Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7000 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7000 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 37336/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in Roma INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende ex lege -ricorrente- contro
COGNOME NOME e NOME COGNOME rappresentate e difese dall’avvocato NOME‘ NOME (CODICE_FISCALE, pec:EMAIL, giusta procura in calce al controricorso
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA n. 2007/2019 depositata il 09/05/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Come emerge dalla sentenza impugnata, le contribuenti indicate in epigrafe acquistavano, in data 24 ottobre 2014, due immobili censiti al catasto del Comune di Taranto in cat. A/2(abitazione di tipo civile), dichiarando di essere in possesso dei requisiti soggettivi ed oggettivi per poter beneficiare dell’aliquota agevolata ai fini Iva (4%) prevista per le abitazioni non di lusso da adibire a prima casa.
L’Agenzia, tuttavia, assumendo che l’abitazione fosse da definire di lusso, in base ai parametri fissati dall’art. 6 del d.m. 2 agosto 1969, all’epoca applicabile, e che per conseguenza non potesse essere riconosciuto il beneficio per l’acquisto della prima casa, recuperava con avviso di liquidazione la maggiore Iva, data dalla differenza tra l’applicazione dell’aliquota dovuta del 20% e quella del 4% applicata, e irrogava le conseguenti sanzioni; successivamente rettificava parzialmente, in seguito ad istanza di annullamento in autotutela, gli avvisi, annullando le sanzioni, non dovute per il principio del favor rei.
Le contribuenti impugnavano, senza successo, con distinti ricorsi, poi riuniti, gli avvisi di liquidazione.
Sull’appello dell’amministrazione finanziaria, la Commissione regionale della Lombardia, nel confermare la decisione di prime cure, affermava la sussistenza dei presupposti per l’aliquota agevolata dell’Iva, confermando l’efficacia retroattiva dell’art. 33 d.lgs. n. 175/2014.
Per la cassazione di detta sentenza propone ricorso, affidato ad un solo motivo, l’Agenzia delle Entrate, cui le contribuenti replicano con controricorso e memoria scritta, deducendo che l’irretroattività dell’art. 33, comma 1, del d.lgs. 175/2014 sin dal 1° gennaio 2014 genererebbe una violazione del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione.
MOTIVI DI DIRITTO
1.L’unica censura deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 1 della tariffa, parte I, alleg. A) al d.P.R. n. 131/1986, nonché della tabella A, n. 21, Parte II, del d.P.R. n. 633/1973 e degli artt. 33 d.lgs. n. 174/2014 e 11 preleggi, in relazione all’art. 360, primo comma, n.3), c.p.c.; per avere i giudici regionali ritenuto che per effetto della novella introdotta dall’art. 33 del d.lgs. 21 novembre 2014, n. 175, in vigore dal 13 dicembre 2014, il legislatore avesse negato l’agevolazione fiscale all’immobile da qualificare di lusso non in base ai parametri stabiliti dal d.m. 2.08.1969, bensì alla circostanza che esso rientrasse nell’ambito delle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, corrispondenti alle abitazioni signorili, a quelle in ville e ai castelli e ai palazzi di eminenti pregi architettonici e storici; affermandone tuttavia l’applicazione anche in epoca antecedente alla entrata in vigore della normativa rubricata.
Si osserva che, nel caso sub iudice, l’acquisto era avvenuto nell’ottobre 2014, in epoca antecedente alla entrata in vigore, in data 13 dicembre 2014, dell’art 33 rubricato, e, poiché l’abitazione aveva una superficie superiore a mq 240 – misura minima prevista dall’art. 6 del d.m. 2 agosto 1969 – essa rientrava nella categoria degli immobili di lusso, esclusa dunque dalla rivendicata agevolazione con l’aliquota del 4%.
2. Il motivo è fondato.
Osserva il Collegio che il d.m. 2 agosto 1969, art. 6 considera abitazioni di lusso le unità immobiliari “aventi superficie utile complessiva superiore a mq 240 (esclusi balconi, le terrazze, le
cantine, le soffitte, le scale e posto macchine)”, riconnettendo pertanto la caratteristica di immobile di lusso al dato quantitativo della superficie dell’immobile, con esclusione solo dei predetti ambienti. Per i trasferimenti immobiliari soggetti ad Iva, il n. 21 della Tabella A, parte II, allegata al d.P.R. n. 633/1972, nel testo vigente fino al 13 dicembre 2014 faceva riferimento, ai fini della individuazione delle case di abitazione agevolabili, ai criteri dettati dal d.m. 2 agosto 1969. Il citato n. 21 della Tabella A, parte II, in presenza delle condizioni previste dalla nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, Parte I, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, prevedeva l’applicazione di un’aliquota ridotta ai trasferimenti aventi ad oggetto case di abitazione “non di lusso”, individuate secondo i criteri stabiliti dal decreto del Ministero dei Lavori Pubblici 2 agosto 1969. Di conseguenza, in ambito Iva, fino alla data del 13 dicembre 2014, ai fini agevolativi era irrilevante la categoria catastale di appartenenza dell’immobile, essendo ancora necessario fare riferimento alle caratteristiche costruttive di cui al citato d.m. . In particolare, con riferimento alle caratteristiche oggettive dell’immobile ammesso a fruire dell’agevolazione “prima casa”, il legislatore ha dapprima introdotto un nuovo regime in tema d’imposta di registro, con l’art. 10, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 23/2011, sostituendo il secondo comma dell’art. 1 della Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131/1986, e così fissando il superamento del criterio di individuazione dell’immobile di lusso ammesso, in quanto tale, al detto beneficio – sulla base dei parametri di cui al d.m. 2.8.1969, e ciò a far data dal 10 gennaio 2014. In forza della disciplina sopravvenuta, l’esclusione dalla agevolazione non dipende più dalla concreta tipologia del bene e dalle sue intrinseche caratteristiche qualitative e di superficie (individuate sulla base del suddetto d.m.), bensì dalla circostanza che la casa di abitazione oggetto di trasferimento sia iscritta in categoria catastale A/1, A/8 ovvero A/9 (rispettivamente:
abitazioni di tipo signorile; abitazioni in ville; castelli e palazzi con pregi artistici o storici).
Dal primo gennaio 2014, dunque, a seguito dell’entrata in vigore della riforma della fiscalità indiretta immobiliare, si è determinata una discrepanza tra la disciplina dell’agevolazione ‘prima casa’ operante ai fini IVA e quella applicabile ai fini dell’imposta di registro
In un primo tempo, il legislatore si era disinteressato all’IVA, lasciando inalterato il riferimento (oltre che ai requisiti ‘prima casa’ stabiliti dal Tur) alle caratteristiche di lussuosità previste dal d.m. del 2 agosto 1969, sicché gli immobili ricadenti in tale definizione non potevano accedere all’aliquota del 4% prevista per i trasferimenti di abitazioni ‘prima casa’ (n. 21 della Tabella A, Parte II, allegata al d.P.R. 633/72).
Solo con l’art. 33 del d.lgs. 21 novembre 2014, n. 175, nel modificare il testo del n. 21 della tab. A, parte seconda, allegato al d.P.R. n. 633 del 1972, il legislatore ha espressamente richiamato il ‘criterio catastale’; con il risultato che anche l’agevolazione IVA è esclusa (indipendentemente dalla sussistenza di tutti gli altri requisiti) per gli immobili rientranti in una delle summenzionate categorie catastali, a far data (quanto all’IVA, appunto) dal 13.12.2014.
In tal modo, il legislatore ha voluto dettare una disciplina uniforme tra imposta di registro e IVA per l’agevolazione dell’acquisto di prime case non di lusso, ma non attraverso un rinvio diretto al d.P.R. n. 131/1986, bensì modificando la norma, stabilendo che < Al n. 21 della Tabella A, Parte II, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, le parole «non di lusso secondo i criteri di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 agosto 1969, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 27 agosto 1969» sono sostituite dalle seguenti: «ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9»; sicché
il riconoscimento della tassazione di favore è impedita non già dal fatto che l'immobile sia da qualificare di lusso in base ai parametri stabiliti dal suddetto d.m. (ossia che abbia una superficie superiore ai 240 mq), bensì dalla circostanza che esso rientri nell'ambito delle categorie catastali A/1, A/8 e A/9.
La questione concernente l'applicazione 'retroattiva' della normativa dell'allineamento dell'Iva all'imposta di registro a decorrere dalla data di entrata in vigore -primo gennaio 2014 dell'art. 10, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 23 del 2011, ovvero dalla data di entrata in vigore -13 dicembre 2014 è stata affrontata da questa Corte (v. Cass. n.13235/2016; Cass. n. 24654/2018; Cass. n. 8409/2019) assumendo che l'allineamento Iva -registro avrebbe effetto, ai fini Iva, dalla medesima data di entrat a in vigore dell'imposta di registro ex art. 10, comma 5, cit., sul rilievo che il d.lgs.n.175/2014, art.33, in vigore dal 13.12.2014, pur riferendosi all'allineamento della disciplina agevolata sulla prima casa in materia di IVA a quella dell'imposta di registro, non può trovare applicazione quanto alla debenza del tributo con riferimento ad atti negoziali anteriori alla data di entrata in vigore dell'art. 10, comma 5, d.lgs.n.23/2011: Le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere dal gennaio 2014( v.Cass.n.12471/2015) , senza tuttavia argomentare in merito alla applicazione retroattiva dell'art. 33 cit. dalla data di entrata in vigore della novella normativa in materia di registro; in altri termini, l'aliquota agevolata Iva avrebbe effetto non dalla data del 13 dicembre 2014 (epoca di entrata in vigore del d.lgs. 175/2014), bensì dalla medesima data di entrata in vigore – 10 gennaio 2014 -dell'art. 10 cit. che, in materia di registro, ha introdotto l'innovazione legislativa relativa al la individuazione delle abitazioni di lusso attraverso il criterio delle categorie catastali, sostituendo i criteri di cui al d.m. 2 agosto 1969.
Vale ribadire che contrariamente a quanto si legge nelle decisioni
di legittimità sopra indicate, sino al mese di dicembre 2014, la Tabella A, n. 21, parte II del d.P.R. n. 633/1972 prevedeva ancora l'applicazione delle aliquote agevolate per case di abitazione non di lusso secondo i criteri di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 agosto 1969, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 27 agosto 1969.
La questione della applicabilità dell'art. 33 alle fattispecie concretizzatesi nel periodo 10 gennaio -13 dicembre 2014 non è stata esplicitamente affrontata dalle S.U. della Corte, che, con sentenza n. 13145/2022, hanno esaminato una fattispecie relativa ad un acquisto anteriore al 13 dicembre 2014, affermando, in materia sanzionatoria, che in tema di agevolazioni per l'acquisto della prima casa, la modifica dei parametri ai quali ancorare i presupposti per il riconoscimento del beneficio, disposta, quant o all'Iva, dall' art.33 del d.lgs. n. 21 novembre 2014 n. 175, non ha inciso retroattivamente e l'infrazione, costituita dalla dichiarazione mendace, della quale è soltanto cambiato l'oggetto, è rimasta immutata.
Superando, in tal modo, quanto affermato da Cass. n. 2010 del 2018 e Cass. n. 14964 del 08/06/2018 (non massimate) che, in materia di registro, hanno annullato le sanzioni applicate ritenendo che, per effetto dell'art. 10 comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 23 del 2011, citato, la dichiarazione relativa alla assenza delle caratteristiche di lusso dell'abitazione acquistata avesse perso di rilevanza per l'ordinamento. Precisando che il mendacio contestato non potesse più realizzarsi, in quanto caduto su un elemento (caratteristiche non di lusso dell'immobile) espunto dalla fattispecie agevolativa (v. Cass. 2414/2019). Hanno aggiunto le S.U. che .
4. Le S.U. hanno affermato, confermando un indirizzo apparentemente non maggioritario (Cass. nn. 18421/17 e 8148/21) – ai fini della persistenza della sanzione – la permanenza della norma precetto, posto che l’abitazione acquistata dal contribuente che sia da qualificare di lusso ai sensi dell’art. 6 del d.m. 2 agosto 1969 non può comunque godere dei benefici «prima casa», poiché la normativa sopravvenuta ancora lo vieta per le abitazioni acquistate in epoca precedente all’entrata in vigore di essa. Si afferma che l’intervento normativo non ha inciso retroattivamente sulla norma sostituita, la quale, in forza della norma di diritto intertemporale continua a regolare ai fini sanzionatori, i rapporti sorti sotto la sua vigenza.
Costante è, difatti, l’affermazione che, qualora da una certa data un’imposta non sia più dovuta, ma lo resti per il periodo precedente, non si verifica alcuna abolitio criminis , la quale richiede la radicale eliminazione del presupposto impositivo. Se, dunque, l’imposta continua a essere dovuta per il periodo antecedente all’intervento normativo che l’ha poi esclusa, per quel periodo sono dovute anche le sanzioni. Che, nel caso in esame, resti dovuta la maggiore imposta pretesa perché l’immobile acquistato col beneficio della prima casa non rispondeva alle caratteristiche dell’immobile di lusso, è stabilito dal legislatore che ha disposto l’entrata in vigore del d.lgs. n. 175/2014 a decorrere dal 13 dicembre 2014.
In altri termini, la modifica normativa non ha abolito l’imposizione, né le conseguenze sanzionatorie derivanti dalla falsa dichiarazione; ciò che è mutato dal 2014 non è allora l’oggetto della dichiarazione, cioè le caratteristiche non di lusso dell’immobile, ma i presupposti dell’agevolazione cioè, appunto, i parametri per stabilire quando un immobile è o non è di lusso. In altri termini, il legislatore ha modificato i presupposti oggettivi di applicazione dei benefici “prima casa”, variando i parametri di identificazione degli immobili agevolabili, dal che discende che può accadere che quello stesso immobile che non poteva fruire dei benefici, in quanto “di lusso” in base al d.m. 1969, possa invece oggi accedere alla tassazione di favore per effetto del regime sopravvenuto.
Hanno chiarito sul punto le sezioni unite penali, con riguardo alla successione di norme extrapenali (si veda, in particolare, Cass. pen. n. 19601/2008, COGNOME, cit., a proposito del mutamento del presupposto oggettivo dello stato di insolvenza dell’impresa e dei presupposti soggettivi inerenti alle condizioni previste per la fallibilità dell’imprenditore, ai fini del giudizio sul reato di bancarotta), che l’atto giuridico richiamato in una fattispecie penale conta per gli effetti giuridici che esso produce e non per i fatti con esso definiti; sicché, se muta, per ius superveniens, la definizione legale dei presupposti di un certo atto, non può dirsi che le norme sopravvenute, che quei presupposti mutino, incidano sulla struttura del reato.
Si è osservato che la modifica legislativa avrebbe acquistato rilevanza solo se la norma successiva, che ha diversamente disciplinato l’oggetto della dichiarazione, fosse stata retroattiva: in tal caso la norma non avrebbe soltanto qualificato un elemento di fatto, ma avrebbe mutato l’assetto giuridico della fattispecie astratta.
Invece, in tema di agevolazioni per l’acquisto della prima casa, la modifica dei parametri ai quali ancorare i presupposti per il
riconoscimento del beneficio, disposta, quanto all’iva, dall’art. 33 del d.lgs. 21 novembre 2014, n. 175, non ha inciso retroattivamente rispetto alla data di entrata in vigore della medesima diposizione legislativa e l’infrazione, costituita dalla dichiarazione mendace, della quale è soltanto cambiato l’oggetto, è rimasta immutata. Tale ricostruzione è coerente con la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale, se il legislatore non ha previsto anche una normativa transitoria, è escluso che le modifiche da questa introdotte possano trovare applicazione anche in relazione a fatti intervenuti in epoca antecedente rispetto alla sua entrata in vigore (v. in tal senso Cass. n. 21079/2024; Cass. n. 770/2024).
5.In conclusione, la disposizione in esame non ha carattere retroattivo, non ancorando il diverso criterio di individuazione delle abitazioni di lusso alla novella introdotta dall’art. 10 cit., bensì alla modifica del testo del n. 21 tabella A, parte II, allegata al d.P.R. n. 633/72, introducendo ex novo un’agevolazione prima non operante. Diversamente, il d.lgs n. 23/2011, a decorrere dal 10 gennaio 2014, in materia di registro, ha prescritto che le caratteristiche dell’abitazione di lusso non si individuano più ai sensi del d.m. 2.08.1969, ma secondo criteri catastali, sostituendo l’art. 1 della tariffa, parte prima, allegata al citato testo unico di cui al d.P.R. n. 131/1986, con la seguente disposizione
La presente fattispecie concernente un acquisto avvenuto nell’ottobre del 2014 va regolata, pertanto, in base alla normativa previgente alla riforma legislativa di cui all’art.33 menzionato; trattasi di norma chiaramente innovativa, la cui retroattività è stata anche dallo stesso legislatore esplicitamente esclusa («a decorrere dal 13 dicembre 2014»), sicché non è qui invocabile l’applicazione
retroattiva della disposizione. Del resto, il legislatore quando ha voluto disporre l’applicazione retroattiva della normativa lo ha espressamente indicato, come ha disposto all’art. 32 del d.lgs. n. 175/2014 stabilendo la decorrenza dal 1° gennaio 2014, della sostituzione dell’articolo 51 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, recante codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, con ciò dimostrando che le restanti norme trovano applicazione dalla entrata in vigore del decreto legislativo.
La decisione impugnata, in definitiva, è censurabile sul punto, avendo erroneamente applicato alla fattispecie la nuova disciplina, la quale non può spiegare effetti sul piano della debenza della differenza d’imposta, in relazione alle fattispecie realizzatesi precedentemente al 13.12.2014 (sul punto, Cass. n. 10656/2021).
6.Il mezzo in esame è dunque accolto, potendo al riguardo pronunciarsi il seguente principio di diritto: .
L’eccezione sollevata dalle contribuenti concernente la violazione dell’art. 3 della Costituzione, nella supposta tesi che l’agevolazione Iva di cui all’art. 33 cit. trovi applicazione temporale diversa da quella prevista in materia di registro, appare priva di pregio.
Dal quadro normativo sopra descritto emerge come la tecnica normativa di formulazione dell’art. 33 cit. sia assolutamente divergente ed autonoma rispetto alla struttura dell’art. 10 cit., in materia di registro, ove ad essere modificato è il d.P.R. n. 131/1986; mentre, come precedentemente chiarito, l’art. 33 cit., in
materia di Iva, ha sostituito il testo del n. 21 tariffa allegata Parte II del d.P.R. n. 633/72, rimasto fino a quel momento (13 dicembre 2014) in vigore. Per espressa disposizione normativa, l’agevolazione fiscale IVA trova applicazione solo a decorrere dal 13 dicembre 2014, in ragione di una scelta discrezionale e di per sé non arbitraria del legislatore, di applicazione dei benefici fiscali in ragione di imposte differenti che, in quanto tali, sono ragionevolmente suscettibili di un trattamento differenziato.
7.Quanto innanzi evidenzia quindi la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale prospettata dalle controricorrenti con riferimento all’art. 3 Cost., attesa l’ampia discrezionalità riservata al legislatore (nei limiti della ragionevolezza e della conformità al sistema normativo) nell’individuazione dei presupposti per il godimento di agevolazioni (v. Cass. nn. 11105/2008, 16248/07, 4620/03, 3971/02); discrezionalità del legislatore che può venir censurata solo nel caso in cui la disposizione oggetto di censura di legittimità costituzionale sia arbitraria o manifestamente irragionevole, incoerenza esclusa dalla insussistenza di identità delle due situazioni messe a confronto dalle contribuenti.
Segue l’accoglimento del ricorso e la conseguente cassazione della sentenza impugnata; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto ai sensi dell’art. 384 c.p.c., la causa può essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.
La sussistenza del contrasto giurisprudenziale in ordine alla sopravvenienza normativa suggerisce la compensazione delle spese di lite dell’intero di giudizio.
P.Q.M.
La Corte
-Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta del ricorso introduttivo della parte contribuente.
-Compensa le spese dell’intero giudizio.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria della