Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26869 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26869 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 16/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6248/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto n. 957/2022 depositata il 17/08/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/07/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.Emerge dalla sentenza impugnata oltre che dagli atti di parte (ricorso, controricorso) che NOME COGNOME impugnò l’iscrizione ipotecaria legale per l’importo di € 1.373.366,06, di cui € 686.683,03 a titolo di capitale, iscritta in data 13.2.2019 su immobili di sua proprietà in relazione a pretese erariali, contributi previdenziali, sanzioni amministrative, canoni abbonamento RAI, oneri iscrizione alla RAGIONE_SOCIALE, contravvenzioni stradali. Il contribuente contestò l’atto impositivo, instando per l’annullamento dell’ipoteca, in quanto aveva colpito beni precedentemente costituiti in fondo patrimoniale non aggredibili ex art. 170 c.c. Il contribuente eccepì, peraltro, la nullità dell’ipoteca legale perché iscritta 180 giorni dopo la notifica del preavviso di iscrizione ipotecaria. La RAGIONE_SOCIALETRAGIONE_SOCIALEP. respinse il ricorso ed NOME COGNOME impugnò la decisione. In seguito il giudice di seconde cure respinse l’appello evidenziando, tra le altre cose, come non esistesse norma alcuna che stabilisse un limite di efficacia di 180 gg. dal preavviso di ipoteca atteso che tale limite temporale era esclusivamente da riferirsi al diverso istituto dell’espropriazione. In relazione all’ulteriore contestazione relativa all’eccepita costituzione di fondo patrimoniale sui beni gravati a ipoteca si rilevò che non fosse stata fornita prova alcuna sulla regolare costituzione del fondo patrimoniale e sul fatto che il debito fosse stato contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia.
Il contribuente propone ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello con due motivi. Resiste l’ ADER con controricorso.
In prossimità dell’udienza il ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo si denuncia ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. la violazione del principio del contraddittorio ex art. 101 c.p.c., la violazione del diritto di difesa ex art. 24 Cost., la violazione dell’art. 16 del d.l. n. 179 del 2012. Si evidenzia che il difensore, a marzo del 2022, aveva mutato ordine professionale e, conseguentemente il domicilio digitale, indicato nel Registro RAGIONE_SOCIALE Indirizzi Elettronici Reg. Ind.E.
La Commissione Tributaria, in data 13 luglio 2022, aveva notificato l’avviso di fissazione e dell’udienza di discussione, a mezzo pec, trasmettendolo al precedente indirizzo, ma, a quella data, il difensore era già iscritto all’RAGIONE_SOCIALE e il nuovo indirizzo pec, era consultabile al Reg.InD.E.
2.Con il secondo motivo si denuncia la nullità della sentenza per motivazione apparente poiché il giudice di merito con una mera affermazione tautologica avrebbe escluso che i beni aggrediti fossero da destinarsi a bisogni della famiglia.
In particolare NOME COGNOME ritiene la sentenza sarebbe ‘asciutta o comunque errata’ a fronte della doglianza con la quale lamentava che la decisione di primo grado ‘non si era addentrata nello spiegare (come invece avrebbe dovuto) in quale modo una tale prova avesse potuto essere offerta ai fini dell’opponibilità o meno del fondo patrimoniale.’ La decisione, inoltre sarebbe affetta da motivazione apparente o mancante
perché dinanzi ‘alle censure specificatamente svolte dal ricorrente’ in particolare sulle modalità di dimostrazione del debito estraneo ai bisogni della famiglia, nulla sarebbe stato detto dalla Commissione di secondo grado.
3.Il primo motivo è inammissibile.
A seguito dell’introduzione dell’art. 16 -sexies del d.l. n. 179 del 2012, conv., con modific., dalla l. n. 221 del 2012, fermo quanto previsto dall’art. 366 c.p.c. e salvo che non sia possibile per causa imputabile al destinatario, le notificazioni e le comunicazioni vanno eseguite al “domicilio digitale” di cui ciascun avvocato è dotato, corrispondente all’indirizzo P.E.C. – risultante dal ReGindE – indicato, una volta per tutte, al Consiglio dell’ordine di appartenenza e conoscibile dai terzi attraverso la consultazione dell’Indice nazionale RAGIONE_SOCIALE indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC).
Nella specie il ricorrente afferma che alla data in cui la comunicazione dell’udienza venne effettuata egli aveva mutato l’indirizzo digitale avendo mutato l’ordine di appartenenza.
Premesso che, nella specie, la comunicazione dell’avviso risulta andata a buon fine (essendone stata accertata dal giudice di merito la regolarità), il motivo difetta di specificità.
Non emerge dal ricorso che alla data della comunicazione il difensore avesse variato l’indirizzo di posta elettronica.
La produzione documentale relativa alla variazione di ordine di appartenenza (attestazione del Consiglio dell’ordine) non può infatti essere presa in considerazione da questa Corte atteso che essa avrebbe dovuto essere effettuata con il ricorso introduttivo.
In tema di produzione di nuovi documenti nel giudizio di Cassazione è opportuno infatti rimarcare che la nullità della sentenza impugnata, in relazione alla quale, ai sensi dell’art. 372 c.p.c., è ammissibile il deposito di nuovi documenti in cassazione, non è solo quella derivante dai vizi propri della sentenza, cioè dalla mancanza dei requisiti essenziali di forma e di sostanza della sentenza, ma altresì quella originata, in via riflessa, da vizi radicali del procedimento che, attenendo alla identificazione dei soggetti del rapporto processuale e dunque alla legittimità del contraddittorio, determinino la nullità RAGIONE_SOCIALE atti processuali compiuti (Cass. 29221 del 2023). Per cui il ricorrente poteva ben avrebbe potuto produrre l’attestazione dell’iscrizione ma avrebbe potuto farlo con il ricorso e non con la memoria sicché essa non può essere presa in considerazione.
Va inoltre richiamata in questa sede, ad ulteriore conferma di quanto innanzi affermato, che secondo quanto statuito da Cass. 26619 del 2023, la regola secondo cui nel giudizio di legittimità l’elenco dei documenti relativi all’ammissibilità del ricorso, che siano stati prodotti successivamente al deposito di questo, debba essere notificato alle altre parti (art. 372, secondo comma, c.p.c. previgente) si può derogare quando, nonostante l’omissione della notifica, il contraddittorio sia stato comunque garantito mediante la partecipazione delle parti alla pubblica udienza. (In applicazione del suddetto principio, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione, la cui procura speciale era stata depositata solo con la memoria ex art. 378 c.p.c. senza essere portata a conoscenza della controparte, attesa la trattazione del ricorso con il rito camerale).
Il motivo è, comunque, infondato atteso che il ricorrente non ha in alcun modo dedotto quali siano gli specifici aspetti che discussione avrebbe consentito di evidenziare o di approfondire, colmando lacune e integrando gli argomenti ed i rilievi già contenuti nei precedenti atti difensivi, tenuto conto del fatto che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nel consentire la denuncia di vizi di attività del giudice che comportino la nullità della sentenza o del procedimento, non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in dipendenza del denunciato error in procedendo (cfr. Cass. n. 2948 del 10/02/2006; Cass. n. 7108 del 17/03/2008, Cass. n. 19579/18).
Nella specie NOME COGNOME si è, infatti, limitato ad affermare la mera violazione del diritto di difesa.
4.Il secondo motivo è infondato. Deve premettersi che la giustificazione motivazionale è di esclusivo dominio del giudice del merito, con la sola eccezione del caso in cui essa debba giudicarsi meramente apparente; apparenza che ricorre, come di recente ha ribadito questa Corte, allorquando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Sez. 6, n. 13977, 23/5/2019, Rv. 654145; ma già S.U. n. 22232/2016). A tale ipotesi deve aggiungersi il caso in cui la motivazione non risulti dotata dell’ineludibile attitudine a rendere palese (sia pure in via mediata o indiretta) la sua riferibilità al caso concreto preso
in esame, di talché appaia di mero stile, o, se si vuole, standard; cioè un modello argomentativo apriori, che prescinda dall’effettivo e specifico sindacato sul fatto. Siccome ha già avuto modo questa Corte di più volte chiarire, la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, con la conseguenza che è pertanto, denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; anomalia che si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (S.U., n. 8053, 7/4/2014, Rv. 629830; S.U. n. 8054, 7/4/2014, Rv. 629833; Sez. 6-2, ord., n. 21257, 8/10/2014, Rv. 632914).
Il provvedimento impugnato contiene le argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione, e la motivazione in esso contenuta non è perciò affatto ‘apparente’, consentendo un «effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice» (cfr. Cass. Sezioni Unite n. 81053 del 2014; n. 22232 del 2016; n. 2767 del 2023). Nella specie la motivazione della
sentenza rispetta quindi i parametri innanzi indicati essendo chiaramente evincibili le ragioni della decisione, peraltro conformi alla consolidata giurisprudenza di questa Corte.
Il giudice ha affermato, sebbene succintamente, che il contribuente non ha dimostrato la natura dei beni facenti parte del fondo, così implicitamente respingendo l’eccezione di omessa motivazione del giudice di prime cure e richiamando peraltro a riguardo, correttamente, Cass. n. 16563 del 2019 la quale ribadisce che ‘iscrizione ipotecaria è ammissibile anche sui beni facenti parte di un fondo patrimoniale alle condizioni indicate dall’art. 170 c.c., sicché è legittima solo se l’obbligazione tributaria sia strumentale ai bisogni della famiglia o se il titolare del credito non conosca l’estraneità a tali bisogni, ma grava sul debitore che intenda avvalersi del regime di impignorabilità dei beni costituiti in fondo patrimoniale l’onere di provare l’estraneità del debito alle esigenze familiari e la consapevolezza del creditore (Cass. Sez. 5, n. 22761/2016).
Era onere del contribuente provare la strumentalità dell’obbligazione rispetto ai bisogni della famiglia non certo della RAGIONE_SOCIALE.T.R. indicare quali prove fossero ‘decisive per assolvere all’onere della prova’. Al riguardo, peraltro, il ricorso pecca di difetto di specificità non essendo stata riprodotta la relativa doglianza. Invero, in tema di ricorso per cassazione, il principio di autosufficienza, che impone l’indicazione espressa RAGIONE_SOCIALE atti processuali o dei documenti sui quali il ricorso si fonda, va inteso nel senso che occorre specificare anche in quale sede processuale il documento risulta prodotto, poiché indicare un documento significa necessariamente, oltre che specificare gli elementi che valgono ad individuarlo, riportandone il contenuto, dire dove nel processo esso è rintracciabile,
sicché la mancata “localizzazione” del documento basta per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, senza necessità di soffermarsi sull’osservanza del principio di autosufficienza dal versante “contenutistico”. (In applicazione del predetto principio, la S. C. ha dichiarato inammissibile il ricorso con il quale era stata dedotta l’omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c. su di una domanda asseritamente contenuta nella comparsa d’intervento, senza che, tuttavia né tale domanda, né la sentenza di primo grado fossero “localizzate” all’interno RAGIONE_SOCIALE atti del procedimento).
Deve, infine, ribadirsi che «nel caso in cui il giudice del merito abbia ritenuto, senza ulteriori precisazioni, che le circostanze dedotte per sorreggere una certa domanda (o eccezione) siano generiche ed inidonee a dimostrare l’esistenza dei fatti costitutivi del diritto stesso (o dell’eccezione), non può ritenersi sussistente né la violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c. per difetto assoluto di motivazione o motivazione apparente, né la violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia, mentre, qualora si assuma che una tale pronuncia comporti la mancata valorizzazione di fatti che si ritengano essere stati affermati dalla parte con modalità sufficientemente specifiche, può ammettersi censura, da articolare nel rigoroso rispetto dei criteri di cui agli artt. 366 e 369 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., qualora uno o più dei predetti fatti integrino direttamente elementi costitutivi della fattispecie astratta e dunque per violazione della norma sostanziale, oppure ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., per omesso esame di una o più di tali circostanze la cui considerazione avrebbe consentito, secondo parametri di elevata probabilità logica, una
ricostruzione dell’accaduto idonea ad integrare gli estremi della fattispecie rivendicata.» (Cass. n. 26764/19).
In conclusione il ricorso deve essere rigettato, le spese sono liquidate come da dispositivo. Sussistono a carico del ricorrente i presupposti processuali dell’obbligo di versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato se dovuto ex art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 30.5.2002 n. 115.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 5.800,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 5 luglio 2024