Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6375 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6375 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17126/2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempor e, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’AVV_NOTAIO COGNOME in Roma (RM), INDIRIZZO;
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO;
-controricorrente –
e
RAGIONE_SOCIALE -intimata –
Oggetto:
avverso l ‘ordinanza n. 8288/22 della Corte di cassazione, depositata il 15/03/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/02/2024 dal AVV_NOTAIO;
Rilevato che
Con la sentenza n. 8288/22 del 04/11/2021, pubblicata il 15/03/2022, la Suprema Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) e, per l’effetto, confermava gli avvisi di accertamento emessi dal concessionario con i quali era stata sottoposta a Tosap, dovuta al Comune di Martellago per gli anni 2009 e 2010, il Passante di Mestre di cui era sub-concessionaria la ricorrente in ragione dell’occupazione che tale opera arrecava alle vie comunali sottostanti.
La contribuente propone ricorso per revocazione avverso la suindicata sentenza affidato a quattro motivi.
Il Comune di Martellago ha depositato controricorso.
RAGIONE_SOCIALE non si è costituita.
In prossimità della camera di consiglio la ricorrente ha depositato memoria.
Considerato che
Con il primo motivo RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE) deduce, ai sensi dell’art. 395, n. 4 cod.proc.civ. e in via subordinata, ai sensi del successivo n. 5, la sussistenza di errore revocatorio poiché, seppure aveva posto all’attenzione della Corte l’esistenza di tre giudicati che avevano affrontato la medesima questione tra le stesse parti in favore della contribuente, i giudici di legittimità hanno neutralizzato, con evidente errore di fatto, la vincolatività degli stessi (in realtà limitandosi ad esaminare uno solo di essi, la sentenza n. 126 del 2017 della CTP di Venezia), riducendolo ad un problema di interpretazione giuridica della norma tributaria applicata.
Con il secondo motivo la contribuente deduce, ex art. 395 n. 4 cod.proc.civ., l’errore di fatto in cui sarebbe incorso il Collegio che ha ritenuto – sulla falsa supposizione circa l’effettiva sottrazione dell’area pubblica attribuibile alla
concessione di mera gestione che la realizzazione dell’opera sia avvenuta ad opera della ricorrente in virtù del rapporto sub-concessorio anziché di RAGIONE_SOCIALE, rigettando indebitamente l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata.
Con il terzo motivo la ricorrente lamenta, ex art. 395 n. 4 cod.proc.civ., che l’ordinanza impugnata si fondava sulla falsa supposizione di un fatto , l’avere la ricorrente invocato il non assoggettamento alla TOSAP in quanto derivante dal tipo di costruzione e non già al fatto della non sottrazione all’uso pubblico che tale costruzione comportava.
Con il quarto motivo la CAV lamenta, ex art. 395, n. 4 cod.civ.proc., che l’ordinanza impugnata ha ritenuto, sulla falsa supposizione di un fatto (la sottrazione dell’area pubblica attribuibile alla concessione di mera gestione), che la realizzazione de ll’opera sia avvenuta da parte di CAV, anziché di RAGIONE_SOCIALE, applicando in tal modo erroneamente la propria giurisprudenza in subiecta materia.
I diversi motivi, da trattarsi congiuntamente in quanto strettamente connessi, sono inammissibili.
5.1 Va premesso che l ‘istituto della revocazione delle decisioni della Corte di cassazione è stato normativamente introdotto, limitatamente all’errore di fatto ex art. 395 n. 4 c.p.c., dall’art. 67 della legge 26 novembre 1990, n. 353, che ha inserito nel codice di rito l’art. 391 -bis c.p.c. (articolo rubricato: ‘Correzione degli errori materiali e revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione’). L’errore di fatto rilevante ai fini della revocazione della sentenza, compresa quella della Corte di cassazione, presuppone l’esistenza di un contrasto fra due rappresentazioni dello stesso oggetto, risultanti una dalla sentenza impugnata e l’altra dagli a tti processuali; il detto errore deve: a) consistere in un errore di percezione o in una mera svista materiale che abbia indotto, anche implicitamente, il giudice a supporre l’esistenza o l’inesistenza di un fatto che risulti incontestabilmente escluso o accertato alla stregua degli atti di causa, sempre che il fatto stesso non abbia costituito oggetto di un punto controverso sul quale il giudice si sia pronunciato, b) risultare con immediatezza ed obiettività
senza bisogno di particolari indagini ermeneutiche o argomentazioni induttive; c) essere essenziale e decisivo, nel senso che, in sua assenza, la decisione sarebbe stata diversa (Cass. n. 16439 del 2021).
Rileva, altresì, la considerazione secondo cui l’omesso esame di un fatto sostanziale o processuale può dare luogo ad un vizio motivazionale o alla violazione di norma processuale, ma non integra un errore revocatorio ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c. che viceversa consiste nella viziata percezione o nella falsa supposizione (espressa e mai implicita) dell’esistenza o inesistenza di un fatto sostanziale o processuale, non controverso fra le parti, la cui esistenza o inesistenza è incontrastabilmente esclusa o positivamente stabilita, dagli atti o documenti della causa (Cass. n. 14610 del 2021).
Infatti, la revocazione della sentenza di cassazione è consentita per vizi del procedimento di cui non si sia tenuto conto per un errore di fatto, ovvero per un errore percettivo che può riguardare anche l’esame degli atti dello stesso processo di cassazione.
E, dunque, principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità ( ex plurimis e da ultimo Cass. n. 10040/2022 Rv. 664401 – 02) quello secondo cui «In tema di revocazione delle sentenze della Corte di cassazione, la configurabilità dell’errore revocatorio di cui all’art. 391 bis c.p.c. presuppone un errore di fatto, che si configura ove la decisione sia fondata sull’affermazione di esistenza od inesistenza di un fatto che la realtà processuale induce ad escludere o ad affermare, non anche quando la decisione della Corte sia conseguenza di una pretesa errata valutazione od interpretazione delle risultanze processuali, essendo esclusa dall’area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione. (Nella fattispecie, la S.C. ha escluso la rilevanza dell’erroneo accertamento dell’esistenza di un giudicato interno, non trattandosi di un errore di fatto rilevante ai fini dell’art. 395, comma 4, c.p.c., bensì dell’apprezzamento in diritto delle risultanze processuali)».
5.2 Contrariamente a tali principi, la ricorrente qualifica come errori di fatto quelli afferenti: alla errata applicazione del principio della vincolatività del giudicato esterno; alla propria qualifica di mero gestore e non di proprietario o di
concessionario con poteri di costruzione dell’opera oggetto di tassazione ; all’errata individuazione del fondamento ‘uso pubblico del bene’ sul quale si fondava la richiesta esenzione.
Tutti gli eccepiti errori di fatto idonei astrattamente a fondare il ricorso per revocazione si riducono, in realtà, in cesure volte a richiedere un nuovo esame dei motivi di ricorso proposti dalla ricorrente ed oggetto di scrutinio da parte dell’ordinanza impugnata ; esame che sovrapponendosi a quello svolto, dovrebbe condurre il Collegio ad accogliere l’originario ricorso per cassazione .
Ed invero, i denunciati errori di fatto sono stati – ad eccezione di quello relativo all’intervenuto giudicato esterno – sin dal ricorso introduttivo proposto dalla contribuente, oggetto di controversa tra le parti e, dunque, di valutazione da parte, dapprima, dei giudici di merito e, successivamente, da parte di questa Corte con l’ordinanza impugnata in quanto posti a fondamento del ricorso introduttivo della contribuente. In part icolare, l’ordinanza impugnata – dopo aver motivato sulla non vincolatività, ex art 2909 cod.civ, della interpretazione normativa offerta da tutti precedenti indicati dalla ricorrente (cfr. pag 5 dell’ordinanza) relativa alla portata applicativa degli artt. 39 e 49 del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 che disciplinano i presupposti oggetti per il pagamento della Tosap – ha dato conto del fatto che i primi due motivi di ricorso fondavano la richiesta esenzione dal tributo in ragione, da un lato, del difetto della qualifica soggettiva in capo alla ricorrente, mera gestrice del ramo di strada oggetto di imposizione e, dall’altro, del difetto presupposto impositivo in quanto tale bene non sottraeva le strade comunali all’uso pubblico ma unitamente ad esse era destinato al medesimo uso. La Corte ha dato puntuale risposta alle suindicate censure e fondato il proprio decisum sull’irrilevanza, ai fini della richiesta esenzione, della sussistenza e, quindi, implicitamente del contenuto di eventuali concessioni relative all’occupazione di suolo pubblico ; esenzione che, poi, non trova applicazione nel caso di viadotti autostradali, come nella specie.
Risulta evidente, da tutto quanto sopra, che i vizi denunciati non possono rientrare nella nozione di errore di fatto revocatorio, in quanto la ricorrente lamenta, semmai, una erronea interpretazione e valutazione degli atti di causa
estranea al rimedio revocatorio che, al contrario, richiede quella svista o quell’errore di percezione su fatto non controverso sui cui sarebbe incorso il giudice nel provvedimento oggetto di revocazione.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1- quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento a favore del Comune di Martellago delle spese del giudizio di legittimità che liquida in €. 3.800,00 oltre alle spese forfetarie, agli esborsi per euro 200,00 e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, come modif. dalla I. 24 dicembre 2012, n. 228, d à atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Cos ì deciso in Roma il 29 febbraio 2024.