Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33978 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33978 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 23/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15595/2017 R.G. proposto da :
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della SICILIA-PALERMO n. 4494/2016 depositata il 19/12/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
In punto di fatto, dalla sentenza in epigrafe si apprende quanto segue.
La Commissione Tributaria Provinciale di Enna, con sentenza emessa il 10.12.2012, ha rigettato il ricorso del signor COGNOME COGNOME già socio con quota del 66% della RAGIONE_SOCIALE società questa posta in liquidazione e cancellata in data 12.3.2010 dal registro delle imprese, avverso la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA notificatogli dalla RAGIONE_SOCIALE, Agente per la riscossione della Provincia di Enna per IVA ed accessori per gli anni di imposta 1999, 2000, 2001 e 2002, in relazione a precedente avviso di accertamento emesso nei confronti della detta società.
I primi Giudici hanno ritenuto legittimo l’atto di riscossione impugnato dal COGNOME, sebbene riferibile ad attività posta in essere dalla società RAGIONE_SOCIALE, della quale il ricorrente è stato ritenuto coobbligato, in virtù sua quota di partecipazione societaria prevalente del 66% ravvisando nella sua condotta l’abuso di diritto, al fine di eludere il pagamento del peso tributario accertato nei confronti della società.
La Commissione adita ha, altresì, dichiarato la carenza di legittimazione passiva RAGIONE_SOCIALE
Avverso la sentenza della CTP, il contribuente proponeva appello, rigettato dalla CTR della Sicilia, con la sentenza in epigrafe, sulla base della seguente motivazione:
Appaiono incontestate ed incontestabili, in punto di fatto, le·seguenti circostanze:
– il signor COGNOME COGNOME era socio della RAGIONE_SOCIALE con una quota del 66% ;
-che la RAGIONE_SOCIALE era stata sottoposta a verifica della Guardia di Finanza in relazione a finanziamenti pubblici ricevuti dalla Comunità Europea, e conseguentemente l’Agenzia delle Entrate aveva emesso nei suoi confronti diversi avvisi di accertamento per gli anni di imposta 1999, 2000, 2001 e 2002, regolarmente impugnati dalla detta società e tutti confermati dalla Commissione Tributaria Provinciale di Enna;
che a seguito di ulteriore verifica del 29.9.2009 della Guardia di Finanza, per l’anno di imposta 2006, la società RAGIONE_SOCIALE in data 14.10.2009 era stata posta in liquidazione, ed in data 12.3.2010, previa approvazione del bilancio in data 5.11.2009, era stata cancellata dal registro delle imprese
che dai modelli unici presentati, così come rilevat dai primi Giudici, la RAGIONE_SOCIALE aveva approvato bilanci
l 2007 con un attivo di € 2.016.687,00;
al 2008 con un attivo di € 446.299,00;
al 13.1 0.2009 con un attivo di € 99.651,00 e
al 5.11.2009 con un attivo di € 577100.
Appare indubbio che tutti i suddetti fatti posti in essere dalla società siano da ritenersi eccedenti la sua ordinaria amministrazione e, quindi, realizzati attraverso la condotta e volontà del suo socio di maggioranza, signor NOME COGNOME titolare di una quota del 66% della base sociale.
Appare, alla Commissione Regionale, altrettanto indubbio, dai suddetti fatti, che la società sia stata cancellata, con una preventiva e progressiva estrapolazione del suo attivo societario, e nonostante la pendenza di numerosi processi tributari, già peraltro decisi sfavorevolmente in primo grado, al fine di eludere le su obbligazioni tributarie.
Ciò posto, questa Commissione Regionale condivide la sentenza appellata, le cui motivazioni devono intendersi qui riportate, per aver i primi Giudici ravvisato nelle suddette riportate circostanze, seppur poste in essere in formale conformità di norme giuridiche, l’abuso di diritto imputabile all’odierno appellante, quale socio di maggioranza prevalente della RAGIONE_SOCIALE
Senza, in tal modo, violare il diritto di difesa del contribuente, né tampoco il ‘g i usto processo’, né tantomeno l’art.112 c.p.c., rilievi mossi dall’appellante con gli altri motivi di impugnazione .
Quindi, è legittima la sentenza impugnata, così come il ravvisato abuso di diritto che deve essere inteso, quale condotta di aggiramento della norma .
In tutte le superiori circostanze di fatto, come sopra riportate, collegate tra loro, anche da evidente e ravvicinata progressione temporale, rispetto a processi tributari già definiti sfavorevolmente in primo grado, è da ravvisare il progetto elusivo dell’odierno appellante di sottrarre la società ai suoi obblighi tributari, per beneficiare di vantaggi fiscali che, seppur formalmente legittimi, appaiono dirett ad aggirare la ratio legis, senza alcuna ragione imprenditoriale.
Propone ricorso per cassazione il contribuente con sei motivi; resistono entrambe le parti pubbliche.
Considerato che:
Primo motivo: ‘ Nullità della sentenza per la violazione degli artt. 37-bis del dpr n. 600/73, dell’art. 10-bis L. 27.7.2000, n. 212; degli artt. art. 112 e 156 comma 2, c.p.c. e d.lgs. n. 546 del 1992, art. 36 in relazione all’art. 360 cpc n. 4. Violazione falsa applicazione degli artt. 37-bis del dpr n. 600/73, dell’art. 10-bis L. 27.7.2000, n. 212 in relazione all’art. 360 cpc n. 3’.
1.1. ‘La sentenza impugnata pone a fondamento del ‘decisum’ la ravvisata presenza nel caso all’esame di una fattispecie di abuso del diritto, a tal fine espressamente sussumendola nel ‘neonato art. 10bis della L. 27. 7.2000, n. 112’ del quale viene sottolineata la portata di ‘codificazione’ del fenomeno in questione’. ‘La stessa portata interpretativa deve riconoscersi al comma 9 della norma in esame, che espressamente sancisce che ‘la sussistenza della condotta abusiva non è rilevabile d’ufficio’. Il Giudice del gravame ha pertanto fatto non corretta applicazione della norma posta a base della propria decisione, rilevando d’ufficio una condotta di abuso del diritto mai contestata nei propri atti dall’Ufficio e quindi estranea all’oggetto del giudizio. La sentenza è dunque errata,
sotto il profilo della violazione dell’art. 112 c.p.c. essendosi il Giudice pronunciato oltre i limiti della domanda, oltre ad essere viziata per violazione di legge avendo rilevato d’ufficio il Giudice un’eccezione in senso stretto’.
1.2. Il motivo è inammissibile, incorrendo in difetto di precisione ed autosufficienza, per non riprodurre, oltreché gli atti del procedimento amministrativo, gli atti sia del primo che del secondo grado di giudizio, riproducendo solo parzialmente, e perciò insufficientemente, la sentenza impugnata.
In tal guisa, esso non consente di aver contezza del processo nei gradi di merito con riferimento alle posizioni delle parti rispetto agli atti del procedimento amministrativo, impedendo quindi di verificare la tesi del contribuente secondo cui la CTP, dapprima, e la CTR, dappoi, avrebbero pronunciato ‘ultra petita’, rilevando d’ufficio un’ipotesi di abuso del diritto; in ultima analisi, esso disattende il costante principio secondo cui, ‘nel giudizio di legittimità, la deduzione del vizio di omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c.’, ma evidentemente lo stesso è a dirsi per il vizio di ultrapetizione, ‘postula, per un verso, che il giudice di merito sia stato investito di una domanda o eccezione autonomamente apprezzabili e ritualmente e inequivocabilmente formulate e, per altro verso, che tali istanze siano puntualmente riportate nel ricorso per cassazione nei loro esatti termini e non genericamente o per riassunto del relativo contenuto, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire la verifica, innanzitutto, della ritualità e della tempestività e, in secondo luogo, della decisività delle questioni prospettatevi. Pertanto, non essendo detto vizio rilevabile d’ufficio, la Corte di cassazione, quale giudice del ‘fatto processuale’, intanto può esaminare direttamente gli atti processuali in quanto, in ottemperanza al principio di autosufficienza del ricorso, il ricorrente abbia, a pena di
inammissibilità, ottemperato all’onere di indicarli compiutamente, non essendo essa legittimata a procedere ad un’autonoma ricerca, ma solo alla verifica degli stessi’ (cfr., da ult., Sez. 2, n. 28072 del 14/10/2021, Rv. 662554 -01).
Secondo motivo: ‘Violazione e falsa applicazione degli artt. 37-bis del dpr n. 600/73, dell’art. 10-bis L. 27.7.2000, n. 212; degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 cpc n. 3 ‘.
2.1. ‘ evidente la forzatura d ragionamento , che pecca di assoluta superficialità. Il giudice del merito ha fatto confusione tra la posta dell’attivo del bilancio della società ed il suo patrimonio netto. I quali, all’evidenza, non costituiscono sinonimi, sul piano qualitativo, di una stessa grandezza rappresentativa. Che l’attivo di una società, nel corso degli anni, passi da un ammontare ad un altro, non è circostanza dalla quale inferire che la società s’è in conseguenza di ciò impoverita ovvero arricchita. L’attivo va notoriamente letto e soppesato in combinazione con il passivo. Il giudice ha invece chiaramente confuso queste risultanze tratte dal bilancio sociale con il patrimonio netto, che è la sola voce di bilancio capace, nella sua sintesi, di rappresentare lo stato di salute della società ‘.
2.2. Il motivo è ad un tempo inammissibile ed infondato.
È inammissibile perché meramente astratto, senza, cioè, alcun effettivo ed apprezzabile collegamento con la fattispecie concretamente oggetto di giudizio, viepiù non allegando e dimostrando rilevanza, e, oltre, decisività della censura ai fini del sovvertimento delle conclusioni della CTR.
È infondato perché il patrimonio netto, che rappresenta il capitale sociale e la sua evoluzione, è una grandezza dello stato patrimoniale (artt. 2423 e 2424 cod. civ.), confluendo pertanto in bilancio.
Terzo motivo: ‘ Violazione e falsa applicazione degli artt. 37bis del dpr n. 600/73, dell’art. 10-bis L. 27.7.2000, n. 212; degli
artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 cpc n. 3 ed in relazione all’art. 360 cpc n. 4′.
3.1. ‘Il giudice d’appello ha applicato la disciplina dell’abuso del diritto ad una ricostruzione della fattispecie concreta in tutto e per tutto riconducibile al differente fenomeno dell’interposizione fittizia di persona. Ha ritenuto la società a responsabilità limitata RAGIONE_SOCIALE schermo fittizio nelle mani del socio di maggioranza Sig. NOME COGNOME Tanto da ritenerlo a tal fine responsabile dell’intera imposta accertata in capo alla società, prescindendo dalla sua stessa partecipazione sociale, che era invece limitata al 60 per cento del capitale sociale. Ma in questo modo il giudice d’appello ha considerato fenomeno d’elusione una fattispecie che nella motivazione è ricostruita come fattispecie di evasione’.
3.2. Il motivo è inammissibile.
È inammissibile per le ragioni già illustrate a proposito del primo motivo: la mancata riproduzione degli atti del procedimento amministrativo, dapprima, e degli atti del giudizio, dappoi, non consente di ricostruire la ‘fattispecie concreta’, data semplicemente per presupposta nel motivo che ne occupa, e dunque ‘a fortiori’ di verificare l’errore di sussunzione, che questo denuncia, di detta ‘fattispecie concreta’, asseritamente risolventesi in un’ipotesi di interposizione fittizia, nel ritenuto ‘differente fenomeno dell’interposizione fittizia di persona’.
Inoltre, pur a volersi prescindere da quanto innanzi, il ‘fenomeno interpositivo’ senza che il motivo, per quanto appena detto, consenta di concretamente apprezzarne nella specie la ricorrenza, oltretutto nella declinazione di un’interposizione fittizia -non è, astrattamente, alla luce della giurisprudenza di legittimità, di per sé eterogeneo rispetto a paradigmi elusivi, come si evince dall’affermazione secondo cui ‘la disciplina antielusiva dell’interposizione’, in quanto tale, ‘non presuppone un comportamento fraudolento da parte del contribuente, essendo
sufficiente un uso improprio di un legittimo strumento giuridico, che consenta di eludere l’applicazione del regime fiscale’ (così già Sez. 5, n. 21952 del 28/10/2015, Rv. 637004 -01): ciò che conferma il difetto di precisione (oltreché, come rilevato, di autosufficienza) del motivo, che si limita a proporre, su un piano teorico, un’alternativa qualificatoria della fattispecie, omettendo tuttavia di ancorarla tangibilmente alla fattispecie, onde evidenziare l’errore di prospettiva addebitato alla CTR e prima ancora alla CTP.
Quarto motivo: ‘ Nullità della sentenza per assenza della motivazione, in violazione dell’art. 132 c.p.c., 156, comma 2, e d.lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in relazione all’art. 360, n. 4’.
4.1. ‘La sentenza impugnata non fornisce alcuna motivazione sull’illegittimità dell’iscrizione a ruolo ex art. 15-bis del dpr n. 602/73 in danno del ricorrente delle imposte accertate in capo alla società, iscrizione avvenuta in palese violazione dell’art. 36 del dpr. n. 602/73’.
4.2. Il motivo è inammissibile e comunque infondato.
La fattispecie abusiva ritenuta dalla CTR è diversa dalla responsabilità del socio ex art. 36 DPR n. 602 del 1973, per modo che il motivo, di per sé, non pare cogliere ‘ratio decidendi’ e sviluppo motivazione della sentenza impugnata.
Inoltre, esso soffre del difetto di precisione ed autosufficienza già ripetutamente evidenziati.
Fermo ciò, il motivo è, altresì e comunque, infondato.
Non può infatti ritenersi che la CTR abbia omesso di motivare sulla contestazione della legittimità dell’iscrizione del contribuente nel ruolo straordinario: contestazione, sia consentito di evidenziare, neppure riassunta, con un minimo di argomentazioni a supporto, in guisa da consentire di parametrare ad essa lo sforzo motivazionale della CTR.
Quest’ultima, ad ogni modo, dopo aver evidenziato la costante maturazione di debiti fiscali in capo ad RAGIONE_SOCIALE, ha concluso,
come visto, per la ricorrenza di un’ipotesi di abusivo svuotamento degli attivi sociali sotto l’egida del contribuente, chiamato a rispondere dell’intera massa dei debiti della società in funzione della posizione di dominio in questa rivestita. Ciò, in definitiva, ad avviso della CTR, costituisce la giustificazione logico-fattuale, lungamente esposta nella sentenza impugnata, della legittimità dell’iscrizione, sull’implicito presupposto dell’inopponibilità all’Amministrazione, in ragione del ritenuto abuso, sia dello schermo societario che delle conseguenze derivanti dalla cancellazione della società dal registro delle imprese.
Di qui, pertanto, la non condivisibilità comunque della censura, poiché la sentenza impugnata esibisce una motivazione effettiva (condivisibile o meno), dal duplice punto di vista sia grafico che contenutistico.
Quinto motivo: ‘Nullità della sentenza per assenza della motivazione, in violazione dell’art. 132 c.p.c., 156, comma 2, e d.lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in relazione all’art. 360, n. 4 ‘.
5.1. ‘Si propone altrettanto motivo di censura alla sentenza appellata sotto il profilo dell’omessa pronuncia in ordine al vizio dell’iscrizione a ruolo avvenuta per l’intero importo delle imposte accertate in capo alla società; ciò in palese violazione degli art. 36 del dpr n. 602/73 e 2495 c.c. ‘.
5.2. Il motivo è inammissibile e comunque infondato.
Come rilevato nella disamina del motivo precedente, la CTR ha ritenuto la sussistenza di una fattispecie abusiva, comportante che il contribuente, quale regista dell’abuso, debba rispondere di tutti i suoi debiti.
Talché, per un verso, l’invocazione di limitazioni fondate su diversi titoli di responsabilità del socio (ai sensi dell’art. 36 DPR n. 602 del 1973 e dell’art. 2495 cod. civ.) si rivela decentrata rispetto al fuoco della decisione della CTR; per altro verso, la sentenza
impugnata esibisce una motivazione effettiva, ciò votando la censura alla manifesta infondatezza.
Sesto motivo: ‘Violazione dell’art. 132 c.p.c., 156, comma 2, e d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, n. 3 ‘
6.1. Il vizio di motivazione della sentenza impugnata, ‘secondo i rilievi e le argomentazioni che hanno costituito oggetto delle precedenti censure di legittimità’, rileva ‘anche sotto il profilo della violazione di legge’, ‘giusta l’indirizzo espresso da Cass SS.UU. 7 aprile 2014, n. 8053’.
6.2. Il motivo è inammissibile e comunque infondato.
Valgono le medesime considerazioni già compiute a proposito del motivo precedente.
In definitiva, il ricorso va integralmente rigettato, con le statuizioni consequenziali come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere all’Agenzia le spese di lite, liquidate in euro 7.800, oltre spese prenotate a debito.
Condanna il ricorrente a rifondere a RAGIONE_SOCIALE le spese di lite, liquidate in euro 7.800, oltre esborsi per euro 200, contributo forfettario al 15% ed accessori, se ed in quanto dovuti.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, lì 23 ottobre 2024.