Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11238 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 11238 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1722/2019 R.G. proposto da: COGNOME NOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, elettivamente domiciliato presso il suo studio in Foggia INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
CONSORZIO PER RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
nonchè contro
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, SCOPECE NOME COGNOME
-intimati- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG.PUGLIA n. 1701/2018 depositata il 29/05/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.COGNOME NOME proponeva ricorso avverso la cartella di pagamento n. 043 2013 0006639373 000, notificata in data 28.06.2013, con la quale Equitalia Sud s.p.aRAGIONE_SOCIALE Agente della riscossione per la Provincia di Foggia, gli aveva intimato il pagamento dell’importo di Euro 1.031,45 a titolo di crediti di natura contributiva per l’anno 2012, quale quota consortile -tributo ordinario e contributo opere irrigue-contributo fisso e mutuo (codici tributo 630 e 648), in favore del Consorzio per la Bonifica della Capitanata.
La Commissione Tributaria Provinciale di Foggia rigettava il ricorso.
Il contribuente interponeva appello affermando che:- il beneficio derivante dalla bonifica deve essere diretto e specifico e deve essere valutato anno per anno sulla base dei reali ed effettivi incrementi di valore dell’immobile determinati dalle opere di bonifica o idriche, mentre i propri terreni in quel determinato anno (2012) non potevano essere irrigati perché il Consorzio non erogava più l’acqua al medesimo (dal 2007), per cui anche un piano di classifica regolarmente approvato, come sostenuto dalla sentenza di primo grado, non era sufficiente a far imporre il tributo; – eccepiva che il tributo richiesto non era dovuto, (e non è dovuto), anche e soprattutto perché il fondo de quo non era, (e non è), incluso nel Perimetro di Contribuenza approvato dalla competente autorità e reso pubblico con la trascrizione; – che, non
risultava detta perimetrazione non avendo il Consorzio per la Bonifica della Capitanata dimostrato l’avvenuta trascrizione del vincolo, con la conseguenza della irrilevanza dell’atto amministrativo di delimitazione del perimetro di contribuenza, richiamato dal Consorzio; – confermava che il Perimetro di Contribuenza, anche se regolarmente approvato, non poteva comunque essere applicato ai terreni in oggetto perché lo stesso non risultava definito e reso pubblico con il mezzo della trascrizione.
La CTR della Puglia statuiva che: .
Avverso la sentenza d’appello n. 1701/2018, il contribuente propone ricorso per cassazione svolgendo tre motivi.
Replica con controricorso il Consorzio, che deposita memorie illustrative con le quali rappresenta il sopraggiungere di una pluralità di decisioni sfavorevoli al contribuente.
MOTIVI DI DIRITTTO
1.Con il primo motivo di ricorso si deduce, ex art.360, primo comma, n.4) c.p.c., la nullità della sentenza n. 1701/2018 per violazione ed errata applicazione delle norme sulla legittimazione processuale, e quindi per violazione dell’art.112 c.p.c., in quanto il chiesto non corrisponde al pronunciato, perché nell’epigrafe e/o nelle motivazioni e/o nel dispositivo manca l’indicazione di una o più parti processuali.
Si assume che, nel giudizio di secondo grado, la Commissione Tributaria Regionale di Puglia ha, con ordinanza n.1140/2017, disposto, per connessione soggettiva ed oggettiva, la riunione dell’appello R.G. n.1438/2015, iscritto dal sig. COGNOME NOME avverso la sentenza n.1437/01/2014, con l’appello R.G. n.1439/2014, iscritto dal sig. COGNOME NOME NOME Michele (distinto contribuente) avverso la sentenza n.1443/01/2014 (emessa per differenti immobili). Sostiene il ricorrente che la sentenza n. 1701/2018 è riferita anche al sig. COGNOME NOME Paolo Michele che non ha nulla a che vedere con la posizione dedotta in giudizio dall’odierno ricorrente COGNOME NOMECOGNOME prova evidente di un travisamento dei fatti che ha comportato una pronuncia nei confronti di un estraneo al giudizio. Inoltre, la Commissione Tributaria Regionale di Puglia, nella gravata sentenza n. 1701/2018, né nella parte in fatto né nella parte in diritto, ha menzionato il succitato COGNOME NOME Paolo Michele.
2.Con il secondo motivo di ricorso, il contribuente deduce, ex art.360, primo comma, n.3) c.p.c. violazione e falsa applicazione delle norme in materia di Contributi consortili (art.860 c.c. e R.D. n.215/1933), degli artt. 23, 117, 119 Cost., della normativa europea in materia (‘Condizionalità’ di cui al Reg. n.73/2009), nonché delle Leggi regionali Puglia nn.12/2011 e 4/2012, e dell’art.2697 c.c.; per avere la Commissione Tributaria Regionale pugliese reiterato l’errore in cui era incorso il Giudice di primo
grado in ordine alla ritenuta debenza-obbligo del contributo consortile, pur in assenza di prova da parte del Consorzio per la Bonifica della Capitanata di sussistenza di beneficio specifico e diretto sui fondi agricoli di sua proprietà, deducendo che solo in presenza di regolare Piano di Classifica e di Perimetro di Contribuenza validamente trascritto ai sensi di legge, il contribuente deve fornire la prova della inesistenza del beneficio.
Nel caso di specie, invece, la Commissione Tributaria Provinciale di Foggia ha preteso una dimostrazione a carico del ricorrente, mentre la Commissione Tributaria Regionale di Puglia ha addirittura negato la contestazione, da parte sua della relazione tecnica depositata dal Consorzio; circostanza, quest’ultima, che rappresenta omesso esame di un fatto decisivo del giudizio di secondo grado, che è stato oggetto di discussione tra le parti sin dal giudizio di primo grado. Fatto che avrebbe certamente comportato una diversa decisione da parte della suddetta Commissione Regionale, e quindi l’accoglimento della domanda del contribuente per assenza di sussistenza di beneficio sui fondi del medesimo. Si obietta che dalla relazione tecnica depositata in primo grado dal Consorzio per la Bonifica della Capitanata, posta a base della decisione della gravata sentenza n.1701/2018, oggi impugnata, risulterebbe che le attività di manutenzione sono state espletate dall’ente dal 2000 al 2011, mentre l’annualità di imposta oggetto della odierna controversia concerne l’anno 2012.
Si deduce che le opere realizzative risalgono anche ad annualità pregresse all’anno 2000, come l’impianto di irrigazione consortile ovvero la rete di distribuzione idrica a servizio dell’odierno ricorrente, il quale però, per arbitrario atteggiamento del Consorzio, non può utilizzarla sin dal lontano 2007, in quanto, essendo moroso, non riceve l’irrogazione dell’acqua.
Si aggiunge che, ; tuttavia, agli atti del giudizio non esiste alcuna diffida in merito da parte del Consorzio nei confronti dell’odierno ricorrente, e ciò prova che il mantenimento della terra in buone condizioni agronomiche e ambientali, è operata dai proprietari dei terreni e non dal Consorzio.
3. L’ultimo mezzo di ricorso deduce la violazione e falsa/errata applicazione di norme di diritto (art.24 cost.; art.111 cost.), censurando la decisione impugnata per .
Si osserva che, dal controllo sul percorso logico-argomentativo seguito dalla Commissione Tributaria Regionale di Puglia per la formazione della decisione, è evidente la mancanza di coerenza tra le varie ragioni esposte e quindi l’assoluta incompatibilità razionale degli argomenti e l’insanabile contrasto degli stessi, e per taluni aspetti non è dato verificare, alla stregua degli enunciati della sentenza impugnata, quali siano le premesse in fatto ed in diritto del ‘decisum’, restando enucleato con affermazioni meramente assertive -il solo giudizio conclusivo. La carenza nell’impianto motivazionale della sentenza n.1701/2018 configura un ‘vulnus’ al principio generale secondo cui tutti i provvedimenti giurisdizionali debbono essere motivati (art.111, comma 6, Cost.): vizio che spazia, secondo la gravità, dal vizio di insufficienza logica (art.360, comma 1, n.3 e n.5 c.p.c.) fino alla totale difformità della sentenza n.1701/2018, oggi impugnata, dal modello legale per assenza dell’indicato requisito essenziale (art.360, comma 1, n.4 c.p.c. in
relazione all’art.132, comma 2, n.4 c.p.c. ed all’art.118 disp. att. c.p.c.).
4.Il consorzio ha eccepito l’esistenza del giudicato esterno avendo la Corte di cassazione deciso la medesima questione con le sentenze nn.24067,24068,24070 e 24071 tutte del 2014.
L’eccezione di giudicato è destituita di fondamento.
Il giudicato esterno prodottosi con riguardo ad una determinata annualità d’imposta esplica effetto vincolante su diverse annualità, allorquando vengano in esame fatti che, per legge, hanno efficacia permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco di tempo che comprende più periodi di imposta, o nei quali l’accertamento concerne la qualificazione di un rapporto ad esecuzione prolungata. L’espansione nel tempo del giudicato così formatosi presuppone che tra le diverse annualità sussista identità e continuità di presupposti fattuali costitutivi del rapporto impositivo, con conseguente permanenza degli effetti dell’accertamento operato con riguardo ad una determinata annualità.
Nelle sentenze citate dal consorzio, non era stata dedotta la mancata trascrizione del piano di contribuenza né la sussistenza di opere di bonifica per le annualità 2011 e le decisioni citate non hanno risolto, se non in parte, la questione giuridica sottoposta a questa Corte.
La prima censura è inammissibile.
In primo luogo, i motivi della disposta riunione si rinvengono nell’ordinanza citata dal ricorrente che non dovevano essere replicati nella decisione della Corte d’appello. D’altra parte, la sentenza impugnata fa espresso riferimento nella parte in fatto all’atto di appello dell’odierno contribuente ed ai motivi dal medesimo formulati con l’impugnazione, di guisa che l’unico soggetto ad avere interesse a lamentare l’omessa pronuncia sui motivi proposti con il distinto ricorso è il germano del ricorrente,
ma non certamente quest’ultimo, privo di interesse ad impugnare sotto questo profilo la decisione d’appello.
Discostandosi dall’ordine di prospettazione dei motivi, deve essere scrutinato in via preliminare il terzo motivo, il quale, ancorché formulato come violazione di legge, contiene nella sua illustrazione una censura di apparente, contraddittoria o insufficiente motivazione.
8.La terza censura non può trovare ingresso.
Ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento. È noto che in seguito alla riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5), cod.proc.civ., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. in Legge. n. 134 del 2012, è denunciabile in cassazione l’anomalia motivazionale che si concretizza nel ” contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili “, quale ipotesi che non rende percepibile l’iter logico seguito per la formazione del convincimento e, di conseguenza, non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice.
In particolare, il vizio motivazionale si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile”, mentre resta irrilevante il semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. E così, ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, denunziabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4, cod.proc.civ., quando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indica tali elementi senza una
approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento.
Nella fattispecie la CTR ha dato conto delle ragioni poste a base della sua decisione traendo il proprio convincimento dalle risultanze della relazione tecnica prodotta dal Consorzio.
Ritornando all’ordine di prospettazione dei motivi, va esaminato il secondo mezzo di ricorso; esso è infondato.
9.1.Merita, in via preliminare, chiarire che secondo l’assunto del ricorrente, egli avrebbe contestato in sede di appello il Piano di classifica denunciandone l’omessa trascrizione e la omessa produzione del d.m. di approvazione della perimetrazione ( perimetro di contribuenza), assumendo ( pagina 12 del ricorso) di aver dedotto da pagina 2 a pagina 13 del ricorso introduttivo l’omessa trascrizione del piano di classifica.
9.2. Pertanto, la contestazione relativa alla omessa approvazione del piano di classifica risulta essere stata dedotta soltanto in sede di appello e dunque, intempestivamente, a tacer del fatto che dalla sintesi dei motivi di appello riportati da pagina 8 a pagina 12 del ricorso per cassazione non risulta l’eccezione relativa alla mancata approvazione del Piano di classifica.
9.3.Deve, difatti, osservarsi come la relativa questione di cui la sentenza impugnata non si occupa, non sia indicata tra i motivi di ricorso del contribuente né tra le difese svolte in sede di appello; tra l’altro, se la questione fosse stata proposta in appello, l’istante avrebbe dovuto dedurre il vizio di omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c, il che non è accaduto.
9.4.E’ superfluo rammentare che l’impugnazione in sede di legittimità è retta dal «principio di autonomia del ricorso per cassazione» (Cass., Sez. Un., 22 maggio 2014, n. 11308, concernente appunto l’esposizione sommaria dei fatti di causa), il che si ricollega al ribadito principio secondo cui, con riguardo al
principio di autosufficienza, ove si denunci la mancata pronuncia su motivi d’appello ovvero si ribadisca una censura che si afferma già formulata nel giudizio di merito, è necessario riportarli in ricorso (Cass. n. 17049/2015; Cass. n. 21083/2014; Cass. n. 14561/2012). In proposito, nella prospettiva di una lettura elastica di detto principio, oggi recepita, in conformità all’evoluzione della giurisprudenza di questa Corte, dal nuovo testo dell’articolo 366, numero 6, c.p.c., come novellato dal decreto legislativo numero 149 del 2022, può ritenersi che la trascrizione del motivo non sia indispensabile, ma, intuitivamente, a condizione che il suo contenuto sia sufficientemente determinato in modo da essere reso comprensibile alla Corte, e che, comunque, sia fornita un’indicazione circostanziata che ne consenta l’individuazione nell’ambito dell’atto d’appello.
Nel caso di specie difetta totalmente l’esposizione sommaria dei fatti di causa, in violazione del principio di autosufficienza, il quale, impone che il ricorso contenga tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, senza la necessità, in linea di principio, di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza stessa (Cass. 28 dicembre 2017, n. 31082; n. 11325/2023, in motiv.).
9.5. Il ricorrente che denunzia la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, non può limitarsi a dedurre la predicata proposizione dell’allegazione difensiva non valutata dai giudici di merito ma deve indicare gli elementi fattuali in concreto condizionanti gli ambiti di operatività di detta violazione (cfr. Sez. L, Sentenza n. 9076 del 19/04/2006); siffatto onere sussiste anche allorquando il ricorrente affermi che una data circostanza debba reputarsi comprovata dall’esame degli atti processuali, con la conseguenza che, in tale ipotesi, il ricorrente medesimo è tenuto a specificare in quale sede processuale nel corso delle fasi di merito
l’allegazione sia stata proposta, dovendo poi esso essere anche allegato al ricorso a pena d’improcedibilità, in base alla previsione del successivo art. 369, comma 2, n. 4 (cfr. Sez. Un., Sentenza n. 28547 del 02/12/2008).
9.6.Rimane in ogni caso pur sempre fermo che il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c. -quale corollario del requisito di specificità dei motivi – anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021 – non sia interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, non potendo tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, insussistente laddove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (v. Sez. U, Ordinanza n. 8950 del 18/03/2022 (Rv. 664409 01); con particolare riguardo all’ipotesi della deduzione di errores in procedendo (tali da legittimare l’esercizio, ad opera del giudice di legittimità, del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito), varrà considerare come la stessa presupponga pur sempre l’ammissibilità del motivo di censura, avuto riguardo al principio di specificità di cui all’art. 366, comma 1, n. 4 e n, 6, c.p.c., che deve essere modulato, in conformità alle indicazioni della sentenza CEDU del 28 ottobre 2021 (causa COGNOME ed altri c/Italia), secondo criteri di sinteticità e chiarezza, realizzati dalla trascrizione essenziale degli atti e dei documenti per la parte d’interesse, in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare l’attività del giudice di legittimità e garantire al tempo stesso la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ed il diritto di accesso della parte ad un organo giudiziario in misura tale da non inciderne la stessa
sostanza (cfr. Cass. n. 3612 del 04/02/2022; Cass. n. 24048 del 06/09/2021).
Nella violazione di tali principi deve ritenersi incorso il ricorrente con il motivo d’impugnazione in esame, atteso che lo stesso, nel dolersi dell’inversione dell’onere della prova, sostenendo incombesse sul Consorzio l’onere di dimostrare l’effettivo beneficio prodotto alla sua proprietà, ha tuttavia omesso di fornire idonea e completa indicazione (né alcuna adeguata localizzazione negli atti nel processo) delle censure che sarebbero state pretermesse, con ciò precludendo a questa Corte la possibilità di apprezzare la concludenza delle censure formulate al fine di giudicare la fondatezza del motivo d’impugnazione proposto (Cass. n. 21346/2024).
9.7.Per giurisprudenza pacifica di questa Corte, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorso deve, a pena di inammissibilità, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto in virtù del principio di autosufficienza del ricorso (Cass. 13.9.2007, n. 19164; Cass. 9.7.2013, n. 17041; Cass. 09/08/2018, n. 20694; Cass. 24/01/2019, n. 2038; Cass. 13/12/2019, n. 32804).
9.8.Tanto premesso, si osserva quanto alla predicata mancata trascrizione del Piano di classifica dedotta solo con il ricorso per cassazione, che per costante insegnamento della Corte, la trascrizione del perimetro di contribuenza, prevista dall’art. 10, comma 2, del r.d. n. 215 del 1933, assolve ed una funzione di mera pubblicità-notizia, quale adempimento di natura dichiarativa volto a soddisfare l’esigenza della localizzazione degli interventi di bonifica ed a rendere pubblico il perimetro di contribuenza, con la conseguenza che l’omissione della stessa non comporta “ex se” l’insussistenza dell’obbligazione di versamento del contributo
consortile (v., tra altre, Cass. 24644/2018; Cass. 16524/2019; Cass. n. 33153/2023). Difatti, è pacifico che, in tema di pianificazione territoriale degli interventi in materia di bonifica, la trascrizione del provvedimento di ‘perimetrazione della contribuenza’ prevista dal R.D. 13 febbraio 1933, n. 215, art. 10, comma 2, derivando l’effetto dell’opponibilità degli atti ai terzi direttamente dalla legge, che prevede la costituzione dell’onere reale e la connessa prestazione patrimoniale vincolata all’utilità fondiaria è diretto a a rendere pubblico il perimetro di contribuenza (ex plurimis: Cass., Sez. 5, 18 gennaio 2012, n. 654, nn. 660 e 661; Cass., Sez. 5A, 31 ottobre 2014, n. 23220; Cass., Sez. 5, 11 giugno 2014, n. 13617; Cass., Sez. 6A-5, 2 settembre 2016, nn. 17558, 17559 e 17660; Cass., Sez. 6-5, 5 ottobre 2018, n. 24644). Per cui, per il solo fatto della mancata trascrizione, il consorzio di bonifica non può essere onerato della prova di aver apportato, con la realizzazione delle opere di sua spettanza, un beneficio diretto al fondo, discendendo, invece, detto effetto dalla contestazione specifica da parte del consorziato del piano di classifica adottato dall’assemblea dei delegati dei consorziati e regolarmente approvato, o anche del piano generale di bonifica (così: Cass., Sez. 6A-5, 5 ottobre 2018, n. 24644).
9.9.Ancora, con riferimento alle sovrapposte contestazioni svolte per la prima volta con il ricorso per cassazione, la difesa svolta dal contribuente secondo cui il suo terreno non rientrerebbe nel perimetro di contribuenza -così come quella secondo cui la relazione farebbe riferimento alle opere idrauliche effettuate sino al 2011 – incontra i limiti di ammissibilità indicati nel paragrafo precedente, e soprattutto si rivela ingannevole tenuto conto delle stesse deduzioni della parte che riferisce che , indice palese dell’appartenenza del fondo al perimetro di contribuenza.
10.Si osserva che la materia dei contributi consortili di bonifica è stata oggetto di numerose pronunce della Corte di legittimità, che anche a sezioni unite ha tracciato il perimetro dei principi che ispirano i rapporti tra l’Ente ed i contribuenti. Innanzitutto va ricordato che i contributi consortili di bonifica costituiscono oneri reali, giusta l’art. 21 del r.d. n. 215 del 1933, dovuti da chi, al tempo della loro esazione, sia proprietario del fondo situato nel perimetro del comprensorio, e trovano giustificazione nei benefici, concreti o anche solo potenziali, che si presumono apportati al terreno dalle opere eseguite dal consorzio, senza che quest’ultimo ne sia onerato della prova spettando, invece, al proprietario dimostrare il contrario, vale a dire l’assenza di benefici, senza che, a tal fine, rilevi l’aver manifestato, per scelta personale o per situazioni particolari, l’intenzione di non usufruire di quanto realizzato dal primo (Cass.23815/2015). L’inclusione dell’immobile nel perimetro di contribuenza e la sua valutazione nell’ambito di un piano di classifica, comporta l’onere per il contribuente, che impugni la cartella esattoriale o l’atto impositivo, affermando l’insussistenza del dovere contributivo, di provare l’inadempimento delle indicazioni contenute nel piano di classifica e segnatamente la mancata esecuzione o il non funzionamento delle opere da questo previste, poichè il vantaggio diretto ed immediato per il fondo, che costituisce il presupposto dell’obbligo di contribuzione, ai sensi dell’art. 860 c.c. e art. 10 r.d. n. 215 del 1933, deve ritenersi presunto in ragione dell’avvenuta approvazione del medesimo piano di classifica e della comprensione dell’immobile nel perimetro di intervento consortile (vedi da ultimo Cass., Sez. 5, n. 20359/2021).
10.1.L’adozione del piano di classifica, infatti, ingenera un una presunzione di vantaggiosità dell’attività di bonifica svolta dal Consorzio per i fondi ricompresi nell’area di intervento; qualora il piano di classifica venga specificamente impugnato dal consorziato,
la suddetta vantaggiosità deve essere provata dal Consorzio che la deduca, secondo la regola generale di cui all’articolo 2697 cod.civ.; qualora, invece, non vi sia stata impugnativa specifica del piano di classifica, la presunzione in oggetto (di natura non assoluta, ma juris tantum ) deve essere superata con onere della prova a carico del consorziato. Già le SSUU hanno avuto modo di affermare, in particolare, che “quando la cartella esattoriale emessa per la riscossione dei contributi di bonifica sia motivata con riferimento ad un “piano di classifica” approvato dalla competente autorità regionale, la contestazione di tale piano da parte di un consorziato, in sede di impugnazione della cartella, impedisce di ritenere assolto da parte del Consorzio il proprio onere probatorio, ed il giudice di merito deve procedere, secondo la normale ripartizione dell’onere della prova, all’accertamento dell’esistenza di vantaggi fondiari immediati e diretti derivanti dalle opere di bonifica per gli immobili di proprietà del consorziato stesso situati all’interno del perimetro di contribuenza; in guanto, se la (verificata) inclusione di uno (specifico) immobile nel perimetro di contribuenza può essere decisiva ai fini della determinazione dell” an” del contributo determinante ai fini del “quantum” è l’accertamento della legittimità e congruità del “piano di classifica” con la precisa identificazione degli immobili e dei relativi vantaggi diretti ed immediati agli stessi derivanti dalle opere eseguite dal Consorzio” (SSUU n. 11722 del 14/05/2010). E’ stato anche deciso (Cass.n.17066/10) che il contribuente è sempre ammesso a provare in giudizio – anche in assenza di impugnativa diretta in sede amministrativa del piano di classifica – l’insussistenza del beneficio fondiario; sia sotto il profilo della sua obiettiva inesistenza, sia in ordine ai criteri con cui il Consorzio abbia messo in esecuzione le direttive del predetto atto amministrativo per la determinazione del contributo nei confronti dell’onerato. Con la conseguenza che – soddisfatto l’onere probatorio così posto a carico
del contribuente – spetterà al giudice tributario di disapplicare, ex art.7 d.lgs. 546/92, il piano di classifica medesimo in quanto illegittimo. Tuttavia, la contestazione specifica del piano, dinanzi al giudice tributario, serve non per disapplicare un atto presupposto, ma per eliminare la rilevanza della presunzione di esistenza del beneficio, e consentire di procedere, quindi, secondo la normale ripartizione dell’onere della prova, all’accertamento dell’esistenza dei vantaggi fondiari – immediati e diretti – derivanti dalle opere di bonifica per gli immobili di proprietà del consorziato posti all’interno del perimetro di contribuenza (v. Cass. Sez. Un. n. 26009-08, cui adde Cass. n. 17066-10; (Cass. n. 22912/23; Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 20359 del 16/07/2021; Cass. n. 13501 del 2.07.2020; Cass. n.19192/2021; n. 9511 del 2018; nello stesso senso in precedenza Cass. n. 24356 del 2016; Cass. n. 24070 del 2014; Cass.n.654 de1 2012).
10.2.Va altresì tenuto presente che, ove i fondi siano compresi nel perimetro di contribuenza, in difetto di specifica contestazione, da parte del contribuente, della legittimità del piano di classifica, che può ritenersi integrata unicamente dal rilievo della mancata approvazione del piano generale di bonifica, si presume che gli stessi abbiano goduto dei benefici diretti delle opere realizzate dal consorzio richiedente (Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 24356 del 29/11/2016). Nella fattispecie in esame è incontestata la sussistenza sia del piano di classifica che del perimetro di contribuenza e che i fondi dei contribuenti fossero in essi inclusi, in quanto è pacifico che i contribuenti non abbiano specificamente contestato -nel giudizio di merito – la legittimità degli stessi, essendosi limitati a dedurre la mancata esecuzione delle opere e, in genere, l’insussistenza di un beneficio fondiario diretto e specifico.
10.3.La decisione n.2241 del 2015, inoltre, ha delimitato l’ambito della contestazione specifica che grava sul contribuente idonea a vincere la suddetta presunzione, affermando che il consorzio, la
cui cartella di pagamento sia stata impugnata, ha l’onere di produrre in giudizio il “piano di classifica” se intende essere esonerato dal dimostrare concretamente i presupposti del potere impositivo e, in particolare, lo specifico beneficio conseguito dal fondo onerato, risultando, invece, a tal fine insufficiente la mera dimostrazione dell’esistenza del piano medesimo e la sua mancata impugnazione dinanzi al giudice amministrativo (per tutte, Cass. n. 654- 12; sez. un. n. 11722-10). Cosicché, quando la cartella esattoriale sia motivata con riferimento a un piano di classifica approvato dalla competente autorità regionale, nessun onere probatorio aggiuntivo grava sul consorzio circa l’esistenza di un vantaggio diretto e specifico derivante agli immobili compresi nel piano dalle opere di bonifica, realizzandosi una presunzione iuris tantum di esistenza del beneficio, superabile dal contribuente mediante la prova contraria.
10.4. Questo principio è poi stato ribadito da Cass. n. 20681/14 e da Cass. n. 21176/14 seguita da Cass. 19/12/2014, n. 27057; conforme Cass. 30/12/2016, n. 27469; n. 29668/2021.
10.5. Inoltre, è stato chiarito che «in tema di contributi consortili di bonifica, il presupposto impositivo, che si basa sull’esistenza di un beneficio fondiario specifico e non generico, è intrinseco nell’ipotesi di opere di difesa idraulica del territorio, in quanto i fondi che ne sono difesi acquistano di per sé maggior valore per effetto di tali opere» (cfr. Cass. n. 2705/20; Cass. n. 29668/2021; Cass. Cass. n. 27469/2016); tale interpretazione è rispettosa della sentenza n. 188/2018 della Corte Costituzionale, secondo cui il beneficio che giustifica l’assoggettamento a contribuzione consortile non è dunque legato, con nesso sinallagmatico di corrispettività, all’attività di bonifica, come sarebbe se si trattasse di un canone o di una tariffa, che invece tale nesso sinallagmatico presuppongono, nondimeno, nel caso dei contributi consortili di bonifica, il beneficio per il consorziato contribuente deve necessariamente sussistere per
legittimare l’imposizione fiscale, ed esso però consiste non solo nella fruizione, ma anche nella fruibilità, comunque concreta e non già meramente astratta, dell’attività di bonifica, che, in ragione del miglioramento che deriva all’immobile del consorziato, assicura la capacità contributiva che giustifica l’imposizione di una prestazione obbligatoria di natura tributaria (cfr. Corte Cost. sent. n. 188/2018, cit., in motivazione);pertanto, la sussistenza del beneficio idraulico, presupposto dell’imposizione, può essere esclusa solo in ragione dell’asserita mancata esecuzione, da parte del Consorzio, di specifici interventi di manutenzione, che non sono in relazione sinallagmatica con l’obbligo di contribuzione (Cass. n.22076/2023). 10.6.Non ha pregio, in quanto contraria al r.d. n. 215 del 1933, art. 10, la tesi del contribuente secondo cui il contributo doveva implicare l’esecuzione di opere consortili direttamente sui fondi assoggettati.
10.7.In base all’art. 10 citato, cui si sono conformate le legislazioni regionali, ivi compresa quella della Regione Puglia citata in ricorso, nella spesa delle opere di competenza statale che non siano a totale carico dello Stato sono tenuti a contribuire i proprietari degli immobili del comprensorio “che traggono beneficio dalla bonifica”, secondo il perimetro di contribuenza reso pubblico col mezzo della trascrizione. Non rileva il luogo di esecuzione delle opere, ma il beneficio che ne deriva.
10.8.Il beneficio in questione deve essere di tipo fondiario, il che vuoi dire che deve discendere, non dalla pura e semplice inclusione del bene nel comprensorio, ma dalla bonifica. Anche ove correlato a un vantaggio generale, riguardante un insieme rilevante di immobili che tutti ricavano il beneficio, anche solo potenziale o futuro, esso non cessa di essere specifico ove discendente dall’opera di bonifica, perché giustappunto non attiene al territorio nel suo complesso, ma al bene di cui si tratta.
10.9. Assolutamente inconferente è il riferimento del ricorrente all’istituto della condizionalità tratto dalle fonti comunitarie. Il Reg. (CE) n. 73/2009 del Consiglio (del 19 gennaio 2009), richiamato dal ricorrente, stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto agli agricoltori nell’ambito della politica agricola comune. Istituisce taluni regimi di sostegno a favore degli agricoltori medesimi modificando i Reg. (CE) n. 1290-05, (CE) n. 247-06, (CE) n. 378-07 e abrogando il Reg. (CE) n. 1782-03. 10.10.Trattasi, più precisamente, di norme comuni relative ai pagamenti diretti, di un regime semplificato e transitorio di sostegno al reddito per gli agricoltori dei nuovi Stati membri (c.d. “regime di pagamento unico per superficie”) e di singoli regimi di sostegno per gli agricoltori che assicurano specifici prodotti. 10.11. L’ambito di applicazione del regolamento, dunque, non rileva laddove si discorra degli oneri tributari cui sono soggetti i proprietari di beni immobili posti nel perimetro di contribuenza, in correlazione coi vantaggi derivati dall’esecuzione di opere di bonifica da parte dei consorzi nazionali (v. Cass. n.24067/2014 tra le medesime parti).
11.Alla stregua dei principi giurisprudenziali su richiamati, che perimetrano l’onere probatorio che incombe sulle parti nel giudizio avanti le commissioni tributarie in tema di contributi consortili si rileva che, a tenore della motivazione della sentenza impugnata, la CTR ha fatto corretta applicazione dei principi costantemente affermati dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 9511/2018; Cass. n. 18891/2016; Cass. n. 24356/2016; n. 23223/2014; Cass. n. 13167/2014; Cass. n. 2831/2012; Cass. n. 656 e 657/2012, dopo gli interventi delle Sezioni Unite su citati), ritenendo provato il beneficio al fondo sulla base delle risultanze peritali allegate dal consorzio, dalle quali emerge che il fondo ricade nell’area irrigua attrezzata del comprensorio del INDIRIZZO ed è servita da grandi opere idrauliche di captazione e adduzione per
l’alimentazione della rete tubata aziendale con esercizio alla domanda.
11.1.La circostanza che le bocchette di adduzione dell’acqua siano state chiuse per morosità del contribuente non esonera lo stesso dagli oneri consortili correlati alle opere idrauliche di captazione e di adduzione.
Al rigetto del ricorso, segue la condanna al pagamento delle spese del giudizio di legittimità. Ai sensi dell’art.13 comma 1 quater del d.P.R. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13
P.Q.M.
La Corte
Rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla refusione delle spese sostenute dal consorzio che liquida in euro 2.000,00, per compensi, oltre 200,00 euro per esborsi, oltre rimborso forfettario ed accessori come per legge.
v.to l’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria della