Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4679 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5   Num. 4679  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 15869-2023, proposto da: RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) (C.F. P_IVA), in persona del legale rappresentante p.t. , rapp. e dif.,  in  virtù  di  procura  speciale  in  calce  al  ricorso,  dall’AVV_NOTAIO  (EMAIL),  presso  il  quale  è elett.te dom.ta;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. P_IVA), in persona del legale rappresentante p.t. , rapp. e dif.,  in  virtù  di  procura  speciale  in  calce  al  controricorso,  dagli AVV_NOTAIO (EMAIL), NOME  COGNOME  (EMAIL),  NOME COGNOME (EMAIL) e NOME
COGNOME  (EMAIL),  presso  i  quali  è elett.te dom.ta;
-controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE  (CODICE_FISCALE.F.  CODICE_FISCALE),  in  persona  del Direttore p.t., legale  rappresentante,  dom.to  in  ROMA,  alla  INDIRIZZO,  presso  l’RAGIONE_SOCIALE, che lo rapp. e dif. (EMAIL);
– controricorrente –
E
RAGIONE_SOCIALE IN FALLIMENTO, in persona del AVV_NOTAIO  nella  sua  pregressa  qualità  di  curatore fallimentare;
-intimata –
per la revocazione della sentenza n. 9793/2023 della CORTE DI CASSAZIONE, depositata il 12/04/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/02/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
Rilevato  che  la  RAGIONE_SOCIALE  (avente causa  della  RAGIONE_SOCIALE),  quale  assuntore  del  concordato fallimentare della società RAGIONE_SOCIALE, impugnò innanzi alla C.T.P.  di  Bari  ed  unitamente  alla  CURATELA  FALLIMENTARE  della medesima  società  RAGIONE_SOCIALE,  il  diniego  di  rimborso relativo  all’anno  2012  opposto  dall’Ufficio  alla  restituzione  di I.V.A. a credito per € 6.876.503,00;
che l’adita RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE., previa riunione ad altro giudizio intrapreso da RAGIONE_SOCIALE,  tornata in  bonis all’esito  della definizione della procedura concorsuale, giudizio già pendente ed avente per oggetto lo stesso atto, accolse l’impugnazione proposta  dalla  RAGIONE_SOCIALE  RAGIONE_SOCIALE  e  dalla  CURATELA  FALLIMENTARE,
mentre rigettò il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE;
che la RAGIONE_SOCIALE propose quindi appello innanzi alla C.T.R. della RAGIONE_SOCIALE che, con sentenza n. 2684/01/19, depositata il 3.10.2019, accolse il gravame con la conseguente riforma della decisione impugnata, ritenendo legittimo il diniego dell’Ufficio, sia in forza di una ragione oggettiva, in quanto connesso al credito di euro 74.766.888,62 per il quale la società RAGIONE_SOCIALE era stata ammessa al fallimento della società RAGIONE_SOCIALE, come parte del credito e quindi facente parte dell’attivo fallimentare trasferito all’assuntore, sia in forza di una ragione soggettiva, consistente nel difetto di legittimazione attiva del curatore ad emettere le note di variazione ex art. 26 del d.P.R. n. 633 del 1972. In particolare, secondo la C.T.R. tale nota di variazione non consisteva in una esecuzione del precedente accordo reso in sede di omologa del concordato con assuntore, ma aveva natura di credito sostanziale da parte di privato ed era sorto successivamente alla chiusura della procedura fallimentare;
che avverso tale decisione la  RAGIONE_SOCIALE  propose  ricorso  per  cassazione,  accolto  da  questa  Corte, con sentenza n. 9793 del 2023, avuto riguardo al primo e terzo motivo,  con  conseguente  cassazione  della  decisione  di  appello limitatamente ai motivi accolti e rinvio alla medesima C.T.R., in diversa composizione;
che  avverso  detta  sentenza  la  RAGIONE_SOCIALE  (GIÀ  RAGIONE_SOCIALE)  ha  proposto  ricorso  per  revocazione,  affidato  a  cinque motivi;  si  sono  costituite,  con  separati  controricorsi,  l’ RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, mentre è rimasta intimata la RAGIONE_SOCIALE IN FALLIMENTO;
che, tanto la RAGIONE_SOCIALE, quanto l’ RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.;
Rilevato in linea generale che l’errore di fatto previsto dall’art. 395, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., idoneo a costituire motivo di revocazione, si configura come una falsa percezione della realtà, una svista obiettivamente e immediatamente rilevabile, la quale abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso dagli atti e documenti, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo che dagli atti o documenti stessi risulti positivamente accertato, e pertanto consiste in un errore meramente percettivo che in nessun modo coinvolga l’attività valutativa del giudice di situazioni processuali esattamente percepite nella loro oggettività: ne consegue che non è configurabile l’errore revocatorio per vizi della sentenza che investano direttamente la formulazione del giudizio sul piano logico-giuridico (Cass., Sez. L, 3.4.2009, n. 8180, Rv. 60798001). In particolare, non possono costituire vizi revocatori delle sentenze della Suprema Corte, ex artt. 391bis e 395, n. 4, cod. proc. civ., l’errore di diritto sostanziale o processuale o l’errore di giudizio/di valutazione (così Cass., Sez. U, 27.12.2017, n. 30994, Rv. 646963-01 e Cass., Sez. U, 11.4.2018, n. 8984, Rv. 648127-02, che hanno sottolineato che, con riguardo al sistema delle impugnazioni, la Costituzione non impone al legislatore ordinario altri vincoli oltre a quelli, previsti dall’art. 111, relativi alla ricorribilità in cassazione per violazione di legge di tutte le sentenze e dei provvedimenti sulla libertà personale pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari e speciali, sicché non è irrazionale la scelta del legislatore di riconoscere ai motivi di revocazione una propria specifica funzione, escludendo gli errori giuridici e quelli di giudizio o valutazione, proponibili solo contro
le  decisioni  di  merito  nei  limiti  dell’appello  e  del  ricorso  per cassazione);
che, ancora, rientra fra i requisiti necessari della revocazione che il fatto oggetto della supposizione di esistenza o inesistenza non abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciarsi: sicché, non è configurabile l’errore revocatorio qualora l’asserita erronea percezione degli atti di causa abbia formato oggetto di discussione e della consequenziale pronuncia a seguito dell’apprezzamento delle risultanze processuali compiuto dal giudice (Cass., Sez. 1, 4.4.2019, n. 9527, Rv. 653687-01);
che, tanto premesso, con il primo motivo parte ricorrente lamenta l” errore revocatorio ex art. 395 co. 1, n. 4, c.p.c. di Cass. 9793/23 sull’accoglimento del primo motivo di ricorso di COGNOME (cfr. ricorso, p. 14), avuto riguardo ‘ alla ritenuta carenza di interesse ex art. 100 c.p.c. di CEDI RAGIONE_SOCIALE, in bonis, per asserita rinuncia al rimborso del credito iva ed alla conseguente inammissibilità del ricorso introduttivo e, comunque, dell’appello della stessa cedi puglia, in bonis’ (cfr. ivi). In particolare, parte ricorrente si duole del rilievo dato da questa Corte, onde negare l’esistenza di un interesse alla proposizione dell’originario ricorso in capo alla RAGIONE_SOCIALE in bonis , alla rinunzia al rimborso del credito I.V.A. operata da essa contribuente nel 2013 mediante presentazione di dichiarazione integrativa, laddove, in realtà, tale rinunzia non solo non vi fu, ma neppure emerge dagli atti; che il motivo è inammissibile;
che, non solo la circostanza della rinunzia della CE.DI. al credito per cui è causa ha formato oggetto di discussione tra le parti (sì da non essere, per ciò stesso, questione suscettibile di revocazione), ma la ratio principale della decisione in esame va
comunque individuata nell’esistenza di una rinunzia al rimborso da parte della RAGIONE_SOCIALE. : d’altronde, che la RAGIONE_SOCIALE. abbia rinunziato al rimborso del credito I.V.A. in questione è circostanza (pacifica) emergente dalla stessa p. 5, ult. cpv., del ricorso di primo grado della stessa RAGIONE_SOCIALE. (‘ lo stesso liquidatore…provvedeva, in data 29/09/2014, alla presentazione di una dichiarazione integrativa del MoRAGIONE_SOCIALE IVA 2013 (All. 8), rinunciando al rimborso dell’IVA precedentemente proposto… ‘) e, in specie, dalla richiesta di compensazione presentata dalla stessa il 29.9.2014 – e di cui pure la decisione impugnata dà conto – stante il rapporto di alternatività esistente tra le due opzioni ( i.e., compensazione e rimborso. Arg. da Cass., Sez. 5, 29.11.2019, n. 31236, Rv. 65628601). Per altro verso, a tutto volere, l’effetto di tale dichiarazione implica in ogni caso una valutazione di carattere giuridico (non suscettibile di revocazione) e non di fatto;
che con il secondo motivo parte ricorrente lamenta l” errore revocatorio ex art. 395 comma 1, n. 4, c.p.c di Cass. 9793/2023 sull’accoglimento del terzo motivo di ricorso di COGNOME ‘ (cfr. ricorso, p. 18), avuto riguardo ‘ ..alla pretesa illegittimità del diniego di rimborso opposto dalla Agenzia delle Entrate, dir, prov.le di bari, ed al diritto di COGNOME al rimborso ‘ (cfr. ivi). e, in particolare, per avere questa Corte ‘ (erroneamente) supposto un ‘tenore letterale’ di detto decreto (inferito, in maniera indiretta, dal ricorso COGNOME, piuttosto che direttamente dal decreto, peraltro versato in atti da tutte le parti in causa) sostanzialmente difforme da come, invece, detto decreto risultava e risulta ex actis ‘ (cfr. p. 29);
che il motivo è inammissibile;
che, premesso che la complessiva motivazione della decisione impugnata non è limitata alla valorizzazione del decreto in commento e poggia, piuttosto, su una serie di argomentazioni, tali da rendere non decisiva quella in esame, è, in ogni caso, la stessa parte ricorrente ad osservare come ‘ la questione relativa alla continenza (o meno) di determinati assets nel patrimonio concordatario ceduto all’assuntore costituisce materia che trova titolo esclusivo, ‘diretto ed immediato’, nel decreto di omologa, sicché essa si traduce in una questione interpretativa -purché -si badi -basata sulla sua effettiva letteralità e non su una base testuale insussistente ed erroneamente supposta -del provvedimento di omologa, demandata (non già al tribunale fallimentare in sede di provvedimento ex art. 136, L. fall., ma) al giudice ordinario competente, in sede cognitiva piena, a fornire la interpretazione del provvedimento di omologa ‘ (cfr. ricorso, p. 30);
che, tuttavia, la prospettazione di una errata interpretazione, ad opera di questa Corte, (del contenuto) del decreto in questione non costituisce errore di fatto quanto, piuttosto, errore di giudizio (conseguente ad una -supposta -errata valutazione o interpretazione di fatti, documenti e risultanze processuali), come tale, dunque, non suscettibile di assurgere a valido vizio revocatorio, ex art. 395, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. (cfr. anche Cass., Sez. 3, 29.3.2022, n. 10040, Rv. 664401-02);
che con il terzo motivo parte ricorrente lamenta l” errore di fatto revocatorio ex art. 395 comma 1, n. 4, c.p.c, di Cass. 9793/2023 sempre  sull’accoglimento  del  terzo  motivo  di  ricorso  di  COGNOME, sotto  altro  profilo ‘  (cfr.  ricorso,  p.  42):  in  particolare,  parte ricorrente lamenta  la ‘ erronea collocazione temporale della fattispecie concreta, in epoca ante – e non post – D.Lgs. 6/2003 ‘
(cfr.  ivi,  penultimo  cpv.), con conseguente erronea applicazione della Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 26/2002 (richiamata in sentenza), anziché alla Risoluzione 42/E del 4 ottobre 2004;
che con il quarto motivo la difesa di parte ricorrente lamenta il ‘ vizio revocatorio ex art. 395, co. 1, numero 5, c.p.c., per contrasto col giudicato amministrativo sull’accoglimento del 3° motivo di ricorso di COGNOME (cfr. ricorso, p. 43), con precipuo riferimento alla ritenuta applicazione, nel presente giudizio, della Circolare n. 26/2002 di cui si è detto, in contrasto con quanto affermato, inter partes, dal Consiglio di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza del 17.3.2022 n. 1965, passata in cosa giudicata;
che  i  motivi -suscettibili  di  trattazione  congiunta,  per  identità delle questioni agli stessi sottese -sono inammissibili;
che, premesso che, in tema di revocazione delle pronunce della Corte di cassazione, l’omesso esame delle memorie difensive, depositate ai sensi degli artt. 378, 380-bis o 380bis , n. 1, c.p.c., con allegate sentenze invocate quali giudicati esterni tra le parti su un punto decisivo della controversia, ai fini dell’adozione di una statuizione diversa, è deducibile come errore di fatto ex art. 395, n. 4, cod. proc. civ. (cfr. Cass., Sez. 2, 30.5.2022, n. 17379, Rv. 664889-01), osserva anzitutto il Collegio come, in realtà, tale omessa considerazione nella specie non emerga dalla lettura della decisione impugnata, laddove alla p. 4, è chiarito che ‘ tutte le parti costituite hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c. ‘: sicché appare – piuttosto – che vi sia stato un rigetto (sia pure implicito) della questione sollevata con la produzione della decisione in commento;
che, tuttavia (e venendo al merito delle doglianze), tanto il terzo che  il  quarto  motivo  lamentano,  nella  sostanza,  un  errore  di diritto, piuttosto che uno errore di fatto, con precipuo riferimento
alla  erronea  applicazione,  ad  opera  di  questa  Corte,  di  una circolare  del  2002,  piuttosto  che  di  una  risoluzione  del  2004: sennonché,  si  è,  in  tal  modo,  ancora  una  volta  al  di  fuori  del perimetro di operatività del rimedio revocatorio (cfr. anche Cass., Sez. U, 11.4.2018, n. 8984, Rv. 648127-02);
che con il quinto ed ultimo motivo, infine, parte ricorrente lamenta ‘ sull’accoglimento del terzo motivo di ricorso di NOME; errore di fatto revocatorio ex art. 395 comma 1, n. 4, c.p.c., sotto ulteriore profilo ‘ (cfr. ricorso, p. 44), per avere la Corte, ‘ nel riconoscere la legittimazione -si badi -in capo al cedente ad operare la nota di variazione IVA…ritenuto, erroneamente, che la cedente fosse NOME (‘nel presente caso l’odierna ricorrente’) ‘ (cfr. ricorso, p. 46);
che il motivo è inammissibile;
che dalla piana lettura della decisione impugnata emerge che ‘ La questione posta con il mezzo di gravame riguarda la questione -sin qui, in tali esatti termini, inedita -della legittimazione del curatore fallimentare, una volta intervenuta la chiusura della procedura di concordato fallimentare con assuntore, ad emettere la nota di variazione di cui si è detto al fine di consentire all’assuntore del concordato l’ottenimento del credito iva, oggetto di trasferimento al medesimo in forza dell’esito d ella procedura di concordato ‘ (cfr. p. 6 della sentenza n. 9793 del 2023): chiaro essendo, dunque, che il cuore nevralgico delle questioni poste con il mezzo di gravame in esame ruotava attorno alla sussistenza -o meno -di legittimazione del curatore fallimentare a presentare la nota di variazione per cui è causa e che tale conclusione -come già esposto a proposito del secondo motivo della presente revocazione – poggia su molteplici rationes decidendi (cfr. pp. 5-
15 della sentenza n. 9793 del 2023), una sola delle quali, però, interessata dal motivo in esame (con conseguente insussistenza di decisività dell’errore percettivo lamentato dalla RAGIONE_SOCIALE, tanto più alla luce del rigetto del secondo motivo di revocazione. Arg. da Cass., Sez. 3, 14.2.2022, n. 4678, Rv. 664195-01), osserva in ogni caso il Collegio come, a tutto volere, dalla complessiva lettura della motivazione della decisione impugnata emerge chiaramente come l”errore percettivo’ denunziato con il presente motivo non sia tale e rappresenti, piuttosto, il frutto di un mero ed evidente lapsus calami , laddove tutte le argomentazioni che precedono e seguono l’affermazione contestata (‘ Tale identità, quindi, dovendo esser garantita, presuppone e impone la necessaria legittimazione del cedente (nel presente caso l’odierna ricorrente) a operare la nota di variazione in parola ‘ -cfr. p. 12, penultimo cpv., della motivazione della decisione impugnata) ruotano attorno al riconoscimento della legittimazione del curatore fallimentare a presentare la nota di variazione in commento (cfr., da esempio, la p. 10, primo e secondo cpv., della motivazione della decisione impugnata:’ Da tale constatazione va necessariamente desunto che la chiusura del fallimento ex art. 130 l. fall. re, per intervenuta definitività del decreto di omologazione del concordato fallimentare con assuntore, non pregiudica la legittimazione del curatore fallimentare ad eseguire i connessi adempimenti fiscali, finalizzati anche all’acquisizione di eventuali crediti d’imposta emergenti dalle dichiarazioni… certamente anche il regolare acquisto del credito iva da parte dell’assuntore era compreso e previsto dal decreto di chiusura della procedura ‘; la p. 12:’ Con riguardo al caso di specie, poi, nonostante la cessione dei crediti – e anche del credito IVA – produca, sotto il
profilo civilistico, l’immediato trasferimento del credito ad altro soggetto, (cessionario) che diviene l’unico legittimato a pretendere la prestazione dal debitore ceduto tuttavia, sotto il profilo fiscale, il cedente resta naturalmente l’unico soggetto legittimato ad emettere note di variazione in diminuzione ‘; la p. 15, penultimo cpv.:’ Nel disconoscere quindi la legittimazione del curatore del fallimento RAGIONE_SOCIALE all’emissione della nota di variazione, così come nel ritenere non compreso nell’attivo fallimentare di RAGIONE_SOCIALE, trasferito all’assuntore, RAGIONE_SOCIALE, la CTR ha quindi commesso errore di diritto ‘);
Ritenuto, in conclusione che il ricorso debba essere rigettato, con la  condanna  della  RAGIONE_SOCIALE  (già  RAGIONE_SOCIALE),  in persona del legale rappresentante p.t. ,  al  pagamento, in favore della  RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del legale rappresentante p.t. delle spese del presente giudizio, che si liquidano come da dispositivo;
che vanno invece compensate le spese del presente giudizio nei rapporti tra RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale  rappresentante p.t. , e  l’ RAGIONE_SOCIALE,  in  persona del Direttore p.t. , avendo questa assunto una posizione processuale sostanzialmente adesiva rispetto al ricorso proposto dalla  prima  (cfr.  anche  memoria  ex  art.  380bis.1 cod.  proc. civ.);
che alcunché va, infine, disposto quanto alle spese del presente giudizio nei rapporti tra la RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante p.t. e la RAGIONE_SOCIALE IN FALLIMENTO,  non  essendosi  questa  costituita  né  avendo  svolto attività difensiva alcuna;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Per l’effetto, condanna la RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante p.t. , al pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t. delle spese del presente giudizio, che si liquidano in € 200,00 (duecento/00) per esborsi ed € 11.000 (undicimila/00) per compenso professionale, oltre al 15% su tale ultimo importo per rimborso forfettario spese generali ed agli accessori di legge.
Compensa  integralmente  le  spese  del  presente  giudizio  nei rapporti tra la RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale  rappresentante p.t. , e l’ RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore p.t.
Dà  atto  della  sussistenza  dei  presupposti  processuali  per  il versamento, da parte della RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante p.t., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto.
Così  deciso  in  Roma,  nella  camera  di  consiglio  della  sezione