Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16946 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 16946 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CANDIA COGNOME
Data pubblicazione: 19/06/2024
discussione tra le parti, costituito dall’effettivo stato di ristrutturazione e quindi definizione del bene al momento della cessione, tanto da risultare classificato nella categoria F/4.
Segnatamente, la società ha posto in evidenza che oggetto di discussione tra le parti era se l’operazione di compravendita immobiliare oggetto di tassazione avesse avuto ad oggetto immobili di carattere
strumentale o meno e -a dire della contribuente -tale connotazione dei beni era da escludere, in quanto «in corso di ristrutturazione e non ancora ultimati», contestando la valutazione dell’RAGIONE_SOCIALE che aveva ritenuto che gli immobili dovessero rientrare nel novero di quelli strumentali in forza del precedente accatastamento nelle categorie C e D, senza considerare lo stato di ristrutturazione in cui gli stessi versavano.
In tali termini, la ricorrente ha rimproverato alla Commissione di aver aderito integralmente alla ricostruzione dell’Ufficio, «omettendo ogni doveroso esame sulle allegazioni del contribuente, le quali, per contro, sarebbero state ampiamente sufficienti a dimostrare lo stato di definizione e, quindi, la non ultimazione deli immobili acquisiti da Progetto 101 con la logica conseguenza di escludere il loro carattere strumentale. Di più ha omesso di considerare la situazione di fatto pacificamente statuita dalla CTP » (v. pagina n. 22 del ricorso), la quale, aveva ritenuto irrilevante lo stato di avanzamento dei lavori, così riconoscendo lo stato di ristrutturazione in cui essi si trovavano, considerando, invece, dirimente l’assenza del cambio di destinazione d’uso del bene al momento del rogito.
3. Il ricorso va accolto per le seguenti ragioni.
Come si desume dal riepilogo che precede il ragionamento posto a base del ricorso ed il suo nucleo concettuale riposano sul rilievo che i beni oggetto di compravendita (già censiti nella categoria alberghi, per poi essere ristrutturati come unità abitative indipendenti) non potevano essere considerati, al momento del rogito, aventi carattere strumentale, meno che mai in base alle precedenti categorie catastali (C e D) riservate agli immobili strumentali per natura, in quanto erano sottoposti a lavori di ristrutturazione che avrebbe comportato un radicale mutamento della destinazione d’uso degli stessi, il che aveva giustificato il loro censimento, al momento del rogito, nella categoria F/4.
Sul versante giuridico, la ricorrente ha così richiamato l’art. 10, primo comma, num. 8ter , d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (nella parte in cui considera esenti da Iva le cessioni di fabbricati strumentali che non sono
suscettibili di una diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni), nonché l’art. 10, comma 1, d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347 e 1bis della tariffa allegata (che, rispettivamente, prevedono l’imposta proporzionale catastale del 10 per mille e quella ipotecaria del 3% sui medesimi immobili strumentali di cui al citato art. 10, comma 8ter , d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, anche se assoggettati ad IVA) per sostenere, al fondo, che nella specie, trattandosi di unità immobiliari in corso di ristrutturazione e, dunque, non ultimate, dovevano considerarsi aventi carattere non strumentale, siccome inidonee ad assolvere la relativa funzione e nemmeno capaci di essere destinate al consumo, restando come tali nel ciclo produttivo, «in quanto acquistate da un’impresa (RAGIONE_SOCIALE) operante nel settore immobiliare e, in particolare, nella gestione di immobili destinati alla rivendita o alla locazione» (v. pagina n. 19 del ricorso).
Tutto ciò, al fine di accreditare l’ordine di idee secondo cui «la relativa cessione doveva e deve essere assoggetta al regime di ordinaria imposizione ai fini IVA, con liquidazione in misura fissa RAGIONE_SOCIALE imposte ipotecarie e catastali; ciò, in ossequio al principio di alternatività tra l’IVA e le imposte ipotecarie e catastali sancito dalla nota all’art. 1 della Tariffa allegata al d.lgs. 347/1990, n. 347 e dall’art. 10, comma 2, del medesimo decreto» (v. pagina n. 14 del ricorso), a mente dei quali per le trascrizione di atti aventi ad oggetto trasferimenti di immobili non ultimati soggetti ad IVA si applicano le imposte ipotecaria e catastale in misura fissa.
Ciò posto, va subito osservato che risulta pacifico tra le parti (né dà atto implicitamente la difesa erariale a pagina n. 7 RAGIONE_SOCIALE controdeduzioni) ed è stato accertato dal medesimo Giudice regionale che l’unità immobiliare in oggetto era classificata al momento del trasferimento unico riferimento temporale rilevante ai fini che interessano – nella categoria F/4, che rappresenta un censimento fittizio, di natura transeunte, riferito a beni in corso di definizione, vale a dire aventi destinazione strutturale incerta o non ancora attualizzata, e pertanto non suscettibili di essere ricondotti ad una categoria castale appropriata,
corrispondente cioè alla natura del bene in corso di ristrutturazione e, quindi, di corretta identificazione funzionale.
Sotto tale profilo, val la pena ricordare che per beni strumentali per natura (appartenenti alle categorie catastali B, C, D, E, A/10) si intendono i cespiti funzionali all’esercizio dell’attività, che non sono suscettivi di una diversa destinazione se non dopo l’esecuzione di radicali lavori di trasformazione e, che, come tali, si differenziano dai beni strumentali per sola destinazione, in cui conta solo l’utilizzo funzionale del bene.
L’art. 10, primo comma, num. 8 -ter , d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 stabilisce che sono esenti da IVA «le cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato strumentali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni, escluse quelle effettuate dalle imprese costruttrici degli stessi o dalle imprese che vi hanno eseguito, anche tramite imprese appaltatrici, gli interventi di cui all’articolo 3, comma 1, lettere c), d) ed f), del Testo Unico dell’edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, entro cinque anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell’intervento, e quelle per le quali nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l’opzione per l’imposizione».
In sostanza, detta disposizione prevede che per la cessione di fabbricati strumentali (per natura) opera il regime generale di esenzione IVA, salvo che per specifiche ipotesi nelle quali l’operazione è sottoposta ad IVA in via obbligatoria (impresa costruttrice o ristrutturatrice nei cinque anni), o facoltativa, su opzione (se l’impresa costruttrice o ristrutturatrice cede oltre i cinque anni), impregiudicata la possibilità, per l’impresa cedente, di optare comunque per l’applicazione dell’IVA.
8.Nella specie, è pacifico che l’operazione sia stata sottoposta ad IVA.
La nota all’art. 1 della Tariffa allegata al d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347 (relativa all’imposta ipotecaria) prevede l’applicazione di una imposta fissa di 200,00 € per i trasferimenti di beni immobili soggetti ad IVA.
L’art. 10, comma 2, del medesimo decreto stabilisce l’imposta catastale in misura fissa (di 129,11 €) per le volture di atti soggetti ad IVA.
Invece, l’art. 1 -bis della Tariffa allegata al d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347 contempla l’imposta ipotecaria proporzionale del 3% per la trascrizione di atti che importano il trasferimento della proprietà degli immobili strumentali di cui all’art. 10, primo comma, num. 8 -ter , d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (vale a dire i beni strumentali per natura) anche se soggetti ad IVA.
L’art. 10, comma 1, del medesimo decreto prescrive, sui medesimi beni, l’applicazione dell’imposta catastale del 10 x mille sul valore dei cespiti.
9. Questa Corte ha chiarito che:
come reso esplicito dalle riportate disposizioni « le quali ai fini tanto della modulazione RAGIONE_SOCIALE imposte quanto della loro riduzione, fanno riferimento «a cessioni di beni immobili strumentali di cui all’articolo 10, primo comma, numero 8ter ), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, anche se assoggettati all’imposta sul valore aggiunto» – le imposte ipotecaria e catastale debbono essere applicate in misura proporzionale rispetto agli atti di trasferimento di immobili strumentali, ed anche se questi «assoggettati all’imposta sul valore aggiunto»;
il riferimento al d.p.r. n. 633 del 1972, art. 10, c. 1, n. 8-ter, deve intendersi, così, operato in relazione alla unitaria categoria degli immobili strumentali (quali «fabbricati o … porzioni di fabbricato strumentali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni»), e ciò indipendentemente, quindi, dall’assoggettamento ad Iva RAGIONE_SOCIALE relative cessioni» (così Cass., Sez. T. 24 febbraio 2020, n. 4861).
Si comprende, allora, come nel delineato contesto il discrimine decisivo, ai fini dell’imposizione fiscale di cui si discute, sia la verifica della natura strumentale (per natura) o meno del bene.
In tale prospettiva, va precisato che ciò che rileva è la classificazione catastale al momento del trasferimento, nel senso che « l’unico criterio oggettivo per individuare la strumentalità dell’immobile è rappresentato dalla categoria catastale di appartenenza al momento del trasferimento, restando viceversa irrilevante l’esistenza di un progetto di trasformazione del bene, in quanto nulla garantisce che il progetto sia realizzato e che esso determini un nuovo classamento (Cass. n. 30157 del 2017 e n. 22765 del 2016)» (cfr. Cass. Sez. V, 18 dicembre 2020, n. 4074 riferita ad un’ipotesi in cui il bene oggetto di compravendita risultava censito, al momento del rogito, in categoria A/3; nello stesso senso, tra le tante, Cass., Sez. T., 11 marzo 2022, n. 7962).
La peculiarità della fattispecie in esame risiede nella particolare categoria catastale (F/4) del complesso immobiliare al momento dell’atto, il che consente di ritenere che -diversamente da quanto opinato dal Giudice regionale -non assuma rilevanza la non ultimazione dei lavori e/o la dimostrazione della ristrutturazione in corso, profili questi che, in realtà, non possono incidere sull’applicazione dell’imposta ipo -catastale (cfr. sul principio Cass. Sez. V, 17 giugno 201, n. 17398), contando invece che alla data del trasferimento l’unità immobiliare trasferita aveva la menzionata categoria castale.
Tanto ricapitolato sul piano dei principi, va ritenuto che l’attribuzione all’unità immobiliare in oggetto della categoria catastale F/4 precludeva ogni ipotesi di considerazione, ai fini che qui rilevano, RAGIONE_SOCIALE precedenti categorie (C e D) per l’essenziale, quanto elementare e dirimente, ragione che esse non erano più corrispondenti alla classificazione del bene al momento del trasferimento, laddove, alla stregua di quanto sopra esposto, proprio detto censimento doveva essere considerato.
Non solo. La specifica categoria catastale del bene che caratterizzava il bene al momento del trasferimento costituisce circostanza fattuale che va esaminata in relazione alle menzionate disposizioni che disciplinano l’imposizione fiscale ipo -catastale rispetto alle quali ciò che assume valore
dirimente -per quanto sopra osservato – è la verifica della natura strumentale o meno del bene.
Il Giudice regionale ha ritenuto «corretto considerare l’immobile secondo la categoria di appartenenza, vigente al momento della cessione non essendo rilevabile né riconosciuto il nuovo stato», con ciò alludendo alla categoria precedente alla classificazione dei beni in categoria F/4.
Anche la difesa erariale, nel premettere che nell’ipotesi di compravendita di bene immobile censito in F/4 occorre identificare l’immobile in una precisa qualifica catastale al fine della tassazione dell’atto, sostiene che sino a quando la variazione della categoria catastale non avvenga e cioè sino a quando i lavori non siano terminati ed il bene non sia definito nelle proprie qualificazioni strutturali e funzionali, occorre far riferimento all’identificazione catastale precedente alla traslazione dell’immobile nella categoria provvisoria F/4.
Senonchè, tale ordine di idee non può essere condiviso.
La fictio della categoria catastale F/4 indica che lo stato dei beni è in corso di trasformazione (e la categoria catastale, quindi, in corso di definizione), il che significa che la consistenza dei beni -di certo- non è più quella che essi avevano in precedenza, per cui non può ipotizzarsi, nemmeno ai fini che occupano, una sopravvivenza dell’originaria categoria catastale, la quale realizzerebbe l’effetto distorto di sterilizzare la stessa funzione della categoria F/4, legando la tassazione ad una consistenza fattuale dei beni non più esistente.
Peraltro, non occorre affatto, per lo meno ai fini che occupano, far riferimento ad una classificazione catastale certa e definitiva, giacchè lo snodo fondamentale, ai fini della disciplina applicabile in ordine all’imposte ipo – catastali, è stabilire, come sopra illustrato, se la vendita abbia avuto ad oggetto beni strumentali o meno e, dunque, se il regime operativo sia quello previsto (per l’imposta ipotecaria) dalla nota all’art. 1 della tariffa allegata al d.P.R. 31 ottobre 1990, n. 347 e (per l’imposta catastale) dell’art. 10, comma 2, d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347 (vendita
di beni non strumentali, sottoposti ad IVA e ad imposte ipo-catastali fisse) oppure (per l’imposta ipotecaria) dall’art. 1 -bis della tariffa allegata al d.P.R. 31 ottobre 1990, n. 347 e (per l’imposta catastale) dell’art. 10, comma 1, d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347 (vendita di beni strumentali per natura, anche se sottoposti ad IVA, che scontano le imposte ipo-catastali in misura proporzionale).
Per tali ragioni, la valutazione del Giudice regionale non può considerarsi corretta, in quanto ha omesso di sviluppare la decisione sulla categoria catastale goduta dal bene al momento della compravendita (che non erano certo le categorie C e D, come è pacifico tra le parti), con ciò finendo con l’applicare, con efficacia ed effetti ultrattivi, le precedenti, anacronistiche categorie catastali dei beni, in realtà, superate dalla nuova classificazione in F/4, sussistente al momento della vendita.
In definitiva ed in sintesi, la Commissione regionale ha finito con il riconoscere la natura strumentale (per natura) dei beni oggetto di compravendita sulla base di una non più esistente categoria catastale.
Sussistono, quindi, le lamentate violazioni di legge di cui al primo motivo di impugnazione, non avendo il Giudice d’appello applicato i predetti principi, nella valutazione del presupposto della diversa imposizione fiscale, con conseguente errata applicazione RAGIONE_SOCIALE suindicate norme, sotto il profilo della erronea ricognizione della fattispecie astratta di cui alle menzionate disposizioni , non considerando, in particolare, se la ritenuta natura strumentale dei beni in oggetto fosse compatibile e consentanea alla categoria catastale F/4 vigente al momento della compravendita, unico dato al quale far riferimento per la corretta applicazione RAGIONE_SOCIALE predette disposizioni.
Alla stregua RAGIONE_SOCIALE riflessioni che precedono, che assumono valore assorbente rispetto all’esame del secondo motivo di impugnazione, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata cassa, con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, che provvederà ad eseguire l’accertamento di fatto sulla natura strumentale o meno dei beni oggetto di vendita al momento del
rogito, tenendo conto della categoria catastale F/4, applicando, all’esito di tale valutazione, il relativo regime di tassazione.
Il Giudice del rinvio provvederà anche a liquidare le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
la Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, per l’accertamento di cui sopra, provvedendo anche a liquidare le spese del presente grado di giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 13 febbraio 2024.