Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32095 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32095 Anno 2024
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 35-2019 proposto da:
COGNOME NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio dell’Avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende assieme all’Avvocato NOME COGNOME giusta procura speciale a margine del ricorso;
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE
, in persona del Direttore pro tempore; -intimata- avverso l’ordinanza n. 11487/2018 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, depositata l’11/5/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 9/10/2024 dal Consigliere Relatore Dott.ssa NOME COGNOME
RILEVATO CHE
NOME COGNOME propone ricorso, affidato ad unico motivo, per la revocazione, ex artt. 391bis e 395 n. 4 cod. proc. civ., dell’ordinanza di questa Corte indicata in epigrafe, che aveva respinto il ricorso avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 726/2011, con cui era stata confermata la sentenza n. 85/2/2010 della Commissione tributaria provinciale di Roma in rigetto del ricorso avverso avviso di accertamento, cartella esattoriale, iscrizione ipotecaria e rigetto di istanza in autotutela;
l’Agenzia delle entrate è rimasta intimata .
CONSIDERATO CHE
1.1. con unico motivo il ricorrente deduce, ex art. 395 n. 4 cod. proc. civ., l’errore di fatto in cui sarebbe incorso il Collegio nell’aver ritenuto che in data 29.6.1999 era stato notificato l’avviso di accertamento impugnato, trattandosi, al contrario, dell’«atto fiscale Mod. AT/E/1 N. AC624752/99», ovvero «un processo verbale (atto non impugnabile che precede l’avviso di accertamento» ), richiamato nell’avviso di accertamento, oggetto del giudizio;
1.2. secondo principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, l’ammissibilità dell’istanza di revocazione di una pronuncia di questa Corte presuppone un errore di fatto riconducibile all’art. 395, n. 4, cod. proc. civ. e dunque un errore di percezione, o una mera svista materiale, che abbia indotto il giudice a supporre l’esistenza (o l’inesistenza) di un fatto decisivo, che risulti invece incontestabilmente escluso (o accertato) in base agli atti e ai documenti di causa (fra le molte, cfr. Cass. 11 gennaio 2018, n. 442), postulando, l’errore revocatorio, il contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso fatto, l’una desumibile dalla sentenza e l’altra dagli atti e dai documenti processuali, e non concernendo un fatto che sia stato discusso dalle parti e quindi trattato nella pronuncia del giudice;
1.3. il discrimine tra l’errore revocatorio e l’errore di diritto risiede, invero, nel carattere meramente percettivo del primo e nell’assenza di quell’attività di valutazione che rappresenta, per contro, l’indefettibile tratto distintivo del secondo (cfr. Cass., S.U., 27 novembre 2019, n. 31032);
1.4. ne consegue che l’errore revocatorio che «ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c., richiamato per le sentenze della Corte di cassazione dall’art. 391-bis c.p.c., rientra fra i requisiti necessari della revocazione che il fatto oggetto della supposizione di esistenza o inesistenza non abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciarsi; pertanto, non è configurabile l’errore revocatorio qualora l’asserita erronea percezione degli atti di causa abbia formato oggetto di discussione e della consequenziale pronuncia a seguito dell’apprezzamento delle risultanze processuali compiuto dal giudice» (cfr. Cass. n. 9527 del 04/04/2019; Cass. n. 27094 del 15/12/2011);
1.5. come recentemente chiarito, dunque, dalle Sezioni Unite di questa Corte (cfr. Cass. n. 20013 del 2024), in tema di revocazione delle pronunce della Corte di cassazione, l’errore rilevante ai sensi dell’art. 395, n. 4, cod. proc. civ.: a) consiste nell’erronea percezione dei fatti di causa che abbia indotto la supposizione dell’esistenza o dell’inesistenza di un fatto, la cui verità è incontestabilmente esclusa o accertata dagli atti di causa (sempre che il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito terreno di discussione delle parti); b) non può concernere l’attività interpretativa e valutativa; c) deve possedere i caratteri dell’evidenza assoluta e dell’immediata rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti di causa; d) deve essere essenziale e decisivo; e) deve riguardare solo gli atti interni al giudizio di cassazione e incidere unicamente sulla pronuncia della Corte;
1.6. poste tali premesse, questa Corte, con l’ordinanza indicata in epigrafe, ha respinto il ricorso del contribuente anche sulla scorta dei seguenti rilievi:« Con accertamento in fatto, insindacabile in sede di legittimità in quanto adeguatamente motivato, la CTR ha dedotto la regolarità della notifica degli atti impositivi in ragione della lettura della
relata di notifica dell’avviso di accertamento avvenuta a mani proprie in data 29.6.1999, nonché della relata di notifica della cartella di pagamento avvenuta in data 29.5.2001. Né hanno rilievo le argomentazioni difensive introdotte dal contribuente con memorie 8.2.2018, tenuto conto che l’atto fiscale allegato in copia, notificato in data 29.6.1999, reca l’intestazione “Avviso di accertamento parziale ai sensi dell’art. 54, comma 5, d.P.R. n. 633/72 e successive modificazioni, n. 624752 1999, anno di imposta 1990″»;
1.7. nell’escludere, quindi, che quello notificato in data 29 giugno 1999 non era l’avviso di accertamento ma un processo verbale non autonomamente impugnabile, la pronuncia impugnata non ha dunque compiuto un proprio accertamento, ma si è limitata a prendere atto di quanto affermato dalla sentenza d’appello, in ordine alla quale questa Corte non disponeva di autonomi poteri d’indagine, ma doveva attenersi ai fatti accertati nel giudizio di merito, così come risultanti dalla sentenza impugnata, posta l’inammissibilità delle censure formulate da parte ricorrente nella misura in cui si sollecitava -anche in violazione del principio di specificità ex art. 366 cod. proc. civ. («le censure, in disparte l’inammissibilità per evidente difetto di autosufficienza, non sono fondate») -un mero riesame delle valutazioni probatorie operate dal Giudice del gravame;
1.8. in quanto estraneo all’ambito della cognizione riservata al Giudice di legittimità, il predetto rilievo non può pertanto dar luogo ad un errore di fatto idoneo a legittimare la revocazione della sentenza ai sensi del combinato disposto degli art. 391bis e 395 n. 4 cod. proc. civ., atteso che, come si è detto, tale errore deve riguardare gli atti interni al giudizio di legittimità, ovverosia quelli che questa Corte può esaminare direttamente, senza la mediazione della sentenza impugnata, con propria indagine di fatto, nell’ambito dei motivi di ricorso e delle questioni rilevabili d’ufficio, e deve quindi avere carattere autonomo, nel senso d’incidere esclusivamente sulla sentenza di legittimità, ed una siffatta evenienza, peraltro, in tanto può verificarsi in quanto siano stati dedotti errores in procedendo o siano emerse questioni processuali rilevabili ex
officio , laddove quando, come nella specie, l’errore sia stato causa determinante della decisione di merito, in relazione ad atti o documenti che ai fini della stessa sono stati o avrebbero dovuto essere esaminati, il vizio che inficia la sentenza dev’essere fatto valere con i mezzi di impugnazione specificamente esperibili contro le sentenze di merito (cfr. Cass. n. 26643 del 2018; Cass. n. 8907 del 2010; Cass., n. 24860 e n. 24856 del 2006);
il proposto ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile;
nulla sulle spese stante la mancata costituzione dell’Agenzia delle entrate.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità