Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 16977 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 16977 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/04/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: NOME nato il 18/04/1990 NOME COGNOME nato il 16/03/1989
avverso la sentenza del 24/01/2025 del TRIBUNALE di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, nella persona del sostituto NOME COGNOME con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza ex art. 444 cod. proc. pen. del 24 gennaio 2025, il Tribunale di Milano ha applicato nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME in ordine al delitto di cui all’art. 73, commi 1 e 4, d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 (commesso in Milano il 14 ottobre 2024) la pena di anni 4 di reclusione e euro 18.000 di multa, oltre che la pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici per la durata di cinque anni, e ha disposto l’espulsione degli imputati a pena espiata.
Avverso la sentenza, gli imputati hanno proposto ricorso, per mezzo del difensore, formulando due motivi.
2.1. Con il primo motivo, hanno dedotto la nullità assoluta della richiesta congiunta di applicazione della pena sottoscritta da un vice procuratore onorario privo dei poteri di legge, essendo la materia degli stupefacenti preclusa alla sua disponibilità, anche pattizia.
2.2. Con il secondo motivo, hanno dedotto la erronea applicazione della legge penale, per avere il giudice omesso di motivare in merito alla qualificazione giuridica della condotta, che avrebbe dovuto essere derubricata nella fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90, e alla determinazione della pena.
Il Procuratore Generale, nella persona del sostituto NOME COGNOME ha presentato conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi non superano il vaglio di ammissibilità.
Il primo motivo, con cui si censura la nullità del consenso espresso in ordine alla richiesta di applicazione pena, in quanto formulato da un vice procuratore onorario, è inammissibile.
2.1.Dalla disamina degli atti, consentita al collegio in considerazione del dedotto error in procedendo (Sez. U., n.42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv.220092), risulta che:
i summenzionati imputati sono stati arrestati in flagranza in ordine al reato relativo alla detenzione di sostanza stupefacente del tipo Mefedrone (del peso lordo di 10,06 grammi), GBL-GBH (del peso lordo di 896 grammi),
Ecstasy (del peso lordo di 3,33 grammi) e Hashish (del peso lordo di 2,14 grammi): in tale occasione era stato rinvenuto anche materiale per il confezionamento;
nel corso dei giudizio, GLYPH gli imputati hanno formulato richiesta di applicazione della pena tramite apposito modulo, in cui sotto la dizione “Il Pubblico Ministero presta il consenso” compare la sottoscrizione del Vice Procuratore Onorario: all’udienza del 17 gennaio 2025, davanti al Tribunale di Milano, presente lo stesso vice procuratore onorario, gli imputati hanno prodotto il modulo contenente la richiesta “assentita dal PM” (secondo quanto riportato nel verbale di udienza);
il Tribunale, nella data su indicata, ha pronunciato sentenza, ex artt. 444 cod. proc. pen., applicando la pena su accordo delle parti.
Il consenso alla richiesta di applicazione della pena è stato espresso, dunque, dal vice procuratore onorario.
2.3. L’art. 17 del d.lgs. 13 luglio 2017 n. 116 recante “Riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace, nonché della disciplina transitoria relativa ai magistrati onorari in servizio, a norma della legge 28 aprile 2016, n. 57″ in vigore dal 15/08/2017, per quanto di interesse in questa sede, al terzo comma prevede: ” Nei procedimenti nei quali il tribunale giudica in composizione monocratica, ad esclusione di quelli relativi ai delitti di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nonché di cui all’articolo 590-sexies del codice penale, il vice procuratore onorario può svolgere, per delega del procuratore della Repubblica e secondo le direttive stabilite in via generale dal magistrato professionale che ne coordina le attività, le funzioni di pubblico ministero:
nell’udienza dibattimentale;
nell’udienza di convalida dell’arresto di cui all’articolo 558 del codice di procedura penale;
per la richiesta di emissione del decreto penale di condanna ai sensi dell’articolo 459, comma 1, del codice di procedura penale;
nei procedimenti in camera di consiglio di cui all’articolo 127 del codice di procedura penale”.
Il successivo quarto comma prevede: “Il vice procuratore onorario delegato può assumere le determinazioni relative all’applicazione della pena su richiesta nei procedimenti relativi ai reati per i quali l’azione penale è esercitata con decreto di citazione diretta ai sensi dell’articolo 550, comma 1, del codice di procedura penale, pur quando si proceda con giudizio direttissimo ai sensi del comma 6 dell’articolo 558 del codice di procedura penale, e in quelli iniziati
con decreto di giudizio immediato conseguente ad opposizione a decreto penale”. Sulla base di tale normativa, dunque, il vice procuratore onorario, per quanto delegato dal Pubblico Ministero, non è legittimato a prestare il consenso nei procedimenti relativi a reati diversi da quelli per i quali l’azione penale è esercitata con citazione diretta a giudizio ex art. 550 comma 1 cod. proc. pen..
Nel caso di specie il reato per cui si procede, previsto dall’art. 73, commi 1 e 4, d.P.R. n. 309/90, rientra tra quelli per i quali è prevista l’udienza preliminare, COGNOME sicché il COGNOME vice procuratore onorario, pur essendo stato legittimamente presente all’udienza, non avrebbe potuto assumere le determinazioni relative alla richiesta di applicazione della pena e, dunque, non avrebbe potuto prestare il consenso.
Questa Corte ha già avuto modo di affermare che la partecipazione del vice procuratore onorario a un processo relativamente al quale, ai sensi dell’art. 17, comma 3, d.lgs. 13 luglio 2017, n. 116, lo svolgimento delle funzioni di pubblico ministero non può essere delegato integra, ex art. 178, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., una nullità a regime intermedio, concernente l’inosservanza delle disposizioni relative alla partecipazione necessaria al processo della parte pubblica, che deve essere dedotta entro i termini stabiliti, a pena di decadenza, dall’art. 182, comma 2, cod. proc. pen. (Sez. 4, n. 4810 del 06/12/2024, dep. 2025 , Specchio Rv. 287405 – 01; Sez 4 n. 4813 del 07/11/2024 non mass.)
2.4. Nel caso in disamina, tuttavia, tali principi devono essere coordinati con la disciplina della impugnazione della sentenza di applicazione pena su richiesta delle parti. Ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., il Pubblico Ministero e l’imputato possono ricorrere per cassazione contro la sentenza di applicazione di pena su richiesta delle parti solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato stesso, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalit della pena o della misura di sicurezza. Ne consegue l’inammissibilità del ricorso per cassazione con cui si deducano vizi di violazione di legge differenti da quelli tassativamente indicati nel citato comma 2-bis (ex plurimis, Sez. 5, n. 19425 del 19/04/2021, Coco, in motivazione; Sez. 6, n. 1032 del 7/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278337-01;Sez. F, n. 28742 del 25/8/2020, Messnaoui, Rv. 27976101).
Ne consegue che la mancata legittimazione del vice procuratore onorario ad esprimere il consenso alla richiesta di applicazione pena non può essere dedotta con il ricorso per cassazione, né da parte del Pubblico Ministero, né da parte dell’imputato, in quanto, per espressa previsione normativa, rileva solo il vizio inerente alla espressione della volontà di quest’ultimo.
3.11 secondo motivo, con cui si censura la qualificazione giuridica, è del pari inammissibile. Si deve a tale fine ribadire che la possibilità di ricorrere per
cassazione deducendo l’erronea qualificazione giuridica del fatto è limitata ai soli casi di errore manifesto, configurabile quando tale qualificazione risulti, con
indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilità, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione, sicché è inammissibile
l’impugnazione che denunci, in modo aspecifico e non autosufficiente, una violazione di legge non immediatamente evincibile dal tenore dei capi di
imputazione e dalla motivazione della sentenza
(Sez. 4, n. 13749 del 23/03/2022, NOME COGNOME Rv. 283023 – 01; Sez. 5, n.
33145 del 08/10/2020, Cari, Rv. 279842; Sez. 3, n. 23150 del 17/4/2019, El
COGNOME; Sez. 1, n. 15553 del 20/3/2018, COGNOME, Rv. 272619).
Nel caso di specie, a fronte della contestazione della detenzione di sostanza stupefacente di differente tipologia, nei quantitativi sopra indicati, il motivo di
ricorso in maniera generica lamenta la mancata derubricazione nella fattispecie di lieve entità, senza addurre alcun elemento a sostegno.
Inammissibile, in quanto non rientrante nei casi contemplati dall’art. 448 comma 2 bis cod. proc. pen., è la doglianza relativa alla eccessività della pena concordata.
4.All’inannmissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che i ricorrenti non versassero in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve essere disposto a loro carico, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere di versare la somma di C 3.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende, somma così determinata in considerazione delle ragioni di inammissibilità.
PQM
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della cassa delle ammende.