Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16583 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16583 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1163/2024 R.G. proposto da :
COGNOME in qualità di ultimo amministratore e socio della RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso da ll’avv. NOME COGNOME e d all’avv . NOME COGNOME con domicilio digitale presso i loro indirizzi di posta elettronica certificata;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia n. 4731/2023, depositata l’ 1 giugno 2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’11 aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Il Tribunale di Catania, in data 24 marzo 1988, dichiarava fallita la società RAGIONE_SOCIALE Il giudice delegato approvava il piano di riparto finale in data 13 febbraio 2009 e mandava al curatore di comunicarlo ai creditori, autorizzandolo a provvedere ai pagamenti dopo il decorso del termine di dieci giorni dalla ricezione dell’ultimo avviso di ricevimento. Il curatore provvedeva alle comunicazioni e con provvedimento del 20 aprile 2009 il Giudice delegato autorizzava il pagamento delle somme da ripartire. In data 19 maggio 2009, il curatore inoltrava a Riscossione Sicilia s.p.a. n. 10 assegni circolari, provvedendo al pagamento delle imposte, delle sanzioni e degli interessi in esecuzione del piano di riparto finale. In data 8 gennaio 2010 il Tribunale di Catania dichiarava la chiusura del fallimento per riparto finale dell ‘attiv o e il ricorrente presentava all’Agenzia delle entrate istanza di rimborso delle sanzioni e degli interessi pagati dal fallimento della società, sostenendo che tali somme non fossero dovute ai sensi dell’art. 6 bis del d.l. 328/97. L’Ufficio, c on provvedimento n. 207292/2010 rigettava l’istanza . In data 8 settembre 2014, la società reiterava l’istanza di rimborso . Avverso il secondo provvedimento di diniego, la società proponeva ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Catania che, con sentenza n. 11260/2018, accoglieva il ricorso e annullava l’atto impugnato.
-Avverso tale pronuncia l’Ufficio proponeva atto di appello.
La Commissione tributaria regionale della Sicilia, con sentenza n. 1614/06/2022 depositata il 24 febbraio 2022, accoglieva l’appello e, conseguentemente, riformava la sentenza di primo grado.
-Avverso tale pronuncia il contribuente ha proposto ricorso per revocazione a norma dell’art. 64 del d.lgs. n. 546/1992, rappresentando che la Commissione avesse erroneamente ritenuto tardivo il deposito dell’istanza di discussione , non considerando che alla data dell’11 ottobre 2021 il deposito telematico non poteva attuarsi a causa del malfunzionamento del sistema del PTT, essendosi reso possibile soltanto in data 13 ottobre 2021.
La Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, con sentenza n. 4731/05/2023 depositata l’1 giugno 2023, ha dichiarato inammissibile il ricorso, non ritenendo sussistenti i presupposti previsti dall’art. 395 c.p.c.
–NOME COGNOME in qualità di ultimo amministratore e socio della RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
Si è costituta l’Agenzia delle entrate con controricorso.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
Il contribuente ha depositato una memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 395 c.p.c. , in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c., per aver la Corte di giustizia di secondo grado erroneamente ritenuto inammissibile il ricorso per revocazione ritenendo che l’errore commesso dal giudice di appello nel computo del termine per il deposito dell’istanza di discussione ex art. 27, comma 2, del d.l. 137/20202 non costituisse un errore di fatto bensì un error in procedendo. Secondo quanto prospettato, tale vizio costituirebbe un errore di fatto in quanto non attiene all’apprezzamento e valutazione di un fatto eseguita dal giudice
bensì alla falsa percezione della realtà in quanto il Giudice di secondo grado avrebbe erroneamente presupposto il corretto funzionamento dei servizi telematici del PTT, mentre nella realtà tali servizi non erano funzionanti nel giorno di scadenza e tale circostanza ha impedito di rispettare il termine per il deposito di tale istanza.
1.1. -Il motivo è infondato.
L’errore di fatto previsto dall’art. 395 n. 4, c.p.c., idoneo a costituire motivo di revocazione, consiste in una falsa percezione della realtà o in una svista materiale che abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso, oppure l’inesistenza di un fatto positivamente accertato dagli atti o documenti di causa, purché non cada su un punto controverso e non attenga a un’errata valutazione delle risultanze processuali (Cass., Sez. VI-1, 26 gennaio 2022, n. 2236; Cass., Sez. V, 22 ottobre 2019, n. 26890).
Questa Corte ha ammesso la configurabilità dell’errore revocatorio al cospetto della valutazione sull’ammissibilità e procedibilità del ricorso (Cass., Sez. Trib., 25 luglio 2023, n. 22261, citata in ricorso); ma deve trattarsi pur sempre di errore meramente percettivo, risultante in modo incontrovertibile dagli atti e tale da aver indotto il giudice a fondare la valutazione della situazione processuale sulla supposta inesistenza (od esistenza) di un fatto, positivamente acquisito (od escluso) nella realtà del processo, che, ove invece esattamente percepito, avrebbe determinato una diversa valutazione della situazione processuale, e non anche nella pretesa errata valutazione di fatti esattamente rappresentati.
Nel caso in esame, invece, non risulta che il fatto del malfunzionamento dei servizi telematici del PTT fosse stato acquisito al processo perché ivi veicolato mediante istanza di rimessione nei termini (in linea, Cass., Sez. Un., 20 novembre 2024, n. 29842, che
ha disposto la rimessione nei termini a seguito di forti rallentamenti del servizio PEC ministeriale del dominio giustiziacert.it. facendo leva sull’istanza proposta dalla parte interessata) , tenendo conto, peraltro, della circostanza che l’udienza, come riportato nella sentenza impugnata, si è tenuta in data 15 ottobre 2021.
Ne deriva l’applicazione del principio di diritto in base al quale la censura riguardante il calcolo del termine non configura un errore di fatto, ma un errore di giudizio, estraneo all’ambito applicativo dell’istituto della revocazione, ai sensi dell’art. 395 c.p.c. (Cass., Sez. Un., 13 gennaio 2022, n. 928; ne fa applicazione, da ultimo, Cass., Sez. Trib., 6 febbraio 2025, n. 3060).
Nel caso di specie, difatti, si lamenta giustappunto l’errore del giudice, il quale – come puntualizzato nella pronuncia qui impugnata – ha assunto la causa in decisione ritenendo erroneamente tardiva l’istanza di discussione in pubblica udienza avanzata dalla parte, in quanto non ha tenuto conto del non corretto funzionamento del PTT e conseguentemente della oggettiva impossibilità del ricorrente di presentare l’istanza tempestivamente . Né, come si adombra in ricorso, è predicabile la rimessione d’ufficio nei termini, posto che l’istituto della rimessione in termini di cui all’art. 153 c .p.c. è sì applicabile anche al processo tributario, ma è pur sempre necessario che l’istanza di rimessione in termini sia presentata e con tempestività (tra le più recenti, Cass., Sez. V, 5 gennaio 2022, n. 268).
2. -Con il secondo motivo si prospetta la nullità della sentenza per violazione degli artt. 1, 7 e 36 d.lgs. n. 546/1992, 112 e 398 c.p.c., in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 4 c.p.c., per aver la Corte di giustizia di secondo grado omesso di pronunciarsi sulla richiesta di sospensione del termine per ricorrere in cassazione formulata dal ricorrente nel proprio ricorso per revocazione.
2.1. -Il motivo è infondato.
L’assorbimento “proprio” postula che la decisione della domanda assorbita divenga superflua per effetto della decisione sulla domanda assorbente, con conseguente sopravvenuta carenza di interesse all’esame della domanda rimasta assorbita; l’assorbimento “improprio” presuppone che la decisione assorbente escluda la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporta un implicito rigetto della domanda formulata e dichiarata assorbita (Cass., Sez. I, 14 settembre 2023, n. 26507).
Nel caso di specie vi è stato un assorbimento improprio della questione, avendo la Corte di giustizia tributaria delibato l’infondatezza della revocazione, né si deduce in concreto alcun pregiudizio dal mancato accoglimento dell’istanza.
-Con il terzo motivo si deduce la nullità della sentenza per violazione degli artt. 36 d.lgs. n. 546/1992, 132 c.p.c., 111 Cost., in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 4 c.p.c., per aver la Corte di giustizia di secondo grado reso una pronuncia affetta da motivazione apparente nella parte in cui richiama esclusivamente principi generali ed astratti, senza indicare la specifica ragione in base alla quale ha ritenuto che l’errore sul computo del termine per la pr esentazione dell’istanza di sospensione in tegri error in procedendo , nonché contraddittoria, nella parte in cui si riferisce all’errore di fatto.
3.1. -Il motivo è infondato.
La motivazione del provvedimento impugnato con ricorso per cassazione deve ritenersi apparente quando, pur se graficamente esistente ed eventualmente sovrabbondante nella descrizione astratta delle norme che regola la fattispecie dedotta in giudizio, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento
(Cass., Sez. I, 28 gennaio 2025, n. 1986; Cass., Sez. VI-1, 1 marzo 2022, n. 6758), così da non attingere la soglia del ‘ minimo costituzionale ‘ richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. (Cass., Sez. IV, 17 agosto 2020, n. 17196; Cass., Sez. I, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. IV, 5 agosto 2019, n. 20921; Cass., Sez. VI-5, 7 aprile 2017, n. 9105)
Nel caso di specie non si ravvisa alcun vizio di motivazione così come prospettato, né la violazione del ‘ minimo costituzionale ‘ , avendo la Corte di giustizia tributaria rappresentato chiaramente le ragioni per le quali ha ritenuto di escludere la presenza di un errore di fatto suscettibile di revocazione ( error in procedendo del giudice di secondo grado).
4. -Il ricorso va dunque rigettato.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo in favore di ciascun controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1bis , del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in favore del l’Agenzia delle entrate in euro 5.800,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari
a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1bis , del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’11 aprile 2025.