Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13969 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13969 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME FILIPPO
Data pubblicazione: 20/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8986/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F. P_IVA), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE) e dall’AVV_NOTAIO (C.F. CODICE_FISCALE) in virtù di procura in calce al ricorso, elettivamente domiciliata presso i loro domicili digitali PEC
e
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura
Oggetto: tributi -revocazione ordinanza della Cassazione
Generale dello Stato, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – per la revocazione dell’ordinanza n. 20333/2019 della Corte di Cassazione, depositata in data 26 luglio 2019
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24 aprile 2024 dal C onsigliere Relatore NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
Con l’ordinanza qui impugnata, questa Corte ha rigettato il ricorso proposto dalla società contribuente RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza della CTR della Lombardia, depositata in data 7 giugno 2011. Il giudizio ha avuto ad oggetto -per quanto qui di interesse – un avviso di irrogazione sanzioni per effetto della tardiva emissione della fattura relativa alla cessione di un immobile in Comune di Atessa all’acquirente RAGIONE_SOCIALE , il cui trasferimento era stato sottoposto a condizione sospensiva del pagamento integrale del prezzo entro quattro mesi dalla stipula.
Il giudice di appello , nell’accogliere l’appello dell’Ufficio, aveva ritenuto , interpretando le pattuizioni contrattuali, che l’effetto traslativo si fosse verificato al momento della stipula del rogito notarile (24 novembre 2005) e non anche al momento dell’integrale versamento del prezzo (25 marzo 2005).
La pronuncia di questa Corte, qui impugnata, ha rigettato l’eccezione di giudicato esterno in relazione a due distinte pronunce di merito, la prima riguardante la società RAGIONE_SOCIALE, successivamente incorporata nella società contribuente, avente ad oggetto altra compravendita formalizzata con il medesimo rogito, la seconda avente ad oggetto -come nota parte ricorrente -omessa autofattura da parte dell’acquirente della medesima compravendita , ritenendo che non potesse operare il giudicato esterno in quanto i provvedimenti impugnati
erano diversi, come anche le parti dei giudizi. Nel merito, questa Corte ha ritenuto che i motivi con cui si censurava la sentenza di appello per avere ritenuto il momento impositivo legato alla stipulazione del contratto e non al verificarsi dell’evento dedotto sotto condizione ( versamento dell’intero prezzo) fossero inammissibili, in quanto il giudice di appello aveva individuato quale ratio decidendi la sussistenza nel caso di specie di una vicenda negoziale analoga al contratto di compravendita con riserva della proprietà, in cui il momento impositivo coincide con il trasferimento dell’immobile e non con il pagamento del prezzo.
Propone ricorso per revocazione la società contribuente, affidato a tre motivi di revocazione, cui resis te con controricorso l’Ufficio. La società ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di revocazione si deduce, in relazione agli artt. 391bis e 395, n. 4, cod. proc. civ. errore di fatto in relazione alla statuizione di rigetto del giudicato esterno. Deduce parte ricorrente che, in relazione alla prima pronuncia per la quale è stato invocato il giudicato esterno (sentenza CTR Abruzzo, Sez. staccata Pescara, n. 882/11), le parti del giudizio sarebbero le stesse del presente giudizio anche in relazione a parte contribuente (RAGIONE_SOCIALE) e tale pronuncia riguarderebbe la medesima questione (applicazione dell’art. 6 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 in relazione al rogito del 24 novembre 2004), relativamente alla sanzione per ritardata emissione della fattura di compravendita. Deduce, inoltre, che in relazione alla seconda pronuncia (CTR Abruzzo, Sez. staccata Pescara, n. 191/2013), la pronuncia attiene al medesimo rapporto obbligatorio (compravendita del 24 novembre 2004). Vi sarebbe, inoltre, errore di fatto per avere escluso, in relazione alla seconda compravendita, l’efficacia riflessa del giudicato relativo all’acquirente sul venditore.
Con il secondo motivo di revocazione si deduce, in relazione agli artt. 391bis e 395, n. 4, cod. proc. civ. errore di fatto in relazione alla declaratoria di inammissibilità del primo motivo di ricorso. Osserva parte ricorrente che il giudice di appello non avrebbe qualificato il rapporto come vendita con riserva di proprietà, laddove la sentenza di appello avrebbe inteso il rapporto contrattuale come compravendita sottoposta a condizione sospensiva, per cui la sentenza impugnata sarebbe incorsa in errore percettivo sulla qualificazione del contratto operata dal giudice di appello.
Con il terzo motivo di revocazione si deduce, in relazione agli artt. 391bis e 395, n. 4, cod. proc. civ. errore di fatto in relazione alla statuizione di inammissibilità del secondo motivo, nella pare in cui la pronuncia impugnata ha ritenuto correttamente individuato il percorso argomentativo del giudice di appello sotto il profilo logico-giuridico. Osserva parte ricorrente che vi sarebbe errore di percezione da parte della sentenza impugnata, non avendo questa Corte rilevato che la sentenza impugnata fosse priva di motivazione.
Fondata è l’eccezione di inammissibilità del controricorrente, per inesistenza di errori percettivi nella ordinanza impugnata. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’errore di fatto previsto dall’art. 395, n. 4, cod. proc. civ., idoneo a costituire motivo di revocazione della sentenza della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 391bis cod. proc. civ., consiste in una svista su dati di fatto produttiva dell’affermazione o negazione di elementi decisivi posti a base della decisione (Cass., Sez. U., 7 marzo 2016, n. 4413) e presuppone un contrasto fra due rappresentazioni dello stesso oggetto, risultanti una dalla sentenza impugnata e l’altra dagli atti processuali (atti interni).
Detto errore deve: a) consistere in un errore di percezione o in una mera svista materiale che abbia indotto, anche implicitamente, il giudice a supporre l’esistenza o l’inesistenza di un fatto che risulti
incontestabilmente escluso o accertato dagli atti di causa, sempre che il fatto stesso non abbia costituito oggetto di un punto controverso sul quale il giudice si sia pronunciato; b) risultare con immediatezza ed obiettività senza bisogno di particolari indagini ermeneutiche o argomentazioni induttive; c) essere essenziale e decisivo, nel senso che, in sua assenza, la decisione sarebbe stata diversa (Cass., Sez. VI, 10 giugno 2021, n. 16439); d) non deve avere costituito un punto controverso sul quale la sentenza si è pronunciata (Cass., Sez. I, 4 aprile 2019, n. 9527); e) né, infine, deve costituire un mero omesso esame di alcune delle argomentazioni svolte come motivi di censura dal ricorrente (Cass., Sez. U., 27 novembre 2019, n. 31032).
6. Sussiste, pertanto, errore revocatorio quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, ciò risultando dagli atti processuali, dai quali deve essere evincibile una diversa rappresentazione del fatto rispetto a quanto emergente dalla sentenza impugnata, purché la realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione e non di valutazione o di giudizio e, inoltre, quella risultante dagli atti e documenti processuali non sia stata oggetto di contestazioni tra le parti. Questo errore può cadere anche sulla supposta esistenza di un documento la cui inesistenza risulti dagli atti processuali e, al contrario, la sentenza ritenga che tale documento sia stato prodotto in giudizio e sia stato oggetto di valutazione.
7. Essenziale, peraltro, ai fini della fondatezza dei dedotti errori revocatori è (oltre alla natura percettiva dell’errore e alla assoluta evidenza e immediata rilevabilità) la decisività dell’errore ai fini della decisione compiuto dal giudice di legittimità nella lettura RAGIONE_SOCIALE atti interni al giudizio di legittimità, ossia la rilevanza eziologica del fatto supposto come tale (e in realtà inesistente) rispetto al contenuto e al fondamento
della decisione (Cass., Sez. Lav., 3 novembre 2020, n. 24395; Cass., Sez. III, 14 febbraio 2022, n. 4678).
Non vi è errore percettivo in relazione all’eccezione di giudicato esterno relativa alla prima sentenza di merito (CTR Abruzzo, Sez. staccata Pescara, n. 882/11), essendo la circostanza che la società contribuente, già destinataria dell’avviso di accertamento ivi impugnato , fosse stata successivamente incorporata nella società contribuente oggetto di specifica valutazione da parte della ordinanza impugnata e, quindi, non oggetto di svista percettiva; questa Corte ha, inoltre, deciso l’eccezione di giudicato articolata dall’odierna ricorrente in relazione alla diversità dell’avviso di accertamento impugnato , in quanto relativo ad altro atto negoziale, benché atto negoziale contenuto nel medesimo rogito notarile, per cui la circostanza evidenziata dal ricorrente non è neanche decisiva ai fini della decisione della controversia. Né emergono ulteriori indicazioni dalla memoria depositata da parte ricorrente.
Non vi è errore percettivo neanche in relazione all’eccezione di giudicato esterno formulata in relazione alla seconda sentenza di merito invocata da parte contribuente (CTR Abruzzo, Sez. staccata Pescara, n. 191/2013), avendo questa Corte rilevato, oltre alla diversità soggettiva del soggetto di imposta, la diversità anche dell’atto impositivo oggetto di impugnazione. Anche sotto tale profilo, la memoria di parte ricorrente non aggiunge ulteriori utili argomenti di discussione.
Non vi è errore revocatorio -sempre in relazione al primo motivo di revocazione – in relazione alla dedotta erronea valutazione dell’efficacia riflessa del giudicato, predicabile peraltro – nei soli casi in cui si configuri una relazione di pregiudizialità-dipendenza in senso giuridico (Cass., Sez. V, 23 ottobre 2023, n. 29301), trattandosi di valutazione di carattere giuridico e non di errore percettivo.
Quanto al secondo motivo di revocazione, l’inammissibilità è resa evidente dal fatto che questa Corte , con l’ordinanza impugnata, non ha assunto come presupposto che il giudice di appello avesse qualificato il contratto come vendita con riserva di proprietà, ma ha offerto una ricostruzione giuridica della interpretazione data al contratto di compravendita sottostante da parte del giudice di appello (« il giudice di appello nella sostanza, ha individuato nell’operazione un meccanismo in tutto equivalente alla vendita con riserva di proprietà, di modo che il momento impositivo coincide con il trasferimento e non con il pagamento del prezzo »). Il motivo di parte ricorrente non coglie, pertanto, pienamente la ratio decidendi della ordinanza qui impugnata con revocazione e ha, anche in questo caso, a oggetto una questione di valutazione giuridica, ossia di equivalenza RAGIONE_SOCIALE effetti del contratto originario a un contratto di compravendita con riserva della proprietà.
Ugualmente inammissibile è il terzo motivo, ove si deduce errore percettivo per non avere la sentenza impugnata ritenuto insussistente la totale assenza di motivazione della sentenza impugnata, trattandosi di valutazione di infondatezza di uno dei motivi dell’originario ricorso; in tal caso la sentenza impugnata ha interpretato e valutato il percorso argomentativo seguito dal giudice di appello, dando anche in questo caso una valutazione giuridica del vizio processuale invocato dal ricorrente e, quindi, decidendo una questione oggetto di discussione tra le parti.
Non vi sono, pertanto, errori percettivi compiuti dalla ordinanza di questa Corte qui impugnata. Il ricorso per revocazione va, pertanto, dichiarato inammissibile, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di revocazione in favore del controricorrente, che liquida in complessivi € 5.800,00, oltre spese prenotate a debito; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 24 aprile 2024