LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Credito tributario fallimento: limiti del giudice

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 25704/2025, interviene sul tema del credito tributario nel fallimento. Il caso riguarda la contestazione, da parte del curatore fallimentare, di una presunta duplicazione di crediti chiesti in ammissione dall’Ente di Riscossione. La Corte ha stabilito che il giudice fallimentare non ha giurisdizione per decidere nel merito della pretesa tributaria, nemmeno quando la contestazione riguarda una duplicazione della somma. Il credito deve essere ammesso con riserva, in attesa della decisione della giurisdizione tributaria, unica competente a valutare la correttezza della pretesa erariale.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Credito Tributario Fallimento: la Cassazione Fissa i Paletti per il Giudice

Quando un’azienda fallisce, l’Agente della Riscossione si fa avanti per recuperare le imposte non pagate. Ma cosa succede se il curatore fallimentare contesta la richiesta? Un recente provvedimento della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: la gestione del credito tributario nel fallimento e i limiti del potere del giudice delegato. La decisione sottolinea che qualsiasi contestazione sul merito della pretesa fiscale, inclusa una presunta duplicazione, esula dalla sua competenza.

I Fatti del Caso

Una società, dichiarata fallita, si è vista recapitare due distinte domande di ammissione al passivo da parte dell’Agente della Riscossione-Entrate (ADER). Queste domande, basate sullo stesso avviso di accertamento, sembravano duplicare in parte le somme richieste. Il Giudice Delegato, in prima istanza, aveva escluso diverse voci, tra cui quelle ritenute duplicate.

L’ADER si è opposta a questa decisione davanti al Tribunale, il quale, pur accogliendo parzialmente le ragioni dell’ente, ha confermato l’esclusione delle somme ritenute duplicate. Secondo il Tribunale, la contestazione non riguardava la legittimità del tributo in sé (l’ an o il quantum), ma il fatto che la stessa pretesa fosse stata richiesta più volte. Per questo motivo, riteneva di avere la giurisdizione per decidere.

Il Credito Tributario nel Fallimento e la Giurisdizione

Il cuore della controversia legale si è quindi spostato in Cassazione. La domanda centrale era: può il giudice fallimentare decidere su una presunta duplicazione di un credito tributario nel fallimento, o tale questione rientra nella competenza esclusiva delle Commissioni Tributarie?

L’ADER ha sostenuto che il Tribunale avesse commesso un errore, invadendo un campo non suo. La duplicazione apparente, infatti, non era un errore, ma la conseguenza del meccanismo di esazione frazionata. Questa procedura consente all’amministrazione di riscuotere il credito in diverse fasi a seconda dell’andamento del contenzioso tributario avviato dal contribuente. La pretesa, quindi, si fondava su tre distinti ruoli emessi in momenti diversi, tutti legittimi e derivanti dal medesimo accertamento.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’ADER, ribaltando la decisione del Tribunale. I giudici hanno chiarito che il regime di insindacabilità della pretesa tributaria da parte del giudice fallimentare è un principio cardine. In base agli articoli 87 e 88 del d.P.R. 602/1973, in caso di contestazioni sulle somme iscritte a ruolo, il credito deve essere ammesso al passivo “con riserva”.

Questo significa che il giudice fallimentare ha un potere di controllo solo formale. Può verificare che il credito sia correttamente documentato dall’estratto di ruolo, ma non può entrare nel merito della sua esistenza o del suo ammontare. La Corte ha specificato che questo principio si applica anche quando la contestazione del curatore riguarda la presunta duplicazione della pretesa. Valutare se l’iscrizione a ruolo frazionata sia corretta o se generi una duplicazione illegittima è un’analisi che investe il merito della pretesa creditoria tributaria. Di conseguenza, tale valutazione spetta unicamente alla giurisdizione tributaria.

La Cassazione ha inoltre ribadito un altro punto importante, citando una precedente sentenza a Sezioni Unite: per l’ammissione al passivo è sufficiente la produzione dell’estratto di ruolo, senza che sia necessaria la preventiva notifica dell’avviso di accertamento.

Le Conclusioni

La decisione della Corte di Cassazione rafforza la netta separazione tra la giurisdizione fallimentare e quella tributaria. Le implicazioni pratiche sono significative:

1. Poteri Limitati del Giudice Fallimentare: Il giudice delegato non può respingere o ridurre un credito tributario contestato nel merito. Il suo compito è ammetterlo con riserva, lasciando che la controversia sia decisa dal giudice competente, ovvero la Commissione Tributaria.
2. Centralità dell’Estratto di Ruolo: Questo documento si conferma come il titolo sufficiente per l’insinuazione al passivo da parte dell’Agente della Riscossione.
3. Onere della Contestazione: Spetta al curatore fallimentare, se intende contestare la pretesa fiscale, avviare il contenzioso nelle sedi tributarie competenti per ottenere una decisione che sciolga la riserva.

Può il giudice fallimentare decidere sulla presunta duplicazione di un credito tributario?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che anche la contestazione sulla duplicazione di una pretesa tributaria rientra nel merito della stessa. Pertanto, tale valutazione spetta esclusivamente alla giurisdizione tributaria.

Qual è il ruolo del giudice fallimentare di fronte a un credito tributario contestato?
Il giudice fallimentare deve ammettere il credito “con riserva”. Il suo compito si limita a una verifica formale basata sull’estratto di ruolo, senza entrare nel merito della pretesa creditoria, attendendo la decisione del giudice competente.

L’estratto di ruolo è sufficiente per l’insinuazione al passivo fallimentare?
Sì, la Corte ha ribadito che per l’ammissibilità della domanda di insinuazione al passivo da parte dell’Agente della Riscossione è sufficiente la produzione dell’estratto di ruolo, non essendo necessaria la notifica del precedente avviso di accertamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati