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Concordato fallimentare: tassazione e terzo assuntore

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21144/2024, ha chiarito le regole di tassazione per il concordato fallimentare con intervento di un terzo assuntore. La Corte ha rigettato sia il ricorso di una società, che contestava la tassazione, sia quello dell’Agenzia delle Entrate, che voleva includere anche i debiti nella base imponibile. È stato stabilito che l’imposta di registro proporzionale si applica solo sul valore dei beni e dei diritti trasferiti (l’attivo), escludendo le passività.

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Concordato Fallimentare e Tassazione: La Cassazione Chiarisce la Base Imponibile

L’ordinanza n. 21144/2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sulla corretta applicazione dell’imposta di registro nel contesto di un concordato fallimentare con l’intervento di un terzo assuntore. La decisione affronta la questione cruciale di cosa costituisca la base imponibile per la tassazione: solo gli attivi trasferiti o anche le passività accollate? La risposta della Corte è netta e consolida un orientamento giurisprudenziale di grande rilevanza pratica.

I Fatti di Causa: Un Concordato e la Pretesa del Fisco

Una società in procedura fallimentare aveva ottenuto l’omologazione di un concordato che prevedeva la cessione di tutti i suoi beni a un terzo soggetto, definito “assuntore”. A seguito di tale operazione, l’Agenzia delle Entrate emetteva un avviso di liquidazione per l’imposta di registro in misura proporzionale.

La Commissione Tributaria Regionale, riformando la decisione di primo grado, aveva ritenuto corretto l’avviso di liquidazione limitatamente agli elementi attivi del concordato, escludendo però dalla tassazione gli elementi passivi. Contro questa decisione, sia la società contribuente che l’Agenzia delle Entrate hanno proposto ricorso per cassazione, dando vita a un complesso giudizio.

Il Dibattito in Cassazione e il Concordato Fallimentare

Le posizioni delle parti erano diametralmente opposte.

Le doglianze della Società

La società ricorrente ha basato il suo ricorso su quattro motivi, tra cui la presunta violazione dello Statuto del Contribuente per mancata motivazione dell’avviso di liquidazione e una presunta doppia tassazione dello stesso atto, sostenendo che l’omologazione del fallimento era già stata tassata con imposta fissa.

Il ricorso incidentale dell’Agenzia delle Entrate

L’Amministrazione finanziaria, con un ricorso incidentale, ha contestato la decisione dei giudici di merito, sostenendo che la base imponibile per l’imposta di registro dovesse includere non solo il valore degli attivi trasferiti, ma anche l’ammontare delle passività (debiti) accollate dal terzo assuntore, ai sensi dell’art. 21 del d.P.R. 131/1986.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato entrambi i ricorsi, fornendo una motivazione chiara e basata su principi giuridici consolidati.

In primo luogo, ha respinto le censure della società. Ha chiarito che l’avviso di liquidazione basato su un provvedimento giudiziario, come il decreto di omologa del concordato, non richiede un’analitica motivazione sui presupposti di fatto e di diritto della pretesa, essendo sufficiente il richiamo al titolo giudiziale e l’indicazione degli elementi matematici del calcolo. Inoltre, ha escluso la doppia imposizione, specificando che l’atto tassato con imposta fissa (l’omologa del fallimento) era un provvedimento diverso da quello tassato con imposta proporzionale (l’omologazione del concordato fallimentare con il terzo assuntore, che ha effetti traslativi).

Il punto centrale della decisione riguarda il rigetto del ricorso dell’Agenzia delle Entrate. La Corte ha ribadito con forza un principio ormai consolidato nella sua giurisprudenza: nel concordato fallimentare con terzo assuntore, l’imposta di registro si applica in misura proporzionale e va computata esclusivamente sul valore dei beni e dei diritti fallimentari trasferiti. L’importo del debito accollato dal terzo non partecipa al calcolo della base imponibile. La tassazione colpisce il trasferimento di ricchezza (gli attivi), non l’intera operazione finanziaria che include anche i debiti.

Le Conclusioni

La Cassazione, con questa pronuncia, mette un punto fermo sulla determinazione della base imponibile ai fini dell’imposta di registro nel concordato fallimentare. La decisione stabilisce che:

1. Il decreto di omologazione del concordato con terzo assuntore è un atto con effetti traslativi e, come tale, soggetto a imposta di registro proporzionale.
2. La base imponibile è costituita unicamente dal valore degli attivi (beni e diritti) che vengono trasferiti dal patrimonio del fallito a quello dell’assuntore.
3. Le passività e i debiti accollati dall’assuntore sono esclusi dal calcolo della base imponibile.

Questa interpretazione fornisce certezza giuridica agli operatori del settore, evitando un aggravio fiscale che potrebbe disincentivare il ricorso a soluzioni concordatarie, strumenti fondamentali per la gestione delle crisi d’impresa.

Come si calcola l’imposta di registro in un concordato fallimentare con terzo assuntore?
L’imposta di registro si calcola in misura proporzionale applicando le aliquote previste dalla legge esclusivamente sul valore dei beni e dei diritti trasferiti (l’attivo patrimoniale), come stabilito dall’art. 8, lettera a, della tariffa allegata al d.P.R. 131 del 1986.

Le passività (debiti) dell’azienda fallita fanno parte della base imponibile per l’imposta di registro?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito chiaramente che l’importo del debito accollato dal terzo assuntore non partecipa al calcolo della base imponibile. La tassazione riguarda solo le attività oggetto di cessione.

L’Agenzia delle Entrate deve allegare la sentenza su cui si basa l’avviso di liquidazione?
No. Quando un avviso di liquidazione è emesso sulla base di una sentenza passata in giudicato, non è necessario allegare tale provvedimento. È sufficiente che l’avviso contenga il richiamo al titolo giudiziale e l’indicazione degli elementi matematici per la quantificazione del tributo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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