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Concordato preventivo sanzioni: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 6358/2024, ha chiarito il rapporto tra concordato preventivo e sanzioni fiscali. Una società, dopo aver ottenuto una rateizzazione per debiti IVA e IRAP, non ha pagato le rate ed è stata successivamente ammessa al concordato preventivo. La Corte ha stabilito che l’apertura della procedura concorsuale non impedisce l’applicazione delle sanzioni per i debiti tributari sorti prima della procedura stessa. La decadenza dalla rateazione è legittima e il contribuente deve versare l’intero importo, incluse le sanzioni, poiché l’impossibilità di pagare dovuta al concordato non costituisce una causa di forza maggiore che estingue l’obbligazione.

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Concordato Preventivo Sanzioni: la Cassazione conferma la loro applicazione

L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 6358 del 2024 affronta un tema cruciale per le imprese in crisi: la sorte delle sanzioni fiscali quando viene avviata una procedura di concordato preventivo. La Suprema Corte ha stabilito un principio chiaro: l’ammissione al concordato non cancella né sospende le sanzioni relative a debiti tributari sorti prima dell’apertura della procedura. Questa decisione ha importanti implicazioni per la gestione dei debiti fiscali nelle procedure concorsuali.

I fatti del caso

Una società a responsabilità limitata si trovava a fronteggiare un debito fiscale per IVA e IRAP. Inizialmente, aveva intrapreso un percorso di pagamento agevolato e rateizzato. Tuttavia, a causa del mancato versamento di alcune rate successive alla prima, l’Amministrazione Finanziaria ha dichiarato la decadenza dal beneficio della rateazione, notificando le relative cartelle di pagamento per l’intero importo residuo.

Successivamente, la società è stata ammessa alla procedura di concordato preventivo. Nei primi gradi di giudizio tributario, i giudici avevano parzialmente accolto le ragioni della società, riducendo le sanzioni. La Commissione Tributaria Regionale, in particolare, aveva sostenuto che, una volta aperta la procedura di concordato, era impedito al debitore di effettuare pagamenti per debiti pregressi, e che da tale impedimento non potessero derivare conseguenze sanzionatorie. L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso per cassazione contro tale decisione.

La decisione della Corte sul concordato preventivo e le sanzioni

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ribaltando la decisione dei giudici di appello. Il principio affermato è che l’apertura di una procedura di concordato preventivo non è ostativa né all’accertamento di crediti tributari pregressi, né all’irrogazione delle relative sanzioni pecuniarie.

Le motivazioni della Cassazione

I giudici di legittimità hanno fondato la loro decisione su consolidati principi giurisprudenziali. Ecco i punti chiave delle motivazioni:

1. Natura dell’obbligazione tributaria: L’obbligazione tributaria sorge nel momento in cui si verifica il presupposto di fatto previsto dalla legge (es. la realizzazione di un ricavo), non quando l’Agenzia notifica un atto di accertamento. L’attività di controllo dell’Amministrazione finanziaria è solo strumentale all’esercizio di un diritto di credito che è già sorto.
2. Irrilevanza della procedura concorsuale: L’assoggettamento dell’impresa a una procedura concorsuale come il concordato preventivo non influisce sulla violazione della legge tributaria già commessa. Le sanzioni discendono direttamente da tali violazioni, avvenute prima dell’apertura della procedura.
3. Funzione dell’accertamento: L’accertamento del credito da parte dell’Amministrazione finanziaria, anche tramite iscrizione a ruolo e cartella di pagamento, è una condizione necessaria per consentire al Fisco di partecipare alla procedura concorsuale e insinuare il proprio credito al passivo.
4. Decadenza dalla rateazione: Il mancato rispetto del piano di rateazione concordato comporta la perdita del beneficio. L’impossibilità di pagare dovuta alle regole del concordato preventivo non può essere considerata una causa di forza maggiore che estingue l’obbligazione sanzionatoria. La ratio della norma sulla rateazione è agevolare il contribuente, ma a condizione che rispetti puntualmente i termini pattuiti.

Le conclusioni e le implicazioni pratiche

La sentenza in esame riafferma con forza che il concordato preventivo non opera come uno ‘scudo’ contro le sanzioni fiscali maturate prima della sua apertura. Per le imprese che affrontano una crisi, questo significa che i debiti fiscali pregressi, comprensivi di imposte, interessi e sanzioni, devono essere correttamente valutati e inseriti nel piano concordatario. La decisione della Cassazione sottolinea che la procedura concorsuale non può essere invocata per ‘sanare’ violazioni tributarie passate o per giustificare il mancato rispetto di un piano di rateizzazione. Di conseguenza, il contribuente che decade da una rateazione, anche se in concordato, è tenuto a versare l’imposta, gli interessi e le sanzioni rideterminate nella misura piena prevista dalla legge, come se la rateizzazione non fosse mai stata concessa.

L’apertura di un concordato preventivo blocca l’applicazione di sanzioni per debiti fiscali precedenti?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’apertura della procedura non impedisce l’accertamento dei crediti tributari pregressi e l’applicazione delle relative sanzioni, poiché queste derivano da violazioni commesse prima dell’ammissione al concordato.

Una società in concordato preventivo può giustificare il mancato pagamento delle rate di un piano di dilazione fiscale?
No. Il mancato rispetto del piano di rateazione comporta la decadenza dal beneficio, anche se il contribuente si trova in concordato preventivo. L’impossibilità di pagare derivante dalle regole della procedura non è considerata una causa di forza maggiore che elimina le conseguenze del mancato pagamento.

L’Amministrazione finanziaria può accertare un credito tributario e irrogare sanzioni a una società dopo che questa è stata ammessa al concordato preventivo?
Sì. L’accertamento del credito e delle sanzioni da parte dell’Amministrazione finanziaria è una condizione necessaria per permettere alla stessa di partecipare alla procedura concorsuale e insinuare il proprio credito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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