al giudice di merito e non alla Corte di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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