Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13930 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13930 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CANDIA COGNOME
Data pubblicazione: 20/05/2024
CESSATA MATERIA CONTENDERE
sul ricorso iscritto al n. 4319/2021 del ruolo generale, proposto
DA
il RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), in persona del Sindaco pro tempore , NOME COGNOME, rappresentato e difeso, in forza di procura speciale e nomina poste in calce al ricorso e di delibera della Giunta municipale n. 7 del 15 gennaio 2021, dall’AVV_NOTAIO (codice fiscale CODICE_FISCALE), elettivamente domiciliato in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO.
– RICORRENTE –
CONTRO
COGNOME NOME (codice fiscale CODICE_FISCALE), nato a Polla il DATA_NASCITA e residente in Corleto Monforte (INDIRIZZO), alla INDIRIZZO, rappresentato e difeso, in ragione di procura speciale e nomina poste in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO (codice fiscale CODICE_FISCALE), domiciliata, ai sensi dell’art.
366, secondo comma, cod. proc. civ., presso la cancelleria della Corte di cassazione.
– CONTRORICORRENTE – per la cassazione della sentenza n. 6314/5/2020 della Commissione tributaria regionale della Campania (Sezione distaccata di Salerno), depositata il 17 dicembre 2020 e non notificata;
UDITA la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio dell’udienza camerale del 9 gennaio 2024;
RILEVATO CHE:
con la suindicata sentenza la Commissione tributaria regionale della Campanaia (Sezione distaccata di Salerno) respingeva l’appello proposto dal Comune di Bellizzi avverso la sentenza n. 3959/8/2019 della Commissione tributaria provinciale di Salerno, confermando che l’abitazione di NOME COGNOME sita in detto Comune doveva essere esente dal pagamento dell’IMU (anno 2013), in quanto residenza anagrafica e dimora abitale del contribuente;
il Comune RAGIONE_SOCIALE Bellizzi impugnava detta pronuncia con ricorso notificato il 5 febbraio 2021, formulando sei motivi di impugnazione;
NOME COGNOME resisteva con controricorso notificato il 10 marzo 2021, chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso;
con istanza del 19 maggio 2023, ribadita con la memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ. del 7 novembre 2023 il Comune di Bellizzi dava conto che tra le parti era intervenuto un accordo transattivo, anche per altre annualità in contesa, rappresentando che era quindi cessata la materia del contendere, non sussistendo, quindi, più alcun interesse alla decisione della causa, chiedendo di dichiarare cessata la materia del contendere e di compensare le spese di giudizio;
l’istante ha prodotto l’accordo transattivo del 28 aprile 2023 intercorso tra le parti, con previsione di compensazione delle spese di lite;
CONSIDERATO CHE:
alla luce di quanto precede il giudizio va dichiarata cessata la materia del contendere;
come di recente ribadito (cfr. Cass., Sez. III, 19 aprile 2023, n. 10483), le Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. Un. 11 aprile 2018, n. 8980) hanno chiarito che, ove nel corso del giudizio di legittimità le parti dichiarino che è intervenuta una definizione della controversia con un accordo convenzionale e che la materia del contendere è stata da essa regolata, la Corte deve dichiarare cessata la materia del contendere, con conseguente venire meno dell’efficacia della sentenza impugnata, non essendo la situazione inquadrabile in una delle tipologie di decisione indicate dagli artt. 382, terzo comma, 383 e 384 cod. proc. civ., né può considerarsi come situazione che evidenzia un disinteresse sopravvenuto delle parti per la decisione sul ricorso e, quindi, una inammissibilità sopravvenuta del ricorso, posto che le parti non chiedono un esame dei motivi del ricorso, ma danno atto che sulla controversia devoluta alla Corte è intervenuto un accordo negoziale;
2.1. ne consegue che la pronuncia in questione non può essere di inammissibilità sopravvenuta del ricorso, perché essa lascerebbe in essere la sentenza impugnata, ma piuttosto una pronuncia di cessazione della materia del contendere per intervenuto accordo negoziale, in quanto tale dichiarazione implica «la constatazione dell’automatica perdita di efficacia della sentenza impugnata, atteso che le parti, regolando con l’accordo negoziale la vicenda, hanno inteso affidare esclusivamente ad esso la sua disciplina, così rinunciando a valersi di detta efficacia» e «il fenomeno che si verifica non è una “cassazione” della sentenza impugnata, bensì l’accertamento che la sua efficacia è venuta meno per effetto dell’accordo negoziale delle parti, perché con esso le parti ne hanno disposto» (Cass., n. 8980/18 in motivazione);
le spese del presente giudizio di legittimità, in considerazione dell’intervenuto accordo e in conformità a quanto richiesto dalle parti, vanno interamente compensate tra le stesse;
non sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, trattandosi di misura eccezionale, lato sensu sanzionatoria, come tale di stretta interpretazione e non suscettibile di interpretazione estensiva o analogica all’ipotesi (ivi non contemplata) di sopravvenuta cessazione della materia del contendere (cfr. tra le tante, da ultimo, Cass., Sez. III, 5 dicembre 2023, n. 34025, nonché (Cass., Sez. Un., 20 febbraio 2020, n. 4315 e Cass., Sez. III, 19 aprile 2023, n. 10483, cit.);
P.Q.M.
la Corte dichiara cessata la materia del contendere e compensa integralmente tra le parti costituite le spese di giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 gennaio 2024.