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Deducibilità assegno divorzile: le tasse si scaricano?

Un ex coniuge, obbligato a pagare le imposte sull’assegno di mantenimento per conto dell’altro, ne chiedeva la deduzione fiscale. Le corti di merito accoglievano la richiesta, ma l’Agenzia delle Entrate si opponeva. La Corte di Cassazione, vista la particolare rilevanza della questione sulla deducibilità dell’assegno divorzile e la mancanza di precedenti recenti, ha rinviato il caso a una pubblica udienza per una decisione approfondita, senza quindi risolvere la controversia nel merito.

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Deducibilità Assegno Divorzile: Si Possono Scaricare le Tasse Pagate per l’Ex Coniuge?

La questione della deducibilità dell’assegno divorzile si arricchisce di un nuovo e complesso capitolo. Un’ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione (n. 18110/2025) ha rimesso a una futura pubblica udienza la decisione su un caso tanto delicato quanto comune: è possibile dedurre dal proprio reddito non solo l’assegno di mantenimento, ma anche le imposte che ci si è impegnati a pagare per conto dell’ex coniuge? La Suprema Corte ha ritenuto la questione di “particolare rilevanza”, segnalando la necessità di un’attenta riflessione. Analizziamo i contorni di questa vicenda.

I Fatti del Caso: L’Accordo di Divorzio e la Questione Fiscale

Al centro della controversia vi è un contribuente che, in sede di divorzio, si era assunto l’onere di corrispondere all’ex moglie un assegno periodico. L’accordo, tuttavia, prevedeva un’ulteriore clausola: il contribuente si impegnava a tenere l’ex coniuge “indenne” dalla tassazione su tale assegno. In pratica, si faceva carico anche del pagamento dell’IRPEF dovuta dalla beneficiaria, per garantirle una somma netta.

In seguito a un controllo formale sulla dichiarazione dei redditi, l’Agenzia delle Entrate contestava tale pratica. Il contribuente, dopo aver versato le somme richieste, presentava istanza di rimborso, che veniva respinta tramite il meccanismo del silenzio-rifiuto. Sia la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) che quella di secondo grado (CGT) davano ragione al contribuente, basandosi su un precedente del 2005 (Cass. n. 9148) e sostenendo che il rimborso dell’IRPEF costituisce “parte integrante dell’assegno stesso”, avendo la finalità di proteggerlo dall’erosione fiscale. Di conseguenza, secondo i giudici di merito, tale importo doveva essere considerato un onere deducibile.

L’Agenzia delle Entrate, non accettando questa interpretazione, ha proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione: Un Rinvio Strategico

Con l’ordinanza in commento, la Suprema Corte non ha preso una decisione definitiva nel merito. Al contrario, ha scelto di rinviare la causa alla pubblica udienza. Questa scelta procedurale non è casuale: viene adottata quando i giudici ritengono che la questione legale sottoposta al loro esame sia di “particolare rilevanza” e richieda un dibattito più ampio e approfondito, anche in considerazione della mancanza di precedenti giurisprudenziali recenti e consolidati sul punto.

La Corte, quindi, sospende il giudizio per poter esaminare con la massima attenzione tutti gli aspetti di una problematica che tocca da vicino sia il diritto tributario che il diritto di famiglia.

Le ragioni della complessità e la deducibilità dell’assegno divorzile

La tesi dell’Agenzia delle Entrate si fonda su due motivi principali. In primo luogo, una violazione dell’art. 10 del TUIR, che elenca tassativamente gli oneri deducibili. Secondo il Fisco, questa norma permette di dedurre solo l’assegno periodico e non altre somme, come il pagamento delle imposte altrui, che deriverebbero da un accordo puramente privato tra le parti. Accettare tale deduzione, sostiene l’Agenzia, creerebbe un “salto d’imposta”: il coniuge che paga dedurrebbe l’importo, mentre il beneficiario, essendo tenuto indenne, non pagherebbe le tasse, con un conseguente danno per l’erario.

In secondo luogo, l’Agenzia contesta l’eccezione di giudicato sollevata dal contribuente, affermando che un eventuale precedente riconoscimento della deducibilità non può vincolare l’amministrazione per gli anni futuri, dato che le spese deducibili sono soggette a variazioni periodiche.

Le motivazioni

Le motivazioni che hanno spinto la Corte a questo rinvio risiedono nella delicatezza del bilanciamento tra l’autonomia negoziale dei coniugi in sede di divorzio e i principi inderogabili del diritto tributario. Da un lato, c’è l’esigenza di tutelare la volontà delle parti di assicurare un sostegno economico effettivo e non eroso dal Fisco. Dall’altro, c’è il principio di tassatività degli oneri deducibili e la necessità di prevenire fenomeni elusivi che possano danneggiare la collettività. La mancanza di una giurisprudenza recente e chiara su questo specifico punto rende necessaria una pronuncia a sezioni unite o in pubblica udienza che possa fare da guida per il futuro.

Le conclusioni

In conclusione, l’ordinanza interlocutoria lascia aperta la cruciale domanda sulla deducibilità dell’assegno divorzile quando questo include la copertura delle imposte dell’ex coniuge. La decisione finale, che arriverà solo dopo la pubblica udienza, avrà un impatto significativo sulla redazione degli accordi di divorzio e sulla pianificazione fiscale di molte famiglie separate. Per ora, i contribuenti che si trovano in situazioni simili devono navigare nell’incertezza, in attesa che la Suprema Corte tracci una linea guida chiara e definitiva.

È possibile dedurre dal proprio reddito le somme pagate a titolo di imposte (IRPEF) sull’assegno di divorzio corrisposto all’ex coniuge?
L’ordinanza in esame non fornisce una risposta definitiva, ma evidenzia la complessità della questione. La Corte di Cassazione ha ritenuto il tema di “particolare rilevanza” e ha rinviato la decisione a una pubblica udienza, segnalando che non esistono precedenti recenti chiari in merito.

Perché l’Agenzia delle Entrate si oppone alla deducibilità delle imposte sull’assegno?
L’Agenzia delle Entrate sostiene che l’art. 10 del TUIR consente la deduzione del solo assegno periodico, non di altre somme pattuite privatamente tra i coniugi. Consentire la deduzione anche delle imposte creerebbe un “salto d’imposta”, con un danno per l’erario, poiché la somma sarebbe dedotta da chi paga e di fatto non tassata in capo a chi la riceve come sostegno economico.

Qual è il significato del rinvio a pubblica udienza disposto dalla Corte di Cassazione?
Il rinvio a pubblica udienza significa che la Corte di Cassazione ha ritenuto la questione legale non sufficientemente matura per essere decisa in camera di consiglio. Riconosce che il tema della deducibilità dell’assegno divorzile in queste circostanze è complesso, controverso e merita un dibattito approfondito prima di emettere una pronuncia che costituirà un importante precedente per casi futuri.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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