Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4306 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5   Num. 4306  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/02/2024
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
NOME COGNOME
Presidente
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere NOME.
NOME COGNOME
Consigliere
Oggetto:
REVOCAZIONE
CC.
26/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22435/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso per procura speciale dall’ AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, ed elettivamente domiciliato presso l’indirizzo di posta elettronica certificata dei medesimi difensori.
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Generale dello RAGIONE_SOCIALE, con domicilio legale presso quest’ultima in Roma, INDIRIZZO.
–
contro
ricorrente –
Per la revocazione dell ‘ordinanza della Corte Suprema di Cassazione n. 13333 del 2020 pronunciata in data 11/02/2020 e pubblicata in data 01/07/2020, nel giudizio n.r.g. 22681/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 gennaio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
In data 1 luglio 2020 questa Corte ha emesso l’ordinanza n. 13333 del 2020, che, per l’oggetto di questo giudizio, mette conto qui riprodurre:
‘ 1.COGNOME NOME proponeva ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di RAGIONE_SOCIALE avverso l’avviso con il quale si accertavano redditi di capitale goduti dal contribuenti derivanti da partecipazione totalitaria per il periodo dal 13.3.2015 al 16.7.2015 nella soc. RAGIONE_SOCIALE.
2.La Commissione Tributaria Provinciale all’esito dell’udienza del 15.7.2019 emetteva ordinanza di sospensione del processo, ai sensi dell’ art. 39 comma 1 bis d.lvo 546/92 constato che «alcuni dei motivi di ricorso attengono alla eccepita inesistenza del maggior reddito accertato in capo alla ditta RAGIONE_SOCIALE e che avverso quell’avviso di accertamento pende ricorso davanti alla CTP di RAGIONE_SOCIALE» e ritenuto che « almeno per questa parte del ricorso la decisione di questo Collegio dipende dalla decisione del ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE».
 Avverso  tale  provvedimento  il  contribuente  ha  proposto  ricorso  per  Cassazione affidandosi  a  due  motivi.  Il  pubblico  Ministero  e  il  contribuente  hanno  depositato memoria.
RITENUTO IN DIRITTO
1.Con il motivo di impugnazione denuncia il ricorrente la violazione degli artt. 39 comma 1 bis d.lvo 546/1992 e 2909 cc in relazione all’art. 360 1° comma nr 3 cpc : si sostiene che l’ordinanza del giudice AVV_NOTAIO nel far dipendere la decisione della controversia posta alla sua attenzione dal diverso giudizio promosso dalla società prospetterebbe l’evenienza di un giudicato esterno sulla questione relativa alla esistenza o meno del reddito accertato in capo alla società con la conseguente compromissione per il contribuente del diritto allo svolgimento di una libera ed autonoma difesa nell’ambito del proprio processo tributario.
2.Il motivo è infondato.
2.1 Il provvedimento di sospensione del processo è conforme al costante orientamento di questa Corte secondo cui «in tema di imposte sui redditi, nell’ipotesi di società di capitali a ristretta base sociale, l’accertamento relativo agli utili extracontabili della società, anche se non definitivo, è presupposto dell’accertamento presuntivo nei riguardi del singolo socio, in ragione della sua quota di partecipazione agli utili sociali, sicché l’impugnazione dell’accertamento “pregiudicante” costituisce, fino al passaggio in giudicato della pronuncia che lo riguarda, condizione sospensiva, ex art. 295 c.p.c., ai fini della decisione della lite sull’accertamento”pregiudicato” relativo al singolo socio, la cui esistenza e persistenza grava sul contribuente che la invochi sotto forma di
allegazione  e  prova  del  processo  scaturente  dall’impugnazione  del  provvedimento impositivo» (Cass.4485/2016, 15876/2018).
2.2 Il profilo censura relativo alla paventata compromissione del diritto alla difesa del socio per effetto del carattere definitivo dell’accertamento reso a carico della società è destituito di fondamento in quanto, come insegna la giurisprudenza di questa Corte «stante l’indipendenza dei procedimenti relativi alla società ed al singolo socio, non è necessario nel giudizio promosso dal singolo socio, di impugnazione dell’accertamento a lui rivolto a fini IRPEF, che l’accertamento dei maggiori ricavi in capo alla società sia divenuto definitivo. Ne consegue che, costituendo il valido accertamento, a carico della società, in ordine ai ricavi non contabilizzati, soltanto il presupposto per l’accertamento a carico dei soci in ordine ai dividendi, resta salva per il socio, il quale abbia separatamente impugnato l’accertamento a lui notificato, relativo al reddito da partecipazione, senza avere preso parte, o essere messo in grado di farlo, al processo instaurato dalla società al fine di impugnazione dell’accertamento IRPEG, la facoltà di contestare – oltre la presunzione di distribuzione dei maggiori utili sociali – anche la ricorrenza di tale presupposto ( cfr. Cass 16385/2003 ,19013/2016).
2.3 È stato ,inoltre, puntualizzato che «la decisione presa in relazione all’accertamento del maggiore reddito della società di capitali non può svolgere alcuna efficacia di giudicato nei confronti del socio, nel giudizio di impugnazione dell’atto impositivo concernente il maggior reddito da partecipazione, e che il giudice di merito non può limitarsi ad un mero rinvio alla motivazione della sentenza pronunciata nei confronti, della società» (cfr. Cass. 19606/2006; n. 21356/2009; n.17966/2013 ). 3.11 ricorso va, quindi, rigettato.
Nulla è da statuire sulle spese non essendosi costituita la controparte
PQM
La Corte ;
rigetta il ricorso. . ‘.
2. Con il ricorso ora in decisione lo stesso contribuente chiede, ai sensi degli artt. 391-bis e 395, comma 1, n,. 4, cod. proc. civ., la revocazione parziale di tale ordinanza, ed in particolare del punto 2.1. della sua motivazione, in quanto «basato su un fatto processuale (pacificamente) inesistente ovvero il riconoscimento da parte del COGNOME nel proprio giudizio della pregiudizialità del (diverso) giudizio tra la RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE circa l’accertamento di maggiori ricavi accer tati in capo alla RAGIONE_SOCIALE e considerati occultamente distribuiti al COGNOME quale socio per 131 giorni nel corso
dell’anno  2015». Inoltre, il  ricorrente  chiede  «conseguentemente,  l’annullamento dell’ordinanza della CTP di RAGIONE_SOCIALE n. 1783/3/2019 di sospensione del processo ex art. 39, comma 1-bis, d.lgs. 546/1992 in quanto basata su un presupposto inesistente ovvero la pregiudizialità del giudiz io tra la RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE rispetto al giudizio a Lei devoluto tra il COGNOME e l’RAGIONE_SOCIALE».
L’RAGIONE_SOCIALE si difende con controricorso.
Il contribuente supporta il ricorso con memoria.
Considerato che:
1. Con l’unico motivo di revocazione il ricorrente attinge il punto 2.1. della motivazione dell’ordinanza revocanda, ed in particolare il periodo nel quale la Corte ha rilevato la conformità del provvedimento di sospensione impugnato rispetto al ‘ costante orientamento di questa Corte secondo cui «in tema di imposte sui redditi, nell’ipotesi di società di capitali a ristretta base sociale, l’accertamento relativo agli utili extracontabili della società, anche se non definitivo, è presupposto dell’accertamento presuntivo nei riguardi del singolo socio, in ragione della sua quota di partecipazione agli utili sociali, sicché l’impugnazione dell’accertamento “pregiudicante” costituisce, fino al passaggio in giudicato della pronuncia che lo riguarda, condizione sospensiva, ex art. 295 c.p.c., ai fini della decisione della lite sull’accertamento “pregiudicato” relativo al singolo socio, la cui esistenza e persistenza grava sul contribuente che la invochi sotto forma di allegazione e prova del processo scaturente dall’impugnazione del provvedimento impositivo» (Cass.4485/2016, 15876/2018). ».
Ancor più nel dettaglio, il motivo si concentra sulla citazione giurisprudenziale dell’ordinanza ‘ 15876/2018 ‘. Infatti, secondo il ricorrente, il richiamo della Corte al principio di diritto ricavabile da tale precedente (ma invero, secondo l’ordinanza revocanda, anche da Cass. ‘ 4485/2016 ‘ , comunque citata a sua volta da Cass. ‘ 15876/2018 ‘ ), sarebbe inconferente ed erroneo, poiché nella ordinanza n. 15876/2018 vi sarebbe un fatto processuale del tutto assente nel processo riferito al COGNOME. Quest’ultimo , infatti, giammai ha accettato (espressamente o tacitamente) che l’accertamento elevato nei confronti della RAGIONE_SOCIALE potesse fare stato su un presupposto (i maggior ricavi accertati in capo alla RAGIONE_SOCIALE) del proprio personale giudizio instaurato ai fini IRPEF.”
Il motivo è inammissibile.
È utile ricordare che l’errore revocatorio consiste nella percezione, in contrasto con gli atti e le risultanze di causa, di una falsa realt à̀ documentale, in conseguenza della quale il giudice si sia indotto ad affermare l’esistenza di un fatto o di una dichiarazione che, invece, incontrastabilmente non risulta dai documenti di causa ( ex plurimis , Cass. 20/02/2006, n. 3652; Cass. 11/04/2001, n. 5369). In particolare, l’errore di fatto previsto dall’art. 395, n. 4,cod. proc. civ. – idoneo a costituire motivo di revocazione RAGIONE_SOCIALE sentenze di Cassazione ai sensi dell’art. 391bis cod. proc. civ. – deve consistere, al pari dell’errore revocatorio imputabile al giudice di merito, nell’affermazione o supposizione dell’esistenza o inesistenza di un fatto la cui verit à̀ risulti invece, in modo indiscutibile, esclusa o accertata in base al tenore degli atti o dei documenti di causa; deve essere decisivo, nel senso che deve esistere un necessario nesso di causalit à̀ tra l’erronea supposizione e la decisione resa; non deve cadere su un punto controverso sul quale la Corte si sia pronunciata; deve infine presentare i caratteri della evidenza ed obiettivit à̀ (Cass. 28/02/2007, n. 4640) . L’ errore revocatorio deve, pertanto, apparire di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilit à̀ , senza che la sua constatazione necessiti di argomentazioni induttive o di indagini ermeneutiche, e non pu ò̀ consistere, per converso, in un preteso, inesatto apprezzamento RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali ovvero in una critica del ragionamento del giudice sul piano logico – giuridico (cfr. Cass. n. 29833 del 2017, in motivazione).
3. Nel caso di specie, invero, il punto della motivazione sul quale si concentra la censura non contiene l’autonoma e specifica constatazione che il contribuente, per usare le parole del ricorso, abbia «accettato (espressamente o tacitamente) che l’accertamento  elevato  nei  confronti  della  RAGIONE_SOCIALE  potesse  fare  stato  su  un presupposto (i maggior ricavi accertati in capo alla RAGIONE_SOCIALE) del proprio personale giudizio instaurato ai fini IRPEF».
Non  risulta,  quindi,  che  la  decisione  revocanda  abbia,  erroneamente  (a  detta  del ricorrente), supposto tale fatto, ovvero tale condotta processuale del contribuente.
Tale  conclusione  è  invece  dedotta  dal  ricorrente  sulla  base  del  principio  di  diritto applicato nell’ordinanza revocanda e confortato, nella lettura della Corte, dall’orientamento di legittim ità ricavato dai citati precedenti.
Pertanto, quello che il ricorrente censura, sostanzialmente, è l’asserita incongruenza del principio  di  diritto  applicato,  come  cristallizzato  nei  citati  arresti  di  legittimità,  alla fattispecie concreta sub iudice .  Sicché, in realtà, la critica attinge o l’interpretazione della norma applicata (mediata dai precedenti di legittimità citati), o la sua applicazione
alla fattispecie concreta (sempre traguardata attraverso l’orientamento giurisprudenziale evocato). Ciò che si denuncia, quindi, è un preteso errore di diritto, nelle forme della violazione o della falsa applicazione della legge, ma in entrambi i casi este rno rispetto al perimetro dell’ammissibile revocazione per errore di fatto.
In questo senso, del resto, questa Corte ha già chiarito che «In tema di revocazione RAGIONE_SOCIALE sentenze della Cassazione, è inammissibile il ricorso al rimedio previsto dall’art. 391 bis c.p.c. nell’ipotesi in cui il dedotto errore riguardi norme giuridiche, atteso che la falsa percezione di queste, anche se indotta da errata percezione di interpretazioni fornite da precedenti indirizzi giurisprudenziali, integra gli estremi dell'”error iuris”, sia nel caso di obliterazione RAGIONE_SOCIALE norme medesime (riconducibile all’ipotesi della falsa applicazione), sia nel caso di distorsione della loro effettiva portata (riconducibile all’ipotesi della violazione).» (Cass. 21/02/2020, n. 4584; nello stesso senso già Cass. 29/12/2011, n. 29922).
4. Le spese di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.300,00  per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato  pari  a  quello  dovuto  per  il  ricorso,  a  norma  del  comma  1bis ,  dello  stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2024.