Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 724 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 724 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
Oggetto: Revocazione – Mancato computo del periodo di sospensione feriale degli atti processuali – Errore di fatto Configurabilità.
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 20768/2022 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME giusta procura speciale a margine del ricorso;
-ricorrente –
contro
Agenzia delle entrate , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso l’ordinanza della Corte di cassazione n. 2809 del 31 gennaio 2021.
Vista la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso .
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 22 marzo 2023 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ordinanza n. 2809 del 31/01/2021 la Corte di cassazione ha accolto il ricorso proposto dall’ Agenzia delle entrate (di seguito AE) nei confronti della sentenza n. 8269/20/18 della Commissione tributaria regionale della Campania (di seguito CTR), che aveva a sua volta accolto l’appello della RAGIONE_SOCIALE (di seguito, RAGIONE_SOCIALE) , riconoscendo a quest’ultima il diritto a compensare un credito IVA relativo all’anno d’imposta 2010 .
1.1. Come si evince dall ‘ ordinanza impugnata, AE si doleva della (a suo dire) erronea applicazione del cumulo giuridico da parte della CTR mentre COGNOME oltre a resistere con controricorso, aveva chiesto la declaratoria di cessazione della materia del contendere in ragione della intervenuta definizione agevolata della lite, definizione negata dall’Ufficio con provvedimento del 21/07/2020, impugnato nel corso dello stesso giudizio con autonomo ricorso.
1.2. La Corte di cassazione, previa declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto da COGNOME avverso il diniego di definizione agevolata in quanto proposto oltre il termine di sessanta giorni previsto dalla legge, accoglieva il ricorso di AE, cassava la sentenza impugnata e rinviava alla CTR della Campania in diversa composizione.
Avverso la menzionata ordinanza della S.C., COGNOME proponeva ricorso per revocazione, affidato complessivamente a quattro motivi, di cui gli ultimi due concernenti la fase rescissoria.
NOME resisteva con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo ed il secondo motivo di ricorso COGNOME deduce l’ammissibilità e la fondatezza del ricorso per revocazione ai sensi dell’art. 395, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per l’essere la Corte di cassazione incorsa in errore di fatto nel dichiarare inammissibile, in
quanto tardivo, il ricorso proposto dalla società contribuente nei confronti del provvedimento di definizione agevolata, senza considerare la sospensione feriale dei termini processuali.
1.1. I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono inammissibili, con conseguente assorbimento degli altri due motivi, concernenti la fase rescissoria.
1.2. Secondo un orientamento di questa Corte l’errore di calcolo sul termine di impugnazione, qualora dalla sentenza risultino sia la corretta individuazione, in fatto ed in diritto, di tutti gli elementi del relativo conteggio e del criterio con il quale condurre quest’ultimo, non costituisce error in iudicando e può essere oggetto di ricorso per revocazione (Cass. n. 6844 del 02/03/2022, citata anche dalla ricorrente).
1.3. Nel caso di specie, tuttavia, l’errore compiuto dall’ordinanza impugnata non è un errore di fatto, ma un errore di valutazione, riconnesso all’applicabilità alla fattispecie della sospensione feriale dei termini processuali. Invero, l’errore si giustifica proprio in ragione della ritenuta inapplicabilità di detto termine al ricorso per impugnazione del diniego di definizione agevolata.
1.4. Trattasi chiaramente di un errore sulla portata applicativa di una norma giuridica, l’art. 1 della l. 7 ottobre 1969, n. 742 e, dunque, di un errore di diritto, come emerge chiaramente dalla circostanza che non siano stati nemmeno richiamati i criteri di calcolo della sospensione (ritenuta, dunque, inapplicabile alla fattispecie).
In conclusione, il ricorso per revocazione va dichiarato inammissibile, con assorbimento dei motivi terzo e quarto.
2.1. La società ricorrente va condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo avuto conto di un valore dichiarato della controversia di euro 1.066,13.
2.2. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili il primo ed il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate in euro 500,00, oltre alle spese di prenotazione a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma il 22 marzo 2023.