Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26015 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26015 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME FILIPPO
Data pubblicazione: 04/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7105/2024 R.G. proposto da:
COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso , dall’AVV_NOTAIO (C.F. CODICE_FISCALE), in virtù di procura speciale allegata al ricorso, elettivamente domiciliato presso il proprio domicilio digitale
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e
Oggetto: tributi – revocazione di ordinanza della Cassazione
difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
–
contro
ricorrente
–
per la revocazione dell’ordinanza n. 821/2024 della Corte di Cassazione, depositata in data 9 gennaio 2024
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’11 settembre 2024 dal Consigliere Relatore NOME COGNOME .
RILEVATO CHE
Con l’ordinanza qui impugnata, questa Corte ha rigettato il ricorso di COGNOME NOME avverso la sentenza della CTR della Sicilia, Sezione staccata di Caltanissetta, che aveva a sua volta rigettato l’appello del contribuente avverso la sentenza della CTP di Caltanissetta, che a sua volta aveva rigettato l’originario ricorso del contribuente avverso la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA per IVA, accessori e sanzioni, conseguente alla notificazione degli avvisi di accertamento n. 893010200135, n. 893010200136 e 893010200127, non impugnati.
Il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello, deducendo censure relative agli atti presupposti (omessa pronuncia sulla censura di omessa notifica degli avvisi sottostanti), nonché ulteriori censure proprie della cartella impugnata (nullità, inesistenza della notificazione della cartella, omessa motivazione e mancata sottoscrizione del ruolo e della cartella). La pronuncia di questa Corte, qui impugnata, per quanto qui ancora rileva -previa declaratoria di inammissibilità dei motivi ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. – ha rigettato il ricorso per cassazione del contribuente.
Propone ricorso per revocazione della sentenza di legittimità il contribuente, affidato a tre motivi, ulteriormente illustrati da memoria; resiste con controricorso l’Agente della riscossione.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di revocazione si deduce, in relazione all’art. 395, n. 4, cod. proc. civ., errore di fatto per avere questa Corte, nell’ordinanza impugnata, rigettato il primo motivo di ricorso, relativo all’omessa pronuncia degli originari avvisi di accertamento . Il ricorrente deduce che l’ordinanza impugnata avrebbe fatto applicazione quanto al disposto dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. dell’art. 348ter cod. proc. civ. (cd. doppia conforme) senza avere verificato che le decisioni relative ai due gradi di giudizi non erano fondate su tale questione, non avendo il giudice di primo grado affrontato la questione dell’omessa notifica degli atti presupposti, risultando (in tesi) per tabulas la diversità delle ragioni di primo e secondo grado. Censura, inoltre, il ricorrente la statuizione di questa Corte che ha rilevato come il giudice di appello si sarebbe effettivamente pronunciato su tale eccezione nel merito, osservando che -alla luce degli atti di causa, gli avvisi di accertamento non sarebbero mai stati prodotti e che -invero -tale statuizione contrasta con il fatto che gli avvisi di accertamento non sarebbero mai entrati a far parte degli atti di causa e che, in ogni caso, il giudice di appello non si sarebbe mai pronunciato su tale eccezione (« La Corte ha ritenuto che questa si sia pronunciata in merito, mentre ciò non emerge dalla sentenza impugnata dinanzi a codesta Corte »).
Con il secondo motivo di revocazione si deduce, in relazione all’art. 394, n. 4, cod. proc. civ., errore di fatto per avere l’ordinanza impugnata di questa Corte caduta in un errore percettivo relativo al terzo motivo di ricorso per cassazione, avente ad oggetto il difetto di motivazione della cartella impugnata. Censura il ricorrente la statuizione di inammissibilità del motivo ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. per ragioni analoghe a quelle di cui al superiore motivo, rilevando l’assenza dei presupposti per l’applicazione della cd. « doppia
conforme », essendo le decisioni dei due gradi di giudizio difformi. Censura, inoltre, l’ulteriore statuizione , contenuta nell’ordinanza impugnata, secondo cui il motivo è stato ritenuto ulteriormente inammissibile per difetto di specificità in assenza della trascrizione della cartella impugnata. Deduce il ricorrente che nessuna norma prevede la trascrizione degli atti processuali e sostanziali del giudizio di merito e che, in ogni caso, stante la trasmissione del fascicolo processuale, questa Corte avrebbe potuto « visionare atti e documenti del fascicolo relativo alla decisione impugnata ». Deduce, inoltre, errore revocatorio per avere l’ordinanza impugnata data per avvenuta la notificazione degli avvisi di accertamento presupposti.
3. Con il terzo motivo di revocazione si deduce, in relazione all’art. 395, n. 4, cod. proc. civ., errore di fatto revocatorio in relazione all’esame del terzo motivo dell’originario ricorso per cassazione, nella parte in cui l’ordinanza impugnata ha ritenuto che la cartella era correttamente motivata in relazione al calcolo degli interessi essendo stata preceduta dalla notificazione degli avvisi di accertamento. Deduce parte ricorrente che questa Corte sarebbe stata tratta in errore, in quanto « indotta da una falsa percezione della realtà commessa dai giudici di seconde cure» senza verificare se gli avvisi di accertamento fossero stati effettivamente notificati al contribuente.
4. Il ricorso per revocazione è inammissibile. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’errore di fatto previsto dall’art. 395, n. 4, cod. proc. civ., idoneo a costituire motivo di revocazione della sentenza della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 391bis cod. proc. civ., consiste in una svista su dati di fatto che risulti produttiva dell’affermazione o negazione di elementi decisivi posti a base della decisione (Cass., Sez. U., 7 marzo 2016, n. 4413) e presuppone un contrasto fra due rappresentazioni dello stesso oggetto, risultanti una dalla sentenza impugnata e l’altra dagli atti processuali (atti interni).
Detto errore deve: a) consistere in un errore di percezione o in una mera svista materiale che abbia indotto, anche implicitamente, il giudice a supporre l’esistenza o l’inesistenza di un fatto che risulti incontestabilmente escluso o accertato dagli atti di causa, sempre che il fatto stesso non abbia costituito oggetto di un punto controverso sul quale il giudice si sia pronunciato; b) risultare con immediatezza ed obiettività senza bisogno di particolari indagini ermeneutiche o argomentazioni induttive; c) essere essenziale e decisivo, nel senso che, in sua assenza, la decisione sarebbe stata diversa (Cass., Sez. VI, 10 giugno 2021, n. 16439); d) non deve avere costituito un punto controverso sul quale la sentenza si è pronunciata (Cass., Sez. I, 4 aprile 2019, n. 9527); e) né, infine, deve costituire un mero omesso esame di alcune delle argomentazioni svolte come motivi di censura dal ricorrente (Cass., Sez. U., 27 novembre 2019, n. 31032).
6. Sussiste, pertanto, errore revocatorio quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, ciò risultando dagli atti processuali, dai quali deve essere evincibile una diversa rappresentazione del fatto rispetto a quanto emergente dalla sentenza impugnata, purché la realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione e non di valutazione o di giudizio e, inoltre, quella risultante dagli atti e documenti processuali non sia stata oggetto di contestazioni tra le parti. Questo errore può cadere anche sulla supposta esistenza di un documento la cui inesistenza risulti dagli atti processuali e, al contrario, la sentenza ritenga che tale documento sia stato prodotto in giudizio e sia stato oggetto di valutazione.
7. Essenziale ai fini della fondatezza dei dedotti errori revocatori è (oltre alla natura percettiva dell’errore e alla assoluta evidenza e immediata rilevabilità) la decisività dell’errore ai fini della decisione
compiuto dal giudice di legittimità nella lettura degli atti interni al giudizio di legittimità, ossia la rilevanza eziologica del fatto supposto come tale (e in realtà inesistente) rispetto al contenuto e al fondamento della decisione (Cass., Sez. Lav., 3 novembre 2020, n. 24395; Cass., Sez. III, 14 febbraio 2022, n. 4678).
8. In ogni caso, come non manca di osservare il controricorrente, non sono suscettibili di revocazione le sentenze della Corte di Cassazione per le quali si deduca come errore di fatto un errore che attiene alla valutazione di atti sottoposti al controllo della Corte stessa, atti che, come tali, essa abbia dovuto necessariamente percepire nel loro significato e nella loro consistenza, poiché un tale errore può risolversi al più in un inesatto apprezzamento delle risultanze processuali, in ogni caso qualificabile come errore di giudizio (Cass., Sez. V, 19 giugno 2024, n. 16961; Cass., Sez. V, 11 giugno 2024, n. 16165; Cass., Sez. V, 27 maggio 2024, n. 14690; Cass., Sez. I, 21 febbraio 2023, n. 5326; Cass., Sez. VI, 11 agosto 2022, n. 24672; Cass., Sez. III, 29 marzo 2022, n. 10040).
9. Fatte tali premesse, i motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente e vanno ritenuti inammissibili, perché appare evidente che nel caso di specie non risulti dedotto dal ricorrente alcun errore percettivo e che, diversamente, il ricorrente chiede a questa Corte un nuovo e diverso esame delle risultanze processuali in relazione a ciascuno dei diversi profili esposti dal ricorrente. Rivalutazione delle risultanze processuali che si evince -in relazione al primo e al secondo motivo -quanto al giudizio di omessa illustrazione della diversità delle ragioni di fatto in primo e in secondo grado in relazione all’applicazione dell’art. 348 -ter cod. proc. civ., come accertato nella sentenza impugnata. Giudicare sussistenti i presupposti della cd. « doppia conforme » è attività che rientra nella valutazione degli atti processuali che non
può essere sussunta in un errore percettivo deducibile con il ricorso per revocazione.
Parimenti inammissibile è la deduzione -contenuta in tutti i motivi di ricorso -secondo cui sarebbe stata omessa la notificazione degli originari avvisi di accertamento, sia in quanto questione attinente alla valutazione degli atti processuali, sia in quanto contrastante con il giudicato interno formatosi in grado di appello; il giudice di appello ha, difatti, accertato, come riporta espressamente l’ordinanza impugnata, che « in ordine all’omessa decisione sul difetto di notifica del propedeutico avviso di accertamento, la domanda appare priva di motivazione e quindi apparente, se poi si considera che nello stesso originario ricorso si indicano gli estremi di notifica dell’atto impositivo, così come, peraltro, evidenziati in cartella di pagamento » (Cass., n. 821/2024). Il giudice di appello ha, quindi, ritenuto che la specifica impugnazione proposta dal contribuente fosse inammissibile e che, in ogni caso, tale motivo sarebbe stato in ogni caso infondato in forza del fatto che « nello stesso originario ri corso si indicano gli estremi di notifica dell’atto impositivo, così come, peraltro, evidenziati in cartella di pagamento » (Cass., n. 821/2024, cit.). Giova ricordare che il ricorrente non ha censurato in cassazione tale specifica statuizione (conseguentemente passata in cosa giudicata) , se non sotto il profilo dell’omessa pronuncia , motivo rigettato nel merito dall’ordinanza impugnata previo esame degli atti processuali.
Del resto, è lo stesso ricorrente a evidenziare nel terzo motivo di ricorso per revocazione che l’erronea lettura degli atti processuali sarebbe (in tesi) stata commessa dal giudice di appello e che, sempre in tesi, sarebbe stato avverso tale decisione che si sarebbe dovuto proporre ricorso per revocazione.
Ugualmente inammissibile è la deduzione secondo cui l’ordinanza impugnata ha errato nel ritenere che il giudice di appello si
sarebbe pronunciato su tale eccezione, trattandosi anche in questo caso di interpretazione degli atti processuali, nella parte in cui questa Corte ha ritenuto che vi è stata pronuncia su tale questione da parte del giudice di appello, sia in termini di inammissibilità della censura, sia quanto alla infondatezza (nel merito) della stessa.
Ulteriormente inammissibile è la censura articolata con il secondo motivo di ricorso, nella parte in cui questa Corte ha ritenuto inammissibile per difetto di specificità l ‘originario motivo di ricorso con cui si gravava la decisione di appello per avere ritenuto motivata la cartella impugnata, mancando la trascrizione della cartella, in quanto la censura attiene alla valutazione operata dal giudice di legittimità del ricorso del contribuente.
Non vi sono, pertanto, errori percettivi compiuti dalla ordinanza di questa Corte qui impugnata. Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo. Spetta il raddoppio del contributo unificato benché il contribuente abbia richiesto l’ammissione al gratuito patrocinio . In questi casi, il giudice dell’impugnazione deve dare atto della mera sussistenza del presupposto processuale per il versamento dell’importo ulteriore del contributo unificato anche quando esso non sia stato inizialmente versato per una causa suscettibile di venir meno (come nel caso di ammissione della parte al patrocinio a spese dello Stato), potendo invece esimersi dal rendere detta attestazione quando la debenza del contributo unificato iniziale sia esclusa dalla legge in modo assoluto e definitivo (Cass., Sez. U., 20 febbraio 2020, n. 4315; Cass., Sez. V, 7 aprile 2023, n. 9594).
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente, che liquida in complessivi € 5.800,00, oltre spese prenotate a debito; dà atto
che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 11 settembre 2024