Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5611 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5611 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 954/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME e COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE), che li rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO e rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso ORDINANZA di CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE ROMA n. 17784/2022 depositata il 01/06/2022,
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno impugnato gli avvisi di accertamento relativi all’i.c.i . per gli anni 2009, 2010, 2011, 2012, 2013, fondati su una rendita catastale notificata ad uno solo dei comproprietari ed in epoca successiva alla notifica dei provvedimenti, adottati, peraltro, in assenza di alcuna motivazione
sul punto, senza il riconoscimento dell’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. i, d.lgs. n. 504 del 1992.
Il ricorso è stato rigettato in primo grado ed accolto, all’esito dell’appello, limitatamente ad interessi e sanzioni, mentre è stata confermata la debenza del tributo. La sentenza di appello si fonda sull’orientamento giurisprudenziale secondo cui i provvedimenti di modifica della rendita catastale, successivi al 1° gennaio 2000, sono applicabili solo a partire dalla loro notifica, ma con riferimento anche ai periodi anteriori alla notifica, ma successivi alla denuncia di variazione, da parte del contribuente, che ha dato luogo alla modifica della rendita.
Avverso tale sentenza i contribuenti hanno proposto ricorso per cassazione.
Il ricorso è stato dichiarato improcedibile con ordinanza di questa Corte. Nell’ordinanza n. 17784 de l 2022 si legge «il ricorso .. non è stato depositato nei termini di cui all’art. 369 c.p.c. e quindi è improcedibile ex art. 369, primo comma, cod.proc.civ. perché, benché notificato alla controparte intimata, non è stato depositato presso la cancelleria di questa Corte, come attestato dal certificato negativo della predetta cancelleria dell’8.3.2019, e fino a tale data, con conseguente superamento del termine previsto dalla norma».
Avverso l’ordinanza della Suprema Corte i contribuenti hanno proposto ricorso per revocazione ex art. 391bis e 395 n. 4 cod.proc.civ., essendo stato depositato il ricorso tempestivamente, ma inserito erroneamente in altro fascicolo, concludendo per la revocazione del provvedimento e l’accoglimento dell’originario ricorso, con conseguente cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Liguria n. 1073 del 2018 e ogni conseguenziale statuizione.
Il Comune costituitosi, pur confermando la circostanza allegata da controparte (oggetto di attestazione proveniente
dall’Archivio centrale della Corte di cassazione), ha contestato che potesse integrare un errore revocatorio.
7. Entrambe le parti hanno depositato memorie.
8. La causa è stata decisa all’adunanza camerale del 15 febbraio 2024.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. La revocazione deve essere accolta in ossequio al più recente orientamento di questa Corte secondo cui, in tema di revocazione, ai fini della configurabilità dell’errore di fatto di cui all’art. 395, n. 4, cod. proc.civ. tra gli atti e documenti della causa dai quali l’errore stesso deve risultare, vanno compresi -in attuazione dei principi del giusto processo e di effettività della difesa -gli atti e i documenti attinenti alla causa e ritualmente depositati dalla parte interessata, pur se, per mero disguido della cancelleria non imputabile alla parte stessa, essi siano stati inseriti in diverso fascicolo d’ufficio (Cass., Sez . 5, 14 novembre 2019, n. 29634). La Corte, in applicazione del principio, ha ritenuto affetta da errore revocatorio la pronuncia che abbia dichiarato improcedibile un ricorso non presente in atti, allorché risulti che lo stesso fosse stato ritualmente depositato ma, a causa di un disguido di cancelleria, introdotto in un fascicolo d’ufficio non pertinente.
Si è così superato l’opposto orientamento secondo cui, in tema di revocazione, non ricorre l’errore di fatto ex art. 395, n. 4, cod.proc.civ. qualora la S.C. pronunci un’ordinanza senza vagliare un ricorso incidentale non presente in atti, in quanto inserito per mero disguido di cancelleria in altro fascicolo processuale, giacché, in tale ipotesi, la declaratoria di inesistenza di detto ricorso al momento della decisione risulta formalmente corretta ed esclude, pertanto, la commissione di un errore di percezione, salvo, tuttavia, che il ricorso incidentale deve essere deciso perché la parte ha diritto ad una pronuncia sul punto (Cass., Sez. 1, 20 novembre 2017, n. 27508).
Invero, come condivisibilmente ritenuto da Cass., Sez . 5, 14 novembre 2019, n. 29634, la qualificazione di «atto di causa» dipende non dal fisico e materiale inserimento nel fascicolo (attività che non dipende minimamente dalla parte, essendo di esclusiva competenza del cancelliere, ex art. 36 disp. att. cod.proc.civ.), bensì dalla circostanza che la parte stessa abbia espletato quanto necessario perché esso pervenga alla cognizione (lato sensu) del giudice, mediante rituale produzione. Difatti, la parte non può che fondatamente confidare nel fatto che la propria attività processuale, ove dispiegata nel rispetto dei canoni normativi, sia idonea a produrre gli effetti che devono derivarne. Nel caso di specie, pertanto, la tempestiva produzione di un atto o documento in cancelleria implica che legittimamente la parte che vi ha provveduto possa attendersi che di tale produzione, nella relativa causa, il giudice terrà conto.
2.All’esito dell’accoglimento della revocazione, devono esaminarsi i motivi dell’originario ricorso per cassazione r.g. n. 7021/2019 avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Liguria n. 1073/1/2018, depositata in data 7 agosto 2018 e notificata in data 3 ottobre 2018.
2.1. I contribuenti hanno dedotto: 1) la violazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., degli artt. 74 legge n. 342 del 2000 e 5 d.lgs. n. 504 del 1992, atteso che gli avvisi, non essendo stati preceduti dalla notifica della variazione della rendita catastale (come risultante dalla stessa sentenza), avrebbero dovuto essere annullati; 2) la contraddittorietà, manifesta illogicità e contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili della motivazione, con conseguente nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 cod.proc.civ., ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod.proc.civ.; 3) la violazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., degli artt. 7 legge n. 212 del 2000, 3 legge n. 241 del 1990 e 1, commi 161 e 162,
legge n. 296 del 2006, visto che, a fronte della espressa richiesta di un’esenzione, la motivazione dell’atto impositivo deve necessariamente estendersi alle ragioni del disconoscimento.
Il secondo motivo, che attiene alla nullità della sentenza per vizi formali, è pregiudiziale rispetto agli altri. Parimenti il terzo, che attiene ad un vizio formale degli avvisi impugnati è pregiudiziale rispetto al primo che riguarda, invece, l’applicabilità della rendita variata. Devono, dunque, essere esaminati nell’ordine il secondo, il terzo ed, infine, il primo motivo di ricorso.
3.1. Il secondo motivo, con cui si è denunciata la nullità della sentenza per manifesta illogicità ed insanabile contraddittorietà della motivazione, va rigettato, atteso che la carenza di motivazione, che può essere denunciata quale error in procedendo , si traduce in una lacuna o in una contraddizione così grave da escludere l’individuazione o la comprensione dei presupposti di fatto della decisione, mentre, nel caso di specie, dalla lettura del provvedimento si evincono chiaramente le circostanze di fatto su cui si è fondata la decisione (e, cioè, l’attivazione di una procedura d.o.c.f.a., ad iniziativa degli stessi contribuenti).
3.2. Il terzo motivo, con cui si è denunciata la carenza di motivazione dell’avviso in ordine all’esenzione richiesta, è inammissibile.
La sentenza in esame è, difatti, pervenuta al rigetto del relativo motivo di appello in base a due distinte ed autonome rationes decidendi («le contestazioni fondate sul fatto che solo nel corso dell’odierno giudizio il Comune ha spiegato le ragioni di diniego di esenzione non rilevano sotto un duplice profilo … perché oggetto del presente processo, …non è il diniego dell’esenzione. Inoltre, perché il Comune non era onerato di spiegare, negli avvisi di accertamento, il motivo del diniego dell’esenzione»), ma parte ricorrente non si è minimamente confrontata con quella parte della sentenza che ha qualificato la doglianza come nuova («quanto al
diniego dell’esenzione … si osserva in primis che tale diniego non forma oggetto di specifico motivo di impugnazione»), soffermandosi solo sul profilo relativo al contenuto dell’onere motivazionale del Comune.
Va ribadito che la sentenza del giudice di merito, la quale, come quella in esame, fondi la decisione su plurime ragioni, non incorre nel vizio di contraddittorietà della motivazione, il quale sussiste nel diverso caso di contrasto di argomenti confluenti nella stessa ratio decidendi , né contiene, quanto alla causa petendi alternativa o subordinata, un mero obiter dictum , insuscettibile di trasformarsi nel giudicato; detta sentenza, invece, configura una pronuncia basata su due distinte rationes decidendi , ciascuna di per sé sufficiente a sorreggere la soluzione adottata, con il conseguente onere del ricorrente di impugnarle entrambe, a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione (Cass., Sez. 1, 14 agosto 2020, n. 17182).
Il motivo è, pertanto, inammissibile.
3.3. Neppure il primo motivo può essere accolto, tenuto conto dell’orientamento di questa Corte, secondo cui, i n tema di ICI, la rettifica della rendita catastale effettuata dall’Agenzia del territorio opera dal momento della richiesta del contribuente di attribuzione della rendita attraverso la procedura DOCFA per i periodi successivi alla denuncia di variazione, a prescindere dall’epoca di notificazione del provvedimento di definitiva attribuzione (Cass., Sez. 5, 29 settembre 2021, n. 26347). In proposito va evidenziato che la sentenza impugnata fa chiaramente riferimento ad una denuncia di variazione da parte dei contribuenti e, dunque, all’attivazione di una procedura d.o.c.f.a. e che tale accertamento di fatto (espressamente contestato dai ricorrenti solo con l’ultima memoria difensiva) non può essere rivisto in sede di legittimità, in assenza, peraltro, di una specifica impugnazione sul punto formulata ai sensi dell’art. 360 n. 5 cod.proc.civ.
6.In conclusione, la revocazione proposta deve essere accolta, mentre il ricorso originario proposto dai contribuenti deve essere rigettato, con conseguente compensazione, nella misura di ½ delle spese di lite, in considerazione dell’accoglimento della revocazione, che nella restante parte seguono, invece, la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte:
in ordine alla fase rescindente, in accoglimento del ricorso r.g. n. 954/2023, revoca l’ordinanza di questa Corte n. 17784/2022 depositata il 01/06/2022;
in ordine alla fase rescissoria, rigetta il ricorso originario r.g. n. 7021/2019 avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Liguria n. 1073/1/2018, depositata in data 7 agosto 2018 e notificata in data 3 ottobre 2018;
dichiara compensate le spese di lite del presente giudizio di legittimità nella misura di ½;
condanna i ricorrenti al pagamento, in favore del controricorrente, di ½ delle spese del giudizio di legittimità, liquidate (nella già ridotta misura di ½) in euro 2.500,00, oltre ad euro 100,00 per esborsi ed oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge;
ai sensi dell’art. 13 , comma 1quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 , della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 08/11/2023.