Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6907 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 6907 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 11255/2019 r.g. proposto da:
Condominio INDIRIZZO Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per procura speciale in calce al ricorso dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME i quali chiedono di ricevere le comunicazioni ai propri indirizzi di posta elettronica certificata indicato, elettivamente domiciliato presso il loro studio sito in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
Roma Capitale, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in calce al controricorso, elettivamente domiciliata in Roma negli Uffici dell’Avvocatura Capitolina, INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di Roma, n. 261/2019, depositata in data 15/1/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/11/ 2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
Con atto di citazione ex art. 615 c.p.c., successivamente qualificato come atto introduttivo di giudizio per l’accertamento negativo del credito, il condominio INDIRIZZO di Roma, chiedeva al tribunale di accertare l’inesistenza del credito portato dall’avviso di pagamento n. 20000767/2012 COSAP per euro 4364,08, emesso da Roma Capitale.
In particolare, il condominio rilevava che le griglie ed intercapedini oggetto di accertamento erano già previste ed esistenti nel progetto originario dell’edificio approvato nel 1934 ed installate, in conformità alla licenza edilizia ed alle concesse autorizzazioni amministrative, sul suolo privato del costruttore contestualmente all’edificazione, cioè «prima della eventuale acquisizione al demanio comunale delle aree sulle quali insistono».
Il Tribunale di Roma con sentenza n. 13636 del 2016, qualificata la domanda introduttiva del giudizio in termini di accertamento negativo e, disattesa l’eccezione di giudicato esterno, accoglieva la domanda del condominio, «ponendo a fondamento della decisione la mancanza di un titolo concessorio per occupazione di suolo pubblico e l’inesistenza di una servitù di pubblico passaggio», non avendo l’ente creditore fornito la prova che detta servitù di passaggio fosse stata costituita nei modi di legge, «non essendo sufficiente il mero esercizio di fatto del passaggio a configurare il presupposto di applicabilità del canone».
La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 261 del 2019, pubblicata il 15/1/2019, accoglieva l’appello di Roma Capitale.
In particolare, dopo aver respinto le eccezioni preliminari, per quel che ancora qui rileva, disattendeva la decisione del giudice di prime cure per il quale era rilevante la circostanza dell’esistenza delle grate e delle intercapedini in un periodo temporale di molto anteriore alla costituzione dell’eventuale servitù di uso pubblico (di cui non v’era la prova).
Reputava, invece, che «l’area privata, su cui insistono le griglie ed intercapedini, è divenuta di uso pubblico, essendosi costituita la servitù di pubblico passaggio», con la precisazione che «non ha rilievo né la circostanza che fossero coeve alla costruzione dell’edificio su un’area privata sin dal 1934, né la circostanza che le predette griglie ed intercapedini non costituiscano di fatto un ostacolo al pubblico passaggio» (citava in particolare Cass., n. 145 del 2018; Cass., n. 9868 del 2006; Cass., n. 8037 del 2009).
Pertanto, l’appello di Roma Capitale veniva accolto per un triplice ordine di considerazioni:1) l’imposizione era dovuta a prescindere dall’esistenza di un provvedimento concessorio; 2) «non rileva che la porzione di suolo ove sono state poste ab initio le griglie e intercapedini fosse in precedenza privato e solo successivamente gravato da servitù di pubblico passaggio»; 3) non rilevava che le griglie e intercapedini non costituissero una effettiva limitazione all’uso pubblico.
L’unico elemento rilevante consisteva nella circostanza che le intercapedini e le griglie erano finalizzate alla areazione dei locali appartenente al condominio, sicché, «essendo provato l’uso particolare della porzione del suolo gravato da servitù pubblico passaggio, l’imposizione del COSAP deve ritenersi legittima».
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il condominio.
Ha resistito con controricorso Roma Capitale.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di impugnazione il condominio ricorrente deduce la «violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, primo comma, n. 3, in relazione al d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 63, commi 1 e 2. Delibera dell’Assemblea Capitolina, n. 39 del 23/7/2014, articoli 1, 5,14,14bis , 16».
In particolare, per il ricorrente la normativa esaminata inserisce tra i presupposti dell’obbligazione di pagamento del canone la concessione sicché, laddove la motivazione della sentenza della Corte d’appello evidenziava l’irrilevanza della concessione si determinava «sicuramente la violazione delle norme richiamate».
Inoltre, ulteriore requisito di imposizione del canone, nei casi di installazione di manufatti su proprietà privata, è rappresentato dalla «costituzione sul suolo di una servitù di pubblico passaggio».
Nella specie, il condominio ha prodotto sin dal giudizio di prime cure: le piante in scala del progetto di fabbricato n. 43229/1934, riferito alla licenza edilizia n. 5187 del 1934; copia del verbale di misurazione dell’area oggetto di vendita del 12/10/1934; planimetria grafica della misurazione del terreno; copia del verbale di anticipata consegna dell’area del 26/11/1934; copia atto di vendita di area del 29/5/1937 da parte del governatorato di Roma alla Società RAGIONE_SOCIALE.
Pertanto – ad avviso del ricorrente – la proprietà dell’area non è mai stata contestata da Roma Capitale ed è stata acquisita come presupposta nella stessa sentenza della Corte d’appello».
Inoltre, sarebbe stato necessario, al fine di reputare legittima l’imposizione relativa alla concessione, che si fosse determinata una
utilizzazione della superficie che ne avesse comportato un’effettiva sottrazione all’uso pubblico.
Tuttavia, dalla documentazione versata in atti, con riferimento alla licenza edilizia n. 5187 del 1934, emerge che «le griglie ed intercapedini erano già previste ed esistenti nel progetto originario dell’edificio approvato (nel 1934) ed installate sul suolo del costruttore contestualmente alla costruzione».
Assume dunque carattere determinante «la preesistenza o meno dell’utilizzo particolare da parte del singolo rispetto all’acquisto di un eventuale diritto pubblico di uso».
Si richiama, allora, la giurisprudenza di questa Corte per cui «l’unica circostanza che può impedire l’applicazione della tassa su area gravata da servitù di pubblico passaggio è costituita dalla preesistenza dell’utilizzazione particolare all’acquisto del diritto pubblico di uso; in questo caso infatti ‘detto diritto nasce già limitato da una situazione di fatto preesistente non incompatibile con esso, in modo che il Comune non può pretendere il corrispettivo di utilizzazione che è sorta libera da ogni vincolo’» (si cita Cass., n. 1996 del 1996).
Non sussiste la possibilità di assoggettamento al canone quando l’utilizzazione particolare dell’area privata soggetta alla servitù di pubblico passaggio «sia cronologicamente anteriore alla costituzione del diritto reale di godimento (in tal caso manca il presupposto impositivo della prestazione, perché l’uso generale dell’area nasce già limitato dalla situazione preesistente, non incompatibile con esso)».
Con il secondo motivo di impugnazione il ricorrente deduce la «erronea/omessa valutazione sulla ritenuta esistenza di una servitù di pubblico passaggio. Omesso esame circa un fatto per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.».
La Corte d’appello ha posto tra i presupposti della decisione di accoglimento la circostanza «che sull’area dove insistono le griglie e intercapedini si sia realizzata una servitù di pubblico passaggio».
Al contrario, però, la riferita circostanza «non risulta fondata su alcuna argomentazione logica, né risulta che il giudice d’appello abbia in qualsiasi modo motivato il perché della detta servitù si sarebbe realizzata».
Roma Capitale, dunque, non avrebbe fornito la prova, non soltanto della costituzione di tale asserita servitù di pubblico passaggio, ma anche delle stesse date in cui la INDIRIZZO sarebbe stata «acquisit al patrimonio demaniale del Comune».
Uno dei modi di costituzione legittima di una servitù di uso pubblico è costituito dalla dicatio ad patriam , ma la dimostrazione di un tale modo di acquisto di tale diritto «postula la prova di un comportamento ad uso pubblico del proprietario che, seppure non intenzionalmente diretto a dar vita al diritto di uso pubblico, metta volontariamente con carattere di continuità un proprio bene a disposizione della collettività, assoggettandolo al relativo uso».
Nella specie, però, data la conformazione delle griglie e la tipologia di servitù, «appare quantomeno dubbio che vi sia stato, da parte del condominio, un volontario – ancorché non intenzionale comportamento, teso a dar vita ad un uso pubblico che abbia limitato il proprio diritto fino a privarlo di una delle facoltà insite nel proprio originario diritto di proprietario».
Il ricorso è infondato, stante l’intervenuto giudicato esterno.
3.1. Per questa Corte il giudicato esterno, la cui capacità espansiva nel processo tributario è idonea ad incidere su elementi riguardanti più periodi di imposta, può essere dedotto e provato anche per la prima volta in sede di legittimità, purché esso si sia formato dopo la conclusione del giudizio di merito o dopo il deposito del ricorso per
cassazione; ove, però, si sia formato nell’imminenza della scadenza del termine per la predisposizione e la spedizione del ricorso per cassazione è consentito al ricorrente – che abbia già allegato, con il ricorso per cassazione, la sentenza di merito priva dell’attestazione di cancelleria sull’avvenuto giudicato – depositare con la memoria successiva la medesima pronuncia, munita stavolta dell’attestazione di cancelleria, dovendosi tenere conto del principio di precauzione e non potendosi imporre al ricorrente di predisporre il ricorso per cassazione negli ultimi giorni utili per l’impugnazione, rischiando così di incorrere nella sanzione processuale della inammissibilità del ricorso per tardività (Cass., sez. 5, 22/11/2021, n. 35920).
Deve aggiungersi che nel giudizio di legittimità è opponibile il giudicato esterno solo con riferimento alla decisione divenuta definitiva dopo la scadenza del termine ultimo per ogni allegazione difensiva in grado d’appello e, pertanto, successivamente alla scadenza dei termini per il deposito delle memorie di replica, momento in cui il quadro fattuale sul quale la decisione di secondo grado può e deve fare riferimento è da considerarsi chiuso (Cass., sez. 3, 31/5/2019, n. 14883).
Nella specie, la sentenza del Tribunale di Roma, che ha accolto l’opposizione ex art. 615 c.p.c. del Condominio avverso l’avviso di pagamento n. 20001035/2014 COSAP, relativo all’annualità 2012, è stata depositata il 18/3/2019, ed il certificato di passaggio in giudicato reca la data del 18 maggio 2020.
Il giudicato, dunque, è maturato decorsi sei mesi dalla pubblicazione della sentenza, quindi, dovendosi tenere conto del periodo feriale, nel mese di ottobre del 2019.
Il ricorso per cassazione, invece, è stato spedito il 29/3/2019, quindi prima della formazione del giudicato. Di qui, l’ammissibilità
del deposito della sentenza passata in giudicato, anche successivamente alla spedizione del ricorso per cassazione.
3.2. Quanto all’efficacia di giudicato, premesso che il COSAP non è un’imposta, ma un’entrata patrimoniale privatistica, dovuta in ragione di una concessione, reale o presunta, dell’uso esclusivo o speciale di beni pubblici per l’occupazione di suolo pubblico (Cass. n. 1435/2018; Cass. n. 24541/2019; Cass. n. 7188/2022), va rilevato che nei rapporti di durata il vincolo del giudicato, sia pur formato in relazione a periodi temporali diversi, opera solo a condizione che il fatto costitutivo sia lo stesso ed in relazione ai soli aspetti permanenti del rapporto, con esclusione di quelli variabili (Cass., 19/4/ 2023, n. 10430; Cass. n. 17223/2020). Nel caso di specie, il fatto costitutivo del diritto a percepire il COSAP è il medesimo per tutte le annualità, ossia la presenza di griglie o intercapedini in corrispondenza del condominio odierno resistente ed il momento storico in cui le stesse sono state realizzate.
3.3. In proposito, va rimarcato che, nell’ambito dei rapporti giuridici di durata e delle obbligazioni periodiche che eventualmente ne costituiscano il contenuto, il giudicato formatosi sull’accertamento relativo a una fattispecie attuale preclude il riesame, in un diverso processo, delle medesime questioni, spiegando la propria efficacia anche per il periodo successivo alla sua formazione, con l’unico limite di una sopravvenienza, di fatto o di diritto, che muti il contenuto materiale del rapporto o ne modifichi il regolamento (Cass. n. 20765/ 2018; Cass. n. 37269/2021).
Il giudicato, infatti, copre il dedotto e il deducibile in relazione al medesimo oggetto, e, pertanto, tutte le ragioni giuridiche e di fatto esercitate in giudizio ed anche tutte le possibili questioni, proponibili in via di azione o eccezione, che, sebbene non dedotte specifica-
mente, costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia (Cass. n. 6091/2020, Cass. n. 33021/2022).
Nella sentenza del Tribunale di Roma n. 5800 del 18/3/2019 si legge che già con precedente sentenza del Tribunale n. 415 del 2013 è stata risolta, con efficacia di giudicato tra le medesime parti, una questione costituente premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza.
In particolare, l’accoglimento dell’opposizione proposta dal Condominio è stato fondato, tra l’altro, sulla «accertata positiva dimostrazione in fatto della preesistenza delle griglie alla destinazione ad uso pubblico o servitù pubblica della stessa ».
Pertanto, si è formato il giudicato proprio sulla circostanza della preesistenza delle griglie alla destinazione ad uso pubblico.
La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che prov-