Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 28029 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5   Num. 28029  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/10/2025
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso n. 18566-2017, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, cf CODICE_FISCALE, in persona del Direttore p.t., domiciliata in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende-
Ricorrente
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione –
Intimata avverso l ‘ordinanza n. 17633/2016 della Corte di cassazione, depositata il 5.09.2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell’11.04.2025 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per revocazione, ai sensi degli artt.  391  bis  e  395  n.  4,  cod.  proc.  civ.,  dell ‘ordinanza n.  17633/2016, depositata  dalla  Corte  di  cassazione  il  5.09.2016,  con  la  quale  era  stata rigettata l’impugnazione erariale averso la decisione assunta dalla
Revocazione – 391 bis c.p.c.
– Documenti in corso di
ricerca
Commissione tributaria regionale della Lombardia, sez. staccata di Brescia, n. 144/65/2013.
Il  contenzioso, che traeva origine da un accertamento nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, relativo all’anno d’imposta 2004 per operazioni soggettivamente inesistenti, era esitato dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Brescia nell’ac coglimento RAGIONE_SOCIALE ragioni della contribuente.
La  Commissione  tributaria  regionale  della  Lombardia,  sez.  staccata  di Brescia, aveva rigettato l’appello, rilevando la decadenza dell’amministrazione  finanziaria  dall’esercizio  del  potere  impositivo,  non esimendosi peraltro dal ritenere fondate le ragioni del contribuente per la sua buona fede.
Nel giudizio per cassazione introdotto dall’RAGIONE_SOCIALE il collegio, con la pronuncia della quale è ora richiesta la revocazione, preliminarmente rilevando il mancato deposito della ricevuta di ritorno della raccomandata utilizzata per la notific a dell’impugnazione alla parte intimata, ha dichiarato inammissibile il ricorso erariale.
Per la revocazione dell’ordinanza di legittimità l’ufficio si affida ad un unico motivo.
Nell’adunanza camerale dell’11 aprile 2025 la causa è stata trattata e , previa riconvocazione in data 9 ottobre 2025, decisa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il ricorso revocatorio, introdotto ai sensi degli artt. 391 bis e 395, n. 4, cod. proc. civ., si assume che il giudice di legittimità non si è avveduto che, a differenza di quanto affermato nella pronuncia revocanda, l’RAGIONE_SOCIALE  aveva  depos itato  l’avviso  di  ricevimento  della  notifica  dell’atto  di ricorso,  attestante  il  rituale  buon  fine  del  procedimento  notificatorio.  Ciò trovava riscontro nella ‘integrazione di deposito’ del 9.06.2014.
Assume inoltre la difesa erariale che la conferma dell’avvenuto deposito del documento  troverebbe  riscontro  nell’attestazione  ‘di  non  rinvenimento’ rilasciato  dalla  cancelleria,  che  dichiara  anche  l’essere  ‘ in  corso  ulteriori ricerche,  all’esito  positivo  RAGIONE_SOCIALE  quali  l’atto  mancante  verrà  restituito ‘, attestazione che implicherebbe, appunto, l’avvenuto deposito.
Il ricorso è fondato.
In tema di giudizio di revocazione ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c., si sostiene che la norma circoscrive la rilevanza e decisività dell’errore di fatto al solo caso in cui la decisione sia fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa ovvero sull’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, sempre che il fatto non abbia costituito un punto controverso sul quale il giudice si sia poi pronunciato. Si è anche affermato che l’errore di fatto, idoneo a costituire motivo di revocazione ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c., si configura come una falsa percezione della realtà, e pertanto consiste in un errore meramente percettivo che in nessun modo coinvolge l’attività valutativa del giudice per situazioni processuali esattamente percepite nella loro oggettività; ne consegue che non è configurabile l’errore revocatorio per vizi della sentenza che investano direttamente la formulazione del giudizio sul piano logico-giuridico (Sez. U, 19 luglio 2024, n. 20013; 27 novembre 2019, n. 31032; ex multis cfr. 9 gennaio 2025, n. 512; 11 aprile 2025, n. 9471; 29 marzo 2022, n. 10040; 31 agosto 2017, n. 20635; 26 maggio 2021, n. 14610; 15 gennaio 2009, n. 844).
Deve avere inoltre i caratteri dell’assoluta evidenza e della semplice rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza e gli atti o documenti di causa, senza necessità di argomentazioni induttive o di indagini ermeneutiche; deve essere essenziale e decisivo. Deve risolversi esclusivamente in un vizio di assunzione del “fatto”, che può anche consistere nel contenuto degli atti processuali oggetto di cognizione del giudice (quali la sentenza impugnata o gli atti di parte), e non può, quindi, concernere il contenuto concettuale RAGIONE_SOCIALE tesi difensive RAGIONE_SOCIALE parti (cfr., tra le tante, Sez. U, 28 maggio 2013, n. 13181; 7 marzo 2016, n. 4413; 5 marzo 2015, n. 4456; 30 ottobre 2008, n. 26022).
Ebbene, premesso che l’attestazione della cancelleria, ossia il ‘non rinvenimento’ involge necessariamente non già che quell’atto non fosse mai entrato tra le allegazioni processuali, ma l’esatto contrario, cioè che esso fosse stato allegato e successivamente, nelle more del processo, non è risultato disponibile, la giurisprudenza di questa Corte ha sostenuto che l’affermazione contenuta nella sentenza circa l’inesistenza, nei fascicoli processuali (d’ufficio o di parte), di documenti che, invece, risultino esservi inseriti non si concreta in un errore di giudizio, bensì in una mera svista di
carattere materiale, costituente errore di fatto e, quindi, motivo  di revocazione a norma dell’art. 395, n. 4, c.p.c. (Cass., 10 luglio 2015, n. 14420; 26 gennaio 2021, n. 1562).
D’altronde questa stessa Corte, in una analoga ipotesi, nella quale gli atti erano richiamati tra le produzioni documentali, come desumibile dall’attestazione della Cancelleria della Corte di cassazione contenuta nella ‘nota di deposito e di iscrizione a ruolo’, ha ritenuto di non avvalorare tale elemento di riscontro per la ragione -di certo condivisibile per quella fattispecie- che di tale attestazione di deposito la parte interessata aveva prodotto la sola stampigliatura di un timbro menzionante l”Ufficio depositi’ della Corte di cassazione, senza però che questa stampigliatura risultasse debitamente sottoscritta da alcun Cancelliere o da alcun altro funzionario o soggetto comunque addetto agli uffici della Corte. Il che fa coerentemente desumere che la nota di deposito di atti, ritualmente sottoscritta dal cancelliere, sarebbe stata sufficiente a sorreggere opposte conclusioni (cfr. Cass., 20 marzo 2023, n. 7973; cfr. anche Cass., 9 maggio 2025, n. 12291, sebbene afferisca a fattispecie diversa).
Peraltro, in attuazione dei principi del giusto processo e di effettività della difesa, si è ritenuto configurabile l’errore di fatto di cui all’art. 395, n. 4, c.p.c. nell’ipotesi in cui gli atti e i documenti attinenti alla causa, ritualmente depositati dalla parte interessata, per mero disguido della cancelleria, non imputabile dunque alla parte stessa, erano stati inseriti in un diverso fascicolo d’ufficio (Cass., 14 novembre 2019, n. 29634; 12 aprile 2023, n. 9786). Il principio è stato applicato anche nell’ipotesi in cui, per mero disguido informatico non imputabile alla parte, la documentazione, peraltro concernente la prova della notifica, non risultava visibile nel fascicolo telematico (Cass., 13 novembre 2024, n. 29297).
Soccorre dunque, in queste ipotesi, una situazione nella quale l’atto, oggetto della nota di ‘integrazione di deposito’, effettivamente allegato, risultava assente per fatti non riconducibili a negligenza della parte.
Si tratta allora di una interpretazione adeguata alla concreta attuazione del principio di effettività della difesa, nell’alveo del più generale principio del giusto processo.
In tal senso giova sottolineare che non è pertinente un più lontano arresto della giurisprudenza di questa Corte, apparentemente simile, secondo cui
l’errore di fatto revocatorio, di cui all’art. 395, n. 4, c.p.c., per essere errore di percezione del giudice risultante dagli atti o documenti della causa, è configurabile nel caso in cui il giudice supponga inesistente un documento ritualmente prodotto ed effettivamente esistente, ma non laddove il documento, pur prodotto in giudizio, non esista materialmente tra gli atti di causa al momento della decisione (per smarrimento, sottrazione, distruzione o ritiro volontario), sicché il giudice non abbia potuto prenderlo in esame ai fini della valutazione probatoria e della decisione della controversia (Cass., 25 maggio 2011, n. 11453).
Nel  caso  ora  in  esame,  difatti,  non  risulta  che  l’atto  sia  stato  smarrito, sottratto, distrutto o ritirato; risulta, invece, che esso è stato depositato e che non è stato reperito al momento della decisione, verosimilmente perché si trovava altrove, secondo quanto emerge dalla necessità di ricerche della cancelleria, quindi anche in questo caso per un disguido.
Può quindi concludersi nel senso che, nell’espressione ‘atto o documento di causa’, per quel che qui interessa, va ricompreso non solo ciò che il giudice rinvenga materialmente nel fascicolo d’ufficio, ma anche ciò che avrebbe dovuto esservi rinvenuto (per aver la parte diligentemente assolto il proprio onere di produzione), ma che invece, per fatto accidentale, non imputabile alla parte, non lo è stato. In tal guisa, l’errore di percezione del giudice non riguarda solo ciò che egli rinvenga, o non rinvenga, in senso fenomenico, nel fascicolo d’ufficio all’atto della decisione, ma si estende anche a quell’atto o documento (attinente alla causa) che, benché regolarmente prodotto dalla parte, non sia stato però dal giudice stesso apprezzato per causa ascrivibile all’ufficio giudiziario nel suo complesso, latamente inteso, e comunque per fatto non imputabile alla parte stessa.
È appena il caso di avvertire come questa lettura della norma si riveli coerente con i principi del giusto processo e della effettività della difesa, per la tutela che essa assicura in fattispecie nelle quali la parte processuale si troverebbe altrimenti p riva, in seno al processo e per l’indisponibilità del documento che intervenga nell’intervallo temporale tra l’assunzione della causa in decisione e la decisione, di effettivi rimedi. In tal caso, infatti, la parte ‘ subirebbe ‘ la condizione di non poter difendere, in modo pieno, il proprio preteso diritto, in ragione del mancato rinvenimento, in sede decisionale, di un documento che non risulti ancora definitivamente distrutto
o  smarrito,  ma  solo  temporaneamente  indisponibile  per  cause  a  sé  non addebitabili.
È altrettanto pacifico che, in ipotesi come quella appena considerata, ciò non vuol dire che, dichiarata la revocazione del provvedimento, possa darsi per acquisito un documento non ancora rinvenuto. In queste ipotesi, se risultino vane le ricerche del medesimo, sarà necessario procedere alla sua ricostruzione ed acquisizione, previa autorizzazione giudiziale, così da assicurare che il procedimento giurisdizionale si reincanali nei binari RAGIONE_SOCIALE regole del processo e RAGIONE_SOCIALE garanzie difensive, che con esso viaggiano sino alla fase della decisione.
Ebbene, nel caso di specie l’ordinanza ora impugnata ha attestato che ‘la parte ricorrente ha eluso l’onere di dare dimostrazione dell’avvenuta notifica alla parte intimata del ricorso introduttivo del presente giudizio, omettendo di  depositare  la  ricevuta  di  ritorno  della  raccomandata  utilizzata  per  la notifica postale’.
Sennonché, questa Corte nell’adunanza del 27 aprile 2016 ha omesso di esaminare la nota di ‘integrazione di deposito’, datata 9 giugno 2014, da cui risultava che la parte aveva provveduto al deposito dell’avviso di ricevimento, in originale, della raccomandata di notifica del ricorso, che, proprio sulla base dell’attestazione di non rinvenimento del documento e dell’essere in corso ulteriori ricerche per il suo ritrovamento, rilasciata dalla cancelleria, evidenzia come la sua irreperibilità non fosse in alcun modo riconducibile alle ipotesi di smarrimento, sottrazione, distruzione o ritiro.
Ci si trova cioè in una fattispecie nella quale l’errore percettivo del giudice, presupposto per la revocazione, si riconduce ad una irreperibilità dell’atto per  cause  non  riconducibili  alla  negligenza  della  parte,  né  alla  perdita definitiva del documento.
Tale ipotesi, per le ragioni illustrate, va ricondotta nell’alveo dell’art. 395, n. 4,  c.p.c.,  così  che,  in  sede  di  legittimità,  il  rimedio  esperibile  è  quello contemplato dall’art. 391 -bis c.p.c.
In  definitiva,  il  ricorso  per  revocazione  trova  accoglimento  e  la  sentenza impugnata va revocata, affermandosi il principio di diritto secondo cui, in tema di revocazione, e in attuazione dei principi del giusto processo e della effettività della difesa, ai fini della configurabilità dell’errore di fatto di cui all’art. 395, n. 4, c.p.c. tra gli “atti e documenti della causa” rientrano anche
gli atti e documenti di causa ritualmente depositati dalla parte interessata, pur se, per evento non imputabile a negligenza della parte, siano irreperibili al momento della decisione, sempre che il loro (tempestivo) deposito risulti dall’attestazione del cancelliere o funzionario a ciò abilitato, o dall’attestazione della  esecuzione  di  ricerche dell’atto, rilasciata dalla cancelleria,  e  il  documento  non  risulti  già  smarrito,  sottratto,  distrutto  o ritirato.
Quanto alla fase rescindente, il ricorso erariale risulta in definitiva fondato e l’ordinanza n. 17633/2016 deve essere per questo revocata.
Per quanto chiarito, invece, non può ancora esaminarsi il ricorso nella fase rescissoria, atteso che, ai fini della valutazione del merito del ricorso proposto dall’RAGIONE_SOCIALE dinanzi a questa Corte avverso la sentenza n. 144/65/2013, pronunciata dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia, sfavorevole alla amministrazione, è necessario che la Cancelleria provveda a eseguire ricerche del documento non rinvenuto nel fascicolo, all’esito RAGIONE_SOCIALE quali occor rerà procedere, ove in tal senso richieda la ricorrente, all’avvio della procedura di ricostruzione dell’atto mancante.
A tal fine la controversia, per la sola fase rescissoria, deve essere rinviata a nuovo ruolo, in attesa de ll’attività di ricerca demandata alla cancelleria, da compiersi nel termine di sessanta giorni dalla pubblicazione della presente ordinanza.
P.Q.M.
La Corte accoglie la domanda di revocazione dell’ordinanza n. 17633/2016 pronunciata  dalla  Corte  di  cassazione  e,  per  l’effetto,  revoca  la  suddetta ordinanza;
Rinvia a nuovo ruolo il processo per il giudizio rescissorio, demandando alla Cancelleria  ulteriori  ricerche  del  documento  depositato  con  la  nota  di ‘integrazione di deposito’ del 9.06.2014 , da eseguirsi nel termine di giorni sessanta dalla pubblicazione della presente ordinanza.
Così deciso in Roma, il giorno 11 aprile 2025 e, in riconvocazione, il 9 ottobre 2025
La Presidente
NOME COGNOME