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Differenza da recesso: è un costo deducibile?

Una società a responsabilità limitata aveva dedotto come costo la somma extra pagata a un socio receduto, nota come differenza da recesso. L’Agenzia delle Entrate ha contestato la deduzione. La Corte di Cassazione ha confermato la non deducibilità, qualificando tale importo non come un costo operativo, ma come una remunerazione del capitale, la cui deduzione è vietata dalla normativa fiscale (art. 109 TUIR).

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Differenza da Recesso in una SRL: Un Costo Deducibile o Remunerazione del Capitale?

La gestione fiscale del recesso di un socio da una società di capitali solleva questioni complesse, in particolare riguardo la deducibilità della cosiddetta differenza da recesso. Questa voce, che rappresenta il valore extra corrisposto al socio uscente rispetto al valore nominale della sua quota, è stata al centro di una recente ordinanza della Corte di Cassazione, che ha chiarito la sua natura fiscale e le relative implicazioni per il bilancio aziendale.

I Fatti del Caso: Il Recesso e la Contabilizzazione del Costo

Il caso ha origine da un’operazione societaria in cui i soci di una S.r.l. hanno ceduto le proprie quote a un Trust, il quale ha successivamente esercitato il diritto di recesso dalla società. La società ha liquidato al Trust un importo superiore al valore nominale delle quote, comprensivo di una significativa plusvalenza.

La società ha quindi iscritto in bilancio la differenza tra l’importo liquidato e il valore nominale delle quote annullate come un onere pluriennale ammortizzabile, deducendone una quota nel relativo anno d’imposta. Questa scelta contabile e fiscale è stata contestata dall’Amministrazione Finanziaria.

La Posizione dell’Amministrazione Finanziaria e il Contenzioso

L’Agenzia delle Entrate ha emesso un avviso di accertamento, recuperando a tassazione l’onere dedotto dalla società. Secondo l’Ufficio, la differenza da recesso non poteva essere considerata un costo deducibile ai fini IRES, in quanto rientrante nel divieto stabilito dall’art. 109, comma 9, del TUIR, che regola la remunerazione del capitale. I giudizi di primo e secondo grado hanno dato ragione all’Amministrazione Finanziaria, portando la questione dinanzi alla Corte di Cassazione.

L’Analisi della Cassazione sulla differenza da recesso

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del contribuente, confermando la linea interpretativa dei giudici di merito e dell’Agenzia. I giudici hanno chiarito in modo definitivo la natura giuridica e fiscale della differenza da recesso nell’ambito delle società di capitali.

Motivazioni della Decisione

La Corte ha stabilito che la somma corrisposta al socio receduto, per la parte che eccede il valore nominale della quota, non rappresenta un costo dell’attività d’impresa, bensì una forma di remunerazione del capitale investito. Tale importo, infatti, costituisce un’anticipata liquidazione di utili futuri o di plusvalenze latenti presenti nel patrimonio sociale (come l’avviamento), che sarebbero spettate al socio.

Di conseguenza, questa somma ricade pienamente nella previsione di indeducibilità dell’art. 109, comma 9, lett. a) del TUIR. Questa norma vieta espressamente la deduzione dei costi relativi alla remunerazione del capitale, come i dividendi. Qualificare la differenza da recesso come costo deducibile significherebbe permettere alla società di ridurre il proprio imponibile fiscale attraverso una distribuzione di ricchezza ai soci, alterando il principio di capacità contributiva.

La Corte ha inoltre specificato che il trattamento è diverso rispetto alle società di persone, dove la differenza da recesso assume natura di reddito di partecipazione, data la differente struttura giuridica e fiscale di tali entità.

Conclusioni

L’ordinanza consolida un principio fondamentale del diritto tributario societario: la differenza da recesso erogata da una società di capitali non è un costo deducibile. Essa deve essere trattata come una restituzione di capitale e una distribuzione di utili latenti, gravando sul patrimonio netto della società (utilizzando riserve disponibili o riducendo il capitale sociale) e non sul conto economico. Le imprese devono quindi prestare massima attenzione alla corretta qualificazione contabile e fiscale di tali operazioni per evitare contenziosi con l’Amministrazione Finanziaria. La decisione rigetta anche la richiesta di disapplicazione delle sanzioni, non ravvisando alcuna obiettiva incertezza normativa sulla materia.

La ‘differenza da recesso’ corrisposta a un socio di una S.r.l. è un costo deducibile per la società?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che non è un costo deducibile dal reddito d’impresa.

Come viene qualificata fiscalmente la ‘differenza da recesso’ per le società di capitali?
Viene qualificata come una remunerazione del capitale, assimilabile a un’anticipata liquidazione di utili futuri o plusvalenze latenti. Pertanto, rientra nel divieto di deducibilità previsto dall’art. 109, comma 9, lett. a) del TUIR.

È possibile evitare le sanzioni fiscali invocando l’incertezza della norma sulla deducibilità della differenza da recesso?
No, secondo la Corte, non sussistono i presupposti di obiettiva incertezza della norma che possano giustificare la non applicazione delle sanzioni amministrative.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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