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Contratto a favore di terzo: quando non si applica

La Corte di Cassazione ha chiarito i limiti del contratto a favore di terzo in ambito fiscale. Nel caso esaminato, due fratelli, beneficiari di immobili tramite una permuta stipulata dalla madre, sono stati ritenuti parti sostanziali dell’accordo e non semplici terzi. Avendo richiesto personalmente le agevolazioni ‘prima casa’, sono stati considerati responsabili per il recupero delle imposte a seguito della rivendita infraquinquennale degli immobili. La Corte ha stabilito che la partecipazione attiva del beneficiario al negozio giuridico esclude la configurabilità del contratto a favore di terzo.

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Contratto a favore di terzo: quando la partecipazione diretta esclude i benefici

Il contratto a favore di terzo rappresenta uno strumento giuridico flessibile, ma i suoi confini, specialmente in ambito fiscale, devono essere ben definiti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto un importante chiarimento, stabilendo che quando il presunto beneficiario partecipa attivamente all’accordo, non può essere considerato un ‘terzo’ estraneo al fine di eludere le responsabilità tributarie. Analizziamo insieme questo caso emblematico per comprendere le implicazioni pratiche di tale principio.

I fatti del caso: una permuta immobiliare con agevolazioni fiscali

La vicenda nasce da un’operazione di permuta. Una signora aveva ceduto un terreno di sua proprietà a una società costruttrice, ottenendo in cambio due immobili di futura costruzione da destinare ai propri figli. Nell’atto notarile, i figli dichiaravano espressamente di voler usufruire delle agevolazioni fiscali per la ‘prima casa’.

Successivamente, i fratelli vendevano gli immobili entro il quinquennio dall’acquisto, senza procedere all’acquisto di una nuova ‘prima casa’ entro l’anno. Di conseguenza, l’Agenzia delle Entrate notificava loro un avviso di liquidazione per recuperare l’IVA non versata, data la decadenza dai benefici fiscali.

La tesi dei ricorrenti: l’appello al contratto a favore di terzo

I contribuenti hanno impugnato l’avviso, sostenendo di non essere i soggetti passivi dell’imposta. La loro tesi si fondava sull’idea che l’operazione dovesse essere inquadrata come un contratto a favore di terzo. Secondo questa interpretazione, l’unico contratto valido era la permuta tra la madre (stipulante) e la società costruttrice (promittente). Loro, in qualità di terzi beneficiari, non sarebbero stati parti contrattuali e, pertanto, non potevano essere considerati acquirenti diretti né responsabili del debito tributario sorto dalla revoca delle agevolazioni. La responsabilità, a loro dire, sarebbe dovuta ricadere sulla madre, unica parte dell’accordo originario.

L’interpretazione della Corte: quando il terzo è in realtà parte sostanziale

Sia la Commissione Tributaria di primo grado che quella Regionale hanno respinto la tesi dei fratelli. La Corte di Cassazione, confermando le decisioni precedenti, ha demolito la costruzione giuridica proposta dai ricorrenti.

I giudici hanno sottolineato un punto fondamentale: la figura del contratto a favore di terzo, disciplinata dall’art. 1411 del Codice Civile, presuppone che il beneficiario rimanga estraneo alla stipulazione del contratto. Nel caso di specie, invece, i fratelli non erano affatto rimasti estranei. Al contrario, erano intervenuti direttamente nell’atto per dichiarare la loro volontà di beneficiare delle agevolazioni ‘prima casa’. Questa partecipazione attiva li ha qualificati come acquirenti e parti sostanziali del negozio giuridico, non come semplici destinatari passivi di un beneficio.

Le motivazioni della decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha ribadito che l’interpretazione del contratto è un’attività riservata al giudice di merito e non può essere messa in discussione in sede di legittimità proponendo semplicemente una lettura alternativa dei fatti. La Corte territoriale aveva correttamente evidenziato come i fratelli avessero ‘acquistato in contropartita’ gli immobili, agendo in qualità di acquirenti. La loro richiesta esplicita di applicare le agevolazioni fiscali era la prova della loro diretta partecipazione e del loro interesse nel contratto.

La Cassazione ha chiarito che non è configurabile un contratto a favore di terzo quando l’avente diritto alla prestazione non è estraneo all’accordo, ma ne è parte stipulante sostanziale. Pertanto, la pretesa dei ricorrenti di essere considerati terzi è stata giudicata infondata, confermando la loro legittimazione passiva rispetto alla pretesa fiscale dell’Agenzia delle Entrate.

Le conclusioni

Questa pronuncia consolida un principio importante: non ci si può nascondere dietro lo schermo del contratto a favore di terzo per sfuggire a obblighi fiscali quando si è partecipato attivamente e direttamente a un negozio giuridico. L’intervento nell’atto per richiedere benefici fiscali personali qualifica il soggetto come parte contrattuale a tutti gli effetti, con le relative responsabilità. La decisione serve da monito per chi intende strutturare operazioni immobiliari complesse, ricordando che la sostanza economica e la partecipazione effettiva prevalgono sulla forma giuridica adottata.

In un contratto, quando una persona viene considerata parte sostanziale anche se non è la stipulante principale?
Una persona viene considerata parte sostanziale di un contratto quando, pur non essendo lo stipulante formale, interviene attivamente nel negozio giuridico per esercitare diritti o fare dichiarazioni che la qualificano come titolare di una posizione giuridica diretta, come ad esempio richiedere personalmente l’applicazione di benefici fiscali.

Perché in questo caso specifico non è stato riconosciuto il contratto a favore di terzo?
Non è stato riconosciuto perché i beneficiari degli immobili (i figli) non sono rimasti estranei alla stipulazione del contratto, come richiesto dalla legge. Sono intervenuti direttamente nell’atto per dichiarare di voler usufruire delle agevolazioni ‘prima casa’, diventando così parti acquirenti a tutti gli effetti e non semplici terzi.

Chi è responsabile per il pagamento delle imposte se le agevolazioni ‘prima casa’ vengono revocate in un’operazione come quella descritta?
La responsabilità ricade su colui che è stato qualificato come acquirente effettivo dell’immobile e che ha richiesto le agevolazioni. Nel caso di specie, essendo i fratelli considerati parti sostanziali dell’acquisto, sono loro i soggetti tenuti a versare le maggiori imposte dovute a seguito della decadenza dai benefici.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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