Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9391 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9391 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LA COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1566/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME , elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrenti- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. MILANO n. 2350/2017 depositata il 26/05/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
Come si desume dalla sentenza impugnata, l ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha emesso avvisi di accertamento per gli anni 2008 e 2009 nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, notificati a COGNOME NOME e COGNOME
NOME, in qualità di amministratori di fatto, recanti il recupero di materiale imponibile, con determinazione di maggiori IRES, IRAP e IVA e sanzioni.
Sia il COGNOME sia il COGNOME hanno impugnato gli avvisi, eccependo il difetto di legittimazione passiva e contestando di essere amministratori di fatto della società, e la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Milano ha rigettato i ricorsi riuniti.
L’appello proposto dal COGNOME e COGNOME è stato accolto dalla Commissione Tributaria Regionale (CTR) della Lombardia, con la sentenza in epigrafe, la quale ha affermato che costoro non erano legittimati a ricevere gli atti impugnati, emessi nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, non rivestendo la qualità di legali rappresentanti della società; la CTR ha aggiunto che non sussistevano elementi sufficienti per affermare che gli appellanti fossero amministratori di fatto della società.
L’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza fondato su due motivi.
5, Resistono con controricorso il COGNOME e il COGNOME.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 60 comma 1 d.P.R. n. 600/1973, 145 comma 1 c.p.c., 2697 e 2729 c.c., laddove la CTR ha escluso che vi fosse la prova presuntiva che i controricorrenti rivestissero la qualità di amministratori di fatto, legittimati a ricevere le notifiche degli avvisi di accertamento diretti a tale società, poiché erano emersi una serie di elementi che dimostravano il compimento di atti di gestione degli affari sociali, anche nei rapporti con i terzi, da parte del COGNOME e del COGNOME.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 60 d.P.R n. 600/1973 e dell’art. 145 c.p.c. laddove la CTR ha affermato che soltanto i soggetti che rivestono la qualifica formale
di legali rappresentanti di una società sono legittimati a ricevere la notifica degli avvisi di accertamento relativi alla società.
E’ prioritario l’esame del secondo motivo, che è infondato, ciò che rende inutile l’esame del primo che resta assorbito.
Secondo consolidato orientamento di questa Corte, in materia societaria, l’art. 145 cod. proc. civ. e l’art. 60 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 prevedono che la notifica alle persone giuridiche avvenga mediante consegna alla persona che rappresenta l’ente (ovvero ad altri soggetti legittimati indicati dalle norme), per cui l’avviso di accertamento nei confronti di una società di capitali non può essere notificato all’amministratore di fatto, che non rappresenta la società, ancorché (eventualmente) la gestisca, trovando tale soluzione conferma nell’art. 62 del citato d.P.R. n. 600 del 1973, secondo cui solo ove la rappresentanza dei soggetti diversi dalle persone fisiche non sia determinabile secondo la legge civile essa è attribuita, ai fini tributari, alle persone che ne hanno l’amministrazione anche di fatto (Cass. n. 15742 del 2014; Cass. n. 36034 del 2021; Cass. n. 26702 del 2022; Cass. n. 4823 del 2023); si aggiunga che sussiste, in questo caso, l’interesse di colui che nell’atto impositivo sia stato indicato come rappresentante della società a far valere l’illegittimità dell’atto, in quanto tale indicazione può risultare a lui pregiudizievole (Cass. n. 15742 del 2014).
5 La ricorrente, a sostegno del motivo, cita un precedente di questa Corte (Cass. n. 2586 del 2014) che, però, si occupava di un caso affatto differente, in cui il rappresentante legale della società era deceduto e la società, quindi, era priva di rappresentante secondo la legge civile; in questo caso, invece, come risulta dalla stessa espositiva in ricorso, la società disponeva di un amministratore nominato secondo le procedure di legge.
Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato e le spese, liquidate come in dispositivo, vanno regolate secondo conseguenza.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 20.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge;
Così deciso in Roma, il 20/12/2023.