Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20066 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20066 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17512/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME che con il proprio ministero ex art. 86 c.p.c. si rappresenta e difende
-ricorrente-
AGENZIA DELLE ENTRATE – DIREZIONE PROVINCIALE I DI ROMA UFF. TERR. DI ROMA 2 AURELIO rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato -resistente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LAZIO n. 512/2022 depositata il 08/02/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME impugnava un avviso di liquidazione relativo all’imposta di registro su una sentenza del Giudice di Pace, sostenendo che l’atto era nullo per carenza di motivazione e perché riferito a una causa di valore inferiore a € 1.033,00, quindi esente da imposta.
La Commissione Tributaria Provinciale di Roma, con sentenza n. 7303/2021, respingeva il ricorso, condannando l’avv. COGNOME al
pagamento delle spese (€ 250), sostenendo che l’esenzione si applica solo ai provvedimenti del Giudice di Pace.
Sull’appello del contribuente, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, con sentenza n. 512/2022 accoglieva l’impugnazione compensando le spese di lite.
L’Agenzia delle Entrate è rimasta intimata.
Il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis1 c.p.c., in prossimità dell’udienza.
MOTIVI DI DIRITTO
Il primo strumento di ricorso reca la deduzione di . Si contesta il capo della sentenza con cui i giudici regionali hanno disposto la compensazione delle spese di lite. Si obietta che il giudice di secondo grado ha erroneamente interpretato la normativa e omesso una reale motivazione della decisione sulla compensazione, in violazione dei principi di legittimità secondo i quali la compensazione è legittima solo se motivata e se sussistono presupposti specifici, come in caso di soccombenza reciproca o del ricorrere di gravi ed eccezionali ragioni, che devono essere esplicitamente indicate (art. 92, comma 2, c.p.c.).
Nel caso concreto, si assume che il contribuente è risultato integralmente vittorioso, poiché l’avviso di liquidazione è stato annullato, accogliendo le sue istanze, in guisa che non si versa in ipotesi soccombenza reciproca.
Si obietta, altresì, che la sentenza non contiene alcuna motivazione adeguata a giustificare la compensazione, ma si limita a un richiamo generico e apparente alla vicenda processuale, in quanto la presunta soccombenza reciproca indicata dal giudice d’appello è priva di riscontro, poiché tutte le censure sollevate dal contribuente
sono state accolte. Si soggiunge che sotto altro riguardo, trattandosi di questione manifestamente fondata, la liquidazione delle spese a carico del soccombente doveva essere maggiorata del 30% in forza dell’art. 4, comma 8, d.m. 2 aprile 2014 n. 55, il quale espressamente statuisce che «Il compenso da liquidare giudizialmente a carico del soccombente costituito può essere aumentato fino a un terzo rispetto a quello altrimenti liquidabile quando le difese della parte vittoriosa sono risultate manifestamente fondate».
2.Il motivo è fondato.
2.1.In via preliminare, va evidenziato che in relazione al giudizio si merito va applicato l’art. 15 d.lgs. n. 546/1992, ratione temporis applicabile, che subordina la compensazione delle spese di lite -oltre che all’ipotesi, qui non ricorrente, della soccombenza reciproca delle parti -alla sussistenza di ‘ gravi ed eccezionali ragioni che devono essere espressamente motivate”.
2.2.Come ripetutamente affermato da questa Corte, con riferiment6o all’analoga norma di cui all’art. 92 c.p.c., quella introdotta nel 2009 “è norma elastica, che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un dato contesto storico-sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili «a priori», ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice di merito” (così in motivazione, da ultimo e tra le tante, Cass. Sez. Lav., ord. 7 agosto 2019, n. 21157), la cui “attività di precisazione e integrazione è censurabile in sede di legittimità al pari di ogni giudizio fondato su norme giuridiche, atteso che, nell’esprimere il giudizio di valore necessario ad integrare il parametro generale contenuto nella norma elastica, il giudice compie un’attività di interpretazione giuridica e non meramente fattuale della norma, dando concretezza a quella parte mobile della stessa” (così, sempre in motivazione, Cass. Sez. Un., sent. 22 febbraio 2012, n. 2572, Rv. 621247-01).
2.3. Tale “elasticità” di valutazione costituisce un connotato addirittura costituzionalmente necessario del potere/dovere del giudice di regolamentare le spese di lite, visto che l’introduzione di un sistema di rigida predeterminazione delle “altre” ragioni, rispetto alla soccombenza reciproca, idonee a giustificare la compensazione (scelta, per l’esattezza, compiuta dall’art. 13, comma 2, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito dalla legge 10 novembre 2014, n. 162) è stata ritenuto in contrasto con la Costituzione, la quale ha affermato come una rigida “predeterminazione” di ipotesi “tipiche” di compensazione rechi un “minus” agli artt. 24 e 111 della Carta Fondamentale, visto che “la prospettiva della condanna al pagamento delle spese di lite anche in qualsiasi situazione del tutto imprevista ed imprevedibile per la parte che agisce o resiste in giudizio può costituire una remora ingiustificata a far valere i propri diritti” ( Cass. n.214000/2021; Corte cost., sent. 7 marzo 2018, n. 77).
2.4. E’ dunque, la discrezionalità del giudice nell’individuazione delle ipotesi idonee ad integrare le (gravi ed eccezionali) ragioni per la compensazione il tratto caratterizzante la disciplina in materia, giacché persino “la stessa ipotesi della soccombenza reciproca”, che “parimenti facoltizza il giudice della controversia a compensare le spese di lite, rappresenta un criterio nient’affatto rigido, ma implica una qualche discrezionalità del giudice che è chiamato ad apprezzare la misura in cui ciascuna parte è al contempo vittoriosa e soccombente, tanto più che la giurisprudenza di legittimità si va orientando nel ritenere integrata l’ipotesi di soccombenza reciproca anche in caso di accoglimento parziale dell’unica domanda proposta” (così, nuovamente, Corte cost., sent. n. 77 del 2018, cit.).
2.5. Pertanto, nel motivare le ragioni della disposta compensazione, il giudice -sebbene debba astenersi, come rammenta l’odierno ricorrente, da formule stereotipate o di mero
stile, del tipo “la peculiarità della vicenda” esaminata (cfr., tra le numerose, Cass. Sez. 6- 5, ord. 25 settembre 2017, n. 22310) -è tenuto, essenzialmente, ad evitare che “siano addotte ragioni illogiche o erronee, dovendosi ritenere altrimenti sussistente il vizio di violazione di legge” (da ultimo, Cass. Sez. Lav., ord. 9 aprile 2019, n. 9777); – che, dunque, si tratta di una verifica “in negativo” -in ragione della “elasticità” costituzionalmente necessaria che, come visto, caratterizza il potere giudiziale di compensare le spese di lite, “non essendo […1 indefettibilmente coessenziale alla tutela giurisdizionale la ripetizione di dette spese” in favore della parte vittoriosa (Corte cost., sent. 21 maggio 2014, n. 157) -demandata a questa Corte.
2.6. Questa Corte è pertanto chiamata a stabilire che le ragioni poste a fondamento del provvedimento ex art. 92, comma 2, cod. proc. civ. siano “non illogiche” o “erronee”, e ciò, tra l’altro, pure in conformità con l’avvenuta “riduzione al minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla parte motiva della sentenza (cfr. Cass. Sez. Un., sent. 7 aprile 2014, n. 8053, Rv. 629830-01, nonché, “ex multis”, Cass. Sez. 3, ord. 20 novembre 2015, n. 23828, Rv. 637781-01; Cass. Sez. 3, sent. 5 luglio 2017, n. 16502, Rv. 637781-01; Cass. Sez. 1, ord. 30 giugno 2020, n. 13248, Rv. 658088-01), giusta l’avvenuta “novellazione” -da parte dell’art. 54, comma 1, lett. b), del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, 134, applicabile “ratione temporis” al presente giudizio -dell’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ.; – che tale è, dunque, la “cornice” in cui va iscritto il sindacato da compiersi sulla motivazione del giudice a quo.
2.7 Fatte queste premesse, il motivo di ricorso reca il vizio di violazione di legge, sebbene nella sua illustrazione si censura anche l’assenza delle gravi ragioni che sottendono la compensazione delle spese di lite; nel presente caso, la Corte distrettuale ha disposto la
compensazione delle spese di lite ritenendo sussistente la parziale soccombenza, in quanto era stata respinta la domanda di condanna avanzata dal ricorrente ai sensi dell’art . 96, terzo comma, c.p.c., mancando il presupposto per la sua applicazione, non avendo la parte soccombente agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave .
2.8. Ebbene, la motivazione, sul punto, della sentenza impugnata deve ritenersi errata, in particolare nel valorizzare la circostanza relativa alla soccombenza parziale. L’entità della soccombenza si misura sulla base del bene della vita negato o, per rovescio della medaglia, riconosciuto. Qui non è dubbio che la ricorrente debba considerarsi integralmente soccombente per non avere conseguito, neppure in piccola parte, il bene della vita preteso.
Secondo un primo indirizzo, che ha trovato consacrazione nella sentenza n. 20838 del 14/10/2016 (Rv. 641572) di questa Sezione, il rigetto della domanda ex art. 96 cod. proc. civ., malgrado l’accoglimento di quella principale proposta dalla stessa parte, configura un’ipotesi di soccombenza reciproca idonea a giustificare la compensazione delle spese di lite ai sensi dell’art. 92 cod. proc. civ., atteso che, in applicazione del principio di causalità, sono imputabili a ciascuna parte gli oneri processuali causati all’altra per aver resistito a pretese fondate o per aver avanzato istanze infondate.
3.1.Altro e successivo orientamento di legittimità ha espresso il principio secondo il quale il rigetto, in sede di gravame, della domanda, meramente accessoria, ex art. 96 cod. proc. civ., a fronte dell’integrale accoglimento di quella di merito proposta dalla stessa parte, in riforma della sentenza di primo grado, non configura un’ipotesi di parziale e reciproca soccombenza, né in primo grado né in appello, sicché non può giustificare la
compensazione delle spese di lite ai sensi dell’art. 92 cod. proc. civ. (Sez. 6, n. 9532, 12/4/2017, Rv. 643825). Questa seconda opzione interpretativa risulta essere stata condivisa, sulla base di un ordito motivazionale di maggiore incisività, da una successiva decisione (Sez. 6, n. 11792,15/5/2018).
3.2.La Corte, dopo aver dato atto di volersi confrontare con il primo orientamento, propende per la seconda opzione interpretativa, <> (v. Cass. n. 18036/2022; Cass. 14813/2020; n. 5466/2020; Cass.n. 11792/2018; Cass. n. 9532/2017).
4.Il Collegio reputa doversi dare continuità a questo secondo indirizzo, del quale condivide la struttura argomentativa portante.
4.1.L’ostacolo alla tesi opposta non si rinviene nella dedotta mancanza di contrapposizione delle domande (tutte le domande che le parti si rivolgono contro sono contrapposte per forza di cose, non essendo richiesto che siano simmetriche), ma nell’accessorietà della domanda per lite temeraria, la quale, come puntualmente osservato, presuppone che la controparte risulti integralmente soccombente.
4.2. Segue l’accoglimento del ricorso. La sentenza impugnata va cassata limitatamente al regolamento delle spese di lite e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può
essere decisa nel merito con la condanna dell’amministrazione al pagamento in favore delle spese processuali tutti i gradi e le fasi del giudizio, liquidate come da dispositivo.
4.3.Va osservato che l’art. 385 c.p.c., comma 2, accorda ampi poteri alla Corte e le consente di accertare e liquidare non solo le spese del giudizio di legittimità ma anche quelle dei gradi di merito, quando la sentenza impugnata sia cassata senza rinvio, sicchè sarebbe del tutto illogico imporre il giudizio di rinvio al solo fine di provvedere ad una liquidazione che, in quanto ancorata a parametri di legge, ben può essere direttamente compiuta dal giudice di legittimità (Cass. n. 1419972021; Cass. n. 211/2016; Cass. n. 176172014).
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e condanna l’amministrazione finanziaria alla refusione delle spese di lite del giudizio di primo grado che liquida in euro 525,00, oltre rimborso forfettario ed accessori come per legge; liquida le spese di secondo grado in euro 540,00, oltre rimborso forfettario ed accessori come per legge; condanna l’ente finanziario alla rifusione delle spese del presente giudizio che liquida in euro 400,00, oltre 200,00 euro per esborsi, rimborso forfettario ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, all’esito di adunanza camerale della Sezione