Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34690 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34690 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 62/2017 R.G. proposto da COGNOME elettivamente domiciliato in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. COGNOME NOMECOGNOME dal quale è rappresentato e difeso
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, incorporata da RAGIONE_SOCIALE, alla quale è succeduta ex lege l’Agenzia delle Entrate -Riscossione (ADER), in persona del legale rappresentante pro tempore
-intimata- avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL LAZIO n. 2850/02/16 depositata il 12 maggio 2016
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 14 novembre 2024 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME impugnava davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma nove cartelle di pagamento, relative a tributi vari, di cui assumeva di essere venuto a conoscenza soltanto a
sèguito dell’esame di un estratto di ruolo rilasciatogli, dietro sua richiesta, dall’agente della riscossione Equitalia RAGIONE_SOCIALE s.p.a..
La Commissione adìta accoglieva il ricorso, annullando gli atti esattivi, a fronte della constatata assenza di prova della loro notificazione al contribuente.
La decisione veniva, però, successivamente riformata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, la quale, con sentenza n. 2850/02/16 del 12 maggio 2016, in accoglimento dell’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE, incorporante RAGIONE_SOCIALE, rigettava l’originario ricorso del contribuente.
A sostegno della decisione adottata il collegio regionale osservava che: -risultavano prive di fondamento le eccezioni pregiudiziali sollevate dal Piacevoli, attinenti alla pretesa tardività dell’avverso gravame e della costituzione in giudizio della parte appellante; -sulla scorta della documentazione prodotta in secondo grado dall’agente della riscossione, doveva ritenersi dimostrata l’avvenuta regolare notifica delle cartelle esattoriali.
Contro questa sentenza il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a sette motivi, accompagnati dalla prospettazione di una questione di legittimità costituzionale.
Il ricorso è stato notificato a RAGIONE_SOCIALE, incorporata da RAGIONE_SOCIALE, alla quale è succeduta «ex lege» l’Agenzia delle Entrate -Riscossione (ADER), rimasta intimata. La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso sono denunciate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 51, comma 1, del D. Lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 327, comma 1, c.p.c..
1.1 Si denuncia la nullità della sentenza per aver omesso di dichiarare la tardività dell’appello di Equitalia Sud s.p.a., sebbene
proposto oltre il termine breve di sessanta giorni dalla data di notificazione della pronuncia di primo grado.
Con il secondo motivo vengono lamentate la violazione e la falsa applicazione degli artt. 7, commi 1 e 2, e 51, comma 1, del D. Lgs. n. 546 del 1992, nonchè dell’art. 115 c.p.c..
2.1 Viene dedotto che la circostanza dell’avvenuta notificazione della sentenza di primo ad Equitalia era da considerare incontroversa e che, in caso di dubbi, la CTR si sarebbe dovuta avvalere dei poteri istruttori officiosi previsti dall’art. 7, commi 1 e 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992, acquisendo gli elementi conoscitivi reputati necessari.
Con il terzo mezzo sono prospettate la violazione e la falsa applicazione degli artt. 22, comma 1, e 53, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992.
3.1 Si rimprovera alla CTR di non aver dichiarato inammissibile il gravame esperito dall’agente della riscossione, nonostante il tardivo deposito dell’atto di appello.
Con il quarto motivo sono denunciate la violazione e la falsa applicazione degli artt. 22, commi 1 e 2, e 53, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992, nonchè dell’art. 156, comma 3, c.p.c..
4.1 Si contesta la gravata sentenza per aver erroneamente ritenuto che la costituzione in giudizio dell’appellato valesse ad evitare la declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione proposta da Equitalia.
Con il quinto motivo sono lamentate la violazione e la falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonché dell’art. 2697 c.c..
5.1 Si censura l’impugnata sentenza per aver erroneamente affermato, in contrasto con le emergenze processuali, che risultava acquisita la prova dell’avvenuta notificazione delle cartelle di pagamento opposte.
Con il sesto mezzo è dedotto l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, imputandosi alla CTR di non aver rilevato la
mancanza in atti di documentazione comprovante l’avvenuta notifica delle cartelle esattoriali.
Con il settimo motivo è prospettata, in subordine, la violazione dell’art. 345, comma 3, c.p.c. e dell’art. 58, comma 1, del D. Lgs. n. 546 del 1992, obiettandosi che l’eventuale produzione di nuovi documenti in appello andava ritenuta inammissibile, in quanto vietata dalle norme anzidette.
In ulteriore subordine, il ricorrente solleva questione di legittimità costituzionale dell’art. 58, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992, per violazione degli artt. 3, 24 e 111 della Carta fondamentale, sostenendo che la riconosciuta possibilità di illimitata produzione di nuovi documenti in appello comporterebbe un aggiramento del divieto di nuovi mezzi di prova sancito dal comma 1 del citato art. 58, con conseguente lesione dei princìpi di uguaglianza e del giusto processo, oltre che del diritto di difesa del contribuente.
In via pregiudiziale, va dichiarata d’ufficio l’improcedibilità del ricorso.
9.1 L’art. 369 c.p.c., nel testo, applicabile «ratione temporis» , vigente anteriormente alle modifiche introdotte dal D. Lgs. n. 149 del 2022, così recita ai primi due commi:
«1. Il ricorso deve essere depositato nella cancelleria della Corte, a pena di improcedibilità, nel termine di giorni venti dall’ultima notificazione alle parti contro le quali è proposto.
Insieme col ricorso debbono essere depositati, sempre a pena di improcedibilità:
1)il decreto di concessione del gratuito patrocinio;
2)copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione, se questa è avvenuta, tranne che nei casi di cui ai due articoli precedenti; oppure copia autentica dei provvedimenti dai quali risulta il conflitto nei casi di cui ai nn. 1 e 2 dell’art. 362;
3)la procura speciale, se questa è conferita con atto separato;
4)gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda».
9.2 Per giurisprudenza di questa Corte, l’art. 369, comma 2, n. 2) c.p.c. esige, a pena di improcedibilità, la produzione di una copia della sentenza impugnata recante l’attestazione di autenticità rispetto all’originale, espressa come atto compiuto dal cancelliere.
Si è, inoltre, precisato che, essendo la disposizione dettata a salvaguardia della fedeltà documentale, non possono ritenersi consentite forme alternative o equipollenti (cfr. Cass. n. 20628/2016, Cass. n. 12106/2008, Cass. n. 17995/2002, Cass. n. 491/1986).
9.3 Tanto premesso, dall’esame dell’incarto processuale emerge in modo inequivoco che il Piacevoli non ha depositato copia autentica della gravata sentenza della CTR del Lazio n. 2850/02/16 del 12 maggio 2016, pur avendone fatto menzione nell’indice in calce al ricorso.
9.4 Già dall’esame della , recante il timbro dell’ufficio ricevente e la sottoscrizione del funzionario giudiziario dott.ssa NOME COGNOME si evince che al ricorso è stata allegata una copia semplice della sentenza impugnata; invero, nell’apposito spazio riservato all’indicazione degli atti e documenti depositati, contenente l’avvertenza di , risulta depennata la parola .
9.5 Il ricorrente non ha, peraltro, provveduto ad effettuare un eventuale deposito integrativo, ai sensi dell’art. 372 c.p.c., entro il termine di cui all’art. 369, comma 1, dello stesso codice (sull’argomento cfr. Cass. n. 28999/2018, Cass. n. 28108/2005, Cass. Sez. Un. n. 11932/1998).
9.6 Le surriferite circostanze trovano conferma nella certificazione rilasciata in data odierna dalla Cancelleria,
acquisita agli atti, la quale attesta che .
La rilevata improcedibilità del ricorso, determinando il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, preclude l’esame dei motivi di impugnazione.
Nulla va statuito in ordine alle spese processuali, non avendo la parte destinataria del ricorso svolto attività difensiva in questa sede.
Stante l’esito del giudizio, viene resa nei confronti del ricorrente l’attestazione contemplata dall’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso improcedibile.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P .R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la proposta impugnazione, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione