Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1859 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1859 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/01/2025
CONCORDATO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato ;
– ricorrente
–
contro
CONSORZIO RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE E IN CONCORDATO , sedente in Milano;
– intimato
–
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, n. 1629/2020 depositata il 16 luglio 2020. Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10
dicembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
1.L’Agenzia intimava alla cooperativa contribuente il pagamento di una cartella per il periodo d’imposta 2013. La CTP rigettava il ricorso tranne che per le sanzioni e gli interessi, che riteneva non dovuti in quanto la società era stata ammessa al concordato. La CTR confermava la pronuncia e quindi l’Agenzia propone ricorso in cassazione affidato a un motivo, mentre la contribuente restava intimata.
CONSIDERATO CHE
1.Con l’unico motivo si deduce violazione degli artt. 2 d.lgs. n. 462/1997, 5 e 13, d.lgs. n. 471/97, 168 l.f. e 90, d.p.r. n. 602/1973, asserendosi che il pagamento della cartella era dovuto, e dunque l’inadempienza del consorzio contribuente era foriera di maturazione di interessi e sanzioni, nonostante la presentazione di domanda di concordato ‘con riserva’.
I dati pacifici in causa sono rappresentanti dal fatto che la società, in data 13 febbraio 2013, ha presentato domanda di concordato, pur riservandosi di depositare proposta, piano e documentazione di cui ai commi secondo e terzo dell’art. 161, l.f., nel termine indicato dal tribunale, il tutto ai sensi dell’art. 161, quarto comma, l.f., e che il debito fiscale attiene al mancato versamento delle ritenute sulle retribuzioni dei dipendenti relative proprio all’anno 2013.
E’ dunque incontestato che durante l’anno 2013 la società ha continuato i rapporti con i propri dipendenti, avendo corrisposto le retribuzioni su cui vanno operate le ritenute fiscali.
Va sul punto osservato che, in base al disposto del primo comma dell’art. 167, l.f., pro tempore applicabile (del resto analogamente a quanto ora dispone il comma 1 dell’art. 94 CCII), durante la procedura di concordato (che inizia col deposito della domanda si chiude con l’omologazione della proposta), il debitore conserva l’amministrazione dei suoi beni e l’esercizio dell’impresa, pur sotto la vigilanza del commissario giudiziale, e fatta salva la necessità di autorizzazione giudiziale per gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione.
Orbene, se è vero che il debitore che abbia presentato domanda di concordato, ancorché con riserva, non possa pagare debiti pregressi se non nei casi previsti dalla legge (in particolare in favore dei fornitori strategici per prestazioni di beni e servizi essenziali alla prosecuzione dell’attività e funzionali al miglior
soddisfacimento dei creditori, il tutto ai sensi dell’art. 182 quinquies, 5° comma, l.f., oggi art. 100, CCII), è tuttavia pacifico che egli possa e debba pagare i debiti sorti durante la c.d. gestione provvisoria – che quindi si sviluppa dalla data di presentazione della domanda fino a quella di eventuale omologazione – espressione appunto della suddetta conservazione dell’esercizio dell’impresa.
I relativi pagamenti non abbisognano di alcuna autorizzazione, ove non comportino l’adozione di atti eccedenti l’ordinaria amministrazione.
Dunque, come il pagamento dei dipendenti costituisce atto di ordinaria amministrazione, essendo posto in dipendenza del surriferito principio per cui l’imprenditore durante il procedimento conserva l’amministrazione dell’impresa, così vale per la corresponsione delle relative ritenute fiscali, le quali devono essere operate e versate come per legge.
Da tanto discende che i relativi accessori, per sanzioni ed interessi, trattandosi di debiti tributari, maturano senz’altro, trovando essi il proprio presupposto nell’inadempimento dell’obbligo di versamento. Nella specie non viene specificato se non che si trattava delle ritenute che andavano operate dal datore di lavoro, cioè il consorzio intimato, sulle retribuzioni dei dipendenti in relazione all’anno d’imposta 2013.
Conseguentemente per il mese di gennaio, anteriore alla proposizione della domanda di concordato, si trattava di debito pregresso, il quale non poteva essere pagato se non alle condizioni di cui al già citato art. 182 sexies, quinto comma, l.f. e sempre col ricorso della prescritta autorizzazione giudiziale, con l’ulteriore conseguenza che -in tal caso -non potevano essere applicate le sanzioni per il ritardato pagamento fino a che lo stesso non fosse stato autorizzato.
Viceversa per quanto riguarda le ritenute inerenti a retribuzioni maturate successivamente alla domanda di concordato, trattandosi
appunto di obbligazioni sorte in corso di procedura e dunque per quanto detto dovuti, il loro mancato tempestivo versamento determina il sorgere dell’obbligazione per sanzioni ed interessi. In proposito per alcun verso il pagamento sarebbe stato da considerarsi in contrasto col principio della par condicio creditorum , trattandosi di un credito addirittura prededucibile (cfr. ora art. 6, comma 1, lett. d), CCII).
In tutto ciò ovviamente risulta irrilevante il dato relativo alla data di emissione della sentenza di omologazione del concordato (nella specie intervenuta nell’aprile 2014), che piuttosto segna la fine della procedura e l’apertura della fase esecutiva del concordato (cfr. art. 181 l.f., oggi art. 113 CCII).
Ne deriva la fondatezza del ricorso con riferimento alle ritenute non operate sulle retribuzioni relative al periodo successivo alla presentazione della domanda di concordato.
Deve dunque pronunciarsi il seguente principio di diritto
‘L’imprenditore che abbia presentato la domanda di concordato, anche con riserva ai sensi dell’art. 161 l.f., è tenuto al pagamento delle ritenute fiscali sulle retribuzioni che corrisponde ai propri dipendenti in relazione alla prosecuzione dell’attività imprenditoriale consentitagli dall’art.168 l.f., con la conseguenza che il mancato o ritardato versamento delle stesse comporta la maturazione delle previste sanzioni e degli interessi. Con riferimento invece alle ritenute relative alle retribuzioni anteriori alla domanda suddetta, il pagamento non è possibile in quanto trattasi di debiti pregressi, salvo non ricorra l’ipotesi prevista dall’art. 182 quinquies, quinto comma, l.f.’
Va dunque disposta la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia che si atterrà al principio qui espresso, distinguendo nei termini che si sono precisati i crediti fiscali per sanzioni ed interessi in base alla maturazione delle ritenute anteriormente o
posteriormente alla proposizione della domanda di concordato, e provvederà altresì alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
P. Q. M.
La Corte cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia che, in diversa composizione, si atterrà al principio espresso e provvederà altresì a liquidare le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2024