Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20006 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20006 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5999/2022 R.G. proposto da: COGNOME rappresentato e difeso da sé mededimo
-ricorrente-
AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE I ROMA, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato
-resistente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LAZIO n. 4325/2021 depositata il 28/09/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle Entrate ha proposto appello contro la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Roma, che aveva
accolto il ricorso presentato da NOME COGNOME Il ricorso riguardava un avviso di liquidazione dell’imposta e irrogazione di sanzioni (n. 2016/003/EM/000004213/00) a seguito della registrazione dell’ordinanza del Tribunale di Roma nel procedimento immobiliare n. 4213/2016, in cui si assegnavano al ricorrente crediti pignorati per un importo inferiore a 1.032,90 euro. A fondamento dell’impugnazione, l’ente finanziario sosteneva che l’esenzione prevista dall’art. 46 della legge 374/1991 (che esclude dal pagamento dell’imposta gli atti e provvedimenti emessi nel giudizio dinanzi al Giudice di Pace) non potesse essere applicata analogicamente a procedimento diversi da quelli del giudizio di merito innanzi al giudice di pace.
Con sentenza n. 4325/2021, la C.T.R. del Lazio ha respinto l’appello dell’Agenzia delle Entrate e disposto la compensazione delle spese di lite.
Avverso detta decisione ricorre per la cassazione, sulla base di un unico motivo, l’avv. COGNOME
L’Agenzia delle entrate ha depositato nota per la partecipazione all’udienza di discussione ex art. 370 c.p.c.
Il ricorrente ha depositato, in prossimità dell’udienza., memoria ai sensi dell’art. 380 -bis1 c.p.c.
MOTIVI DI DIRITTO
1.L’unico motivo di ricorso deduce ; si assume che il processo formativo della volontà decisionale del Giudice di secondo grado risulta viziato sia dall’erronea interpretazione della normativa applicabile alla fattispecie, sia dalla mancata esplicitazione della ratio decidendi. Si afferma che il potere di compensazione delle spese processuali può ritenersi legittimamente esercitato da parte del giudice in quanto
risulti affermata e giustificata, in sentenza, la sussistenza dei presupposti cui esso è subordinato, sicché, come il mancato esercizio di tale potere non richiede alcuna motivazione, così il suo esercizio, per non risolversi in mero arbitrio, deve essere necessariamente motivato, nel senso che le ragioni in base alle quali il giudice abbia accertato e valutato la sussistenza dei presupposti di legge devono emergere, se non da una motivazione esplicitamente “specifica”, quanto meno da quella complessivamente adottata a fondamento dell’intera pronuncia, cui la decisione di compensazione delle spese accede, onde la mancanza assoluta di motivazione, implicita od esplicita, della decisione di compensazione delle spese nei sensi sopra descritti integra gli estremi della violazione di legge denunciabile e sindacabile anche in sede di legittimità. Soggiunge il ricorrente che tale insegnamento trova poi conforto nel nuovo testo dell’art. 92, comma 2, c.p.c., a mente del quale il Giudice può compensare le spese di lite soltanto «se vi è soccombenza reciproca o concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione», principio espressamente qualificato dal Supremo Collegio in termini di regola generale dell’ordinamento processuale, applicabile ad ogni particolare forma di procedimento.
2.Il ricorso è infondato e prima ancora inammissibile.
2.1.Il motivo presenta profili di inammissibilità. In primo luogo, ci si trova di fronte ad un motivo c.d. ‘misto’ deducendosi sia l’omesso esame di fatto decisivo sia l’omessa pronuncia con conseguente applicazione del principio per cui è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, c.p.c.
2.2.Ebbene, questa Corte ha affermato il principio dell’inammissibilità della mescolanza e della sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti cioè riferimento alle
diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, primo comma, c.p.c., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, e ciò in quanto una simile formulazione mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili all’interno di ciascun motivo, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo inammissibilmente, alla Corte il compito di dare forma e contenuto giuridico alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse (così, anche da ultimo, Cass. n. 3397/2024, che richiama Cass. n. 26874/2018; Cass. n. 7009/2017, Cass. n. 21611/2013; Cass. n. 19443/2011), contrastando tale tecnica espositiva con il principio di tassatività dei motivi di impugnazione per cassazione (v., ancora, Cass. n. 13809/2022, che richiama, «ex plurimis, Cass. n. 6866/2022, Cass. n. 33348/2018, Cass. n. 19761/2016, n. 19040/2016, n. 13336/2016, n. 6690/2016, Cass. n. 5964/2015; Cass. n. 26018/2014 e n. 22404/2014).
2.2.Sotto tale profilo è indiscutibile la non sovrapponibilità logico giuridica del vizio di violazione di legge con quello di una carente motivazione della sentenza o di un omesso esame di un fatto sostanziale e l’operazione di risistemazione e di riorganizzazione dei motivi da parte del giudice di legittimità si rivela non solo compito improprio, ma anche incidente sulla dialettica processuale, intervenendo in essa come forma di soccorso difensivo, compiendo scelte concernenti (anche) il rapporto (di alternatività o di subordinazione tra i vari motivi), che indubbiamente competono alla parte.
2.3 .Ad ogni buon conto, resta l’inammissibilità anche operando, in base ad altro orientamento di questa Corte (cfr. Cass. n. 39169/2021, che richiama Cass. n. 26790/2018, Cass. n.
19893/2017, Cass. n. 7009/2017, Cass, Sez. Un., n. 9100/2015, Cass., Sez. Un., n. 17931/2013; Cass., Sez. Un., n. 32415/2021), una risistemazione dell’articolato motivo, attraverso una scissione delle incompatibili doglianze, come se fossero separate, alternative o subordinate, ricostruendole, sotto il profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione rilevante, in relazione alle questioni sostanziali sollevate, in quanto le censure contenute nell’illustrazione dello strumento di ricorso si presentano, in larga misura, aspecifiche, non confrontandosi con le ragioni poste a base della sentenza impugnata, né confutandole, limitandosi alla trascrizione delle pronunce di questa Corte e alla riproposizione della domanda di condanna alle spese di lite.
2.4.Va, allora, ribadito che l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si traducano in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle argomentazioni per cui essa sia ritenuta errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. In riferimento al ricorso per cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi della citata disposizione (tra le tante: Cass. n. 17125/2007, Cass. n. 9388/2009, Cass. n. 187/2014, Cass. n. 21296/2016, Cass. n. 4611/2018, Cass. n. 12982/2019, Cass. n. 15517/2020, Cass. n. 20152/2021, Cass. n. 26300/2022, C ass. n. 28884/2023, tutte richiamate da Cass. n. 9783/2023; v. anche Cass. n. 5429/2023). 3.Le censure dedotte con l’unico motivo di ricorso si rivelano comunque infondate.
4.In via preliminare, va evidenziato che al presente giudizio, di merito e di legittimità, si applica “ratione temporis” il testo dell’art. 92 cod. proc. civ. modificato dapprima dall’art. 2, comma 4, della legge 28 dicembre 2005, n. 263 e poi dell’art. 58, comma 1, della legge 18 giugno 2009, n. 69; – che esso, pertanto, subordina la compensazione delle spese di lite -oltre che all’ipotesi, qui non ricorrente, della soccombenza reciproca delle parti -alla sussistenza di “altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione”; – che, come ripetutamente affermato da questa Corte, quella introdotta nel 2009 “è norma elastica, che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un dato contesto storicosociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili «a priori», ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice di merito” (così in motivazione, da ultimo e tra le tante, Cass. Sez. Lav., ord. 7 agosto 2019, n. 21157), la cui “attività di precisazione e integrazione è censurabile in sede di legittimità al pari di ogni giudizio fondato su norme giuridiche, atteso che, nell’esprimere il giudizio di valore necessario ad integrare il parametro generale contenuto nella norma elastica, il giudice compie un’attività di interpretazione giuridica e non meramente fattuale della norma, dando concretezza a quella parte mobile della stessa” (così, sempre in motivazione, Cass. Sez. Un., sent. 22 febbraio 2012, n. 2572); che tale “elasticità” di valutazione costituisce un connotato addirittura costituzionalmente necessario del potere/dovere del giudice di regolamentare le spese di lite, visto che l’introduzione di un sistema di rigida predeterminazione delle “altre” ragioni, rispetto alla soccombenza reciproca, idonee a giustificare la compensazione (scelta, per l’esattezza, compiuta dall’art. 13, comma 2, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito dalla legge 10 novembre 2014, n. 162) è stata ritenuto in contrasto con la Costituzione; – che, difatti, la Corte costituzionale ha affermato come una rigida
“predeterminazione” di ipotesi “tipiche” di compensazione rechi un ” minus” agli artt. 24 e 111 della Carta Fondamentale, visto che “la prospettiva della condanna al pagamento delle spese di lite anche in qualsiasi situazione del tutto imprevista ed imprevedibile per la parte che agisce o resiste in giudizio può costituire una remora ingiustificata a far valere i propri diritti” ( Cass. n.214000/2021; Corte cost., sent. 7 marzo 2018, n. 77).
4.1.Discende che è, dunque, nella discrezionalità del giudice l’individuazione delle ipotesi idonee ad integrare le (gravi ed eccezionali) ragioni per la compensazione delle spese, giacché persino “la stessa ipotesi della soccombenza reciproca”, che parimenti facoltizza il giudice della controversia a compensare le spese di lite, rappresenta un criterio nient’affatto rigido, ma implica una qualche discrezionalità del giudice che è chiamato ad apprezzare la misura in cui ciascuna parte è al contempo vittoriosa e soccombente, tanto più che la giurisprudenza di legittimità si va orientando nel ritenere integrata l’ipotesi di soccombenza reciproca anche in caso di accoglimento parziale dell’unica domanda proposta (così, nuovamente, Corte cost., sent. n. 77 del 2018, cit.).
4.2.Pertanto, nel motivare le ragioni della disposta compensazione, il giudice -sebbene debba astenersi, come rammenta l’odierno ricorrente, da formule stereotipate o di mero stile, del tipo “la peculiarità della vicenda” esaminata (cfr., tra le numerose, Cass. Sez. 6- 5, ord. 25 settembre 2017, n. 22310) -è tenuto, essenzialmente, ad evitare che siano addotte ragioni illogiche o erronee, dovendosi ritenere altrimenti sussistente il vizio di violazione di legge (da ultimo, Cass. Sez. Lav., ord. 9 aprile 2019, n. 9777); si tratta di una verifica “in negativo” -in ragione della “elasticità” costituzionalmente necessaria che, come visto, caratterizza il potere giudiziale di compensare le spese di lite, “non essendo […1 indefettibilmente coessenziale alla tutela giurisdizionale la ripetizione di dette spese” in favore della parte
vittoriosa (Corte cost., sent. 21 maggio 2014, n. 157) -demandata a questa Corte, chiamata a stabilire che le ragioni poste a fondamento del provvedimento ex art. 92, comma 2, cod. proc. civ. siano “non illogiche” o “erronee”, e ciò, tra l’altro, pure in conformità con l’avvenuta “riduzione al minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla parte motiva della sentenza (cfr. Cass. Sez. Un., sent. 7 aprile 2014, n. 8053, Rv. 629830-01, nonché, “ex multis”, Cass. Sez. 3, ord. 20 novembre 2015, n. 23828, Rv. 637781-01; Cass. Sez. 3, sent. 5 luglio 2017, n. 16502, Rv. 637781-01; Cass. Sez. 1, ord. 30 giugno 2020, n. 13248, Rv. 658088-01), giusta l’avvenuta “novellazione” -da parte dell’art. 54, comma 1, lett. b), del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, 134, applicabile “ratione temporis” al presente giudizio -dell’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ.. Che tale è, dunque, la “cornice” in cui va iscritto il sindacato da compiersi sulla motivazione del giudice a quo.
5.Il motivo in scrutinio reca il vizio di violazione di legge, sebbene nella sua illustrazione censuri anche l’assenza delle gravi ragioni che sottendono la compensazione delle spese di lite e contemporaneamente l’omesso esame di fatto decisivo, presumibilmente intendendo censurare la decisione impugnata per la mancata esplicitazione delle gravi ragioni che giustificano la compensazione delle spese di lite.
4.3.Nella presente fattispecie, la CTR ha disposto la compensazione delle spese di lite affermando che la materia oggetto del presente processo è stata interessata da evoluzioni giurisprudenziali anche recenti e da pronunce contrastanti da parte dei giudici di merito.
4.4. Il richiamo a tali circostanze risponde all’indicazione fornita da questo giudice di legittimità, secondo cui le ragioni della disposta compensazione devono trovare riferimento in specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa da indicare esplicitamente nella
motivazione della sentenza (Cass. 19 ottobre 2015, n. 21083), sicché proprio la valorizzazione degli elementi sopra illustrati integra quella motivazione specifica ed eziologicamente ricollegabile in modo effettivo e non astratto alla controversia in oggetto (Cass. 11 luglio 2014, n. 16037; Cass. n. 5402/2024) idonea a far ritenere la stessa, come detto, conforme alla previsione di cui all’art. 92, comma 2, cod. proc. civ..
5.In conclusione, il ricorso va respinto.
Nulla va disposto in ordine alle spese del giudizio di cassazione in favore dell’intimato poiché il medesimo non ha svolto attività difensiva.
In ragione del rigetto del ricorso, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 -della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo, se dovuto, a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, del d.P.R. 30 maggio 2602, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo, se dovuto, a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13. Così deciso in Roma, all’esito di adunanza camerale della Sezione