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Agevolazioni fiscali assunzioni: onere della prova

Una società si è vista negare le agevolazioni fiscali per le assunzioni di tre dipendenti. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che l’onere della prova sui requisiti per beneficiare degli sgravi grava interamente sul datore di lavoro. La Corte ha chiarito che spetta all’azienda dimostrare che i lavoratori non avessero avuto rapporti di lavoro a tempo indeterminato nel biennio precedente, un punto che la società non è riuscita a provare adeguatamente nei gradi di merito.

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Agevolazioni Fiscali Assunzioni: a Chi Spetta l’Onere della Prova?

Le agevolazioni fiscali per le assunzioni rappresentano uno strumento cruciale per le imprese che desiderano espandere il proprio organico, ma l’accesso a tali benefici è subordinato a requisiti stringenti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: l’onere di dimostrare la sussistenza di tutte le condizioni di legge spetta interamente al datore di lavoro. Vediamo nel dettaglio il caso e le conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti di Causa

Una società operante nel settore edile aveva beneficiato delle agevolazioni previste dalla legge n. 388/2000 per l’assunzione di sette dipendenti. Tali benefici sono concessi alle aziende che assumono a tempo indeterminato lavoratori che non abbiano avuto un contratto di lavoro dello stesso tipo nei due anni precedenti.

Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate contestava la legittimità degli sgravi per tre di questi dipendenti. Dalle verifiche effettuate tramite l’anagrafe tributaria e altri archivi informatici, era emerso che i tre lavoratori avevano avuto precedenti rapporti di lavoro nel biennio anteriore all’assunzione. Di conseguenza, secondo l’Ufficio, non potevano essere considerati “nuovi assunti” ai fini della normativa.

Sia la commissione tributaria provinciale che quella regionale avevano dato ragione all’Agenzia, portando la società a ricorrere in Cassazione.

I Motivi del Ricorso e le Argomentazioni della Società

La società ricorrente ha basato il suo appello su tre motivi principali:

1. Motivazione apparente: La sentenza d’appello sarebbe viziata da una motivazione meramente di stile, che si limitava a richiamare le risultanze degli archivi informatici senza un’analisi approfondita.
2. Violazione dell’onere della prova: Secondo la società, spettava all’Agenzia delle Entrate dimostrare in modo specifico che i precedenti rapporti di lavoro dei dipendenti fossero ostativi al beneficio, e non alla società provare il contrario.
3. Errata applicazione della legge: Il punto cruciale del ricorso. La società sosteneva che la legge esclude dal beneficio solo i lavoratori che avessero avuto un contratto a tempo indeterminato nei 24 mesi precedenti. La sentenza impugnata, invece, si sarebbe limitata a verificare l’esistenza di un lavoro dipendente, senza indagarne la natura (determinato o indeterminato).

Le Motivazioni della Suprema Corte sulle Agevolazioni Fiscali Assunzioni

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, trattando congiuntamente il secondo e il terzo motivo per la loro stretta connessione. La Corte ha ribadito alcuni principi fondamentali in materia di agevolazioni fiscali.

In primo luogo, ha affermato che in tema di sgravi e benefici fiscali, la parte che ne usufruisce (il contribuente) agisce come “attore in senso sostanziale”. Questo significa che l’onere della prova grava interamente sul contribuente. È l’azienda che deve dimostrare, con documentazione adeguata, di possedere tutti i requisiti richiesti dalla legge per ottenere il beneficio. Nel caso specifico, doveva dimostrare che i dipendenti assunti non erano legati da un rapporto di lavoro a tempo indeterminato nei 24 mesi precedenti.

In secondo luogo, e in maniera decisiva, la Corte ha dichiarato inammissibile il terzo motivo. La questione specifica della distinzione tra lavoro a tempo determinato e indeterminato, secondo i giudici, non era mai stata sollevata in modo chiaro nei precedenti gradi di giudizio. Introdurre questo argomento per la prima volta in sede di legittimità costituisce un “motivo nuovo”, non ammissibile. Il ricorrente, per evitare tale declaratoria, avrebbe dovuto non solo allegare di aver già dedotto la questione, ma anche indicare l’atto specifico in cui lo aveva fatto, per permettere alla Corte di verificarne la veridicità. Non avendolo fatto, il motivo è stato respinto.

Le Conclusioni

L’ordinanza consolida un principio cardine del diritto tributario: chi chiede un beneficio fiscale deve essere in grado di provare di averne diritto. Non è l’amministrazione finanziaria a dover dimostrare l’assenza dei requisiti, ma il contribuente a doverne provare la presenza. Per le aziende, questo si traduce in un obbligo di diligenza e documentazione preventiva. Prima di procedere a un’assunzione agevolata, è essenziale verificare scrupolosamente la posizione lavorativa pregressa del candidato e conservare tutta la documentazione necessaria a dimostrare la conformità ai requisiti di legge, per non incorrere in contestazioni future.

A chi spetta l’onere della prova per ottenere le agevolazioni fiscali sulle assunzioni?
L’onere della prova spetta interamente al datore di lavoro (il contribuente). È l’azienda che deve dimostrare di possedere tutti i requisiti previsti dalla legge per beneficiare dello sgravio.

Qual è il requisito principale che un lavoratore deve possedere per essere considerato ‘nuovo assunto’ ai fini della Legge 388/2000?
Il lavoratore non deve aver avuto un rapporto di lavoro a tempo indeterminato nei 24 mesi precedenti la nuova assunzione per la quale si richiede il beneficio fiscale.

È possibile presentare un nuovo argomento di difesa per la prima volta in Corte di Cassazione?
No. Se una specifica questione giuridica, che implica un accertamento di fatto, non è stata trattata nei precedenti gradi di merito, non può essere proposta per la prima volta in sede di legittimità, in quanto considerata un ‘motivo nuovo’ e quindi inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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