Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 386 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 386 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12613/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende, ricorrente-
contro
Agenzia Delle Entrate Direzione Provinciale I Roma, elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende, controricorrente-
avverso il decreto del Tribunale Roma n. 1248/2019 depositato il 12/03/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 L’Agenzia delle Entrate propose domanda tardiva di ammissione al passivo del RAGIONE_SOCIALE del credito di € 5.623.301,19 in collocazione prelatizia ex art. 2752, commi 1 e 3 e 2776 comma 3 c.c..
2 Il Giudice Delegato ammise il credito in via privilegiata per la minor somma di € 1.435.601,52, relativ amente all’Iva per l’anno 2009, Ires e Irap anni 2008, ed escluse il residuo credito in quanto fondato su documenti riepilogativi e privi di efficacia probatoria.
3 Sull’impugnazione proposta dall’Agenzia delle Entrate, il Tribunale di Roma accoglieva l’opposizione rilevando che la legittimazione dell’Amministrazione Finanziaria all’ammissione del credito erariale al passivo di una procedura fallimentare non presupponeva la previa notifica della cartella di pagamento in quanto il credito sorgeva dalla rideterminazione delle somme a seguito di liquidazione ai sensi dell’art. 36 bis del dPR 600/73 e dell’art. 54 del dPR 633/73.
4 Il Fallimento ha proposto ricorso per Cassazione affidato a cinque motivi, l’Agenzia delle Entrate ha svolto difese mediante controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 380 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 I mezzi di impugnazione possono così riassumersi:
«nullità del decreto per avere il Tribunale di Roma mancato di rilevare la violazione del principio del contraddittorio derivante dal dedotto contenuto e qualificazione delle ‘minute di ruolo’ trasmesse dall’Agenzia delle Entrate unitamente allo stato passivo solamente nella memoria di replica ex art. 190 c.p.c.»;
«nullità del decreto decisorio impugnato in relazione all’art.360, primo co. 4 c.p.c., per non aver il Tribunale di Roma rilevato l’intervenuto giudicato dello stato passivo; nella parte in cui il Giudice Delegato dichiarava non provata la pretesa erariale fondata sulle minute di ruolo»;
violazione e falsa applicazione degli artt. 87,88 dPR, nr. 602/73 e 33 d.lvo 112/1999 in relazione all’art 93 l.fall. e all’art 360 comma 1 nr. 3 c.p.c. per avere il giudice dell’opposizione ritenuto la legittimazione attiva dell’Agenzia delle Entrate e l’ammissibilità del credito fondato su atti antecedenti e prodromici al ruolo e, quindi, sulla base di titoli diversi dal ruolo;
violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. 115 c.p.c. e 93 l.fall. per avere il giudice ammesso il credito in assenza degli atti impositivi idonei a provare il credito dal parte dell’Agenzia delle Entrate;
5 violazione e falsa applicazione dell’art. 19 d.lvo 546/1992, in relazione all’art 360 comma 1 nr 3 c.p.c., per aver il Tribunale erroneamente ritenuto impugnabili i documenti depositati dall’Agenzia delle Entrate che invece non potevano essere oggetto di ricorso davanti la Giudice Tributario, in primo luogo perché non costituivano cartelle di pagamento ma meri atti propedeutici alla formazione del ruolo, e, in secondo luogo, in quanto privi di motivazione.
2 Va preliminarmente rilevata l’inammissibilità delle deduzioni difensive contenute nella memoria ex art 380 bis c.p.c. del ricorrente.
In tale scritto, con allegata produzione documentale, vengono prospettati fatti e vicende che riguardano la nomina, in esecuzione della decisione della Commissione Europea C (2015) 5549 final del 14 agosto 2015, del Commissario Straordinario, le misure adottate dal tale organo relative alle agevolazioni fiscali e contributive connesse al terremoto del 2009 in Abruzzo di cui avrebbe beneficiato la fallita e per il cui recupero l’Agenzia delle Entrate avrebbe compiuto gli accertamenti formali per le somme di cui al credito insinuato al passivo del fallimento: a dire della ricorrente tali circostanze configurerebbero ius e/o factum superveniens avente ripercussioni sulla controversia quanto meno con riferimento al quantum della pretesa creditoria fatta valere dall’Amministrazione Finanziaria dal momento che gli importi pretesi dal Commissario Straordinario sarebbero di ammontare inferiore alle somme indicate negli avvisi di liquidazione ai sensi degli artt. 36 bis del dPR 600/1973 e 54 del dPR 633/1972.
L’Agenzia delle Entrate, a sua volta, ha nella propria memoria illustrativa confermato gli importi insinuati contestando finanche i conteggi che si assumono forniti dal Commissario Straordinario.
2.1 Il tema dibattuto nelle memorie è assolutamente nuovo, mai discusso e trattato nel giudizio di merito; al riguardo, infatti, il Tribunale ha accertato che « il credito dell’Agenzia è dunque provato dalla liquidazione d’ufficio , predisposta sulle dichiarazioni del contribuente, alla quale non è seguita alcuna contestazione nel merito della pretesa creditoria da parte del curatore ».
Neanche con i motivi di impugnazione, innanzi passati in rassegna, tutti incentrati su questioni relative ad aspetti procedimentali, alla legittimazione attiva dell’Agenzia delle Entrate e alle modalità dell’accertamento, il ricorrente ha cont rastato il contenuto e il quantum della pretesa creditoria dell’Amministrazione Finanziaria. 2.2 In tal senso ritiene il Collegio che debba darsi continuità al consolidato indiritto di questa Corte secondo cui nel giudizio civile
di legittimità, con le memorie di cui all’art. 378 c.p.c., destinate esclusivamente ad illustrare e a chiarire i motivi della impugnazione, ovvero alla confutazione delle tesi avversarie, non possono essere dedotte nuove censure né sollevate questioni nuove, che non siano rilevabili d’ufficio, e neppure può essere specificato, integrato o ampliato il contenuto dei motivi originari di ricorso (cfr. tra le tante Cass. 17893/2020, 24007/2017, 26332/2016 e 11097/2006).
Né può attribuirsi agli accertamenti compiuti dal Commissario Straordinario, peraltro come detto contestati dall’Agenzia delle Entrate, significato e valore di ius superveniens .
2.3 Ne segue che l’esame del ricorso deve essere limitato ai soli motivi così come proposti nel ricorso introduttivo del presente giudizio, senza la possibilità di esaminare le questioni nuove sollevate nella citata memoria.
Il primo motivo è inammissibile.
3.1 Non è in discussione il fatto che gli atti relativi alla rideterminazione delle somme a seguito di liquidazione ai sensi degli artt. 36 bis del dPR 600/1973 e 54 del dPR 633/1972 (trascritti nel corpo del ricorso) siano stati tempestivamente depositati; ciò che il Fallimento lamenta è la asserita intempestiva qualificazione giuridica operata dall’ Agenzia delle Entrate con la memoria di replica alla comparsa conclusionale, della documentazione versata in atti.
3.2 Orbene, è sempre consentita al giudice, rimanendo invariati il petitum e la causa petendi , l’attività di libera qualificazione giuridica dei fatti e di applicazione di una norma giuridica, indipendentemente da quella datane dalle parti, purché nei limiti delle domande e delle eccezioni dalle stesse proposte (cfr. Cass. 513/2019, 14077/2018 e 12943/2012).
Ciò vale nel giudizio di insinuazione in coerenza con le regole del processo ordinario.
3.3. Nel caso specie il Tribunale si è uniformato a tali principi affermando quanto segue: « i documenti, posti a base della domanda e denominati ‘ formazione e visto ruoli in linea. Dettaglio della pratica’ a prescindere dalla qualificazione attribuite dall’Agenzia, costituiscono la Liquidazione dell’imposta dovuta in base alle dichiarazioni del contribuente, secondo le previsioni dell’art. 36 bis del dPR 600/73 » .
Il Tribunale non è incorso in alcuna violazione del contraddittorio che si è dispiegato sui fatti costituenti il thema decidendum.
4 Il secondo motivo è infondato.
4.1 Dalla lettura del decreto risulta che l’opponente « a sostegno della propria pretesa esponeva di essere creditrice del fallimento della somma richiesta in forza di minute del ruolo relative alla partite 2016c0020682, 2016c0021073, 2016c0021030, 2016c0021015 e 2016c0020722 ».
4.2 Nell’atto di opposizione riprodotto per estratto nel corpo del controricorso si legge « Ad avviso dello Scrivente il decreto di ammissione allo stato passivo è erroneo laddove ha ritenuto sfornita di titolo e di riscontri probatori la domanda di insinuazione al passivo di Agenzia delle Entrate ».
4.3 Tanto è sufficiente per ritenere destituita di ogni fondamento l’eccezione di giudicato quanto alla ratio decidendi del Giudice Delegato circa l’esclusione dell’efficacia probatoria della documentazione posta a sostegno del credito insinuato.
5 Neanche il terzo motivo merita accoglimento.
5.1 Va premesso che il credito fiscale fatto valere dall’Amministrazione Finanziaria trae origine dal controllo formale e dalla liquidazione previsti dagli artt. 36 bis del dPR 600/73 e 54 del dPR 633/73, che dà luogo direttamente all’iscrizione a ruolo dell’imposta non versata.
5.2 Il Tribunale ha ritenuto provata l’operazione di liquidazione della maggiore imposta sulla base dei documenti posti a base della
domanda e denominati ‘Formazione e visto ruoli in linea Dettaglio della Partita’ .
5.3 Va rilevato che questa corte con la sentenza a Sezioni Unite nr. 4126/2012, espressamente richiamata nell’impugnato provvedimento, ha affermato che «1) La legittimazione del concessionario a far valere il credito tributario nell’ambito della procedura fallimentare non esclude la legittimazione dell’Amministrazione Finanziaria, che conserva la titolarità del credito azionato; 2) la domanda di ammissione al passivo di un fallimento avente ad oggetto un credito di natura tributaria non presuppone necessariamente, ai fini del buon esito della stessa, la precedente iscrizione a ruolo del credito azionato, la notifica della cartella di pagamento e l’allegazione all’istanza di documentazione comprovante l’avvenuto espletamento delle dette incombenze, potendo viceversa essere basata anche su titolo di diverso tenore » Ciò in quanto alle disposizioni di legge che conferiscono al concessionario la legittimazione per la proposizione della domanda di ammissione al passivo di un credito dell’Amministrazione Finanziaria, deve essere attribuito sul punto una valenza esclusivamente processuale, nel senso che il potere rappresentativo dell’Amministrazione Finanziaria allo stesso riconosciuto non vale ad escludere la titolarità del credito da parte di quest’ultima e, per l’effetto, il diritto di farlo valere nell’ambito della procedura fallimentare, come d’altro canto specificamente già affermato da questa Corte in precedente decisione ( cfr. Cass. 24963/2010 vedi anche Cass. 35976/2022).
La prova del credito può, quindi, essere fornita anche attraverso un titolo diverso dal ruolo ferma restando la possibilità del curatore di contestare la pretesa creditoria fatta valere dall’Amministrazione Finanziaria eventualità non verificatosi nel caso di specie.
5 Il quarto motivo è inammissibile.
5.1 Ancora una volta va evidenziato che il Tribunale ha ritenuto provato il credito fiscale derivante dal controllo automatico e liquidato come da dettaglio contabile allegato alla ‘ Formazione e Visto Ruoli in Linea’ e la curatela non ha confutato nel merito la rideterminazione delle imposte dovute, limitandosi alla contestazione formale della mancanza di iscrizione a ruolo.
5.2 Non può, quindi, predicarsi la violazione dell’art. 115 c.p.c. che rileva nella distinta condizione in cui il giudice abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (cfr. S.U. 20867/2020).
5.3 Non ricorre neppure la violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c., che è censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata, secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni, e non, invece, laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto circa le prove proposte dalle parti (ex multis, Cass. 7919/ 2020, 13395/2018 e 15107 /2013).
6 Il quinto motivo è infondato.
6.1 Come innanzi evidenziato il Tribunale, aderendo all’orientamento giurisprudenziale espresso da Cass . S.U. nr. 4126/2012, ha ritenuto che l’Agenzia delle Entrate avesse assolto all’onere della prova della liquidazione d’ufficio predisposta sulle dichiarazione del contribuente, alla quale non era seguita alcuna contestazione nel merito da parte del curatore.
6.2 Della questione della motivazione degli atti non vi è menzione alcuna in sentenza sicché il ricorrente avrebbe dovuto puntualmente indicare quando, come e dove aveva svolto la corrispondente deduzione nei giudizi di merito.
3 In conclusione il ricorso va rigettato.
4 Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in € 16.000 per compensi, oltre le spese prenotate a debito.
Dà atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del d.P.R. del 30.05.2002 n.115, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, se dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella Camera di Consiglio tenutasi in data 28 novembre