Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7700 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 7700 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 21/03/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 35825/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME
1.
(CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente incidentale- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LIGURIA n. 527/2018 depositata il 08/05/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Udito il difensore del controricorrente.
Udito il P.G. che ha concluso per l’accoglimento del ricorso principale e di quello incidentale.
FATTI DI CAUSA
1.La società RAGIONE_SOCIALE -successivamente incorporata nella società RAGIONE_SOCIALE impugnava i provvedimenti concernenti l’ecotassa relativa alle annualità 2004-2008, eccependo per le annualità 2004 e 2005 l’illegittimità degli accertamenti emessi prima dello scadere del sessantesimo giorno ex art. 12 legge 212/2000, nonché per le successive annualità di imposta l’adozione del provvedimento dal funzionario privo di poteri e, nel merito, l’insussistenza del presupposto impositivo in relazione alla frazione umida, derivante da procedimento di separazione da quella secca ed inertizzata, recuperata all’interno della discarica quale elemento di costruzione; deduceva altresì la legittimità dell’aliquota ridotta per la frazione secca qualificabile come scarti e sovvalli derivanti dalla lavorazione nell’impianto dei selezione automatica.
La CTP di Imperia, riuniti i ricorsi, li accoglieva limitatamente alle annualità 2004-2005, respingendo per il resto.
La società interponeva appello e la Provincia di Imperia proponeva appello incidentale con riferimento ai capi della sentenza che aveva annullato gli avvisi relativi alle annualità di imposta 2004-2005.
La CTR della Liguria dichiarava l’inammissibilità dell’appello principale per essere stato proposto da società estinta in quanto cancellata dal registro delle imprese a seguito di incorporazione per fusione,
richiamando i principi affermati dalle Sezioni Unite secondo le quali la natura costitutiva riconosciuta dalla legge agli effetti della cancellazione a decorrere dal primo gennaio 2004 comporta una vicenda estintiva ai sensi del d.lgs. n. 6/2003.
In merito all’appello incidentale proposto dalla Provincia di Imperia ne dichiarava l’inammissibilità, in quanto la sentenza pronunciata in cause riunite, pur se formalmente unica, in una prospettiva sostanziale è composta da più pronunce ciascuna delle quali è assoggettata al regime formale e temporale che le è proprio; dal che deriva che il potere di impugnazione in via incidentale deve essere visto in correlazione alle singole pronunce; con la conseguenza che una parte può proporre impugnazione in via incidentale solo in ordine a quella pronuncia che sia già stata impugnata i n via principale da un’altra parte dal corrispondente giudizio e non anche se via sia stata una impugnazione principale nei riguardi della pronuncia relativa ad un altro dei giudizi riuniti.
La società propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi avverso la sentenza indicata in epigrafe. La Provincia della Liguria replica con controricorso e propone ricorso incidentale, illustrato nelle memorie ex art. 378 c.p.c.
La contribuente replica al ricorso incidentale proposto dalla Provincia eccependone la tardività, poiché, in quanto vittoriosa in alcuni dei giudizi riuniti e soccombente in altri, avrebbe potuto impugnare in via incidentale solo se vi fosse stata impugnazione principale nei riguardi della pronuncia rispetto alla quale era soccombente. La stessa ha depositato memorie difensive in prossimità dell’udienza.
Il P.G. ha concluso per l’accoglimento del ricorso principale e l’ammissibilità e l’accoglimento del ricorso incidentale.
MOTIVI DI DIRITTO
1.Con il primo motivo di ricorso si denuncia la nullità della sentenza ed error in procedendo per violazione degli articoli 299 e 300 cod. proc. civ. in combinato disposto con l’articolo 40 decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 542, in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 4 cod. proc.
civ.; per avere il giudicante ritenuto inammissibile l’appello che era stato legittimamente proposto dalla RAGIONE_SOCIALE quale incorporata mediante fusione in società RAGIONE_SOCIALE. Assume che se la fusione dell’incorporazione determina, a seguito della cancellazione dal registro delle imprese, l’estinzione della stessa, dall’altra si deve considerare sia il disposto dell’art. 299 cod.proc.civ., il quale prevede che , che quello del successivo articolo 300 cod.proc.civ., il quale dispone che dal momento della dichiarazione o notificazione di uno degli eventi previsti nell’articolo precedente – che si avvera nei riguardi della parte che si è costituita a mezzo di procuratoreil processo è interrotto salvo che avvenga la costituzione volontaria o la riassunzione a norma dell’articolo precedente.
Assume che qualora la cancellazione dal registro dell’impresa si verifica durante la fase attiva del processo l’unica disciplina applicabile è quella dell’articolo 300 cod. proc. civ. con la conseguenza che la scelta appartiene al procuratore della parte colpita dall’evento e l’effetto che deriverà da questa scelta permarrà per tutto l’ulteriore svolgimento del rapporto processuale; se omette la dichiarazione dell’evento in udienza o la notificazione alle altre parti, la posizione giuridica della parte da lui rappresentata resta stabilizzata rispetto alle altre parti ed al giudice. In altri termini sussisterebbe il principio dell’ultrattività del mandato alle liti anche nel caso in cui l’evento che abbia determinato la perdita di capacità della parte di stare in giudizio sia rappresentato dalla cancellazione della società dal registro delle imprese evento che determina l’estinzione della società.
2. La seconda censura del ricorso prospetta la nullità della sentenza ed error in procedendo per violazione degli articoli 80 e 323 cod.proc.civ. e
dell’articolo 50 del d.lgs. n. 546 del 1992 in combinato disposto con l’articolo 2504bis cod. civ. per avere il decidente ritenuto che l’unico soggetto legittimato a proporre appello fosse l’incorporante società RAGIONE_SOCIALE. Si obietta che per effetto dell’unificazione dell’incoronata COGNOME all’importante RAGIONE_SOCIALE, l’incorporata del tutto legittimamente ha presentato appello in proprio nome per conto delle incorporante e che, pertanto, la CTR ha erroneamente dichiarato l’inammissibilità dell’appello sul presupposto che la società RAGIONE_SOCIALE era stata cancellata dal registro delle imprese il 21 dicembre 2012.
Deduce che la società che risulta dalla fusione prosegue in tutti i rapporti anche processuali anteriori alla fusione, la quale non determina l’estinzione della società incorporata né crea un nuovo soggetto, come statuito dalla Corte di cassazione con sentenza n. 3820/2013 e che la procura conferita al difensore dall’amministratore di una società di capitali per ogni stato e grado della causa è valida anche per il giudizio d’appello e resta tale anche se l’amministratore, dopo il rilascio del mandato e prima della proposizione dell’impugnazione, sia cessato dalla carica, in conformità al principio secondo cui la sostituzione della persona titolare dell’organo avente il potere di rappresentare in giudizio la persona giuridica non è causa di estinzione dell’efficacia della procura alle liti, la quale continua ad operare a meno che non sia revocata dal nuovo rappresentante legale. In sostanza, la sostituzione della persona titolare dell’organo avente potere di rappresentare in giudizio la persona giuridica non è causa di estinzione efficacia della procura, la quale continua ad operare a meno che non sia revocata al nuovo rappresentante legale.
Afferma, inoltre, che dichiarando inammissibile l’appello della società RAGIONE_SOCIALE, la Commissione regionale ha ritenuto assorbite tutte le questioni di merito sollevate dalla stessa con l’atto di appello per le annualità 2006- 2008.
Con ricorso incidentale, la Provincia lamenta la violazione degli articoli 333 e 334 del cod.proc.civ. nonché degli articoli 29 e 54 del decreto legislativo n. 546 del 1992, ai sensi dell’articolo 360, primo comma, nn.
3) e 4) cod. proc. civ.; per avere la CTR affermato l’inammissibilità dell’appello incidentale relativo ai capi autonomi della stessa. In particolare i giudici regionali hanno affermato che la Provincia di Imperia avrebbe dovuto impugnare il relativo capo della sentenza della CTP in cui essa risultava soccombente presentando un appello in via principale per gli anni 2004 e 2005 e non oltre sei mesi dal deposito della sentenza avvenuta il 13 luglio 2016.
Secondo la Provincia l’unico limite di carattere oggettivo che l’articolo 334 cod proc.civ. prevede è l’unicità formale della sentenza contenente una pluralità di capi sulle domande delle parti, la quale è sufficiente a creare quel nesso tra le varie pronunce che giustifica l’ammissibilità dell’impugnazione incidentale anche oltre il termine e nonostante la quiescenza, perché nella visione pratica delle parti l’unità del processo assorbe e fonde come elementi di un tutto le varie domande che vi furono proposte senza che si possa distinguere tra domande connesse e domande autonome. L’articolo 334 cod proc civ. non fissa limiti sotto il profilo oggettivo in ordine all’ammissibilità dell’impugnazione incidentale tardiva e non giustifica in alcun modo le limitazioni che i giudici territoriali hanno ricollegato per il fatto che le contrapposte domande furono poste in causa separate e poi riunite.
4.Con il secondo motivo di ricorso incidentale la Provincia afferma che la CTR, dichiarando l’ inammissibilità dell’appello incidentale ha ritenuto assorbiti tutti i motivi con esso proposti per cui ripropone i motivi dedotti nell’atto di appello incidentale.
5 . Sull’eccezione relativa alla inammissibilità del ricorso per cassazione presentato da RAGIONE_SOCIALE in qualità di incorporante di RAGIONE_SOCIALE, va osservato che RAGIONE_SOCIALE, per effetto della avvenuta incorporazione, la cui operatività non è stata messa in discussione dalle parti, può ben valersi della facoltà di proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza in oggetto. Si tratta infatti di soggetto che è formalmente subentrato in tutti rapporti attivi e passivi della società RAGIONE_SOCIALE, ivi compresi quelli riguardanti le controversie
ancora pendenti. Al contrario, il ricorso per cassazione proposto dalla società cancellata dal registro dalle imprese sarebbe stato inammissibile, non potendo invocarsi in questa evenienza l’ultrattività del mandato eventualmente conferito al difensore dei precedenti gradi di giudizio, sia perché l’operatività di tale principio presuppone che si agisca in nome di un soggetto esistente e capace di stare in giudizio, sia perché la proposizione di quel ricorso richiede apposita procura speciale (Sez. 5, Sentenza n. 2444 del 31/01/2017 (Rv.642885 – 01)
6.Tanto premesso, il ricorso principale per cassazione, è ammissibile e fondato.
La Sezioni Unite di questa Corte n.21970/2021 dirimendo il contrasto esistente sulla natura meramente evolutivo-modificativa ovvero estintiva del fenomeno della fusione societaria, hanno affermato, che «La fusione realizza una successione a titolo universale corrispondente alla successione mortis causa e produce gli effetti, tra loro interdipendenti, dell’estinzione della società incorporata e della contestuale sostituzione a questa, nella titolarità dei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, della società incorporante, che rappresenta il nuovo centro di imputazione e di legittimazione dei rapporti giuridici già riguardanti soggetti incorporati; la fusione per incorporazione estingue la società incorporata, che non può dunque iniziare un giudizio in persona del suo ex amministratore, ferma restando la facoltà per la società incorporante di spiegare intervento volontario in corso di causa, ai sensi e per gli effetti dell’art. 105 c.p.c.; nondimeno, ove la fusione intervenga in corso di causa , non si determina l’interruzione del processo, esclusa “ex lege” dall’art. 2504 bis c.c.» (Cass, S.U. n. 21970/2021; Cass.. 29221/23); le Sezioni Unite hanno chiarito che se, quanto ai rapporti giuridici, provvede l’art. 2504-bis cod. civ., chiarendo che essi proseguono tutti in capo alla società incorporante o risultante dalla fusione, quale successore per legge esplicitamente identificato, si ha, nel contempo, che le persone fisiche (soci, esponenti aziendali, dipendenti) perdono il loro ruolo originario (derivando la loro sorte dal progetto di fusione) e le persone
giuridiche – diverse dalla incorporante o risultante dalla fusione – si estinguono. Le società incorporate o fuse non restano, pertanto, soggetti del mercato, non le si vede ciononostante proporre cause civili o esservi convenute. Alla stregua di quanto esposto, la prosecuzione dei rapporti giuridici nel soggetto unificato fonda la legittimazione attiva dell’incorporante ad agire e proseguire nella tutela dei diritti e la sua legittimazione passiva a subìre e difendersi avverso le pretese altrui, con riguardo ai rapporti originariamente facenti capo alla società incorporata; viceversa quest’ultima, non mantenendo la propria soggettività dopo l’avvenuta fusione e la cancellazione dal registro delle imprese, neppure vanta una propria autonoma legittimazione processuale attiva o passiva.
In via di principio, perciò, alla fusione, divenuta efficace in corso di causa, in mancanza di disposizioni derogatorie troverebbe applicazione il regime degli artt. 110 e 300 cod. proc. civ., con l’interruzione del processo e la sua prosecuzione dal successore universale o in suo confronto, previa riassunzione, quale fenomeno riconducibile al «venir meno» della parte, di cui all’art. 110 cod. proc. civ..
Tuttavia, in presenza di fusione sopraggiunta nel corso del giudizio, la dizione dell’art. 2504-bis cod. civ. – secondo cui in tutti i rapporti giuridici delle società incorporate «anche processuali» vi è una «prosecuzione» dell’incorporante – vale ad evitare ex lege l’interruzione stessa, dato che l’incorporata ne prosegue senza soluzione di continuità i rapporti, anche processuali. Onde, sul punto, il precedente orientamento che escludeva l’interruzione del processo va confermato con riguardo alla fusione delle società post riforma del 2003, dovendo in tal modo ricostruirsi il portato dell’art. 2504bis cod. civ., attesa l’esigenza di ragionevole durata del processo e l’assenza della lesione di interessi di qualsiasi parte. Nel caso della fusione, dunque, è la legge stessa a disporre, mediante l’art. 2504bis cod. civ., che il processo non debba essere interrotto: ma ciò non perché la società incorporata, fusa o scissa sia ancora esistente, ma semplicemente perché la incorporante, la società risultante dalla fusione
o le società beneficiarie sono, di volta in volta, i soggetti divenuti titolari sia di quel rapporto sostanziale, sia del corrispondente c.d. rapporto processuale, ossia del giudizio che quello abbia ad oggetto.
La ratio degli artt. 299 ss. cod. proc. civ. conferma tale ricostruzione: posto che, se l’istituto dell’interruzione del processo mira a tutelare sia la parte colpita dall’evento interruttivo, sia la controparte, ai fini della migliore esplicazione del diritto di difesa di entrambe (art. 24 Cost.), tale esigenza non si avverte, o in ogni caso è ex lege recessiva, a fronte della superiore esigenza di continuità nei rapporti sostanziali e processuali, a fini di certezza. Nel caso in cui la società incorporante rimane estranea al processo, la società (incorporata o fusa) può impugnare la decisione (ed anche ricevere la notifica dell’impugnazione dalla controparte) tramite lo stesso difensore della società incorporata per effetto di procura estesa a tutti i gradi di giudizio, fermo restando il principio che tutti i rapporti sostanziali e processuali continuano nell’ambito della società incorporante o nata dalla fusione paritaria .
7. Come già rilevato da questa Corte(Cass. Cass. 190/22), il principio dell’ultrattività del mandato alla lite, per cui il difensore continua a rappresentare la parte come se l’evento non si fosse verificato, si applica anche quando avvenuta la cancellazione della società dal registro delle imprese successivamente alla emissione della sentenza e in pendenza del termine per proporre ricorso, non ne sia possibile, per tale ragione, la sua declaratoria, né il procuratore della società estinta abbia inteso notificare l’evento stesso alla controparte, sicché quest’ultima, legittimamente, può notificare alla società, pur cancellata ed estinta, il ricorso per cassazione presso il domicilio del suddetto difensore (Cass. 27 luglio 2015, n. 15724; Cass.13685/2023).
Da tale principio di diritto scaturisce, quale inevitabile conseguenza giuridica, l’affermazione relativa alla perdurante legittimazione ad impugnare in capo alla società incorporata che, sia pure cancellata dal registro delle imprese, non perde la propria legittimazione processuale se
la fusione si è realizzata nel corso del giudizio e non è stata formalmente dichiarata.
Il principio dell’ultrattività del mandato (secondo l’impostazione ferma da Cass., Sez. Un., 4 luglio 2014, n. 15295) consiste in una finzione la quale comporta che la parte deceduta debba essere considerata, nell’ambito del processo, tuttora esistente: l’impiego di una simile finzione – sulla cui compatibilità con l’impianto secondato da Cass., Sez. Un., 30 luglio 2021, n. 21970, non viene presa alcuna posizione – ha senso almeno quando, come nel caso in esame, la procura sia stata conferita prima dell’estinzione.
8.1.Superando un proprio precedente orientamento (espresso da Cass., Sez. U., 12/03/2013, n. 6070, seguita dalla Corte territoriale), questa Corte ha affermato che la morte o la perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, dallo stesso non dichiarate in udienza o notificate alle altre parti, comportano, giusta la regola dell’ultrattività del mandato alla lite, che: a) la notificazione della sentenza fatta a detto procuratore; ex art. 285, cod. proc. è idonea a far decorrere il termine per l’impugnazione nei confronti della parte deceduta o del rappresentante legale di quella divenuta incapace; b) il medesimo procuratore, qualora originariamente munito di procura alla lite valida per gli ulteriori gradi del processo, è legittimato a proporre impugnazione – ad eccezione del ricorso per cassazione, per cui è richiesta la procura speciale – in rappresentanza della parte che, deceduta o divenuta incapace, va considerata, nell’ambito del processo, tuttora esistente come tale e capace; c) è ammissibile la notificazione dell’impugnazione presso di lui, ai sensi dell’art. 330, primo comma, cod. proc. civ., senza che rilevi la conoscenza “aliunde” di uno degli eventi previsti dall’art. 299 cod. proc. civ. da parte del notificante (Cass., Sez. U., 04/07/2014, n. 15295, e successive conformi quali, ad esempio, subito dopo, Cass., 17/09/2014, n. 19533, e, negli anni successivi, sempre tra le molte, Cass., 18/01/2016, n. 710, Cass., 22/08/2018, n. 20964, Cass., 09/10/2018, n. 24845, in un caso di decesso successivo alla decisione di
prime cure e appello, ritenuto ammissibile, notificato al difensore del deceduto, e, da ultimo, Cass., 23/03/2021, n. 8037, Cass., 26/07/2021, n. 21381, pagg. 6-8 Cass.11193/23; in materia di società il principio è stato ribadito, sempre tra le altre, da Cass., 05/01/2022, n. 190, in un caso di fusione per incorporazione, Cass., 07/07/2021, n. 19197, così come prima da Cass., 23/11/2018, n. 30341, e a risalire ancora da Cass., 21/08/2018, n. 20840, pag. 5, Cass., 09/10/2017, n. 23563, Cass., 31/01/2017, n. 2444, indirettamente a pag. 3, analogamente a Cass., 22/07/2016, n. 15177, da Cass., 29/07/2016, n. 15762, Cass., 27/07/2015, n. 15724, menzionata dall’arresto del 2022 sopra ricordato, Cass., 17/12/2014, n. 26495, Cass., 31/10/2014, n. 23141).
Il ricorso incidentale non supera il vaglio di ammissibilità.
In riferimento ai presupposti oggettivi di ammissibilità del gravame incidentale tardivo – in linea generale – si registrano diversificati accenti nella giurisprudenza di legittimità, essenzialmente riconducibili a due opzioni ermeneutiche: secondo un primo orientamento, infatti, si ritiene che esso vada dichiarato inammissibile, laddove l’interesse alla sua proposizione non possa ritenersi insorto per effetto dell’impugnazione principale (in questo senso, da ultimo, Cass., Sez. III, 29 ottobre 2019 n. 27616, Rv. 655641-01, nonché Cass., Sez. III, 24 agosto 2020 n. 17614, Rv. 658685-01); secondo una diversa impostazione, si ritiene invece che l’impugnazione incidentale debba sempre considerarsi ammissibile, qualora quella principale metta in discussione l’assetto d’interessi derivante dalla sentenza cui la parte non impugnante aveva prestato acquiescenza, sicché detta impugnazione può anche riguardare un capo della decisione diverso da quello oggetto del gravame principale, o investire lo stesso capo per motivi diversi da quelli già fatti valere (così, di recente, Cass., Sez. III, 11 novembre 2020, n. 25285, Rv. 659582 -01, nonché Cass., Sez. L, 17 novembre 2020 n. 26164, Rv. 659545-01). 7.1.Non ignora, in particolare, questo Collegio che questa Corte (con sentenza n. 26154 del 12/12/2014) è giunta alla conclusione
dell’ammissibilità sulla base del rilievo attribuito alla capacità della
impugnazione principale di incidere comunque, sebbene riferita al solo rapporto di garanzia, sull’«assetto di interessi» complessivamente risultante dalla decisione impugnata. Si trattava di una ipotesi in cui il giudice di merito aveva ritenuto ammissibile (e poi accolto nel merito) l’appello incidentale tardivo di una banca che, condannata in primo grado al risarcimento dei danni arrecati ad un condominio a seguito di lavori di ristrutturazione, ma vittoriosa anche, seppure solo in parte, nei confronti della impresa esecutrice dei lavori condannata a tenerla indenne per la metà, era stata convenuta in appello solo dalla detta impresa, per ragioni attinenti alla propria responsabilità. L’impugnazione proposta sul punto dai danneggiati (che, per effetto dell’accoglimento di detto appello incidentale, si erano visti riformata la sentenza di primo grado a loro favorevole anche nella parte recante condanna della banca all’integrale risarcimento del danno) è stata rigettata in applicazione del principio enunciato da Cass. Sez. U. n. 24627 del 27/11/2007, secondo cui -sulla base del principio dell’interesse all’impugnazione -l’impugnazione incidentale tardiva è sempre possibile «tutte le volte che l’impugnazione principale metta in discussione l’assetto di interessi derivante dalla sentenza alla quale il coobbligato solidale prestato acquiescenza». Si è ritenuto in detto precedente del 2014 che tale principio «deve valere anche nell’ipotesi in cui l’impugnazione principale non concerna l’intera responsabilità, giacché risulta comunque messo in discussione l’assetto di interessi derivante dalla sentenza impugnata; il tutto in coerenza con le ragioni sottese alla richiamata pronuncia delle S.U., volte ad assicurare “l’unità del giudizio conclusosi con la sentenza impugnata … la cui intima coerenza verrebbe meno se ogni parte di essa fosse suscettibile di esame separato, con conseguente difformità di giudicati scaturenti dal medesimo rapporto, seppur nei confronti di parti diverse”». Ebbene, in disparte il rilievo, p ur dirimente, che il rilievo della «modifica dell’assetto di interessi» determinato dalla impugnazione principale (in alcune pronunce si parla di «modifica dell’assetto giuridico originariamente accettato»: v., ex aliis, Cass. n. 26139 del 2022; n. 25825 del 2020; n.
5876 del 2018) viene solitamente affermato quale ragione fondante l’ammissibilità della impugnazione incidentale tardiva con riferimento a ipotesi, non assimilabili a quella in esame, di giudizi litisconsortili nei confronti di debitori o creditori solidali, deve osservarsi, più in generale, che l’indirizzo che su tale argomento fa leva non trova unanime riscontro nella giurisprudenza, tra i numerosi precedenti contrari annoverandosi anche una recente pronuncia delle Sezioni Unite. Cass. Sez. U. n. 23903 del 29/10/2020, infatti, con riferimento all’azione proposta contro più soggetti solidalmente responsabili di danno erariale, la quale inserisce in unico giudizio più cause scindibili ed indipendenti, ha affermato il principio secondo cui «proposto ricorso per cassazione da uno dei condebitori solidali, gli altri, per i quali sia ormai decorso il termine, non possono giovarsi dell’impugnazione incidentale tardiva, ai sensi dell’art. 334 c.p.c., operando le forme ed i termini stabiliti da tale norma esclusivamente per l’impugnazione incidentale in senso stretto, ovvero per quella proveniente dalla parte “contro” la quale è stata proposta l’impugnazione principale, o per quella chiamata ad integrare il contraddittorio a norma dell’art. 331 c.p.c.» Con detta pronuncia le Sezioni Unite hanno in tal modo preso posizione sulla su accennata dibattuta questione aderendo all’orientamento più restrittivo già emerso nella più recente giurisprudenza di questa Corte e segnando, così, un sostanziale abbandono del discrimine rappresentato dal generico riferimento all’indefinito concetto di «assetto di interessi conseguente alla sentenza impugnata» (v. anche Cass. 2023/16899).
Da segnalare in tal senso l’arresto, di poco antecedente a detta pronuncia, di Cass. 09/07/2020, n. 14596, che -sulla scia di altri precedenti dello stesso segno (Cass. 16/11/2015, n.23396; 25/01/2018, n. 1879; 12/03/2018, n. 5876) -ha dichiarato inammissibile il ricorso incidentale tardivo proposto da un coobbligato solidale sul rilievo che alla luce del principio secondo cui «l’impugnazione incidentale tardiva, da qualunque parte provenga, va dichiarata inammissibile laddove l’interesse alla sua proposizione non possa ritenersi insorto per effetto
dell’impugnazione principale» (Cass. n. 12387 del 2016 e Cass. n. 6156 del 2018), non potendosi ritenere consentito di ‘recuperare’, mediante il ricorso incidentale tardivo, la possibilità di effettuare un’impugnazione il cui interesse era già presente dal momento della pubblicazione della sentenza.
7.2.In questa prospettiva, vi sarebbe una sostanziale esclusione dell’operatività dell’art. 334 c.p.c. rispetto alle cause scindibili, nell’ambito delle quali l’impugnazione sarebbe proponibile solo nell’ipotesi in cui chi censuri la sentenza in via incidentale sia anche destinatario diretto dell’impugnazione principale. Questa limitazione viene tradizionalmente giustificata invocandosi la finalità dell’art. 334 c.p.c. di favorire l’accettazione della sentenza ad opera delle parti e si fonda sulla diversa disciplina processuale impartita dagli artt. 331 e 332 c.p.c.. Com ‘è noto, il trattamento processuale riservato ex art. 331 c.p.c. alle cause inscindibili o dipendenti determina in sede di impugnazione un litisconsorzio necessario tra tutti i soggetti che siano stati parti nel giudizio di primo grado, i quali, per il solo fatto della notificazione dell’impugnazione, assumeranno la qualità di parte anche in sede di impugnazione (a titolo meramente esemplificativo, possono citarsi, ex multis, a favore dell’orientamento restrittivo: Cass. 22 -06-2022, n. 20176; Cass. 22 -12-2021, n. 41254; Cass. 30-06-2021, n. 18434; Cass. 4-03-2020, n. 5989) .A tale orientamento restrittivo si associa dunque un modello applicativo della norma fondato su un preventivo vaglio di ammissibilità da effettuarsi alla luce dell’alternatività tra gli artt. 331 o 332 c.p.c.
8.Non mancano tuttavia decisioni che -pur in tale più ristretta prospettiva – hanno ritenuto di operare taluni distinguo, in particolare dovendo valutarsi se la reazione tardiva della parte destinataria dell’impugnazione principale sia attinente o meno al medesimo rapporto giuridico oggetto di quest’ultima, ovvero se riguardi un diverso rapporto, pure sub iudice. Così, secondo Cass., Sez. I, 10 ottobre 2008, n. 24902, Rv. 604923-01, (nel medesimo senso, più di recente, Cass., Sez. L, 17 novembre 2020 n. 26164, Rv. 659545-01).
8.1.Si tratta, però, di una peculiare applicazione dei già visti principi al processo con cumulo oggettivo delle domande o di cause riunite, ove ogni giudizio conserva la sua autonomia, anche se confluite in una unica sentenza che ha statuito su tutti i rapporti giuridici.
9.Non pare dubbio, dunque, che analoga conclusione si imponga a maggior ragione nel caso in questione, nel quale, evidentemente, l’interesse alla impugnazione della statuizione di annullamento degli avvisi di accertamento per le annualità 2005 e 2005, impugnati con ricorsi separati dalla contribuente, era certamente sorto già al momento della pubblicazione della sentenza e su di esso nessuna incidenza può invece assumere, in iure , l’impugnazione principale della società con riferimento agli avvisi relativi alle successive annualità di imposta respinta dalla CTR. Ed infatti, vengono in rilievo sei diversi ricorsi proposti avverso i singoli avvisi di accertamento relativi alle annualità di imposta 2004 -2008, relativi a distinti rapporti tributari intercorsi con la Provincia di Imperia, adottati in esito a distinti processi verbali di accertamento, ciascuno impugnato con un autonomo ricorso, che
venivano poi riuniti e decisi con la sentenza della CTP di Imperia oggetto dell’appello. Inoltre, mentre l’odierna ricorrente impugnava il capo della sentenza concernente i ricorsi aventi ad oggetto le annualità 2006-2008, l’Amministrazione svolgeva l’appello incidentale in ordine all’annullamento degli avvisi relativi alle annualità 2004 e 2005. Pertanto, l’appello incidentale dell’Amministrazione, intervenuto, oltre il termine semestrale decorrente dalla pubblicazione della sentenza di primo grado, è tardivo alla luce del principio secondo cui .
Per le considerazioni che precedono deve in definitiva pervenirsi all’accoglimento del ricorso principale ed alla declaratoria di inammissibilità del ricorso incidentale, con conseguente cassazione della sentenza oggetto di ricorso e rinvio alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Liguria, in diversa composizione, che statuirà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per i rispettivi ricorsi, ove dovuto, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
– accoglie il ricorso principale; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Liguria in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte della ricorrente incidentale, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per i rispettivi ricorsi, ove dovuto, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso all’udienza della sezione tributaria della Corte di cassazione