Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1960 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 1960 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/01/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 6716/20208 R.G. proposto da:
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’RAGIONE_SOCIALE GENERALE DELLO RAGIONE_SOCIALE (P_IVA), che la rappresenta e difende -controricorrente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REGIONALE LOMBARDIA n. 3065/2019 depositata il 21/06/2019,
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
AVV_NOTAIO ha impugnato l’avviso di liquidazione con cui l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha recuperato l’imposta di registro in relazione al finanziamento soci enunciato nel verbale assembleare della società RAGIONE_SOCIALE, da lui redatto in data 23 novembre 2015, lamentando la violazione degli artt. 10 e 57 del d.P.R. n. 131 del 1986, in quanto l’obbligo di registrazione e la conseguente responsabilità incombe sul AVV_NOTAIO solo per gli atti da lui redatti e non per quelli enunciati e, comunque, non ricorrerebbero, nel caso di specie, gli estremi dell’enunciazione rilevante ai fini dell’imposta di registro.
Il ricorso è stato rigettato in primo grado con sentenza confermata in appello.
Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale ha proposto ricorso per cassazione il AVV_NOTAIO.
Si è costituito con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
La causa è stata trattata all’udienza pubblica dell’11 gennaio 2024, in cui è stata decisa.
La Procura Generale della Cassazione ha depositato conclusioni scritte, con cui ha chiesto rigettarsi il ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente ha denunciato la violazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 e 4, cod.proc.civ., degli artt. 10, 42 e 57 del d.P.R. n. 131 del 1986, 3-ter del d.lgs. n. 463 del 1994 e 112 cod.proc.civ., in quanto, oltre a non rispondere la motivazione alle censure formulate in appello, la responsabilità solidale del AVV_NOTAIO riguarda solo il pagamento dell’imposta principale di registro e la procedura semplificata è consentita all’ufficio esclusivamente laddove emerga una
maggiore imposta principale sulla base degli elementi desumibili dall’atto, dotati di evidenza immediata ed univoca lettura.
Il motivo è infondato, in quanto, come recentemente chiarito dalle Sezioni Unite, qualora in un atto notarile vengano enunciate disposizioni di altri atti, scritti o verbali, posti in essere dalle stesse parti, ma non già registrati, l’imposta di registro dovuta per questi deve qualificarsi come imposta principale e, in rettifica dell’autoliquidazione, l’amministrazione può legittimamente richiederla emettendo un avviso di liquidazione, purché, trattandosi di contratti verbali non soggetti a registrazione in termine fisso, gli effetti di essi non siano già cessati o cessino con l’atto che li enuncia; in tal caso, ai sensi dell’art. 57, comma 1, TUR, il AVV_NOTAIO che ha rogato o autenticato l’atto enunciante è responsabile per il pagamento dell’imposta in solido con le parti dell’atto stesso (Cass., Sez. U., 24 maggio 2023, n. 14432).
2.Con il secondo motivo il ricorrente ha denunciato la violazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 e 4, cod.proc.civ., dell’art. 22 del d.P.R. n. 131 del 1986 e degli artt. 112, 132 cod.proc.civ. e 118 disp.att. cod.proc.civ., in quanto, oltre a non rispondere la motivazione alle censure formulate in appello, non ricorrono, nel caso di specie, i presupposti dell’enunciazione, tenuto conto, peraltro, che l’istituto non opera, in virtù dell’art. 22, comma 2, d.P.R. n. 131 del 1986, quando gli effetti RAGIONE_SOCIALE disposizioni enunciate siano già cessati o cessino in virtù dell’atto contenente l’enunciazione.
Il motivo è fondato.
Questa Corte ha recentemente affermato che, in tema di imposta di registro, la delibera assembleare di aumento del capitale sociale, realizzato, come nella presente fattispecie, mediante l’imputazione di un finanziamento del socio, concluso in forma orale con la società, non è assoggettabile all’imposta,
anche laddove sia ravvisabile l’enunciazione del precedente finanziamento non registrato, poiché l’imputazione determina la cessazione degli effetti propri del finanziamento, in ragione del predetto utilizzo, integrandosi la causa di non imponibilità di cui all’art. 22, comma 2, del d.P.R. n. 131 del 1986 (Cass., Sez. 5, 8 febbraio 2023, n. 3841).
Più precisamente la disposizione de qua esclude l’imposta «quando gli effetti RAGIONE_SOCIALE disposizioni enunciate sono già cessati o cessano in virtù dell’atto che contiene l’enunciazione» .
Deve rilevarsi che, nel caso in esame, la convenzione enunciata (il finanziamento) ha cessato i suoi effetti a seguito della definitiva imputazione a capitale della somma già versata dal socio alla società, che ha mutato la causa della datio e che ha determinato l’estinzione (per rinuncia, ma prima ancora per compensazione: v. Cass., Sez . 1, 19 marzo 2009, n. 67011) dell’obbligo restitutorio della società nei confronti del socio, se non anteriormente, quantomeno contestualmente o in esecuzione dell’atto enunciante. In proposito occorre evidenziare che la consegna della somma di danaro non integra un effetto dell’originario contratto concluso tra la società ed il socio, ma piuttosto un elemento che attiene alla sua conclusione: difatti, il finanziamento va ricondotto al mutuo, che è, ai sensi dell’art. 1813 cod.civ., un contratto reale e si perfeziona proprio tramite la consegna della somma di danaro. Gli effetti del contratto, che vanno identificati fondamentalmente nell’obbligo di restituire la somma di danaro e, se il finanziamento è a titolo oneroso, in quello di corrispondere gli interessi, certamente vengono meno con l’imputazione della somma a capitale, divenendo il danaro un conferimento societario. La cessazione degli effetti del finanziamento è riconducibile all’atto enunciante, proprio come richiede l’art. 22 in esame, visto che la rinuncia del socio alla restituzione della somma ed all’eventuale corrispettivo pattuito
deriva dal mutamento di causa della datio e, cioè, dall’operazione societaria posta in essere. In ordine a tale profilo questa Corte, con riferimento all’ammissibilità della compensazione tra i crediti vantati dai soci per finanziamenti ed i debiti di conferimento che il socio ha verso la società conferitaria, ha già chiarito che il finanziamento si estingue nel momento stesso in cui i crediti che ne derivano formano oggetto di compensazione (cfr. Cass., Sez, I, 24 aprile 1998, n. 4236 e Cass. Sez . 1, del 19 marzo 2009, n. 6711, citata), così affermando un principio rilevante anche in questa sede.
Pertanto, cessando il finanziamento i propri effetti in ragione del predetto utilizzo, deve ritenersi integrata la causa di non imponibilità individuata dal comma 2 dell’art. 22 del d.P.R. n. 131 del 1986. La sentenza impugnata, nel ritenere applicabile, nella presente fattispecie, l’art. 22 del d.P.R. n. 131 del 1986, ne ha, quindi, violato il secondo comma, come denunciato con il presente motivo di ricorso.
Tale conclusione non risulta affatto smentita dalla recente pronuncia della Sezioni Unite (Cass., Sez. U., 24 maggio 2023, n. 14432), in cui, a differenza che nel caso in esame, il credito restitutorio derivante dal precedente finanziamento, enunciato nel verbale ed oggetto di tassazione, non si è integralmente estinto all’esito del conferimento. Le Sezioni Unite hanno, difatti, precisato che «non possono considerarsi cessati gli effetti degli atti enunciati, posto che … il finanziamento del socio .. all’esito dell’assemblea societaria risulta tuttora valido ed efficace de residuo (euro 600.700)».
Alla luce di tali premesse, in accoglimento del secondo motivo, rigettato il primo motivo, la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con accoglimento del ricorso originario. Le spese di lite tra le parti devono essere
integralmente compensate, tenuto conto che le questioni oggetto di lite sono state oggetto di recenti interventi della giurisprudenza di legittimità.
P.Q.M.
La Corte: accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo; cassa la sentenza impugnata e decide nel merito il ricorso originario, accogliendo l’originario ricorso; dichiara integralmente compensate le spese di lite tra le parti. Così deciso in Roma, 11 gennaio 2024.