Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6467 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 6467 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11732/2017 R.G. proposto da: ROMA CAPITALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di TRIBUNALE ROMA n. 23255/2016 depositata il 14/12/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE
Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 23255/2016, pubblicata in 14.12.2016, accogliendo l’appello proposto da COGNOME NOME, ha riformato la decisione n. 36848/2012, con la quale il Giudice di pace di Roma aveva rigettato la domanda di accertamento della non debenza, da parte del suddetto, del canone per l’occupazione permanente di spazi ed aree pubbliche (COSAP) per gli anni 2007 e 2008, in relazione alle griglie ed alle intercapedini ubicate in INDIRIZZO INDIRIZZO. Secondo il giudice di seconde cure non poteva dirsi dovuto il canone in discussione in assenza di concessione.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione Roma Capitale, affidato ad un motivo, al quale ha resistito lo COGNOME con controricorso.
La ricorrente e lo COGNOME depositavano memorie.
Con ordinanza interlocutoria n.12018/2023 questa Corte sottoponeva alle parti la questione relativa al giudicato al quale aveva fatto riferimento la controricorrente quanto alla sentenza n.15728/2017 del tribunale di Roma, allegata alla memoria ex art.378 c.p.c. del 12.1.2023 e corredata dall’attestazione del passaggio in giudicato, resa tra le stesse parti che ha escluso la debenza del COSAP per l’anno 2012. Venivano pertanto assegnato alle parti termine di giorni 60 dalla comunicazione della ordinanza per il deposito in cancelleria di osservazioni.
Il Procuratore generale e il controricorrente hanno depositato osservazioni e memorie. La ricorrente e il controricorrente hanno depositato ulteriori memorie.
La causa è stata posta in decisione all’udienza del 7 marzo 2024.
Con l’unico motivo di ricorso – denunciando la violazione del D.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 63, in combinato disposto con l’art. 16 del Regolamento del Comune di Roma in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la ricorrente assume che il giudice di appello abbia erroneamente ritenuto che, non essendo stata nel caso concreto rilasciata concessione alcuna che legittimasse il pagamento del canone, la somma richiesta a tale titolo dall’ente comunale non fosse dovuta.
Il ricorso è ammissibile, non risultando fondata la censura in ordine alla conformità della decisione impugnata alla giurisprudenza di questa Corte, né potendosi ipotizzare un abuso del processo nella proposizione del ricorso per cassazione da parte di Roma Capitale ancorché per la riforma di pronunzia relativa ad una pretesa di euro 172,89 -cfr.Cass.n.28077/2021.
Il ricorso va esaminato alla luce dell’eccezione di giudicato che il controricorrente ha dedotto sia nel controricorso che nella prima memoria, invocando alcune sentenze rese fra le stesse parti, aventi oggetto la medesima pretesa per quale è processo, pur se relative ad annualità diverse.
Ora quanto alla questione relativa alla dedotta sussistenza di giudicati favorevoli alla posizione espressa dalla Corte di appello che il controricorrente ha indicato nel controricorso, giova precisare che la Corte di appello ha ritenuto non provato il passaggio in giudicato delle sentenze indicate dal controricorrente a sostegno dell’eccepito giudicato e tale statuizione non risulta impugnata in via autonoma da parte dello COGNOME.
Discorso più articolato va fatto rispetto alle sentenze per le quali lo COGNOME ha dedotto il giudicato in memoria, non avendo impugnato con ricorso incidentale la decisione qui in esame laddove aveva escluso l’incidenza di altri giudicati dedotti in fase di appello, successive alla decisione impugnata e, pertanto, esaminabili in questa sede -cfr.Cass.n.21170/2016, Casss.n.1534/2018-.
Orbene, secondo la giurisprudenza di questa Corte nel giudizio di cassazione il giudicato esterno – il cui accertamento ha carattere pubblicistico ed ha ad oggetto questioni assimilabili a quelle di diritto, anziché di fatto – è, al pari del giudicato interno, rilevabile d’ufficio, non solo qualora emerga da atti comunque prodotti nel giudizio di merito, ma anche nel caso in cui si sia formato successivamente alla sentenza impugnata; in quest’ultima ipotesi la sua utile deducibilità non è impedita dalla deduzione nella fase di merito di un precedente giudicato esterno su cui sia intervenuta pronuncia, negatoria della rilevanza dello stesso giudicato, impugnata in sede di legittimità e, in caso di contrasto, il secondo giudicato prevale sul primo, sempre che la seconda sentenza non sia stata sottoposta a revocazione-cfr.Cass.n. 11754 del 15/05/2018-.
Si è in particolare affermato che “il giudicato formatosi su alcune annualità fa stato con riferimento anche ad annualità diverse, in relazione a quei fatti che costituiscono elementi costitutivi della fattispecie a carattere tendenzialmente permanente ma non con riferimento ad elementi variabili” (Cass., Sez. V, 15/03/2019, n. 7417). In tale ipotesi, poiché il giudicato esterno investe gli elementi costitutivi della fattispecie provvisti di stabilità in quanto destinati a restare invariati nel tempo, l’efficacia di esso si espande oltre i limiti temporali a cui si riferisce l’accertamento ed “il giudicato relativo ad una annualità coinvolge anche le altre, perché la questione è identica in tutti i suoi aspetti, divergendo solo le modalità temporali d’imputazione” (Cass., Sez. V, 22/02/2008, n. 4607).
Ed infatti, questa Corte, con numerose pronunzie, ha ritenuto che, nell’ambito dei rapporti giuridici di durata e delle obbligazioni periodiche che eventualmente ne costituiscano il contenuto, il giudicato formatosi sull’accertamento relativo a una fattispecie attuale preclude il riesame, in un diverso processo, delle medesime
questioni, spiegando la propria efficacia anche per il periodo successivo alla sua formazione, con l’unico limite di una sopravvenienza, di fatto o di diritto, che muti il contenuto materiale del rapporto o ne modifichi il regolamento (Cass. n. 20765/2018; Cass. n. 37269/2021).
Tuttavia, per modifica del regolamento della fattispecie non può di certo -intendersi una rivalutazione della questione già risolta in diritto nel precedente giudizio, bensì una nuova regolamentazione normativa della fattispecie. Ciò perché il giudicato copre il dedotto e il deducibile in relazione al medesimo oggetto, sicché tutte le ragioni giuridiche e di fatto esposte nel giudizio come anche le questioni, proponibili in via di azione o eccezione, che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia (Cass. n. 6091/2020, Cass. n. 33021/2022)’ (Cass. 10431/2023, Cass. 10599/2023, Cass.n.10616/2023, Cass.n.10675/2023; Cass. 10600/2023;Cass. 10674/2023).
Fermi i superiori principi e con specifico riferimento alla sentenza resa dal Tribunale di Roma n. 15728/17, depositata in data 03/08/2017, con attestazione di passaggio in giudicato allegata alla prima memoria, il giudice capitolino, esaminando un contenzioso fra le stesse parti per diversa annualità concernente l’opposizione avverso avviso di pagamento della somma di euro 110,18, oltre accessori, richiesta a titolo di canone per l’occupazione permanente di spazi ed aree pubbliche (Cosap) afferente a griglie e intercapedini installate sulla medesima area privata per cui è causa -come è incontestato fra le parti, annullò l’avviso di accertamento, ritenendo che ‘l’applicazione del canone di occupazione del suolo pubblico presuppone che, in precedenza, sia stato rilasciato dall’amministrazione un atto di concessione’, per poi concludere che ‘nella fattispecie, non risulta essere stata rilasciata alcuna specifica concessione, da tenere distinta rispetto
alla concessione edilizia rilasciata per la costruzione del fabbricato, in relazione all’occupazione di suolo pubblico in esame. L’avviso è conseguentemente annullato.’
Orbene, dovendosi dunque prendere in esame la sentenza appena indicata, resa tra le parti, che ha negato la sussistenza dei presupposti per l’assoggettamento al canone di occupazione delle superfici per cui è qui causa detto accertamento, avendo ad oggetto elementi costitutivi della fattispecie a carattere tendenzialmente permanente in difetto di contraria allegazione, produce gli effetti tipici del giudicato anche nel presente giudizio, nel quale è incontestato che i luoghi oggetto della richiesta di canone sono gli stessi presi in considerazione dalla sentenza del Tribunale di Roma n.15728/2017, ed è destinato perciò a fare stato tra le parti.
Né può condividersi l’assunto di Roma Capitale, secondo il quale la decisione del Tribunale di Roma non sarebbe destinata a formare il giudicato quanto all’esito della controversia – fondatezza o meno della pretesa azionata in quel giudizio, posto che nel caso di specie quel che rileva ai fini del giudicato è rappresentato dall’accertamento di una situazione di fatto alla quale il Tribunale di Roma ha attribuito fra le parti l’effetto di precludere il diritto di Roma Capitale a pretendere la COSAP. Statuizioni, queste ultime, che risultano entrambi intangibili fra le parti anche con riguardo a pretese che muovono dalla stessa situazione di fatto per farne discendere effetti giuridici negati dalla sentenza appena indicata per un periodo temporale diverso.
Sicché la circostanza che in altri precedenti della Corte di appello di Roma sia mutato l’orientamento giurisprudenziale posto a base della decisione resa dal Tribunale nella sentenza n.15728/2017 non assume alcun rilievo ai fini del presente giudizio, nel quale è stato dedotto il giudicato formatosi tra le stesse parti in ordine ad una controversia identica pur se riferita ad annualità diversa. Ciò
perché l’accertamento compiuto circa una situazione giuridica o la risoluzione di una questione di fatto o di diritto incidente su un punto decisivo affrontato nel giudizio definito con una sentenza passata in giudicato preclude il riesame del punto accertato e risolto nell’altro giudizio pendente fra le stesse parti e relativo anch’esso alla medesima questione controversa pur se riguardo a periodo temporale diverso.
La produzione solo in memoria del giudicato risultato decisivo al fine di paralizzare l’esito del ricorso per cassazione proposto da Roma Capitale induce questa Corte a compensare le spese del giudizio.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis.
PQM
Rigetta il ricorso e compensa le spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis.
Così deciso il 7 marzo 2024 nella camera di consiglio della prima