Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14035 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14035 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21176/2024 R.G. proposto da:
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO COGNOME DA COGNOME INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
REGIONE LAZIO
-intimata-
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in ROMA INDIRIZZO
DEI PORTOGHESI INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende ex lege
-resistente- avverso ORDINANZA di CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE ROMA n. 4773/2024 depositata il 22/02/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Il ricorrente impugnava talune cartelle esattoriali, sottese ad un estratto di ruolo, recanti tasse automobilistiche relative agli anni 2007, 2009 e 2010, eccependo la prescrizione del credito per mancata notifica di atti interruttivi validi. La Commissione Tributaria Provinciale di Roma dichiarava l’inammissibilità del ricorso, ritenendo regolarmente notificate le cartelle esattoriali. L’appello al Tribunale Regionale veniva respinto con conferma della sentenza di primo grado.
Il contribuente proponeva ricorso per cassazione, sostenendo che il giudice avrebbe dovuto verificare il decorso della prescrizione anche dopo la notifica delle cartelle, secondo precedenti giurisprudenziali della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale.
In particolare, assumeva che con l’atto di appello aveva dedotto che, con sentenza n. 10809/17, la Corte di legittimità aveva chiarito che, una volta impugnato l’estratto di ruolo, anche in caso di prova della regolare notifica della cartella, il giudice è tenuto a verificare l’eventuale successivo decorso del termine prescrizionale, e, le SS. UU., con sentenza n. 23397/16, avevano precisato che la
scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produceva soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve, in questo caso triennale, trattandosi di bollo auto, in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c.
La Corte distrettuale respingeva il gravame, sul rilievo che le cartelle esattoriali recanti la pretesa tributaria erano state regolarmente notificate e che, quindi, l’impugnazione avverso l’estratto di ruolo risultava tardiva.
NOME COGNOME proponeva ricorso per la cassazione della sentenza n. 2294/01/2020, depositata dalla Commissione tributaria regionale del Lazio il 20 luglio 2020, che respingeva l’appello proposto dal medesimo nei confronti della Regione Lazio e dell’Agenzia delle Entrate Riscossione avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Roma col n. 6971/40/2018.
In data 9 marzo 2023 veniva notificata al ricorrente la proposta di definizione anticipata del giudizio ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., al quale faceva seguito il deposito di memoria ex art. 380-bis 1 c.p.c. contenente la rinuncia ai motivi di ricorso e contestuale richiesta di decisione del ricorso sul solo punto delle spese, chiedendosene la compensazione alla luce dello ius superveniens del d.l. n. 146/2021 nonché della sentenza delle SS. UU. n. 26283/22.
La Corte, con ordinanza n. 4773/2024, ha affermato che «qualora l’istanza di decisione collegiale di cui all’articolo 380- bis c.p.c. venga chiesta non rispettando i requisiti che le impone il medesimo articolo e quindi sia affetta da vizi processuali, come la tardività, la mancanza di nuova procura, oppure una nuova allegazione della
stessa procura sulla base della quale era stato proposto il ricorso, il giudizio non può essere definito con il decreto di estinzione di cui all’articolo 391 c.p.c., ma occorre fissare l’adunanza collegiale ai sensi dell’articolo 380 -bis.1 c.p.c., giacché la definizione con decreto si effettua solo qualora non sia proposta l’istanza» (Cass., Sez. 3^, 15 novembre 2023, n. 31839)>; concludendo che quando l’istanza di definizione del giudizio dopo la formulazione della proposta sia stata fatta in modo irrituale, il Collegio fissato in adunanza camerale definisce il giudizio in conformità alla proposta per ragioni di rito impedienti la discussione su di essa con piena applicazione del terzo comma dell’articolo 380 -bis c.p.c.» (Cass., Sez. 3^, 15 novembre 2023, n. 31839)>.
Il Servi ricorre per la revocazione di detta ordinanza sulla base di un unico motivo, chiedendo la declaratoria di ammissibilità dell’impugnazione e l’accoglimento delle censure proposte con il ricorso per cassazione originario.
In data 28 marzo 2025, il contribuente ha depositato memorie ex art. 380bis1 c.p.c. sostenendo che il ricorso originario non può essere dichiarato inammissibile secondo quanto statuito da Cass. 26283/22, dal momento che nella sentenza di primo grado non è stata rilevata l’inammissibilità dell’impugnazione degli estratti di ruolo, ed esso è stato deciso nel merito, sicché l’ammissibilità dell’impugnazione degli estratti di ruolo nel presente procedimento oggi deve ritenersi coperta da giudicato implicito e non è più rilevabile d’ufficio, nemmeno nel giudizio di legittimità.
La RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria al solo fine di partecipare all’udienza.
MOTIVI DI DIRITTO
1.Il contribuente propone ricorso per revocazione, deducendo la sussistenza di ; rappresentando che la decisione impugnata è fondata sulla mancanza della procura speciale necessaria per la presentazione dell’istanza ex art. 380 – bis, secondo comma, c.p.c..
Si legge infatti nel provvedimento impugnato, a pag.12 riga 5 e ss. che ‘…risulta evidente che l’istanza di cui all’art. 380 -bis, secondo comma, cod. proc. civ., è stata presentata in difetto di uno dei requisiti, ovvero della <> … il che comporta … l’inammissibilità del presente ricorso…’ .
Si afferma che la procura speciale datata 9.10.23, che conferiva al difensore il potere di chiedere la decisione del ricorso, diversamente da quanto dichiarato nell’ordinanza della Corte, è invece stata depositata in atti il 10.11.23 entro il termine di 40 giorni dalla comunicazione della proposta di definizione anticipata, termine che andava a scadere il 18.11.23.
Deve premettersi che l’errore revocatorio implica la falsa supposizione dell’esistenza o inesistenza di un fatto processuale o sostanziale, non oggetto di controversia fra le parti, incontrastabilmente escluse – l’esistenza o inesistenza – dagli atti o documenti della causa (Cass. n. 14610 del 2021; Cass. n.512/2025).
Per consolidata interpretazione in materia di revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione, la pronuncia della Corte di Cassazione è affetta da errore di fatto revocatorio, cioè rilevante ai sensi degli artt. 391bis , primo comma, e 395, numero 4), cod. proc. civ., quando esso: a) consista in un mero errore di percezione od in una svista materiale concernenti un «fatto» (processuale o sostanziale) e, perciò, non riguardi né la violazione o falsa
applicazione di norme giuridiche né l’attività interpretativa o valutativa (come l’apprezzamento delle risultanze processuali) compiuta dal giudice (n. 1731 del 2014; n. 22569 del 2013; n. 1381 del 2012; n. 16003 del 2011; n. 22171 del 2010; n. 8180 del 2009 e sez. un. n. 7217 del 2009; n. 14267 del 2007; n. 6198 del 2005; n. 5150 del 2003); b) emerga dal contrasto tra una dichiarazione espressa (basata, come rilevato, su una mera “supposizione”, che non integra un “giudizio” e che, quindi, non si risolve in una valutazione) contenuta nella pronuncia e quanto invece risulta dagli atti interni del giudizio («atti o documenti della causa») ; c) appaia oggettivamente ed immediatamente rilevabile (supposizione di un fatto la cui verità è «incontrastabilmente» esclusa; oppure ritenuta inesistenza di un fatto la cui verità é «positivamente» stabilita), tanto da non richiedere, per essere apprezzato, lo sviluppo di argomentazioni induttive e di indagini ermeneutiche ; d) riguardi un fatto decisivo (nel senso che «la decisione è fondata» sul fatto erroneamente ritenuto esistente o inesistente, tanto che, se non vi fosse stato errore, la decisione sarebbe stata diversa) ; e) attenga a fatto che non abbia costituito, in giudizio, un punto controverso sul quale si sia pronunciato il giudice.
3.Il motivo di revocazione in rassegna denuncia un errore di tipo revocatorio.
4.Vi è stata un’attività di supposizione di inesistenza di un fatto, in particolare l’assenza della procura speciale, incontrastabilmente esclusa, secondo la prospettazione del ricorrente -che trova conferma negli atti processuali -dalla presenza del relativo documento (procura speciale) nel fascicolo definito con la revocanda ordinanza della Corte.
4.1.Nel fascicolo del giudizio di cassazione n. 3226/2021 si rinviene, per vero, la procura conferita il 3 ottobre 2023 per presentare l’istanza di decisione avverso la proposta di definizione accelerata, la quale risulta presentare i due requisiti imprescindibili di novità e di deposito dell’istanza entro quaranta giorni dalla comunicazione della proposta di definizione del giudizio, emessa ai sensi del primo comma del medesimo articolo.
4.2. Nella fattispecie sub iudice sono presenti, pertanto, entrambi i requisiti, in guisa che l’ordinanza n. 4773/2024 di questa Corte deve essere revocata, avendo per mera svista ritenuto che l’istanza di decisione non fosse corredata dalla nuova procura speciale.
4.3. La denunciata svista è inoltre munita del requisito della decisività, la quale condiziona la rilevanza dell’errore di fatto (fra le tante, da ultimo, Cass. n. 16439 del 2021). Una volta acclarato l’errore di fatto, discendente, come si è detto dalla presenza al contrario di quanto affermato dall’ordinanza impugnata della procura speciale che accompagnava l’istanza di decisione ai soli fini delle spese di lite -la decisività di tale errore si giustifica in ragione di quanto ne sarebbe dovuto conseguire da parte del Collegio. Il Collegio, difatti, avrebbe dovuto ritenere ammissibile l’istanza di decisione contenente la rinuncia ai motivi di ricorso per cassazione contestuale alla istanza di compensazione delle spese di lite dell’intero giudizio.
4.4.Per tale ragione il rilevato errore di fatto risulta decisivo, perché, se non l’avesse commesso, il Collegio avrebbe dovuto decidere in merito alla rilevanza della rinuncia, espressa dal contribuente, ai motivi di ricorso per cassazione ed in ordine alla richiesta di compensazione delle spese dell’intero giudizio, valutando successivamente, l’applicazione dell’art. 93, terzo e quarto comma, c.p.c..
Disposta così la revocazione dell’ordinanza impugnata, deve procedersi, in sede rescissoria, allo scrutinio dell’unico motivo proposto concernente la richiesta compensazione delle spese dell’intero giudizio in ragione dello jus superveniens, avendo il contribuente rinunciato espressamente ai motivi di ricorso (conf. Cass. n. 9654 del 2024; Cass. n. 14610 del 2021) e richiesto, nella fase rescindente, la declaratoria di compensazione anche delle spese del giudizio di merito, a suo avviso possibile pure nelle ipotesi di pronuncia di inammissibilità del ricorso secondo quanto affermato dalle S.U. n. 26283/2022.
5.1. In primis, deve essere valutata l’ammissibilità della riproposizione, con le memorie del 28 marzo 2025, depositate ex art. 380-bis1 c.p.c., delle censure originariamente formulate con il ricorso iscritto al n. 3226/2021 R.G., in quanto contenenti motivi nuovi rispetto a quelli proposti con il ricorso per revocazione e del tutto antitetici rispetto a quelli contemplati nell’istanza di decisione di cui all’art. 380 -bis c.p.c. Si rammenta, difatti, che sia il ricorso per revocazione sia l’istanza di decisione presentata nel giudizio iscritto al n. 3226/2021 R.G. contengono la rinuncia ai motivi del ricorso per cassazione e la domanda di compensazione delle spese di tutti i gradi di giudizio in considerazione dello ius superveniens, rappresentato dall’art. 3 -bis del d.l. 21/10/2021 n. 146 (introdotto dalla Legge di conversione n. 215 del 17/12/2021), che ha inserito il comma 4bis nell’art. 12 del d.P.R. 29/09/1973, n. 602.
Ebbene, la suddetta allegazione è inammissibile. Essa infatti è contenuta nella memoria di cui all’art. 380- bis c.p.c., e prospetta un ulteriore e diverso motivo di impugnazione, rispetto a quello illustrato nel ricorso per revocazione. La memoria di cui all’art. 380-bis c.p.c. non può contenere nuove censure, ma solo illustrare quelle già proposte (ex multis, Cass. 27/08/2020, n. 17893; Cass. n. 24007 del 12/10/2017; Cass. n. 26332 del 20/12/2016; Sez. U,
Sentenza n. 11097 del 15/05/2006; e così già Cass. n. 1942 del 19/07/1962). Pertanto, si reputa di dover dare seguito al principio -sebbene non del tutto univoco, nella giurisprudenza di questa Corte -secondo cui la rinuncia ad uno o più motivi di ricorso rende superflua una decisione in ordine alla fondatezza o meno di tali censure e resta, quindi, sottratta alla disciplina di cui all’art. 390 cod. proc. civ. per la rinuncia al ricorso (da ultimo, Cass. n. 414/2021; Cass 3 novembre 2016, n. 22269; Cass. 9 giugno 2011, n. 12638; Cass. 15 maggio 2006,n. 11154).
In seguito alla rinuncia ai motivi di ricorso per cassazione contenuta nell’istanza di decisione ex art. 380 -bis c.p.c., questi vanno respinti per ragioni diverse da quelle poste a fondamento della proposta di definizione anticipata che ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso originario proposto dal contribuente (che non conteneva alcun motivo in ordine alla regolamentazione delle spese del giudizio di merito), in ragione dello jus supervenien s in tema di impugnabilità di estratto di ruolo, ragion per cui non trovano applicazione il terzo e quarto comma dell’art. 96 c.p.c..
7.1. Resta da esaminare la domanda relativa alle spese di lite del giudizio di merito, che non può trovare accoglimento, giacchè la reiezione dei motivi di ricorso per cassazione, conseguente alla rinuncia ai motivi medesimi, determina il passaggio in giudicato della sentenza di appello impugnata.
8.In considerazione della peculiarità della vicenda processuale e della intervenuta rinuncia ai motivi di ricorso per cassazione, ricorrono i presupposti per la compensazione delle spese del presente giudizio di revocazione.
D’altra parte, vale osservare come lo ius superveniens sarebbe stato comunque valutato, ai fini della regolamentazione delle spese di lite, con il decreto di estinzione del giudizio, a seguito della
rinuncia implicita che si sarebbe concretizzata nell’ipotesi in cui la parte fosse rimasta inerte nel termine di quaranta giorni successivi alla comunicazione della proposta di definizione accelerata, anziché rinunciare espressamente ai motivi di ricorso per cassazione.
8.1. Ricorrono le condizioni per ritenere dovuto dal ricorrente l’ulteriore importo a titolo di contributo stabilito dall’art. 13, comma 1 quater d.P.R. n. 115/2002, in quanto la norma non trova applicazione nell’ipotesi di rinuncia al ricorso per cassazione, ma non anche in quelle di rinuncia ai motivi di ricorso con insistenza di pronuncia sulle spese.
P. Q. M.
La Corte
accoglie il ricorso per revocazione e conseguentemente revoca l’ordinanza impugnata n. 4773/2024;
pronunciando in fase rescissoria, rigetta il ricorso proposto dal contribuente;
compensa le spese del giudizio;
v.to l’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla L. n. 228 del 2012; – dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria della Corte di Cassazione in data 8 aprile 2025 .
Il Presidente
NOME COGNOME