Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16168 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16168 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14419/2024 R.G. proposto da:
NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale allegata al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale indicato in atti;
-ricorrente – contro
AVVISO DI ACCERTAMENTO
Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA SICILIA n. 10051/2023, depositata in data 6/12/2023; Udita la relazione della causa svolta dal consigliere dott. NOME
Napolitano nella camera di consiglio del 14 aprile 2025;
Fatti di causa
Con l’avviso di accertamento sopra indicato, l’Agenzia Entrate Direzione Provinciale di Catania accertava un presunto maggior reddito di euro 42.524,00, rispetto a quello effettivo e dichiarato basato sulle scritture contabili della piccola impresa individuale in contabilità semplificata, di euro 8.288, per l’attività di piccola pizzeria da asporto in zona periferica di Giarre.
L’Ufficio tributario giustificava la rettifica e conseguente maggiore imposta, con interessi e sanzioni, con un procedimento basato esclusivamente sull’applicazione dello studio di settore. I maggiori ricavi posti a base dell’accertamento nascevano dalla differenza tra i ricavi dichiarati in euro 72.305,00, e quelli calcolati con l’applicazione dello studio di settore in euro 109.671,00, determinando così presunti maggiori ricavi accertati in euro 37.366,00.
Avverso l ‘ avviso di accertamento sopra indicato, proponeva ricorso il signor NOME COGNOME (d’ora in poi, anche ‘il contribuente’ ), contestando l’accertamento statistico e i sui presupposti probatori, basati su incongruenze statistiche dei ricavi dichiarati, rispetto a quelli previsti dallo studio di settore, e sulla acclarata scarsa redditività della piccola impresa.
Resisteva l’Ufficio con apposite deduzioni.
In esito al procedimento contenzioso di primo grado, la Commissione Tributaria Provinciale di Catania deliberò di accogliere parzialmente il ricorso, determinando così il reddito netto d’impresa in euro in euro 37.608, condannando il ricorrente al pagamento per un terzo, delle spese del presente giudizio.
Il contribuente propose appello, insistendo sulla inapplicabilità dello studio di settore al caso in esame per difetto delle condizioni previste dall’art.10 comma 4) lettera b) Legge 8/5/1998 n. 146.
Resisteva l’appellato Ufficio con apposite controdeduzioni .
La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sicilia confermò la sentenza di primo grado.
Avverso la sentenza d’appello, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
Ragioni della decisione
1.Con il primo motivo di ricorso, rubricato ‘ Violazione e falsa applicazione art. 62/sexies D.L. 30/08/1993 N° 331, conv. in Legge 29/10/1993 N° 427, e art. 10 comma 4 lettera b) Legge N° 146/1998, in relazione all’art. 360 c.p.c. comma 1 n° 3), nella parte i cui il Giudice di secondo grado ha ritenuto acriticamente i motivi dedotti dal ricorrente, non pertinenti per non aver contestato in sede di contraddittorio il fondamento giuridico degli studi di settore ‘ , il contribuente si lamenta del fatto che l’avviso di accertamento e la sentenza di secondo grado non avrebbero sufficientemente motivato circa l’applicabilità degli studi di settore al caso di specie, avendo egli esercitato una piccola attività di pizzeria in una zona periferica di Giarre (CT).
1.1. Il motivo è inammissibile, perché non attinge specificamente la sentenza impugnata, dolendosi genericamente il contribuente del fatto che l’avviso di accertamento e la sentenza di secondo grado non hanno preso in considerazione gli elementi fattuali da lui addotti a sostegno della inapplicabilità degli studi di settore attraverso i quali l’amministrazione ha rettificato il reddito d’impresa da lui dichiarato.
Con il secondo motivo di ricorso, rubricato ‘nullità della sentenza impugnata in violazione dell’art. 360 comma 1) N° 5 c.p.c. per omessa insufficiente motivazione circa un fatto controverso in estimazione, decisivo per il giudizio’ , il contribuente si duole che la sentenza impugnata non abbia considerato i costi forfettari che, nella determinazione con metodo induttivo del maggior reddito, avrebbero dovuto essere dedotti.
Con il terzo motivo di ricorso, rubricato ‘ Violazione e falsa applicazione art. 39 comma 2) DPR 600/73 e art. 62/sexies D.L. 30/08/1993 n° 331, conv. in Legge 29/10/1993 N° 427, in relazione all’art. 360 comma 1 N° 3), con riferimento all’omessa valutazione dei costi in misura forfettaria sui presunti ricavi accertati con metodo induttivo puro, in relazione al fatto che, anche in misura forfettaria, occorre detrarre i costi correlativi ‘ , il contribuente sostanzialmente reitera la censura di cui al secondo motivo, lamentandosi che nella determinazione del reddito d’impresa l’amministrazione non ha tenuto conto, forfettariamente, dei maggiori costi, rispetto a quelli dichiarati, presuntivamente sostenuti.
3.1. Il secondo e il terzo motivo di ricorso, che per la loro stretta connessione possono essere esaminati e decisi congiuntamente, sono fondati.
In seguito ai princìpi espressi nella sentenza della Corte Costituzionale n. 10 del 2023, può affermarsi che ogni accertamento induttivo, sia esso analitico-induttivo che induttivo puro, deve tener conto dei costi,
forfettari, presuntivamente sostenuti per produrre il reddito imputato al contribuente, affinché il meccanismo di determinazione del reddito fondato su presunzioni rispetti quanto più è possibile il principio di capacità contributiva (sul tipo di accertamento analitico-induttivo su cui si fondano gli studi di settore, cfr. Cass., n. 3415/2015; sulla necessità della deduzione forfettaria dei costi negli accertamenti su base presuntiva, cfr. Cass., n. 5586/23; Cass., n. 18653/23).
In conclusione, sono fondati il secondo e il terzo motivo, inammissibile il primo.
La sentenza impugnata è cassata e la causa è rinviata alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sicilia che, in diversa composizione, regolerà anche le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso, dichiarato inammissibile il primo.
Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sicilia che, in diversa composizione, regolerà anche le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14 aprile 2025.