Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 28489 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 28489 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29242/2021 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresenta e dife sa dall’AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE CAMPANIA n. 3396/2021 depositata il 21/04/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il Comune di Napoli ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza della CTR Campania n.3396/16/2021, depositata il 21/04/2021 che, in controversia relativa agli avvisi in rettifica relativi ad IMU annualità 2013, 2014, 2015 e 2016 respingeva l’appello della società contribuente per gli anni 2015 e 2016 e per gli ultimi 11 mesi dell’anno 2014 mentre accoglieva l’appello, riconoscendo dovuta l’imposta nella misura del 50%, limitatamente all’anno 2013 e al primo mese del 2014; inoltre statuiva che le sanzioni per le quattro annualità accertate erano dovute complessivamente in misura pari al doppio della sanzione base e sugli importi così risultanti erano infine dovuti i relativi interessi.
La società contribuente resiste con controricorso e successiva memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo l’ente impositore deduce, ex art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 13, comma 3, d.l. 6 dicembre 2011, n° 201, convertito, con modificazioni, dalla l. 22 dicembre 2011, n° 214 integrato dal decreto legislativo del 2 marzo 2012, n° 16, convertito, con modificazioni, dalla l. 26 aprile 2012, n° 44, (articolo 4, comma 5, lettera b).
Assume che nessuna esenzione poteva essere riconosciuta alla società contribuente stante la pacifica mancata comunicazione all’ amministrazione comunale dell’asserita inagibilità dell’immobile tassato, difettando ogni prova della conoscenza da parte dell’ente locale di tale condizione ed, ancor prima, della stessa inagibilità dell’immobile meramente dedotta dalla parte ricorrente, prova che
non poteva certamente identificarsi nella CIL del 6 febbraio 2014, presentata al protocollo informatico del Comune di Napoli.
Con il secondo motivo lamenta, ex art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 12 del d.lgs. n. 472 del 1997.
Assume che trattandosi di un accertamento per omesso versamento, tale ipotesi non rientrava nell’istituto della continuazione, non potendo trovare applicazione la previsione normativa del cumulo giuridico e della violazione continuata di cui all’art. 12 d. lgs. cit.
Il ricorso deve essere respinto per le ragioni appresso specificate.
Il primo motivo è infondato.
4.1. Va osservato che i giudici di appello hanno affermato che: ‘ la società contribuente aveva dimostrato che l’unità immobiliare in questione era stata oggetto di frazionamento in tre distinte unità, con cambio di destinazione d’uso, in attuazione delle opere di cui alla comunicazione inizio lavori protocollo n. NUMERO_DOCUMENTO del 15.05.2011, al cui termine aveva fatto seguito la comunicazione del 06.02.2014 del rapp.te legale della RAGIONE_SOCIALE, acquisita al protocollo dello Sportello RAGIONE_SOCIALE Comune di Napoli, con il n. prot. NUMERO_DOCUMENTO (NUMERO_DOCUMENTO, che aveva datato la fine dei lavori nel giorno 9 gennaio 2014. Essendo stati questi interventi eseguiti nel periodo maggio 2011/ gennaio 2014, deve ritenersi effettivamente dimostrato il non utilizzo dell’immobile e realizzata la condizione dell’inagibilità’ richiamando l’orientamento di legittimità secondo cui quando lo stato di inagibilità è a conoscenza del Comune è da escludersi il pagamento dell’ICI in misura integrale anche se il contribuente non abbia presentato richiesta di usufruire del beneficio della riduzione del 50%.
4.2. Orbene ad avviso di questo Collegio non appare ravvisabile la lamentata violazione di legge atteso che le argomentazioni della sentenza impugnata sono perfettamente in linea con l’orientamento di questa Corte secondo cui «… quando lo stato di inagibil ità è
perfettamente noto al Comune è da escludersi il pagamento dell’ICI in misura integrale anche se il contribuente non abbia presentato richiesta di usufruire del beneficio della riduzione del 50% tenuto conto del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente (legge n. 212 del 2000, art. 10, comma 1), di cui è espressione anche la regola secondo la quale al contribuente non può essere richiesta la prova dei fatti documentalmente noti all’ente impositore (legge n. 212 del 2000, art. 6, comma 4) (cosi Cass. n. 1263/2021, che richiama Cass. 18453/2016 e, nello stesso senso, Cass. n. 8592/2021 e Cass. n. 18455/2016)» (così, Cass., Sez. T., 10 aprile 2024, n. 9656, che ha precisato l’applicabilità di detti principi anche in tema di IMU).
4.3. Occorre, pervero, rammentare che il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione (tra le tante: Cass. 11 gennaio 2016 n. 195; Cass. 30 dicembre 2015, n. 26610). correttezza giuridica e della coerenza logico-formale,
Come è noto, il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente la prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. 4
novembre 2013 n. 24679; Cass. 16 novembre 2011 n. 27197; Cass. 6 aprile 2011 n. 7921; Cass. 21 settembre 2006 n. 20455; Cass. 4 aprile 2006 n. 7846; Cass. 9 settembre 2004 n. 18134; Cass. 7 febbraio 2004 n. 2357). Né il giudice del merito, che attinga il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, è tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (ad es.: Cass. 7 gennaio 2009 n. 42; Cass. 17 luglio 2001 n. 9662).
Dal tenore della sentenza impugnata risulta che la CTR ha operato un diffuso ed argomentato accertamento circa la concreta conoscenza da parte dell’ente impositore della inagibilità dei beni de quibus idonea ad escludere ogni obbligo dichiarativo, apparendo, quindi, evidente che parte ricorrente più che dedurre una violazione di legge lamenta una non corretta valutazione delle prove, a fronte della scelta operata dal giudice di merito in relazione ai dati probatori rilevanti e ritenuti decisivi; oggetto del giudizio che l’ente ricorrente vorrebbe demandare a questa Corte non è, quindi, l’analisi e l’applicazione delle norme, bensì l’apprezzamento delle prove, rimesso alla valutazione del giudice di merito (Cass. 13/05/2022, n. 17744, Cass. 05/02/2019, n. 3340; Cass. 14/01/ 2019, n. 640; Cass. 13/10/ 2017, n. 24155; Cass. 04/04/ 2013, n.8315).
Anche il secondo motivo non coglie nel segno.
5.1. Questa Corte (vedi Cass. 998/2023) sul tema oggetto del secondo motivo ha precisato che:
«in tema di ICI, in ipotesi di più violazioni per omesso o insufficiente versamento dell’imposta relativa ad uno stesso immobile, conseguenti a identici accertamenti per più annualità successive si applica il regime della continuazione attenuata di cui all’art. 12, comma 5, del d.lgs. n. 472 del 1997, che consente di irrogare un’unica sanzione, pari alla sanzione base aumentata dalla metà al triplo»(cfr. Cass. n. 11432/2022; conf. Cass. n. 22477/2022);
-« per effetto dell’art. 12, comma 5, in ipotesi di violazioni riguardanti periodi di imposta diversi, l’Ufficio in sede di notifica dell’atto di irrogazione deve procedere alla ricostruzione di un’unica serie progressiva, che comprende anche le violazioni precedentemente considerate e contestate, e deve tenere conto, nel determinare l’importo della sanzione, di quello già indicato nell’originario atto notificato»;
«l’art. 12, comma 5, citato ha introdotto lo stesso principio in campo processuale, stabilendo che quando siano pendenti più giudizi, non riuniti, anche dinanzi a giudici diversi e sempre con riferimento a una serie di violazioni suscettibili di unificazione, il giudice a cui è devoluta la cognizione dell’ultimo degli atti di irrogazione per una delle violazioni coinvolte possa procedere, a seguito di ricognizione di tutte le sentenze intervenute nei singoli processi non riuniti, ad una ricostruzione unitaria, ove ne sussistano i presupposti, dell’intera serie di violazioni, secondo le regole fissate dall’art. 12, rideterminando quindi la sanzione unica applicabile (in senso conforme, circolare del Ministero delle Finanze n. 138 E del 5 luglio 2000 e circolare n. 180 del 1998)»;
«per effetto di tale disposizione discende che in fase processuale, qualora l’Amministrazione non abbia provveduto all’applicazione del cumulo previsto dall’art. 15 cit., è il giudice che deve provvedere stabilendo il quantum dovuto dal contribuente» (così, Cass. Sez. T., 25 gennaio 2023, n. 2284 e nello stesso senso, tra le altre, Cass., Sez. T, 9 maggio 2023, n. 12433 e Cass., Sez. T., 17 ottobre 2023, n. 28758).
5.2. Ciò posto, occorre stabilire se la reiterazione annuale della medesima infrazione all’obbligo di denuncia possa beneficiare del trattamento previsto dall’art. 12 del d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472 per le sanzioni amministrative.
In linea generale, come è stato precisato da questa Corte (Cass., Sez. 5^, 8 aprile 2022, n. 11432), in tema di cumulo di sanzioni,
trova applicazione l’art. 12 del d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472 (come sostituito dall’art. 2, comma 1, lett. e), del d.lgs. 5 giugno 1998 n. 203 e modificato dall’art.2, comma 1, lett. a, del d.lgs. 30 marzo 2000 n. 99); ai sensi di tale norma, il principio del c.d. “cumulo materiale”, che prevede la sommatoria di tante sanzioni quante sono le violazioni, risulta derogato a favore del contribuente dal c.d. “cumulo giuridico”, che consente l’applicazione di una sola sanzione maggiorata nei casi di: 1) concorso formale (art. 12, comma 1), che si ha quando un soggetto con una sola azione viola più norme anche relative a tributi diversi; 2) concorso materiale (art. 12, comma 1), ove la medesima disposizione sia violata, anche con più azioni, diverse volte; 3) progressione (art. 12, comma 2), che si ha quando, anche in tempi diversi, vengono commesse più violazioni che, nella loro progressione, pregiudicano «la determinazione dell’imponibile ovvero la liquidazione anche periodica del tributo»; 4) continuazione (art. 12, comma 5), per il caso in cui violazioni «della stessa indole vengono commesse in periodi d’imposta diversi»; 5) rilevanza delle stesse violazioni ai fini di più tributi (art. 12, comma 3).
In particolare, la disposizione citata afferma che: «È punito con la sanzione che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave, aumentata da un quarto al doppio chi, con una sola azione od omissione, viola diverse disposizioni, anche relative a tributi diversi» (comma 1, prima parte); soggiace alla stessa sanzione «chi, anche in tempi diversi, commette più violazioni che, nella loro progressione, pregiudicano o tendono a pregiudicare la determinazione dell’imponibile ovvero la liquidazione anche periodica del tributo» (comma 2); si applica la sanzione base aumentata dalla metà al triplo «quando violazioni della stessa indole vengono commesse in periodi di imposta diversi» (comma 5).
La stessa norma ha riformulato la disciplina generale dell’istituto della continuazione nell’illecito tributario, confermando ed ampliando il principio del cumulo giuridico delle sanzioni, che è stato reso
obbligatorio e non più facoltativo (come, invece, disponeva l’art. 8, della Legge 7 gennaio 1929 n. 4), e disciplinando specificamente l’ipotesi delle violazioni riguardanti periodi di imposta diversi, stabilendo, per questa particolare fattispecie, regole di maggior rigore, fermo restando, tuttavia, l’obbligo di procedere al cumulo giuridico delle sanzioni. La nuova nozione di continuazione di cui all’art. 12 del d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472 ha determinato un superamento delle previgenti nel senso dell’obbligatorietà (in quanto la concessione del beneficio non è facoltativa per gli uffici); dell’irrilevanza dell’elemento psicologico (non essendo richiesta una «medesima risoluzione») e dell’elemento temporale (non essendo limitata allo stesso periodo di imposta); dell’ampliamento oggettivo (applicandosi alla generalità dei tributi ed anche tra violazioni non riguardanti lo stesso tributo). Si è, dunque, in presenza di una pluralità di regole correttive la cui applicazione risente, a sua volta, della natura dei singoli Pertanto, l’omessa presentazione della dichiarazione per più periodi, oltre a comportare l’applicabilità delle sanzioni amministrative per ciascuna annualità, non osta all’applicazione del regime della continuazione, venendo in rilievo condotte omissive che, traducendosi nel reiterato ostacolo alla determinazione dell’imponibile ed alla liquidazione dell’imposta con riferimento allo stesso tributo, sono tra loro oggettivamente e finalisticamente collegate (in senso analogo, per l’ICI: Cass., Sez. 5^, 30 giugno 2021, n. 18447).
L”art. 12 del decreto legislativo n. 472 del 18 dicembre 1997, prevede, infatti, espressamente che ‘ Quando violazioni della stessa indole vengono commesse in periodi di imposta diversi, si applica la sanzione base aumentata dalla metà al triplo. Se l’ufficio non contesta tutte le violazioni o non irroga la sanzione contemporaneamente rispetto a tutte, quando in seguito vi provvede determina la sanzione complessiva tenendo conto delle violazioni oggetto del precedente provvedimento’. La Corte di Cassazione , con
la sentenza n. 13392 del 30 giugno 2016, ha ribadito come il principio disciplinato dall’articolo 12 del d.lgs. 472/97 che dispone l’applicazione di un’unica sanzione, debitamente elevata, nel caso in cui il contribuente, con un’unica azione o omissione, c ommetta più violazione anche relative a tributi diversi, più violazioni formali della stessa disposizione o quando commette più violazioni relative a tributi diversi e a periodi d’imposta diversi si applica anche in tema tributi locali, in particolare anch e per l’IMU’. La Cassazione, con la sentenza 18423 del 12.07.2018, ai fini dell’applicabilità dell’istituto della continuazione anche con riferimento all’ICI e, vista l’affinità del sistema sanzionatorio, ha statuito come: ‘Le irregolarità compiute in rela zione ai tributi locali prevedono l’applicazione del cumulo giuridico, con irrogazione di una unica sanzione ai sensi dell’articolo 12 d.lgs. 472/1997’. Sul punto che in questa sede interessa la sentenza richiamata ricorda come anche ai fini dell’applicazi one dei tributi locali opera la disciplina della continuazione nell’applicazione delle sanzioni tributarie: ‘In tema di sanzioni amministrative per violazioni tributarie, l’istituto della continuazione, sancito dall’articolo 12, comma 5, del d.lgs. n. 472 del 1997, secondo cui ‘quando violazioni della stessa indole vengono commesse in periodi di imposta diversi, si applica la sanzione base aumentata dalla metà al triplo’, è applicabile anche all’Ici’. Al riguardo vengono richiamate due sentenze che avevano portato alla medesima conclusione: si tratta delle pronunce n. 26077 del 30.12.2015 e n. 3265 del 02.03.2012. Il principio appena enunciato prevede, in linea generale, l’applicazione di una sanzione unica e ridotta (c.d. cumulo giuridico) in luogo di quella derivante dalla somma delle sanzioni relative ai singoli illeciti (c.d. cumulo materiale). Da notare che la dichiarazione Ici (come l’attuale dichiarazione prevista in ambito Imu e Tasi) ha valore ‘ultrattivo’, nel senso che la sua presentazione ha effet to anche sugli anni successivi, qualora non si siano verificati ulteriori accadimenti che richiedano la presentazione di una nuova
dichiarazione. In proposito si veda, in particolare, la sentenza della Cassazione n. 932 del 16.01.2009, ma di analogo contenuto constano anche numerose sentenze successive. Peraltro, la Cassazione, nella sentenza n. 21570 del 26.10.2016, ha affermato che il cumulo delle sanzioni previsto dall’articolo 12 d .lgs. 472/1997 risulta applicabile anche nel caso di omessi versamenti.
5.3. Nel caso di specie:
è pacifico che si verte in tema di violazioni della stessa indole commesse in periodi di imposta diversi, da cui sono scaturiti distinti avvisi di accertamento in rettifica, oggetto del presente ricorso riguardanti l’ IMU per gli anni 2013 2014- 2015 -2016 con applicazione delle sanzioni con provvedimenti aventi la medesima data;
-da un lato viene in rilievo la contestualità dell’irrogazione delle sanzioni, dall’altro la circostanza che RAGIONE_SOCIALE ha contestato l’entità del tributo applicabile, non vertendosi, pertanto, esclusivamente in tema di omesso versamento.
5.4. Ne discende, in conclusione, l’infondatezza del secondo motivo di ricorso avendo correttamente i giudici di merito applicato alla fattispecie in esame il c.d. cumulo giuridico.
Conseguentemente il ricorso deve essere rigettato e parte ricorrente va condannata al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità liquidate in favore della società controricorrente come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità liquidate in € 3.082,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge, se dovuti;
visto l’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria, in data 9 settembre 2025
Il Presidente (NOME COGNOME)