Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21494 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21494 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 31/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23959/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO DOMICILIO DIGITALE, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-ricorrente e controricorrente al ricorso incidentale- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-controricorrente e ricorrente incidentale-
avverso SENTENZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO del VENETO-VENEZIA n. 379/2023 depositata il 21/04/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/07/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
I fatti di causa possono essere utilmente riassunti facendosi riferimento alla non contestata narrativa di cui alla sentenza in epigrafe come segue:
Il presente contenzioso trae origine da avviso di accertamento emesso dall’RAGIONE_SOCIALE nell’ambito dell’attività di controllo posta in essere a seguito di istanza di rimborso iva presentata dalla contribuente per l’anno 2013.
L’Ufficio provvedeva ad inviare al Curatore fallimentare, dott. AVV_NOTAIO NOME, l’invito n. NUMERO_DOCUMENTO, notificato il 21/09/2017, con cui si chiedevano i riscontri dei pagamenti relativi agli acquisti di immobili effettuati nel 2013.
Non essendo pervenuto alcun riscontro l’Ufficio notificava l’avviso di accertamento impugnato con il quale contestava alla contribuente la regolarità fiscale di quattro operazioni di acquisto immobiliare che di seguito si riassumono:
acquisto dalla società RAGIONE_SOCIALE di un opificio industriale vetusto da demolire edificato sull’area di cui alla particella 400 nel Comune di Belluno ed un terreno ricadente in parte in zona verde e parte in zona prevista per sede stradale censito alla particella ex 1080 (1224) del Catasto Terreni sempre in Comune di Bellunoper € 1.080.000,00. In ragione della rilevanza posta ai lotti di terreno e dell’intenzione di demolire il fabbricato insistente nell’area di cui alla particella n. 400, la Parte venditrice, ossia la RAGIONE_SOCIALE, ha ceduto gli immobili in parola in regime d’imponibilità iva ordinaria con aliquota 21% per euro
complessivi euro 226.800. Per le cessioni di fabbricati ha invece proceduto con le modalità di imposizione dell’imposta I.V.A. previste dall’articolo 17, quinto comma e sesto comma, lett. a-bis) D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 (cd. “reverse charge”).
L’Ufficio ha contestato l’impostazione fiscale dell’operazione, trattandosi, a suo dire, di cessione avente ad oggetto non un terreno “suscettibile di utilizzazione edificatoria” ma un terreno e relative pertinenze, sul quale insorge un fabbricato, da ritenersi, quindi, già edificato e che, inoltre, l’area insistente sulla particella ex 1080 costituiva pertinenza del fabbricato medesimo.
Pertanto, considerato che ai beni pertinenziali si applica il medesimo regime fiscale dettato per il bene principale, e considerato che il bene principale deve ritenersi fabbricato strumentale, l’operazione de qu doveva qualificarsi come esente ai sensi dell’art. 10, comma 1, n. 8 -ter del D.p.r. n. 633/1972 e la ricorrente avrebbe potuto applicare il regime dell’inversione contabile previsto dall’articolo 17, quinto comma e sesto comma, lett. a-bis) D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 (cd. “reverse charge”). Da quanto sopra, l’Ufficio ha ritenuto indetraibile la relativa Iva, pari ad € 226.800,00.
2) acquisto dalla società RAGIONE_SOCIALE di lotto di area edificabile urbanizzato di mq 6.824, urbanizzato, con sovrastante immobile in costruzione, censito alla particella 155 del Catasto Terreni del Comune di Salaria (Ro), rientrante nell’ambito del Piano per Insediamenti produttivi (PIP) denominato ‘Eridania’. La cessione in oggetto veniva assoggettata ad Iva, quale cessione di terreno edificabile per euro 900.000 applicando l’Iva aliquota 21%. L’Ufficio riteneva, invece, che l’immobile in questione doveva essere più propriamente qualificato come area pertinenziale al
fabbricato, in quanto con la cessione de qu veniva ceduto un fabbricato strumentale in costruzione con sottostante terreno sottoposto al vincolo di non ulteriore edificazione. Pertanto, la società avrebbe dovuto o esercitare l’opzione IVA e, per conseguenza, applicare il regime dell’inversione contabile, oppure, in assenza di opzione, considerare l’operazione esente IVA. Non essendo stata esercitata l’opzione, l’operazione doveva necessariamente ritenersi esente ai sensi dell’art. 10, n. 8 -ter), del D.P.R. n. 633 del 1972; e pertanto, secondo l’Ufficio, l’IVA esposta nella fattura n. 1 del 21/03/2013 pari a € 189.000,00, sarebbe stata detratta indebitamente dalla ricorrente.
acquisto dalla società RAGIONE_SOCIALE di porzioni di fabbricati allo stato grezzo siti in Cartura (Pd) per euro 379.077,64 oltre ad iva aliquota 21% pari ad euro 65.780,34.
contabilizzazione di fattura emessa dalla RAGIONE_SOCIALE per pagamento di un acconto relativo all’acquisto di fabbricato con annessa area pertinenziale sito in Gonars (Udine), iva aliquota 21% per euro 13.710,74.
Secondo l’Ufficio per la terza e la quarta compravendita immobiliare non sarebbe provata la effettività dell’operazione. Dalle verifiche svolte dall’Ufficio risulterebbe che:
-la sede legale di entrambe le società, cedente e acquirente è la stessa: INDIRIZZO;
-le dichiarazioni dei redditi e IVA, qualora inviate, risultano essere spedite dallo stesso intermediario, AVV_NOTAIO COGNOME NOME;
socio unico e rappresentante legale ante fallimento della RAGIONE_SOCIALE risulta essere il signor NOME;
unico socio della RAGIONE_SOCIALE è stata dal 19/10/2012 al 28/05/2013 (fino a qualche giorno dopo la vendita in
questione) la società RAGIONE_SOCIALE P_IVA;
socio unico della RAGIONE_SOCIALE al 31/12/2013 risulta essere la società in epigrafe, RAGIONE_SOCIALE;
attuale (dal 24/06/2015) socio unico della RAGIONE_SOCIALE risulta essere la Sig.ra COGNOME NOME Codice fiscale: CODICE_FISCALE, moglie del signor NOME nonché rappresentante legale della RAGIONE_SOCIALE;
la sede legale della RAGIONE_SOCIALE è sempre INDIRIZZO, le dichiarazioni dei redditi e IVA, risultano essere spedite dallo stesso intermediario, AVV_NOTAIO COGNOME.
La Società RAGIONE_SOCIALE non risulterebbe iscritta alla RAGIONE_SOCIALE non potendo pertanto rilevarsi la composizione societaria.
Da quanto sopra, secondo l’Ufficio, risulterebbe che tutte le società coinvolte nelle operazioni immobiliari sono tra loro strettamente collegate con sovrapposizione e trasmissione di interessi al momento RAGIONE_SOCIALE cessioni. Le Società venditrici non avrebbero poi versato l’Iva addebitata né presentato la dichiarazione ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte dei redditi e IVA nell’anno d’imposta in questione.
Per quanto sopra, a parere dell’Ufficio, quindi, l’iva relativa alla terza operazione di cui alla fattura n. 1 del 18/04/2013 pari a € 65.780,34 sarebbe stata indebitamente detratta.
Per la quarta operazione, l’immobile oggetto dell’acconto sarebbe un fabbricato strumentale con annessa area pertinenziale; pertanto, trattandosi di un’operazione esente ai sensi dell’art. 10, comma 1, n. 8 -ter), del D.P.R. n. 633 del 1972, l’Iva indicata per € 13.710,74 sarebbe stata indebitamente detratta.
.
La C.T.P. di Vicenza con sentenza n. 334/2019 Sez. 2, oggetto della presente impugnazione in appello, ha parzialmente accolto il ricorso del contribuente in relazione alla legittimità della detrazione Iva operata con riguardo alle prime due compravendite (vale a dire in relazione agli acquisti immobiliari effettuati dalle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE).
In relazione, invece, all’ acquisto effettuato dalla società RAGIONE_SOCIALE (terza compravendita) la CTP di Vicenza ha riconosciuto la totale inesistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni effettuate, posto che le società coinvolte nell’operazione risultavano strettamente collegate tra loro, tanto da crearsi una completa sovrapposizione di interessi. I giudici hanno ritenuto, quindi, non provata l’effettività RAGIONE_SOCIALE operazioni.
Con riferimento, infine, alla quarta compravendita la CTP di Vicenza rilevava l’acquisto di fabbricato strumentale con annessa area pertinenziale pertanto riconosceva, in applicazione dell’art. 10 del D.P.R. 633/1972, che l’operazione doveva qualificarsi come esente, ritenendo indebita l’Iva portata in detrazione da RAGIONE_SOCIALE
Proponevano appello, per le parti di rispettiva soccombenza, in via principale l’Ufficio ed in via incidentale la contribuente.
La CGT II del Veneto, con la sentenza in epigrafe, così decideva: ‘Riforma parzialmente la sentenza appellata come specificato nelle motivazioni’.
3.1. In motivazione osservava:
Con la prima operazione (acquisto da RAGIONE_SOCIALE), questo Collegio, esaminati gli atti, rileva che l’immobile oggetto di compravendita è indicato quale vetusto e da demolire e che, in assenza di ulteriori e diverse precisazioni sarà l’acquirente ad occuparsi della demolizione. Da ciò, deve
ritenersi che la compravendita ha comunque ad oggetto un fabbricato esistente anche qualora l’acquirente sia disposto all’acquisto solo perché dal punto di vista urbanistico vi sia la possibilità di demolizione dello stesso per la costruzione di nuove opere.
Il terreno ricadente parte in zona verde e parte in zona prevista per sede stradale censito alla particella ex 1080 (1224) del Catasto Terreni in Comune di Belluno non può per tali vincoli di destinazione considerarsi area fabbricabile anche indipendentemente dall’attribuzione allo stesso di pertinenza o meno al bene principale. Rileva in maniera inequivocabile quanto dedotto nella perizia dell’AVV_NOTAIO COGNOME, incaricato dal Tribunale di Vicenza nell’ambito della procedura fallimentare, dalla quale chiaramente si evince che ‘…l’area complessiva è di circa 13.000 mq dei quali 3.259 sono edificabili con destinazione di edifici ad uso commercialedirezionale e residenziale; l’area rimanente è destinata a servizi di parcheggi e verde pubblico attrezzato’.
Da quanto sopra consegue che tale compravendita non è da assoggettare ad Iva.
Con la seconda operazione (Acquisto da RAGIONE_SOCIALE), questo Collegio, esaminati gli atti, rileva che oggetto della compravendita è indicato ‘…un lotto di area edificabile di mq 6824 catastali e reali, urbanizzato con sovrastante immobile in corso di costruzione’. La cessione di fabbricato in corso di costruzione non può ancora essere considerata come cessione di fabbricato strumentale (la cui cessione comporta l’applicazione RAGIONE_SOCIALE imposte ipotecaria e catastale). Lo status di ‘fabbricato strumentale’ si consegue solo con l’ultimazione dei lavori, mentre nel periodo stesso della sua costruzione, il manufatto deve considerarsi ancora parte del circuito produttivo dell’impresa cedente (perché non
può essere considerato come fabbricato non suscettibile di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni) con la conseguenza che la sua cessione non è qualificabile in termini di cessione di fabbricato strumentale, ma in termini di bene in corso di lavorazione. Ne deriva che se l’acquirente è un soggetto imprenditore, il quale continua il ‘ciclo produttivo’, la cessione dell’edificio in corso di costruzione sarà imponibile Iva mentre se acquirente è un soggetto privato, la cessione del manufatto in corso di lavorazione ne interrompe il ciclo produttivo. (Cass. n. 23499 del 18.11.2016).
Da quanto desunto dagli atti, non contrastato dall’Ufficio, risulta che la contribuente sia un soggetto imprenditore operante nel settore edile e pertanto tale compravendita è da assoggettare ad Iva.
Con la terza operazione (acquisto dalla società RAGIONE_SOCIALE avendo ad oggetto la compravendita di ‘porzioni di fabbricati allo stato grezzo’ ed intendendo per tali gli immobili venduti nello stato di “scheletro strutturale”, cioè privi di tutte le pareti verticali esterne o di elementi dell’involucro edilizio, equiparabili a beni in corso di lavorazione, questo Collegio ritiene applicabile quanto già dedotto per la seconda operazione e, per le stesse motivazion superiormente addotte, tale compravendita è da assoggettare ad Iva.
Con la quarta operazione (contabilizzazione di fattura per acconto emessa dalla RAGIONE_SOCIALE) trattandosi di acconto riferito alla compravendita di un fabbricato strumentale con annessa area pertinenziale, si deve ritenere qualificabile quale operazione esente ai sensi dell’art. 10, comma 1, n. 8 -ter) del Dpr 633/72.
Indebita pertanto deve considerarsi la detrazione della relativa Iva addebitata in fattura.
A parere di questo Collegio, non rileva ai fini della disciplina fiscale da applicare alle cennate operazioni di compravendita, il fatto che le società venditrici in alcuni casi ‘…non abbiano provveduto al versamento dell’Iva o che non sia stata presentata documentazione giustificativa che dimostri con certezza l’avvenuto pagamento degli importi e la soddisfazione integrale del debito’. Tali contestazioni assumono valore in ambito controllo e/o rettifica RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni fiscali presentate dalle singole società o in altro ambito di contestazione.
Per quanto sopra conseguono le sanzioni determinate in ambito accertativo quale infedele dichiarazione indipendentemente dall’utilizzo in compensazione verticale e/o orizzontale dell’eventuale indebito credito iva nell’anno d’imposta successivo.
Propone ricorso per cassazione il fallimento di RAGIONE_SOCIALE con cinque motivi. l’RAGIONE_SOCIALE entrate resiste con controricorso, altresì spiegando ricorso incidentale con due motivi. Il fallimento di RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso al ricorso incidentale.
Considerato che:
Ricorso principale.
Primo motivo: ‘Art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c.: nullità della sentenza e del procedimento. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2, 19 e 36 del d.lgs. n. 546 del 1992, nonché degli artt. 112 e 115 c.p.c. Il giudice tributario non può superare il perimetro tracciato dalla motivazione del provvedimento impositivo, pronunciandosi su domande mai proposte dalle parti e su fatti non in contestazione tra di esse’.
1.1. L’avviso di accertamento, in riferimento alla vendita da RAGIONE_SOCIALE,
sostiene che la cessione del solo terreno (punto B) sarebbe stata erroneamente assoggettata al regime Iva
ordinario (comportante l’emissione di fattura con <> da parte del venditore e la detrazione della stessa da parte dell’acquirente) in luogo del regime Iva che, secondo l’Ufficio, sarebbe applicabile a tale operazione di compravendita, e cioè quello del reverse charge (emissione di fattura senza l’addebito di Iva da parte del venditore e rilevazione dell’imposta sia a debito che a credito da parte dell’acquirente). Ciò in quanto, come riportato a pag. 9 dell’avviso di accertamento, <>.
Nell’avviso di accertamento, dunque, si conclude che <>. Nel ricorso introduttivo del giudizio si è eccepita l’infondatezza della contestazione mossa nei confronti di RAGIONE_SOCIALE in ragione dell’erronea qualificazione del terreno in questione come pertinenza dell’opificio[, atteso
che …] per considerare un terreno quale pertinenza di un fabbricato è necessaria la volontà del proprietario dei beni di porre il terreno in rapporto di strumentalità funzionale rispetto al fabbricato .
Ora, nel caso di specie, il terreno ceduto ad RAGIONE_SOCIALE dalla <> non è stato destinato dai proprietari (né il precedente, né l’attuale) a pertinenza del fabbricato, tanto che persino nello stralcio del rogito riportato nell’avviso di accertamento i due beni vengono tenuti distinti .
La Commissione Tributaria Provinciale di Vicenza ha accolto il motivo di ricorso, affermando che <> .
RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE ha impugnato la sentenza di primo grado, ribadendo che, esclusivamente in ragione del rapporto pertinenziale con l’opificio, la cessione del terreno non avrebbe dovuto essere assoggettata a Iva (motivo n. 1, sub. a, esposto da pag. 8 pag. 16 dell’appello dell’RAGIONE_SOCIALE, contenuto nel fascicolo di controparte innanzi la C.G.T. di secondo grado del Veneto, qui riallegato, doc. n. 6 cit.).
Nel costituirsi in giudizio, COGNOME ha evidenziato che l’iter logicogiuridico seguito dal primo Giudice nell’affermare che il terreno in questione non può essere considerato pertinenza del rudere dell’opificio è oltremodo chiaro, leggendosi nella sentenza di primo grado:
che, ai sensi dell’art. 817 c.c., <>;
ii) e che, affinché il terreno in questione possa essere ritenuto pertinenza del fabbricato, è altresì necessario che, come per dell’opificio, sussista <>.
Il ragionamento esposto nella sentenza, anche semplice da riassumere, è il seguente: siccome non vi è la volontà RAGIONE_SOCIALE parti contraenti di destinare il terreno a pertinenza dell’opificio e considerato che il terreno, in quanto area edificabile, può essere destinato a usi diversi rispetto a quelli del fabbricato, non vi è ragione per ritenere che il terreno costituisca pertinenza del fabbricato .
Ebbene, il capo di sentenza [in cui la CGT II, in particolare, scrive che ‘il terreno ricadente parte in zona
verde e parte in zona prevista per sede stradale censito alla particella ex 1080 (1224) del Catasto Terreni in Comune di Belluno non può per tali vincoli di destinazione considerarsi area fabbricabile anche indipendentemente dall’attribuzione allo stesso di pertinenza o meno al bene principale’] merita di essere cassato per avere il Giudice di seconde cure completamente stravolto l’impostazione accusatoria descritta nella motivazione dell’avviso di accertamento, pronunciandosi su domande mai invocate dalle parti e su fatti non in contestazione tra di esse.
1.2. Il motivo è inammissibile e comunque manifestamente infondato.
Esso è inammissibile a misura che, come visto, non riproduce l’atto d’appello agenziale, impedendo quindi di apprezzarne l’effettiva consistenza.
Esso è comunque manifestamente infondato a misura che, avendo l’RAGIONE_SOCIALE in appello sostenuto che per il rapporto pertinenziale con l’opificio la cessione del terreno non avrebbe dovuto essere assoggettata a IVA, la CGT II dimostra di perfettamente contenersi entro tale devoluzione, laddove specifica che oggetto della compravendita era ‘un fabbricato esistente’, a prescindere dall’intenzione dell’acquirente di sfruttarne le potenzialità edificatorie in conseguenza della possibile demolizione, di cui egli medesimo avrebbe dovuto occuparsi. In altre parole, nel ragionamento della CGT II, il fabbricato ‘vetusto e da demolire’, individuando la ‘res’ compravenduta, si porta seco anche le pertinenze, ossia i terreni. La successiva affermazione della CGT II secondo cui questi non sono, per i vincoli di destinazione cui soggiacciono, edificabili costituisce una mera argomentazione confirmatoria, volta ad evidenziare la non condivisibilità della tesi di parte contribuente circa un’autonoma valenza contrattuale dei terreni, ai fini di un parimenti autonomo regime d’imposta disgiunto
dall’edificio: tesi smentita, alla stregua del coerente ragionamento della CGT II, dalla loro intrinseca insuscettività di sviluppare, in quanto tali, potenzialità edificatorie.
Alla stregua di quanto innanzi deve escludersi alcuna violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., così come dell’art. 115 cod. proc. civ. Più particolarmente, con riguardo alla dedotta violazione di questa seconda disposizione, rileva il ripetuto insegnamento secondo cui, ‘i n tema di valutazione RAGIONE_SOCIALE prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia della violazione RAGIONE_SOCIALE predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., come riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012′ (Sez. 3, n. 3572 del 11/02/2021, Rv. 660548-01; Sez. 3, n. 23940 del 12/10/2017, Rv. 645828-02).
Secondo motivo: ‘Art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.: omesso esame di un fatto decisivo per sussistenza di motivazione apparente, attinente l’inesistenza del vincolo pertinenziale’.
2.1. ‘Come visto nel motivo precedente, a cui per economia di scrittura si rinvia il capo di sentenza su cui ci si è ivi soffermati è puramente apparente, posto che la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado, essendosi pronunciata su domande non proposte dalle parti e su fatti non in contestazione tra di esse, ha omesso di risolvere la questione controversa che ha interessato l’intero processo di merito’. ‘Il Giudice di seconde cure avrebbe dovuto rispondere alle eccezioni proposte dalla RAGIONE_SOCIALE, esaminando
specificamente le richiesta circa l’accertamento dell’inesistenza del vincolo pertinenziale per le seguenti ragioni: i. il terreno ceduto ad RAGIONE_SOCIALE dalla <> non è stato destinato dai proprietari (né il precedente, né l’attuale) a pertinenza del fabbricato, tanto che persino nello stralcio del rogito riportato nell’avviso di accertamento i due beni vengono tenuti distinti, come rilevato dal Giudice di primo grado nell’accogliere il motivo di ricorso; ii. risulta incomprensibile come si possano qualificare dei beni alla stregua di pertinenze (non in relazione alla destinazione degli stessi al momento della cessione, bensì) avendo riguardo della destinazione che, in futuro (e cioè se e quando verrà attuato il progetto di riqualificazione edilizia indicato nel progetto), verrà a questi attribuita, in un contesto in cui, peraltro, la stessa circolare dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE afferma che <> (par. 1.5 esposto da pag. 14 a pag. 15 dell’atto di costituzione in giudizio); iii. la futura destinazione dell’area fabbricabile (parcheggi aperti al pubblico e zone verdi pubbliche), in ogni caso, collide con quella di pertinenza di un fabbricato (par. 1.6 esposto a pag. 15 dell’atto di costituzione in giudizio); iv. è impossibile destinare un terreno a pertinenza di un rudere, come è definito l’opificio nell’atto di cessione, nella perizia citata dall’Ufficio e nello stesso avviso di accertamento (par. 1.7 esposto a pag. 16 dell’atto di costituzione in giudizio); v. controparte dà per scontato che l’opificio (da demolire) sia da considerare il bene principale, mentre il terreno in questione pertinenza del bene principale, se non altro perché il bene definito principale nell’avviso di accertamento è stato acquistato per l’importo di euro 40.000,00, mentre il bene definito pertinenziale nell’avviso di accertamento è stato acquistato per l’importo di euro 1.080.000,00 e le rispettive dimensioni rispecchiano le valorizzazioni monetarie (par. 1.8
esposto da pag. 16 a pag. 17 dell’atto di costituzione in giudizio); vi. anche a voler seguire la ricostruzione dell’Ufficio (secondo il quale il regime Iva applicabile nel caso di specie sarebbe dovuto essere lo stesso di quello applicato alla cessione del fabbricato e, quindi, il regime del reverse charge), risulta legittima la detrazione del credito Iva, giacché l’RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto richiedere il versamento dell’Iva a debito, ma non disconoscere la detrazione dell’Iva a credito che, anche a seguito dell’applicazione del regime di inversione contabile, rimarrebbe comunque indiscutibilmente legittima (par. 1.10 esposto da pag. 19 a pag. 20 dell’atto di costituzione in giudizio) spiegando le motivazioni per le quali esse non sarebbero idonee a confutare la pretesa di controparte’.
2.2. Il motivo è inammissibile.
Esso, contravvenendo ai principi di precisione ed autosufficienza, fa riferimento a dati di fatto ed a documenti senza evidenziare donde risultino i primi e donde siano stati acquisiti agli atti i secondi, con esigibile riproduzione dei corrispondenti contenuti quantomeno nelle parti rilevanti.
Sotto altro profilo, non deduce alcun fatto storico di cui la CTG II avrebbe omesso l’esame, limitandosi a dolersi, in sostanza, della mancata condivisione RAGIONE_SOCIALE argomentazioni difensive, per di più incentrate su prospettazioni giuridiche. Trova per l’effetto applicazione l’insegnamento consolidato di questa Suprema Corte secondo cui ‘l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. n. 83 del 2012, conv. dalla l. n. 143 del 2012, prevede l”omesso esame’ come riferito ad ‘un fatto decisivo per il giudizio’ ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, non assimilabile in alcun modo a ‘questioni’ o ‘argomentazioni’ che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità RAGIONE_SOCIALE
censure irritualmente formulate’ (Sez. 6 -1, n. 2268 del 26/01/2022, Rv. 663758-01).
Terzo motivo: ‘Art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.: violazione e/o falsa applicazione dell’art. 10 e dell’art. 19 del d.p.r. n. 633 del 1972 in quanto si equipara l’immobile non utilizzabile/abitabile ad un immobile strumentale ultimato e, inoltre, perché è comunque legittimo il diritto alla detrazione’.
3.1. Il motivo si appunta sulla contestazione di cui ‘alle pag. 1516 dell’avviso di accertamento’, ove, ‘in relazione ad altra futura compravendita immobiliare, si legge che <>’. La decisione della CGT II sulla quarta operazione è censurabile ‘per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 10 co. 1, n. 8-ter), del d.p.r. n. 633 del 1972 in quanto il Giudice di seconde cure estende l’applicazione di tale disposizione, esclusivamente riferita alle <>, agli immobili non utilizzabili/abitabili. L’estensione a tale tipologia di immobili si rivela illegittima, in quanto tali beni non possono essere considerati strumentali perché non possano essere immessi nel ciclo produttivo. Il capo di sentenza, inoltre, merita di essere cassato per violazione dell’art. 19 del d.p.r. n. 633 del 1972, in quanto l’RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto richiedere il versamento dell’Iva a debito nei confronti del (futuro) venditore, ma non disconoscere la detrazione dell’Iva a credito che, anche a seguito dell’applicazione del regime di inversione contabile (per il quale RAGIONE_SOCIALE avrebbe potuto optare), rimarrebbe comunque indiscutibilmente legittima per RAGIONE_SOCIALE‘.
3.2. Il motivo è inammissibile.
Esso introduce un elemento -la (di per se stessa generica) ‘non utilizzabilità/abitabilità’ degli ‘immobili’ -di cui non
restituisce minima evidenza mediante congrui richiami ad atti e documenti dei gradi di merito, in tal guisa violando il principio di autosufficienza.
Inoltre, pretermette totalmente il ben diverso accertamento compiuto dalla CGT II, che afferma trattarsi della ‘compravendita di un fabbricato strumentale con annessa area pertinenziale’, ragion per cui ‘si deve ritenere qualificabile quale operazione esente ai sensi dell’art. 10, comma 1, n. 8 -ter) del Dpr 633/72’.
D’altronde, tale essendo, senza che siano state formulate contestazioni sul punto, l’oggetto della compravendita, lo stato di pretesa ‘non utilizzabilità/abitabilità’ (fermo che si tratta di caratterizzazioni, anzitutto giuridiche, affatto distinte) del fabbricato non assume rilevanza alcuna, perché non ne pregiudica la strumentalità (che è altro dall’idoneità all’immissione nel ciclo produttivo di cui ragiona il motivo): strumentalità da valutarsi alla stregua RAGIONE_SOCIALE mere possibilità di sfruttamento nell’esercizio dell’attività di impresa, anche attraverso interventi edilizi, viepiù non solo in astratto, con riferimento all’oggetto dell’attività d’impresa, bensì in concreto, nel senso che il fabbricato ben può costituire, anche in funzione programmatica, il mezzo per l’esercizio della suddetta attività (cfr., ‘mutatis mutandis’, Sez. 5, n. 5559 del 26/02/2019, Rv. 652960-01).
Quarto motivo: ‘Art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c.: nullità della sentenza e del procedimento. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2, 19 e 36 del d.lgs. n. 546 del 1992, nonché dell’artt. 112 c.p.c. Carenza della motivazione nella parte relativa al recupero dell’imposta e all’irrogazione della sanzione proporzionale nonostante il credito Iva non sia stato utilizzato’.
4.1. ‘Con il quinto motivo del ricorso introduttivo del giudizio (motivo n. 5 esposto da pag. 40 a pag. 42 del ricorso introduttivo del giudizio) si è eccepita la violazione dell’art. 5, co. 4, del d.lgs. n. 471 del 1997 e quindi che la pretesa impositiva e
sanzionatoria risulta illegittima anche a prescindere dai motivi d’impugnazione concernenti la natura RAGIONE_SOCIALE compravendite, posto che, da quanto riportato a pag. 17 dell’avviso di accertamento, risulta che il credito Iva in questione non è mai stato utilizzato in compensazione con altri debiti d’imposta. RAGIONE_SOCIALE, infatti, si è semplicemente limitata a riportare, di anno in anno, il credito d’imposta. Trova, dunque, applicazione quanto statuito dall’art. 5, co. 4, del d.lgs. n. 471 del 1997 ‘. La CTP aveva condiviso la prospettazione della parte contribuente. In appello, ‘l’Ufficio rileva che dell’originario credito di euro 495.301,08 residua l’importo di euro 410.108,00. Ciononostante, pretende di azzerare il credito riportabile, recuperare l’imposta e applicare le sanzioni sul totale dell’originario credito’. ‘Ora, si tratta di affermazioni del tutto destituite di fondamento, come si è evidenziato nel terzo motivo dell’atto di costituzione in giudizio di RAGIONE_SOCIALE (motivo n. 3 esposto da pag. 34 a pag. 40 dell’atto). Perché un credito possa ritenersi utilizzato, infatti, deve essere impiegato in compensazione in F24 o in dichiarazione (circostanza che, nel caso di specie, non si è verificata per la maggior parte del credito, pari ad euro 410.108,00, come rileva lo stesso Ufficio). A tanto si addiviene dalla semplice lettura dall’art. 5, co. 4, del d.lgs. n. 471 del 1997, che altrimenti non avrebbe alcuna utilità ‘. ‘L’Ufficio ha, quindi, proposto l’appello in spregio alla legge, in spregio ai documenti di prassi della stessa RAGIONE_SOCIALE, in spregio al principio di buon andamento della Pubblica Amministrazione, in spregio a qualsivoglia forma di lealtà processuale ‘. ‘Alla luce di tutto ciò, si è chiesto alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado la conferma decisione della Commissione Tributaria Provinciale di Vicenza. Il Giudice ha, tuttavia, laconicamente affermato che <> (pag. 7 della sentenza impugnata). Ebbene, non v’è chi non veda come la motivazione in relazione a tale rilevantissima questione della controversa sia stata del tutto pretermessa ‘.
4.2. Il motivo è inammissibile.
Esso, invero, premesso che non riproduce la parte sanzionatoria dell’avviso, tiene in non cale che, giusta non contestata affermazione di cui al controricorso (p. 6), ‘con riguardo a queste ultime l’Ufficio depositava in corso di causa provvedimento di autotutela parziale, con cui rideterminava l’ammontare ai sensi dell’art. 5, comma 4, d.lgs. n. 471/97, ovvero in misura corrispondente alla differenza di credito effettivamente utilizzato’.
A fronte di ciò, esso neppure riproduce la ‘pag. 17 dell’avviso di accertamento’, in modo da comprovare l’allegazione secondo cui, ‘da quanto riportato a pag. 17 dell’avviso di accertamento, risulta che il credito Iva in questione non è mai stato utilizzato in compensazione con altri debiti d’imposta’.
D’altronde, l’allegazione del mancato utilizzo entra in frizione con lo stesso ulteriore sviluppo letterale del motivo, laddove si legge che, ‘perché un credito possa ritenersi utilizzato, infatti, deve essere impiegato in compensazione in F24 o in dichiarazione (circostanza che, nel caso di specie, non si è verificata per la maggior parte del credito, pari ad euro 410.108,00)’: la mancata verificazione della circostanza ‘per la maggior parte’ esclude per ciò solo il non utilizzo per la totalità.
Oltretutto, l’indicazione dell’ammontare del credito pretesamente non utilizzato in euro 410.108,00, siccome attribuita ad una dichiarazione dell’RAGIONE_SOCIALE in appello, non assolve ai doveri di precisione ed autosufficienza. Invero, l’atto di appello è citato, nel motivo, soltanto mediante una brevissima estrapolazione. Tale manchevolezza è tanto più significativa tenuto conto della ben
diversa ricostruzione agenziale, non minimamente avversata, nel controricorso (p. 19), secondo cui ‘l’Ufficio aveva, infatti, rilevato che RAGIONE_SOCIALE aveva utilizzato una parte del suddetto credito sia mediante compensazione con modello F24, sia per abbattere l’Iva a debito dovuta. Dagli atti si evinceva infatti che per l’anno d’imposta 2013 Controparte aveva presentato tre dichiarazioni Iva. Nelle prime due, presentate rispettivamente il 27/02/2014 e il 04/04/2014, la società, che indicava un credito Iva di € 630.348,88 chiedeva a rimborso l’importo di € 450.000,00. Entrambe le dichiarazioni erano state invalidate dall’Amministrazione. Con la terza dichiarazione presentata in data 26/02/2015 il credito Iva veniva indicato a compensazione. Negli anni successivi (2014 e 2015) tale credito veniva in parte usato in compensazione in F24 ed in parte utilizzato per abbattere l’Iva a debito dovuta, residuando un credito Iva nella dichiarazione Modello Unico 2016 pari a € 410.108,00. Alla data del fallimento da intercalare 1 modulo VL della dichiarazione Iva per l’anno 2016 la società chiedeva a rimborso la somma di € 200.000,00. Dalle dichiarazioni presentate dalla ricorrente si evince, pertanto, l’utilizzazione del predetto credito sia in compensazione con F24 sia a scomputo dell’imposta a debito dovuta dalla società’.
A fronte di quanto precede, la denunciata violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. non sussiste, avendo la CGT II espressamente pronunciato riguardo alle sanzioni.
La denunciata ‘carenza della motivazione’ non è dedotta nei termini e nei limiti di cui al (neppure invocato) paradigma dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.
Quinto motivo: ‘Art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.: violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5, co. 4, del d.lgs. n. 471 del 1997 e dell’art. 6, co. 6, del d.lgs. n. 471 del 2000, in quanto tali disposizioni impediscono il recupero dell’Iva e l’irrogazione di sanzioni proporzionali, rispettivamente, a fronte del mancato
utilizzo del credito d’imposta o del versamento della stessa da parte del cessionario/committente’.
5.1. Come si è accennato nel motivo che precede , il credito Iva in questione non è mai stato utilizzato in compensazione con altri debiti d’imposta . Trova, dunque, applicazione quanto statuito dall’art. 5, co. 4, del d.lgs. n. 471 del 1997 ‘. ‘Con il motivo n. 6 del ricorso introduttivo del giudizio (a pag. 42) e con il motivo n. 9 dell’atto di costituzione nel secondo grado di giudizio (alle pag. 6061) si è eccepita la violazione dell’art. 6, co. 6, del d.lgs. n. 471 del 1997, il quale prevede che <>. Ne deriva che, essendo l’imposta stata versata dai cedenti dei beni immobili (l’Ufficio non ha mai dato dimostrazione del contrario), non può essere disconosciuto il diritto alla detrazione nei confronti di NOME e la sanzione irrogabile dovrebbe essere quella indicata nell’appena citato comma’.
5.2. Il motivo è inammissibile.
In riferimento alla dedotta ‘violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5, co. 4, del d.lgs. n. 471 del 1997’ valgono le considerazioni già espresse a proposito del motivo precedente.
In riferimento alla dedotta ‘violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6, co. 6, del d.lgs. n. 471 del 1997’, il motivo incorre in difetto di precisione, oltreché di autosufficienza, perché non indica donde risulti che l’imposta sia stata effettivamente ‘versata dai cedenti dei beni immobili’, del tutto decentrata essendo l’invocazione del non avere, in tesi, l’Ufficio ‘mai dato dimostrazione del contrario’, perché, secondo gli ordinari criteri di
riparto degli oneri probatori, non incombeva certo all’Ufficio di offrire una tale dimostrazione, ma, al contrario, a parte contribuente di documentare il fatto modificativo, estintivo o impeditivo della pretesa fiscale.
Fermo quanto innanzi, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6, comma 6, D.Lgs. n. 471 del 1997, in riferimento alla previsione del secondo periodo (‘ In caso di applicazione dell’imposta in misura superiore a quella effettiva, erroneamente assolta dal cedente o prestatore ‘), non ha ragion d’essere donde, altresì e comunque, la manifesta infondatezza ‘in parte qua’ del motivo atteso che nella specie non si verte affatto dell”applicazione dell’imposta in misura superiore a quella effettiva’, ma della totale indetraibilità dell’imposta per effetto dell’esenzione RAGIONE_SOCIALE cessioni oggetto RAGIONE_SOCIALE singole riprese. In argomento, questa S.C. ha già avuto modo di specificare che ‘l’ imposta erroneamente corrisposta in relazione ad un’operazione non imponibile non può essere portata in detrazione dal cessionario, nemmeno a seguito della modifica apportata dall’art. 1, comma 935, della I. n. 205 del 2017 all’art. 6, comma 6, del d.lgs. n. 471 del 1997. Invero, indipendentemente dalla sua efficacia retroattiva prevista dall’art. 6, comma 3 bis, del d.l. n. 34 del 2019, la menzionata disposizione si applica unicamente alla diversa ipotesi in cui, a seguito di un’operazione imponibile, l’IVA sia stata erroneamente corrisposta sulla base di un’aliquota maggiore rispetto a quella effettivamente dovuta’ (S ez. 5, n. 18207 del 24/06/2021, Rv. 661788-01; Sez. 5, n. 24289 del 03/11/2020, Rv. 659489-01).
Ricorso incidentale.
6. Primo motivo: ‘Ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. per violazione e falsa applicazione dell’art. 10 n. 8 -ter del d.p.r. 633/1972’.
6.1. ‘Nel caso dell’atto registrato al n. 4332 il 22/03/2013 (seconda compravendita) la società RAGIONE_SOCIALE aveva acquistato dalla società RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE, estinta in data 31/12/2015, ‘la piena proprietà del «Lotto 4» del Piano per Insediamenti Produttivi denominato «Eridania» di cui alla Delibera di Giunta Comunale n. 11 del 12.2.2001 e di Consiglio Comunale n. 11 del 15.3.2001, costituito da area edificabile in Comune di Salara (RO) -avente la seguente prescrizione urbanistica nel certificato di destinazione urbanistica «ZONA D3 produttiva con P.I.P. approvato» – trattasi di lotto di area edificabile di mq. 6824 catastali e reali, urbanizzato con sovrastante immobile in corso di costruzione’. ‘Anche in tale caso le Parti contraenti qualificavano la cessione dell’immobile quale cessione di terreno edificabile, applicando l’Iva con modalità ordinaria. Il lotto di area edificabile avrebbe dovuto, invece, essere considerato pertinenza di fabbricato strumentale in costruzione. L’operazione, pertanto, ai sensi dell’art. 10, n. 8 -ter) del D.p.r. n. 633/1972 doveva ritenersi esente, oppure, come nel caso precedente, si sarebbe dovuta esercitare l’opzione Iva con conseguente applicazione del meccanismo del reverse charge. Controparte eccepiva in ricorso l’illegittimità dell’avviso di accertamento nella parte in cui equipara l’immobile in costruzione ad un immobile ultimato. Invero l’immobile strumentale per natura in costruzione ha la stessa disciplina di quello ultimato’.
‘L’immobile strumentale per natura è quello che non è idoneo ad essere diversamente impiegato senza una radicale trasformazione e non viene fatta nessuna differenza tra beni ultimati e quelli in costruzione. Inoltre, richiamando quanto sopra ampiamente esposto sul regime giuridico RAGIONE_SOCIALE pertinenze, nonché sul conseguente trattamento fiscale RAGIONE_SOCIALE medesime, si precisa che l’area pertinenziale in questione è stata ceduta unitamente all’immobile in corso di costruzione cui accedeva, andando ad
integrare il ‘Lotto 4’ del Piano per insediamenti produttivi denominato ‘Eridania’, approvato dal Comune. Nell’atto di compravendita citato la società acquirente dichiarava di essere in possesso di tutti i requisiti previsti per l’attuazione della zona PIP: ‘. ‘Evidente, quindi, la destinazione unitaria degli immobili indicati nell’atto di compravendita, tanto che la cessione dell’uno non potrebbe effettuarsi separatamente dall’altro e la funzione servente dell’area edificabile rispetto al fabbricato non ultimato. E, infatti, RAGIONE_SOCIALE ha acquistato entrambe le aree dal precedente proprietario RAGIONE_SOCIALE, con il preciso scopo di dare attuazione al PIP per la costruzione di un complesso produttivo. Il fatto è pacifico e non contestato. In definitiva, con l’atto di compravendita de quo veniva acquistato un fabbricato, anche se in corso di costruzione, non un terreno. Per quanto sopra esposto la RAGIONE_SOCIALE aveva ceduto un fabbricato e la relativa area pertinenziale. Poiché ai beni pertinenziali si applica il medesimo regime fiscale dettato per il bene principale, anche in questo caso la cessione di entrambe le aree avrebbe dovuto essere esente ai fini Iva, ai sensi dell’art. 10, n. 8 -ter) del D.p.r. n. 633/1972, che riguarda la cessione di fabbricati strumentali per natura’.
6.2. Il motivo è infondato.
Sez. 5, n. 23499 del 18/11/2016, Rv. 641873-01, correttamente evocata dalla CGT II, ha già avuto modo di affermare che ‘le cessioni di beni strumentali non ultimati, ove avvengano nell’ambito del circuito produttivo, sono soggette ad I.V.A., non ricadendo nell’esenzione di cui all’art. 10, comma 1, n. 8-ter, del d.P.R. n. 633 del 1972, e, conseguentemente, ad imposte ipotecarie catastali in misura proporzionale, ai sensi dell’art. 1-bis della tariffa allegata al d.lgs. n. 347 del 1990, mentre, se sono poste in essere a favore del consumatore finale, il
quale provveda all’ultimazione dei lavori tramite contratto di appalto, sono sottoposte ad imposta di registro’.
Il principio trova costante conferma nella giurisprudenza non massimata (cfr., a mero titolo d’esempio, Sez. 5, n. 22042 del 27/06/2022; Sez. 5, n. 7908 del 11/12/2019, dep. 17/04/2020; Sez. 5, n. 22138 del 13/06/2017).
La CGT II ha pedissequamente ossequiato il principio, osservando, in particolare, come, ‘ nel periodo stesso della sua costruzione, il manufatto deve considerarsi ancora parte del circuito produttivo dell’impresa cedente’.
Un tanto comporta il rigetto del motivo.
Secondo motivo: ‘Ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. per ultrapetizione (avendo il giudice travalicato la motivazione dell’atto impugnato) e, conseguentemente, degli artt. 2, 19 e 36 del d.lgs. n. 546 del 1992’.
7.1. ‘Con riferimento alla terza compravendita accertata l’Ufficio aveva contestato l’indebita detrazione Iva operata dalla società, in quanto caratterizzata da elementi che rendevano dubbia la veridicità di quanto dichiarato nel contratto registrato al n. NUMERO_DOCUMENTO del 19/04/2013 . L’Ufficio, dubitando della veridicità dell’operazione e non avendo riscontri circa l’effettività del versamento del prezzo, oltreché dell’Iva, ha ritenuto che l’operazione fosse stata contratta al solo fine di poter detrarre indebitamente l’Iva. Si rilevava, infatti, che dall’atto notarile registrato presso l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, Ufficio di Padova il 19/04/2013 (doc. n. 8 RAGIONE_SOCIALE controdeduzioni in primo grado), risultava che dell’importo della transazione pari a € 379.077,64, l’importo pari a € 289.287,30 viene saldato a mezzo accollo di mutuo, per il complessivo importo di € 24.000,00, mediante accollo di ipoteche giudiziali. Anche in questo caso non vi era, quindi, prova che il prezzo fosse stato pagato, in quanto la RAGIONE_SOCIALE è poi
fallita. È indetraibile, infatti, l’Iva assolta in corrispondenza di comportamenti abusivi ‘. ‘La decisione si pone in aperto contrasto e, anzi travalica il perimetro RAGIONE_SOCIALE domande ed eccezioni formulate dalle Parti in giudizio (con violazione dell’art. 112 c.p.c.)’. ‘Nel rilievo accertato non si è mai contestata la natura del bene oggetto di compravendita, in quanto la ripresa dell’Iva era determinata dalla mancanza di effettività dell’operazione, caratterizzata dalle prove mai contrastate dalla Controparte, della totale coincidenza di interessi RAGIONE_SOCIALE parti contrattuali. Ciò che l’Ufficio ha sempre contestato era l’antieconomicità dell’operazione, suffragata dalla decisione del giudice di prime cure’.
7.2. Il motivo è fondato.
Emerge dalla stessa sentenza impugnata avere l’Ufficio, in riguardo alla terza compravendita, ritenuto non ‘provata la effettività dell’operazione’, in ragione del fatto che ‘tutte le società coinvolte nelle operazioni immobiliari sono tra loro strettamente collegate con sovrapposizione e trasmissione di interessi al momento RAGIONE_SOCIALE cessioni. Le Società venditrici non avrebbero poi versato l’Iva addebitata né presentato la dichiarazione ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte dei redditi e IVA nell’anno d’imposta in questione’.
Al cospetto di tale contestazione, la CGT II si è profusa nell’esaminare le caratteristiche dell’oggetto della compravendita (‘porzioni di fabbricati allo stato grezzo’ in quanto venduti allo stato di “scheletro strutturale”), ritenendo di non attribuire rilievo al ‘fatto che le società venditrici in alcuni casi ‘…non abbiano provveduto al versamento dell’Iva o che non sia stata presentata documentazione giustificativa che dimostri con certezza l’avvenuto pagamento degli importi e la soddisfazione integrale del debito”, poiché ‘tali contestazioni assum valore in ambito controllo e/o rettifica RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni fiscali presentate dalle singole società’.
Ora, l’affermazione di siffatta irrilevanza -che sostanzia una vera e propria dichiarazione di ricusazione dal decidere (donde, a differenza di quanto eccepito dal fallimento in controricorso, l’ammissibilità, ed altresì la fondatezza, del motivo) manifesta l”error in procedendo’ in cui è caduta la CGT II: è ben vero che le circostanze addotte dall’Ufficio hanno valore in sede di analisi RAGIONE_SOCIALE posizioni RAGIONE_SOCIALE singole società, ma esse hanno altresì finanche prioritario valore nell’ambito della contestazione che presentemente ne occupa, siccome, nella prospettazione agenziale, volte a negare ‘a monte’ l a stessa effettività della compravendita ed in ogni caso del pagamento del prezzo. È chiaro che una tale prospettazione, in caso di condivisione, comporterebbe il disconoscimento in sé e per sé della compravendita. La CGT II, esaminando comunque l’oggetto di questa, ancorché non rientrante nel fuoco dell’avviso, ha violato il perimetro RAGIONE_SOCIALE devoluzioni, cui ‘funditus’ avrebbe dovuto attenersi, per di più procedendo ad affrontare un ‘thema’ di merito gradato rispetto a quello, potenzialmente assorbente, dell’ineffettività della compravendita, su cui solamente avrebbe dovuto pronunciare.
Conclusioni.
8. In definitiva:
quanto al ricorso principale, esso deve essere integralmente rigettato, con conseguente dichiarazione di sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento del cd. doppio contributo unificato;
quanto al ricorso incidentale, esso deve essere accolto nel secondo motivo, rigettato il primo, con conseguente cassazione in ‘parte qua’ della sentenza impugnata e rinvio per nuovo esame (anche in punto, eventualmente, di ricadute sulle sanzioni) e per le spese, comprese quelle del grado.
P.Q.M.
Rigetta integralmente il ricorso principale e, per l’effetto, ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del fallimento di RAGIONE_SOCIALE , di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Accoglie il secondo motivo del ricorso incidentale, rigettato il primo, e, per l’effetto, cassa in relazione la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto per nuovo esame e per le spese, comprese quelle del grado.
Così deciso a Roma, lì 4 luglio 2024.