Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25304 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25304 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2790/2024 R.G. proposto da: COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) del Foro di Catania, con domicilio digitale presso la pec
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso ORDINANZA della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE n. 17013/2023 depositata il 14/06/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME impugnava dinanzi alla CTP di Catania il silenzio-rifiuto formatosi a seguito della richiesta di rimborso, presentata all’RAGIONE_SOCIALE provinciale di Siracusa, fondata sulle agevolazioni disposte dall’art. art. 9, co. 17, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 in favore dei soggetti coinvolti nel sisma verificatosi in Sicilia nell’anno 1990 e relativa al
90% degli importi versati a titolo di IRPEF ed ILOR, per un importo complessivo di euro 58.759,00.
La CTP, con sentenza n. 1745/04/2017, accoglieva il ricorso di parte ricorrente, confermando il diritto al rimborso.
Con sentenza n. 3269/2018, depositata in data 27 luglio 2018, la CTR della Sicilia respingeva l’appello proposto dall’Amministrazione e la condannava alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di lite, confermando l’operato del giudice di prima istanza, in particolare: i) esaminando la questione della compatibilità dell’agevolazione con la disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato, «in quanto il rimborso disposto con la decisione impugnata appare essere un reddito di impresa» (sentenza, pag. 3); ii) ritenendo di conseguenza «applicabile anche il regolamento de minimis (…) atteso che si tratta di redditi di partecipazione» (sentenza, pag. 5); iii) ritenendo, a tale ultimo riguardo, che «l’importo complessivo del volume d’affari, nel triennio di cui trattasi certamente non superava il ‘limite’ fissato dal legislatore comunitario (…)».
Avverso la sentenza della CTR della Sicilia, l’RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
In particolare:
i) con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 18, 19 e 21 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.» l’RAGIONE_SOCIALE lamentava l’error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la CTR non aveva rilevato l’inammissibilità del ricorso introduttivo di parte per mancanza dell’indicazione del quantum richiesto nell’istanza di rimborso e della connessa prova di aver versato quanto chiesto in restituzione;
ii) con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., dell’art. 9, comma diciassettesimo, della legge n. 289 del 2002, dell’art. 1, comma
665, della l. 23 dicembre 2014, n. 190 (Legge di stabilità 2015), della IV direttiva n. 77/388/CEE come interpretata dalla Corte di Giustizia RAGIONE_SOCIALE Comunità Europee con sentenza del 17 luglio 2008 in causa C132/06, dell’ordinanza della Sesta sezione della Corte di Giustizia RAGIONE_SOCIALE Comunità Europee del 15 luglio 2015 in causa C82/14, nonché dell’art. 107 e 108, paragrafo 3 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea e della Decisione della Commissione Europea C/2015, 5549 final, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. -per quanto occorrer possa, violazione e/o falsa applicazione del Regolamento CE n. 1407/2013 e del Regolamento CE n. 717/2014, se del caso per il tramite degli artt. 111 e 117 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.», l’RAGIONE_SOCIALE lamentava l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la CTR aveva confermato il diritto al rimborso del contribuente, malgrado questi non avesse adempiuto l’onere della prova lui spettante in ragione del regime ‘ de minimis ‘, ossia non avesse giustificato le precise condizioni che avrebbero veicolato l’applicazione di quest’ultimo;
iii) con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 665, legge n. 190 del 2014, come modificato dall’art. 16 -octies del d.l. 20 giugno 2017, n. 91, convertito in legge 3 agosto 2017, n. 123, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» l’RAGIONE_SOCIALE lamentava l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la CTR aveva dichiarato spettante il diritto al rimborso richiesto violando la norma di legge che, nel riconoscere tale diritto, detta anche le modalità di accertamento ed erogazione RAGIONE_SOCIALE somme effettivamente dovute, mentre avrebbe dovuto dichiarare che la somma sarebbe stata determinata dall’RAGIONE_SOCIALE Rimborsi dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE;
iv) con il quarto motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 15 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n.
546 nonché dell’art. 92 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ.» l’RAGIONE_SOCIALE lamentava l’ error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la CTR l’ha condannata al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite, laddove la soccombenza era attribuibile esclusivamente ad interpretazioni normative dubbiose e contrastanti.
Il contribuente resisteva con controricorso.
Con ordinanza n. 17013/2023 depositata il 14/06/2023 questa Corte così pronunciava: «accoglie il secondo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione, dichiara inammissibile il primo, rigetta il terzo e dichiara assorbito il quarto; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, nei limiti di cui in motivazione, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia -sezione staccata di Catania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere alla liquidazione dele spese del giudizio di legittimità».
Avverso la predetta ordinanza propone ricorso per revocazione il contribuente, sorretto da unico motivo.
L’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso il contribuente eccepisce la «Nullità dell’ordinanza per errore di fatto ex art. 391 -bis c.p.c. in combinato disposto con l’art. 395 n. 4) c.p.c.», per aver ritenuto erroneamente la Corte che il contribuente fosse titolare di reddito d’impresa e di non aver piuttosto rilevato che lo stesso non era mai stato titolare di partita Iva e che quindi a lui era inapplicabile il cd. regime de minimis .
L’art. 391bis cod. proc. civ. stabilisce che «Se la sentenza pronunciata dalla Corte di cassazione è affetta da errore di fatto ai sensi dell’articolo 395, numero 4), la parte interessata può chiederne la revocazione». Quest’ultima disposizione prescrive che «Le sentenze pronunciate in grado d’appello o in unico grado
possono essere impugnate per revocazione se la sentenza è l’effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa» e precisa che «Vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell’uno quanto nell’altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare».
2.1. La giurisprudenza di legittimità ha perimetrato l’errore di fatto tracciandone, in primo luogo, il confine rispetto alla violazione o falsa applicazione di norme di diritto sostanziali o processuali, laddove l’errore di fatto riguarda solo l’erronea presupposizione dell’esistenza o dell’inesistenza di fatti considerati nella loro dimensione storica di spazio e di tempo, non potendosi far rientrare nella previsione il vizio che, nascendo ad esempio da una falsa percezione di norme che contempli la rilevanza giuridica di questi stessi fatti, integri gli estremi dell’ error iuris , sia che attenga ad obliterazione RAGIONE_SOCIALE norme medesime, riconducibile all’ipotesi della falsa applicazione, sia che si concreti nella distorsione della loro effettiva portata, riconducibile all’ipotesi della violazione.
Resta, quindi, esclusa dall’area del vizio revocatorio la sindacabilità di errori formatisi sulla base di una pretesa errata valutazione o interpretazione di fatti, documenti e risultanze processuali che investano direttamente la formulazione del giudizio sul piano logico-giuridico, perché siffatto tipo di errore, se fondato, costituirebbe un errore di giudizio, e non un errore di fatto (Cass., Sez. U., 27/12/2017, n. 30994; Cass., Sez. U., 11/04/2018, n. 8984; Cass. 14/04/2017, n. 9673, § 4-5).
In sintesi, la combinazione dell’art. 391-bis c.p.c. e dell’art. 395 n. 4 c.p.c. non prevede come causa di revocazione della sentenza di cassazione l’errore di diritto sostanziale o processuale e l’errore di giudizio o di valutazione.
2.2. L’errore di fatto previsto dall’art. 395, n. 4, cod. proc. civ., poi, deve consistere, al pari dell’errore revocatorio imputabile al giudice di merito, nell’affermazione o supposizione dell’esistenza o inesistenza di un fatto la cui verità risulti invece, in modo indiscutibile, esclusa o accertata in base al tenore degli atti o dei documenti di causa; deve essere decisivo, nel senso che deve esistere un necessario nesso di causalità tra l’erronea supposizione e la decisione resa; deve presentare i caratteri della evidenza ed obiettività; infine, non deve cadere su un punto controverso sul quale la Corte si sia pronunciata (Cass. 28/02/2007, n. 4640; Cass. 20/02/2006, n. 3652; Cass. 11/04/2001, n. 5369).
In particolare, il punto si può dire controverso quando sia, appunto, oggetto di controversia, ossia incerto e per questo dibattuto. È la contestazione di un fatto a renderlo incerto e a farlo divenire giustiziabile; il che comporta l’assoggettamento di esso al dibattito del processo. Per sciogliere l’incertezza che deriva dalla contestazione proposta da una RAGIONE_SOCIALE parti, il giudice deve quindi valutare la contestazione stessa stabilendo se essa sia fondata, o no. Perciò se vi è valutazione del contrasto tra le parti, non può esservi alcuna svista percettiva.
2.3. Con particolare riferimento alla deduzione di un errore nella lettura degli atti interni al giudizio di cassazione, Cass., Sez. U., 27/11/2019, n. 31032 ha precisato che l’impugnazione per revocazione RAGIONE_SOCIALE sentenze della Corte di cassazione è ammessa nell’ipotesi di errore compiuto nella lettura degli atti interni al giudizio di legittimità, errore che presuppone l’esistenza di divergenti rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza e l’altra dagli atti e documenti di causa; pertanto, è esperibile, ai sensi degli artt. 391-bis e 395, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la revocazione per l’errore di fatto in cui sia incorso il giudice di legittimità che non abbia deciso su uno o più motivi di ricorso, ma deve escludersi il vizio revocatorio tutte le volte in cui
la pronunzia sul motivo sia effettivamente intervenuta, anche se con motivazione che non abbia preso specificamente in esame alcune RAGIONE_SOCIALE argomentazioni svolte come motivi di censura del punto, perché in tal caso è dedotto non già un errore di fatto (quale svista percettiva immediatamente percepibile), bensì un’errata considerazione e interpretazione dell’oggetto di ricorso e, quindi, un errore di giudizio, in cui la revocazione non è ammissibile essendo esclusa dall’area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione (Cass. 29/03/2022, n. 10040).
2.4. Occorre ancora evidenziare che, con riguardo al sistema RAGIONE_SOCIALE impugnazioni, la Costituzione non impone al legislatore ordinario altri vincoli oltre a quelli, previsti dall’art. 111 Cost., della ricorribilità per cassazione per violazione di legge di tutte le sentenze ed i provvedimenti sulla libertà personale pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari e speciali, e che non appare irrazionale la scelta del legislatore di riconoscere ai motivi di revocazione una propria specifica funzione, escludendone gli errori giuridici e quelli di giudizio o valutazione, proponibili solo contro le decisioni di merito nei limiti dell’appello e del ricorso per cassazione (Cass. 16/09/2011, n. 18897).
2.5. Inoltre, quanto all’effettività della tutela giudiziaria, anche la Corte di giustizia dell’UE riconosce la necessità che le decisioni giurisdizionali, divenute definitive dopo l’esaurimento RAGIONE_SOCIALE vie di ricorso disponibili (o dopo la scadenza dei termini previsti per questi ricorsi), non possano più essere rimesse in discussione e ciò al fine di garantire sia la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici, sia l’ordinata amministrazione della giustizia (Cass., Sez. U., 28/05/2013, n. 13181; cfr. Corte giust., 03/09/2009, in causa C2/08, RAGIONE_SOCIALE; Corte giust., 30/09/2003, in causa C-224/01, COGNOME; Corte giust., 16/03/2006, in causa C-234/04, Kapferer).
2.6. Gli approdi nomofilattici sopra ricostruiti trovano riscontro univoco nella giurisprudenza costituzionale (Corte Cost. n. 17 del 1986; Corte Cost. n. 36 del 1991; Corte Cost. n. 207 del 2009), laddove essa segue il percorso evolutivo del contenimento del rimedio revocatorio per le decisioni di legittimità ai soli casi di «sviste» o di «puri equivoci» e nega rilievo a pretesi errori di valutazione, così recependo il ristretto ambito dell’errore di fatto previsto dell’art. 395, n. 4, cod. proc. civ.
2.7. Dunque l’interpretazione non solo letterale e sistematica, ma pure quella costituzionalmente e convenzionalmente orientata, degli artt. 391-bis e 395 n. 4 c.p.c. portano a non ammettere la revocazione RAGIONE_SOCIALE decisioni di legittimità della Corte di cassazione per pretesi errori giuridici (sostanziali o processuali) oppure circostanziali, diversi dalla mera svista su fatti non resi oggetto di controversia, rispondendo la «non ulteriore impugnabilità in generale» all’esigenza, tutelata come primaria dalle stesse norme della Carta fondamentale della CEDU, di conseguire l’immutabilità e definitività della pronuncia all’esito di un sistema variamente strutturato (Cass. 29/04/2016, n. 8472).
2.8. Il carattere d’impugnazione eccezionale della revocazione, prevista per i soli motivi tassativamente indicati dalla legge, comporta l’inammissibilità di ogni censura non compresa nel novero di quelle indicate (Cass. 07/05/2014, n. 9865).
Alla luce di tali principi, il motivo è inammissibile.
3.1. La statuizione della Corte è censurata perché avrebbe erroneamente qualificato il reddito del ricorrente come reddito di impresa, nella accezione ‘comunitaria’, anziché come reddito fondiario, trascurando di prendere in considerazione gli elementi a tale fine addotti nelle difese del resistente, che li aveva richiamati nella propria memoria ex art. 380.1 bis cod. proc. civ., non esaminata dalla Corte per espressa affermazione contenuta nell’ordinanza, ove si dà atto che «non sono state depositate
memorie». Soggiunge il ricorrente che l’errore di fatto commesso dalla Corte di cassazione sarebbe stato conseguenza dell’analogo errore compiuto dalla RAGIONE_SOCIALETRAGIONE_SOCIALER. nel qualificare il reddito in questione come reddito d’impresa.
In primo luogo, e con effetto dirimente, si osserva che con riguardo all’accertamento della natura del reddito oggetto della richiesta di rimborso quale reddito di impresa, con rigetto della relativa eccezione del contribuente, operato dai giudici di appello, non è stata sollevata, nel giudizio relativo al ricorso per cassazione proposto dall’RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza di appello, censura alcuna da parte del contribuente, né mediante ricorso incidentale, né mediante riproposizione ex art. 346 cod. proc. civ.
Ed anzi in tale sede il contribuente, nel controricorso, si è difeso adducendo la sussistenza della prova dei requisiti del c.d. regime de minimis (v. controricorso, p. 11), così evidenziando la propria acquiescenza alla sfavorevole statuizione dei giudici di appello avente ad oggetto la qualificazione del reddito come reddito di impresa che, sul punto, non poteva dunque essere oggetto di rivalutazione in sede di legittimità. È pertanto tardivo il richiamo a detta questione contenuto nella memoria illustrativa ex art. 380.1 bis cod. proc. civ. depositata in tale giudizio, e ciò rende irrilevante l’eventuale mancato esame di tale atto da parte del collegio che ha pronunciato l’ordinanza qui impugnata per revocazione.
Per concorrente ed autonoma ragione, il motivo deve ritenersi comunque inammissibile in quanto il ricorrente, pur affermando di voler far valere un errore di fatto previsto dell’art. 395, n. 4, cod. proc. civ., censura, con tutta evidenza, un’operazione di natura ermeneutica, che implica una tipica attività giuridico-valutativa, già effettuata con identico esito dai giudici di appello e confermata dall’ordinanza oggetto di ricorso per revocazione.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità,
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.200,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 11/09/2024.