Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16878 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16878 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data pubblicazione: 23/06/2025
– SEZIONE TRIBUTARIA –
OGGETTO
composta dai seguenti magistrati:
NOME COGNOME
Presidente
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere – rel.-
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
Ud. 25.03.2025 Ud. 11/02/2025
TARSU – SOCIO ACCOMANDATARIO CESSATO – DEBITO PREGRESSO INTIMAZIONE PAGAMENTO BENEFICIUM EXCUSSIONIS
ha deliberato di pronunciare la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 32249/2019 del ruolo generale, proposto
DA
COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso, in ragione di procura speciale e nomina poste in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE.
– RICORRENTE –
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , dr.ssa NOME COGNOME rappresentata e difesa, in forza di procura speciale e nomina poste in calce al controricorso, dall’avv. NOME COGNOMEcodice fiscale CODICE_FISCALE.
– CONTRORICORRENTE –
Data pubblicazione 23/06/2025
il COMUNE DI ROCCA SAN GIOVANNI (codice fiscale CODICE_FISCALE, in persona del Sindaco pro tempore, dr. NOME COGNOME , rappresentato e difeso, in forza di procura speciale e nomina poste in calce al controricorso, dall’avv. NOME COGNOMEcodice fiscale CODICE_FISCALE).
– CONTRORICORRENTE – per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo Sezione distaccata di Pescara – n. 297/7/2019, depositata il 20 marzo 2019 e non notificata.
UDITA la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME all’udienza camerale del 25 marzo 2025.
FATTI DI CAUSA
Oggetto di controversia sono le pretese relative alla TARSU per gli anni di imposta 2002/2003 e 2005 di cui alle cartelle nn. NUMERO_CARTA e NUMERO_CARTA notificate negli anni 2005/2009 e poste a base dell’intimazione di pagamento impugnata, che veniva notificata in data 20 giugno 2016.
Con la sentenza oggetto di esame la Commissione tributaria regionale dell’Umbria accoglieva l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE -concessionaria per la riscossione del Comune di Rocca San Giovanni -contro la sentenza n. 334/2/2017 della Commissione tributaria provinciale di Chieti, assumendo che la predetta società aveva prodotto le copie delle precedenti intimazioni di pagamento nn. 13114, 13415, 13416 del 30 ottobre 2014, nonché il relativo avviso di ricevimento della notifica di tali atti, eseguita per raccomandata nei confronti del contribuente in data 11
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novembre 2014 e da questi non opposte, per concludere che nessuna prescrizione poteva essere fatta valere per il periodo antecedente detta notifica, mentre non era decorso da tale momento a quello della notifica (avvenuta il 20 giugno 2016) dell’intimazione impugnata il nuovo periodo di prescrizione quinquennale. Data pubblicazione 23/06/2025
Con ricorso notificato in data 20 ottobre 2019 NOME COGNOME impugnava tale pronuncia sulla base di tre motivi.
Resisteva la RAGIONE_SOCIALE con controricorso notificato il 29 novembre 2019, depositando in data 14 marzo 2025 memoria ex art. 380bis .1. c.p.c.
Il Comune di Rocca San Giovanni notificava in data 28 novembre 2019 controdeduzioni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di impugnazione l’istante ha dedotto la violazione degli artt. 2304 e 2315 c.c., ponendo in evidenza di aver ceduto in data 16 maggio 2008 le quote sociali possedute, in qualità di socio accomandatario, della RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE, per sostenere che l’intimazione di pagamento dovesse essere notificata alla società RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, con la conseguenza che non poteva avere alcun rilievo che la stessa fosse stata notificata al ricorrente, giacchè questi non poteva più rappresentare la società.
Non solo. A dire del contribuente l’omessa notifica alla società precludeva l’intimazione ai suoi danni, ostandovi il beneficium excussionis previsto dall’art. 2304 c.c.
Con la seconda censura il contribuente ha dedotto la violazione dell’art. 20 d.lgs. n. 472/1997, sostenendo che la prescrizione maturata prima della notifica dell’intimazione di pagamento (11 novembre 2014) poteva essere fatta valere dall’istante, in quanto l’irretrattabilità del credito non poteva essere ricondotta alla mancata impugnazione di un atto che non poteva riguardarlo, essendo cessato dalla carica di amministratore e di socio della predetta società. Numero sezionale 2125/2025 Numero di raccolta generale 16878/2025 Data pubblicazione 23/06/2025
Con la terza doglianza è stata dedotta la violazione dell’art. 145 c.p.c. per non essere stata la notifica dell’intimazione dell’11 novembre 2014 eseguita presso la sede della società ed a mani di persona addetta.
4. I tre motivi di ricorso vanno rigettati.
Subito avvertendo che il ricorso non può considerarsi inammissibile per non aver indicato i canoni censori di cui all’art. 360 c.p.c., risultando del tutto chiaro dalla formulazione e dallo sviluppo dei motivi che le doglianze hanno riguardato le menzionate violazioni di legge.
Non solo. Va pure precisato che la controversia ruota solo sulle pretese TARSU, essendo stata per l’intimazione n. 43860, concernente l’ICI, dichiarata la litispendenza rispetto ad altro giudizio, la cui pronuncia lo stesso ricorrente ha indicato essere stato oggetto di ricorso per cassazione, definito con ordinanza n. 8550/2019 (v. pagina n. 10 del ricorso) con la cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa al giudice regionale.
Nella sentenza oggetto di esame il Giudice regionale ha dato atto che la Commissione provinciale aveva su tale pretesa dichiarato la litispendenza, giudicando, quindi, solo sul credito TARSU.
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Ed in tale direzione, la sentenza impugnata correttamente si è occupata solo di tale credito, anche in considerazione del fatto che la RAGIONE_SOCIALE, da quel che risulta dal resoconto della sentenza in rassegna, aveva impugnato la decisione del primo Giudice solo relativamente al credito TARSU, per cui l’accoglimento dell’appello non può che riguardare tali pretese, non anche l’ICI, che risulta, peraltro, essere ancora oggetto di altro ricorso per cassazione recante il n. 22746/2020 di ruolo generale. Numero di raccolta generale 16878/2025 Data pubblicazione 23/06/2025
Il nucleo concettuale fondante le ragioni di impugnazioni poggiano sul rilievo secondo il quale, avendo l’istante ceduto la propria partecipazione sociale con l’atto di cessione del 16 maggio 2008, le intimazioni di pagamento considerate dal Giudice regionale dovevano essere notificate alla nuova compagine sociale e che doveva essere rispettato il beneficium excussionis, così come nessuna irretrattabilità del credito poteva riconnettersi alla mancata impugnazione di un atto che non doveva essere notificato all’istante e che, peraltro, malamente era stato notificato presso la residenza dell’ ex socio accomandatario.
Occorre ricapitolare la vicenda in punto di fatto ed i principi di diritto applicabili.
6.1. In punto di fatto, il Giudice regionale ha dato conto nello svolgimento del processo che la Commissione tributaria provinciale aveva dichiarato la litispendenza con riferimento all’ingiunzione di pagamento n. 43860 del 22 marzo 2012, notificata il 20 aprile 2012 (concernente l’ICI dell’anno 2003), mentre con riferimento alle pretese TARSU degli anni 2002/2003/2005 rilevava che dal prospetto allegato all’intimazione di pagamento notificata al ricorrente il 20 giugno 2016 si desumevano le notifiche delle cartelle
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esattoriali n. 35486903 (TARSU 2002), avvenuta il 3 febbraio 2005 ed il 31 luglio 2008, come documentato dal Comune, n. 7530152 (TARSU 2003), avvenuta l’11 aprile 2005 ed il 31 luglio 2008, come documentato dall’ente impositore, n. 17884974 (TARSU 2005), avvenuta il 7 dicembre 2006 ed il 22 aprile 2009, come pure documentato dall’ente territoriale. Data pubblicazione 23/06/2025
La Commissione tributaria regionale con l’impugnata sentenza, diversamente da quanto ritenuto dal primo Giudice (che aveva ritenuto non correttamente eseguita l’intimazione di pagamento notificata al ricorrente in data 11 novembre 2014 e quindi prescritti i relativi crediti), ha invece considerato validamente notificate le predette intimazioni di pagamento nn. 13414, 13415 e 13416, eseguite in data 11 novembre 2014 e non impugnate, reputando pertanto preclusa l’eccezione di prescrizione per il periodo maturato precedentemente a detta notifica (da coltivarsi impugnando le citate intimazioni) e non maturato (sino alla nuova intimazione impugnata notificata il 20 giugno 2016 ed oggetto di causa) il nuovo termine prescrizionale.
Nulla risulta dal testo della sentenza impugnata dell’eccezione volta a far valere il beneficium excussionis .
6.2. Sul piano dei principi va ricordato che la regola generale stabilita per le società di persone dall’art. 2290 c.c. è quella che «nei casi in cui il rapporto sociale si scioglie limitatamente a un socio, questi o i suoi eredi sono responsabili verso i terzi per le obbligazioni sociali fino al giorno in cui si verifica lo scioglimento».
Secondo il chiaro dettato della norma, la responsabilità del socio verso i terzi per le obbligazioni di una società di persone deve ritenersi temporalmente correlata alla durata del
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rapporto sociale e, conseguentemente, esclusa oltre la data dello scioglimento del rapporto tra il socio e la società. Numero di raccolta generale 16878/2025 Data pubblicazione 23/06/2025
La responsabilità del socio illimitatamente responsabile verso i terzi per le obbligazioni sociali anteriormente contratte si protrae, quindi, finché dura il rapporto sociale, poiché il termine “responsabilità” (di cui all’art. 2290 c.c.) allude non al momento in cui l’obbligazione è sorta, ma a quello in cui è divenuta esigibile ed è rimasta inadempiuta (cfr. Cass. n. 30714/2024 e Cass. n. 29306/2023).
Le sezioni unite di questa Corte (cfr. Cass., Sez. Un., 28709/2020) hanno precisato che:
nei confronti dell’ente creditore il socio illimitatamente responsabile è obbligato, per i debiti sociali, in via sussidiaria, ma al pari della società (Cass., Sez. Un. n. 3022/2015), anche per quelli tributari, e pure se sia receduto in base all’art. 2290 c.c. (tra varie, Cass. n. 27189/2014 e Cass. n. 6020/2020);
si tratta di una responsabilità “da posizione”, perchè deriva dalla qualità di socio e concerne indistintamente e automaticamente tutti i debiti della società: quella del socio non è un’obbligazione da fatto proprio, ma è propria, e scaturisce direttamente dalla legge;
l’esistenza dell’obbligo della società o del cedente, quindi, è costitutiva dell’obbligo del socio illimitatamente responsabile; e quest’obbligo, sebbene diverso per causa, concerne il medesimo oggetto, ossia il debito d’imposta;
si spiega, allora, perchè l’ente creditore notifica soltanto alla società l’avviso di accertamento, senza necessità di simultaneus processus con i soci (tra varie, Cass. n. 24795/2014; Cass. n. 25765/2014; Cass. n. 9527/2016): i
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soggetti passivi del tributo sono appunto loro ed è rispetto a loro che va accertato che il tributo è dovuto, ai fini della formazione del titolo esecutivo, ossia del ruolo (d.P.R. n. 602 del 1973, art. 49, comma 1); Data pubblicazione 23/06/2025
-è quindi sufficiente notificare ai soci illimitatamente responsabili la cartella di pagamento (Cass. n. 15966/16, cit.) o anche soltanto l’avviso di mora – oggi, l’intimazione di pagamento – (Cass. n. 618/2006; Cass. n. 11228/2007; Cass. n. 20704/2014; Cass. n. 25765/2014, cit.; Cass. n. 6531/2018), atti giuridicamente dipendenti dal ruolo già formatosi nei confronti del soggetto passivo d’imposta (sulla giuridica dipendenza della cartella dal ruolo, si veda Cass., Sez. Un., n. 19704 / 2015).
È stato altresì chiarito che tra le opzioni difensive che competono al socio (ed anche, come nella specie, all’ ex socio) rientra quella volta a far valere anche l’improcedibilità dell’azione esecutiva nei propri confronti perchè l’ente creditore non si è soddisfatto prima sui beni che compongono il patrimonio sociale.
Il beneficium excussionis presidia, difatti, sul piano generale, il patrimonio del socio nei confronti del creditore sociale, perchè subordina la garanzia generale da esso offerta a quella correlata al patrimonio della società, sicchè spetta al socio decidere se avvalersene, o no (Cass. n. 5106/1987 e Cass. n. 3399/1994), esigenza questa e correlativa facoltà -si aggiunge – che sussiste ed opera, quindi, anche nei riguardi dell’ ex socio.
Nel caso della società in nome collettivo e di quelle in accomandita semplice e per azioni l’onere di provare l’insufficienza del patrimonio sociale è a carico del creditore;
ciò in ragione del fatto che, in presenza di una società registrata, questi è posto in grado di conoscere, attraverso la pubblicità del contratto sociale e delle sue modificazioni, i conferimenti dei soci e le loro successive vicende, sicchè il socio è dispensato dall’onere d’indicargli i beni sui quali potersi soddisfare. Numero sezionale 2125/2025 Numero di raccolta generale 16878/2025 Data pubblicazione 23/06/2025
Dunque, per concludere sul punto, in tema di riscossione ed esecuzione a mezzo ruolo di tributi il cui presupposto impositivo sia stato realizzato dalla società e la cui debenza risulti da un atto notificato alla società e da questa non impugnato, il socio può impugnare l’atto successivo e sicuramente l’intimazione di pagamento eccependo (tra l’altro) la violazione del beneficio di preventiva escussione del patrimonio sociale, competendo all’amministrazione creditrice provare l’insufficienza totale o parziale del patrimonio sociale, a meno che non risulti aliunde dimostrata in modo certo l’insufficienza del patrimonio sociale per la realizzazione anche parziale del credito.
Il coobbligato beneficiato, inoltre, non decade dal diritto di far valere il beneficio, sicchè se non lo fa valere impugnando la cartella, lo potrà fare contro l’eventuale intimazione successiva e, in mancanza, impugnando il pignoramento (dinanzi al giudice dell’esecuzione): e ciò perchè la natura sussidiaria della propria obbligazione resta tale anche se non la si fa valere immediatamente (cfr., su detti principi, Cass. Sez. Un. n. 28709/2020).
Tanto ricapitolato, si osserva che dal resoconto fornito dal contribuente nel ricorso circa i motivi dell’originaria impugnazione difetto di legittimazione passiva in relazione al versamento dell’imposta (v. pagina n. 3 del ricorso in esame), per aver
ceduto la propria partecipazione sociale in data 16 maggio 2008 e quindi prima della notifica dell’intimazione impugnata; sull’eccezione di prescrizione del credito per non essere stato notificato alcun atto interruttivo al ricorrente (v. pagine n. 4/6 del ricorso in rassegna); sull’eccezione di nullità dell’ingiunzione di pagamento per omessa notifica delle cartelle al ricorrente, pur dovuta in ragione del carattere solidale della sua responsabilità (v. pagina n. 7 del ricorso in oggetto)] – non risulta essere stata eccepita la violazione del beneficium excussionis . Numero sezionale 2125/2025 Numero di raccolta generale 16878/2025 Data pubblicazione 23/06/2025
In sede di appello, il ricorrente ha riproposto i medesimi temi, insistendo sull’eccezione di prescrizione.
Dunque, da quanto precede e -come detto -dall’assenza di ogni riferimento nella sentenza impugnata dell’eccezione del beneficium excussionis di cui all’art. 2304 c.c. (che -per quanto sopra detto integra l’ipotesi di una responsabilità sussidiaria del socio, ma non anche solidale con quella della società) risulta che detta eccezione non sia stata avanzata nei gradi di merito.
In ogni caso, val la pena ricordare che, per giurisprudenza pacifica di questa Corte (cfr., tra le tante, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 25909/2021; Cass. nn. 5131 e 9434 del 2023), qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorso deve, a pena di inammissibilità, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto in virtù del principio di autosufficienza del ricorso. Invero, i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del
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giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito né rilevabili d’ufficio (cfr. Cass. n. 32804/2019; Cass. n. 2038/2019; Cass. n. 20694/2018; Cass. n. 15430/2018; Cass. n. 23675/2013; Cass. n. 16632/2010, cui adde Cass. n. 11238/2025; Cass. n. 3473/2025; Cass. n. 18018/2024, Cass. n. 5429/2023 e le tante ivi richiamate). Data pubblicazione 23/06/2025
In quest’ottica, il ricorrente ha l’onere -qui, invece, rimasto totalmente inadempiuto -di riportare, a pena d’inammissibilità, dettagliatamente in ricorso gli esatti termini della questione posta in primo e secondo grado (cfr. Cass. n. 9765/2005; Cass. n. 12025/2000), posto che, nel giudizio di cassazione, è preclusa alle parti la prospettazione di nuovi questioni di diritto o nuovi temi di contestazione che postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito (cfr. Cass. n. 33176/2023 che richiama le pronunce sopra citate ed ancora Cass. n. 19164/2007; Cass. n. 17041/2013; Cass. n. 25319/2017; Cass. n. 20712/2018).
Tornando al beneficium excissionis va ribadito che esso integra un’eccezione in senso proprio, corrispondente all’esercizio di un diritto potestativo che deve essere fatto valere dal debitore beneficiato e non che può essere rilevato di ufficio dal giudice (cfr. Cass. n. 3399/1994 cit., che richiama Cass. n. 5106/1987 cit.).
Nel delineato contesto, allora, non può non rilevarsi la novità dell’eccezione formulata con il primo motivo nella parte in cui invoca la previsione e deduce -a quanto risulta ex actis -per la prima volta nel presente giudizio di legittimità, la violazione dell’art. 2304 c.c. e dunque la violazione del beneficium excuissionis.
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10. Il (primo) motivo di ricorso risulta, poi, infondato allorchè assume che l’intimazione di pagamento oggetto di impugnazione doveva essere notificata alla nuova compagine sociale, giacchè -come sopra esposto -« è sufficiente notificare ai soci illimitatamente responsabili la cartella di pagamento (Cass. n. 15966/16, cit.) o anche soltanto l’avviso di mora – oggi, l’intimazione di pagamento – (Cass. n. 618/2006; Cass. n. 11228/2007; Cass. n. 20704/2014; Cass. n. 25765/2014, Cass. n. 6531/2018 citt.), atti giuridicamente dipendenti dal ruolo già formatosi nei confronti del soggetto passivo d’imposta (così Cass., Sez. Un., n. 28709/2020 cit.). Data pubblicazione 23/06/2025
E lo è ancor più nella parte in cui adduce la circostanza della sua fuoriuscita dalla compagine sociale in data 16 maggio 2008, dimenticando l’operatività del disposto dell’art. 2290 c.c. (applicabile alla società in accomandita semplice per effetto delle previsioni degli artt. 2135 c.c. e 2293 c.c.) secondo cui «Nei casi in cui il rapporto sociale si scioglie limitatamente a un socio (ndr. illimitatamente responsabile) questi ed i suoi eredi sono responsabili verso i terzi per obbligazioni sociali fino al giorno in cui si verifica lo scioglimento» e nella specie non può dubitarsi che i crediti TARSU (2002/2003 e 2005) siano sorti e divenuti esigibili prima che il ricorrente cedesse la sua partecipazione sociale, in un tempo quindi in cui era illimitatamente (per quanto sussidiariamente) responsabile.
11. Parimenti destituita di fondamento è la seconda censura, sol considerando che -per quanto sopra detto -le ingiunzioni di pagamento notificate in data 11 novembre 2014 ben potevano essere partecipate al ricorrente, quale ex socio illimitatamente responsabile, ed il non averle impugnate ha consolidato nei suoi confronti con effetti di irretrattabilità dei
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crediti e, quindi, con conseguente preclusione a far valere l’eccezione di prescrizione. Data pubblicazione 23/06/2025
È difatti consolidato nella riflessione della Corte il principio secondo cui se l’intimazione di pagamento non viene impugnata (facendo valere la sua sola nullità per mancata notifica degli atti presupposti o anche l’illegittimità della pretesa per vicende ad essa attinenti, come la prescrizione della stessa), il relativo credito si consolida e non possono essere fatte vicende estintive anteriori alla sua notifica, tra cui -nella specie – la prescrizione del credito intimato.
È stato, in particolare, chiarito che « sia la cartella di pagamento sia gli altri titoli che legittimano la riscossione coattiva di crediti dell’Erario e/o degli Enti previdenziali e così via sono atti amministrativi privi dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato (vedi, tra le tante: Cass. n. 12263/2007; Cass. n. 24449/2006; Cass. n. 8335/2003 », precisandosi, tuttavia, che «Questo, peraltro, non significa che la scadenza del termine perentorio per proporre opposizione non produca alcun effetto, in quanto tale decorrenza determina la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, producendo l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito» (così Cass., Sez. Un., n. 23397/2016 e nello stesso senso, tra le tante, Cass. n. 5574/2024; Cass. n. 8972/2024; Cass. n. 11800/2018; Cass. n. 11760/2019; Cass. n. 33797/2019).
12. Le considerazioni che precedono rendono manifesta anche l’infondatezza della terza doglianza, che risente dell’erronea premessa di fondo da cui muove l’istante secondo cui non sarebbe più responsabile del debito sociale perché fuoriuscito dalla compagine sociale.
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Di contro è sufficiente osservare che le intimazioni di pagamento notificate in data 11 novembre 2014 al ricorrente sono state ad esso spedite in quanto socio cessato, ancora illimitatamente responsabile ai sensi dell’art. 2290 c.c. delle obbligazioni pregresse della società, per cui non ha alcuna pertinenza la dedotta violazione dell’art. 145 c.p.c. relativa alla diversa ipotesi della notifica alla società. Data pubblicazione 23/06/2025
Alla stregua di tali complessive riflessioni il ricorso va, quindi, rigettato.
Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano, in ragione della diversa attività difensiva svolta dalle controricorrenti (solo la SO.RAGIONE_SOCIALE ha depositato la memoria ex art. 380bis .1. c.p.c.), nella misura indicata in dispositivo.
Va, infine, dato atto che sussistono i presupposti di cui all’art 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002, per il versamento da parte del ricorrente di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in favore della RAGIONE_SOCIALE nella misura di 7.655,00 € per compensi, oltre accessori ed al pagamento delle spese vive pari a 200,00 € ed a favore del Comune di Rocca San Giovanni nella misura di 5.880,00 € per compensi, oltre accessori ed al pagamento delle spese vive pari a 200,00 €.
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Dà atto che ricorrono i presupposti di cui all’art 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002, per il versamento da parte del ricorrente, di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per la proposizione del ricorso. Data pubblicazione 23/06/2025
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 25 marzo 2025.
IL PRESIDENTE NOME COGNOME