Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5632 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 5632 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CANDIA COGNOME
Data pubblicazione: 04/03/2024
questa Corte sospendeva il giudizio, prendendo atto della relativa istanza presentata dalle contribuenti al fine di avvalersi della definizione agevolata della controversia ai sensi dell’art. 6 d.l. 23 ottobre 2018, n. 119.
Con istanza del 22 settembre 2020 l’RAGIONE_SOCIALE ha chiesto la fissazione dell’udienza, dando conto del diniego della domanda di definizione agevolata della lite.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, articolato ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., l’RAGIONE_SOCIALE ha contestato la «violazione degli artt. 27, 34, e 37 d.p.r. 131/1986 nonchè dell’art. 3 della Tariffa parte prima allegata al d.p.r. 131/1986 » (v. pagina n. 3 del ricorso) , premettendo che la suindicata sentenza aveva avuto pacificamente ad oggetto la divisione di un patrimonio immobiliare e che aveva previsto conguagli in denaro, per poi affermare che erroneamente il Giudice regionale aveva applicato l’articolo 27 d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131 (TUR), in luogo dell’art. 3 della citata tariffa e dell’art. 37 del menzionato testo unico, i quali prevedono la tassazione degli atti di natura dichiarativa e specificamente degli atti divisione con aliquota dell’1%.
Con la seconda censura l’Ufficio ha lamentato, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3 cod. proc. civ., la «violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della legge 604/1954 e dell’art. 2, co. 4 bis, del d.l. 194/09» (v. pagina n. 5 del ricorso), contestando al Giudice di appello di non aver considerato che l’art. 2, comma 2 -bis , d.l. 30 dicembre 2009, n. 194, successivo all’art. 1 della legge 1954, n. 604 ed intervenuto nella stessa materia RAGIONE_SOCIALE agevolazioni della piccola proprietà contadina, aveva previsto l’imposta catastale nella misura dell’1%.
Va preliminarmente osservato che non risulta che il provvedimento di diniego dell’istanza di definizione agevolata, notificato il 29 luglio 2020, sia stato oggetto di impugnazione, il che impone, ai sensi dell’art. 6, commi 12 e 13, d.l. 23 ottobre 2018, n. 119 di decidere la controversia.
4.Il primo motivo di ricorso risulta fondato.
L’atto tassato risulta aver subordinato l’effetto traslativo dell’assegnazione al pagamento del conguaglio a favore RAGIONE_SOCIALE ricorrenti.
Deve premettersi che non v’è dubbio che l’imposta di registro sia un’imposta d’atto, nel precipuo senso che colpisce il contenuto del documento o meglio gli effetti giuridici in esso racchiusi, come da tempo
chiarito da questa Corte, secondo cui la comune considerazione del prelievo fiscale in oggetto come « imposta d’atto, vuol dire che deve essere riferito all’atto in sè considerato, sia esso di natura negoziale o non, non già però nella sua materialità, ma in relazione agli effetti giuridici che è idoneo a produrre » (cfr. Cass., Sez. T., 27 luglio 2005, n. 15768).
Allo stesso modo, con riferimento all’imposta dovuta per effetto di una sentenza, è stato chiarito che essa non colpisce la sentenza in quanto tale, ma il rapporto in essa racchiuso, quale indice di capacità contributiva (cfr. Cass., Sez. V, 15 maggio 2006, n. 11149).
5.1. Non par meno dubbio, tuttavia, che l’atto, vale a dire le disposizioni in esso contenute, debba essere interpretato secondo gli effetti giuridici che esso produce, alla luce del perentorio principio di cui al menzionato art. 20 TUR d.P.R., il quale, per l’appunto, stabilisce che « l’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto ».
Tanto chiarito, va osservato che la sentenza tassata ha avuto ad oggetto un giudizio di divisione immobiliare tra i germani Lombardo, che si è concluso con la citata pronuncia, con la quale il Tribunale ha assegnato ai fratelli COGNOME la piena proprietà degli immobili, subordinando l’effetto traslativo al pagamento da parte di questi, a favore RAGIONE_SOCIALE ricorrenti, della complessiva somma di 468.188, 50 €.
Questa Corte ha chiarito che l’ipotesi del giudizio di divisione è diversa da quella in cui la sentenza subordina il trasferimento del bene al pagamento del prezzo.
In relazione a tale ultima, differente, fattispecie giuridica, si contrappone(va) l’orientamento maggioritario (ora progressivamente consolidatosi) che considera la condizione del pagamento del prezzo come non apposta in quanto meramente potestativa (cfr., tra le tante, Cass., Sez. T., 29 aprile 2022, n. 13705 – che richiama Cass. 6 giugno 2018, n. 14470, Cass. 31 ottobre 2018, n. 27902, Cass. 26 novembre 2019, n. 30778 – nonché Cass., Sez. T. 23 ottobre 2015, n. 21625 – che richiama Cass. 27 aprile 2014, n. 16818, Cass. 24 aprile 2014, n. 8544, Cass. 16 marzo 2011, n. 6116) da quello secondo il quale la sentenza
che subordina il trasferimento di un immobile alla condizione del previo pagamento del prezzo è assoggettata a tributo solo al verificarsi di tale evento, atteso che in tale momento l’atto produce effetti traslativi (Cass. 26 luglio 2013, n. 18180, Cass. 6 giugno 2012, n. 9097).
Senonchè – come si anticipava l’ipotesi in rassegna va tenuta distinta da quella che precede, in quanto, come pure già precisato da questa Corte:
«La sentenza che, nel disporre la divisione della comunione, pone a carico di uno dei condividenti l’obbligo di pagamento di una somma di denaro a titolo di conguaglio, persegue il mero effetto di perequazione del valore RAGIONE_SOCIALE rispettive quote, nell’ambito dell’attuazione del diritto potestativo RAGIONE_SOCIALE parti allo scioglimento della comunione»;
«Ne consegue che l’adempimento di tale obbligo – al contrario di quanto avviene nella sentenza costitutiva emessa ex art. 2932 cod. civ. per l’adempimento in forma specifica dell’obbligo di concludere il contratto, ove il pagamento del prezzo ad opera della parte acquirente costituisce adempimento della controprestazione e se non avviene determina l’inefficacia della sentenza (pur da accertarsi in un separato giudizio) – non costituisce condizione di efficacia della sentenza di divisione e può essere soltanto perseguito dagli altri condividenti con i normali mezzi di soddisfazione del credito, restando comunque ferma la statuizione di divisione dei beni ( cfr. Cass. n. 22833 del 24/10/2006)»;
«Ne consegue che, non costituendo il pagamento del conguaglio condizione, tantomeno meramente potestativa, di efficacia della sentenza di divisione, essa va assoggettata alla imposta proporzionale di registro, ipotecaria e di trascrizione » (così Cass., Sez. T, 11 novembre 2016, n. 23043).
Come correttamente evidenziato dalla Procura Generale, tale principio è stato ulteriormente precisato dalla Corte, osservando che:
-« gli artt. 789, terzo comma c.p.c. e 195, cpv. disp. att. c.p.c., in base ai quali il decreto che approva il progetto è titolo esecutivo, e l’art. 2817, n. 2 c.c., che attribuisce in favore dei condividenti a garanzia del pagamento dei conguagli l’ipoteca legale sugli immobili assegnati ai
condividenti cui i beni stessi sono stati assegnati, dimostrano ulteriormente che il giudice della divisione non ha il potere di subordinare l’effetto traslativo dell’assegnazione al pagamento del conguaglio»;
«Da cui -argomentando a contrariis -la parte assegnataria potrebbe astenersi sine die, ponendo così nel nulla tanto l’effettività della divisione quanto il provvedimento del giudice».
«Da quanto sopra si ricava che tale pagamento è oggetto di un obbligo nell’interesse dell’altro condividente, e non di un onere che l’assegnatario debba assolvere per conseguire definitivamente l’assegnazione del bene comune in proprietà esclusiva; e che la relativa previsione, ai sensi RAGIONE_SOCIALE norme sopra citate, costituisce un effetto legale secondario della divisione mediante conguagli, effetto che, dipendendo unicamente dalla legge e non dal giudice o dalla volontà dell’una o dell’altra parte, non gode di autonomia logico-giuridica e si sottrae, pertanto, a quella forma indiretta di disposizione costituita dal giudicato interno» (così, Cass., Sez. II., 23 gennaio 2017, n. 1656).
Alla stregua di quanto precede, va allora riconosciuto che la disposta subordinazione dell’assegnazione dei beni immobili al pagamento del conguaglio del prezzo opera come un mero effetto succedaneo della predetta forma di divisione, che deriva dalla legge e non dal giudice o dalla volontà dell’una o dell’altra parte e soprattutto non si pone quale condizione, tantomeno meramente potestativa, di efficacia della sentenza di divisione, per cui essa, ai fini che occupano, va assoggettata alla imposta proporzionale di registro ed ipotecaria nella misura pretesa dall’Ufficio.
Risulta fondato anche il secondo motivo di impugnazione.
11.1. L’art. 2, comma 2 -bis , d.l. 30 dicembre 2009, n. 194 ha previsto che «
Trattasi di previsione successiva all’art. 1 della legge 6 agosto 1954, n. 604 (
mposta di registro ridotta ad un decimo e l’imposta ipotecaria nella misura fissa
RAGIONE_SOCIALE disposizioni sulla legge in generale, avendo la nuova disposizione regola la materia già disciplinata dalla legge anteriore.
Va, infine, aggiunto che non può ricevere seguito la deduzione svolta dalle controricorrenti circa l’erroneità dei calcoli contenuti nell’avviso e la duplicazione di imposta.
La difesa RAGIONE_SOCIALE contribuenti ha assunto di aver sul punto « già argomentato nei precedenti gradi di giudizio» , sviluppando poi nel controricorso le ragioni della contestazione dei calcoli, ma non indica in quale atto e come dette questioni siano state articolate nei precedenti gradi di giudizio.
Né il contenuto specifico di detta doglianza è possibile recuperarlo dai contenuti della sentenza impugnata, in quanto la stessa si è limitata a riferire che le contribuenti avevano dedotto in primo grado l’erroneità dei calcoli (senza indicare altro) e che tali assunti era stati ribaditi in appello, sicchè, nel delineato contesto, non è possibile comprendere quali effettive censure fossero state mosse nel giudizio di merito a sostegno dell’asserita erroneità dei calcoli, ritenute assorbite dal Giudice dell’appello.
In tale direzione, a fronte di un’esposizione sommaria RAGIONE_SOCIALE domande svolte nei precedenti gradi di giudizio da parte del Giudice dell’appello , era onere RAGIONE_SOCIALE controricorrenti farsi carico di precisare quali fossero le argomentazioni che si assumono essere state svolte nei precedenti gradi giudizio, tramite, quantomeno, un riassunto del loro contenuto nei termini sviluppati nel giudizio di merito e da un riferimento idoneo ad
identificare dove, come e quando erano state avanzate, senza assegnare alla Corte il compito di ricercarle negli atti di causa.
In tale direzione, la dedotta «erroneità del calcoli» contenuta nel controricorso (v. pagina n. 6) difetta del requisito di autosufficienza, anche nella sua versione meno rigida (cfr., tra le tante, Cass., Sez. I, 19 aprile 2022, n. 12481; Cass., Sez. III, 4 marzo 2022, n. 7186; Cass. Sez. Un., 18 marzo 2022, n. 8950; Cass., Sez. I, 25 marzo 2023, n. 11325), tenuto conto del disposto dell’art. 366, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., applicabile anche al controricorso, trattandosi di requisito del tutto compatibile con detto atto, che impone, a pena d’inammissibilità, l’esposizione sommaria dei fatti di causa, che non può ritenersi osservato nemmeno tramite la mera riproduzione della sentenza impugnata (nella specie pure mancante nel controricorso), allorché quest’ultima non contenga una chiara esposizione del fatto processuale o meglio -come nelle specie – RAGIONE_SOCIALE domande e dei motivi di appello proposti (v. sul principio, in tema di ricorso, ma applicabile, ex art. 370, secondo comma, cod. proc. civ., anche al controricorso, Cass., Sez. VI/III, 16 settembre 2013, n. 21137; Cass Sez. II; 24 aprile 2018, n. 10072; Cass. Sez. V, 13 novembre 2018, n. 29093).
Alla stregua RAGIONE_SOCIALE riflessioni svolte il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata; non essendo necessari accertamenti in fatto, l’originario ricorso va rigettato.
La sussistenza dei menzionati orientamenti giurisprudenziali diversi e la ricorrenza di un atto di non agevole interpretazione giustifica l’integrale compensazione dele spese di giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso proposto dai contribuenti.
Compensa tra le parti le spese di giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20 ottobre 2023.