Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 6020 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 6020 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Villaricca il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 08/05/2023 del Tribunale di Napoli
Udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME, a mezzo del suo difensore, propone ricorso avverso l’ordinanza emessa in data 8 maggio 2023 con la quale il Tribunale di Napoli ha rigettato la richiesta di riesame dell’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere emessa, in data 27 marzo 2023, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli in relazione al reato di cui all’art. 416-ter cod. pen. e di concorso esterno in associazione di stampo mafioso.
Con il primo motivo di impugnazione, il ricorrente lamenta violazione dell’art. 273 cod. proc. pen. e dell’art. 416-ter cod. pen. nonché mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla gravita degli indizi relativi al delitto di voto di scambio di cui al capo 1).
Secondo la difesa la condotta descritta nel capo di imputazione non sarebbe idonea a perfezionare l’elemento materiale del reato di voto di scambio in quanto la disponibilità che il COGNOME avrebbe garantito al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
rappresenterebbe la controprestazione dell’accordo illecito raggiunto tra il COGNOME ed i vertici del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE/RAGIONE_SOCIALE.
Il Tribunale avrebbe omesso di valutare e confutare il motivo di riesame con il quale il ricorrente aveva lamentato l’illogicità dell’ordinanza genetica nella parte in cui viene affermato che il COGNOME sarebbe in grado di spostare ampi consensi elettorali nel Rione 219, illogicità conseguente al fatto che lo stesso giudice per le indagini preliminari aveva in prima battuta indicato solo il COGNOME e la COGNOME come titolari di un forte potere di influenza sull’elettorato del Rione 219 ed al fatto che il COGNOME nella prima tornata elettorale aveva raccolto solo 38 voti nelle sezioni presenti nel predetto rione e quindi un risultato nettamente inferiore a quello ottenuto dal COGNOME (81 voti) e COGNOME (144 voti).
La motivazione sarebbe apodittica, contraddittoria ed illogica in ordine all’esistenza di un accordo tra il COGNOME ed il COGNOME; in particolare il percorso argomentativo sarebbe illogico nella parte in cui afferma che l’indagato avrebbe subito una perdita di consensi a seguito dell’arresto del COGNOME, avvenuto mesi prima della tornata elettorale, senza spiegare in cosa sarebbe consentito l’accordo e come avrebbe potuto favorire il COGNOME.
La difesa ha, altresì, rimarcato la contraddizione tra quanto affermato dal primo giudice, il quale ha indicato il COGNOME come soggetto in grado di condizionare il voto popolare e quanto affermato dai giudici del riesame che hanno dipinto il ricorrente come «soggetto capace di decidere su quale candidato far convogliare i propri voti con ciò assumendo che il ricorrente disponesse di un potere negoziale che la Procura non ha mai contestato» (vedi pag. 15 del ricorso).
La motivazione sarebbe apparente ed illogica laddove ha ritenuto che il versamento della somma di 1.000,00 euro da parte del padre del COGNOME per convincere gli appartenenti al RAGIONE_SOCIALE a far candidare il figlio non sarebbe idoneo a rendere irragionevole l’ipotesi accusatoria; a giudizio della difesa, infatti, non sarebbe ravvisabile «alcuna valida spiegazione al perché il padre di un soggetto che si vorrebbe uomo del RAGIONE_SOCIALE avesse dovuto pagare esponenti del RAGIONE_SOCIALE medesimo per far candidare il figlio» (vedi pag. 16 del ricorso).
Con il secondo motivo di impugnazione, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 273 cod. proc. pen. e dell’art. 416-ter cod. pen. nonché mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla gravita degli indizi relativi al delitto di voto di scambio di cui al capo 3).
Il Tribunale, anche in relazione al successivo accordo raggiunto in occasione del ballottaggio, avrebbe irragionevolmente fondato la propria decisione sul rilevante numero di voti raccolti nel Rione 219 dal COGNOME in occasione della
prima tornata elettorale, circostanza che, come già detto in precedenza, non troverebbe riscontro negli atti di indagine
Il percorso argomentativo sarebbe, inoltre, del tutto congetturale laddove i giudici di merito hanno affermato che il COGNOME, in occasione del ballottaggio, avrebbe fatto convogliare i suoi voti sul candidato COGNOME, circostanza incompatibile con le modalità di voto del turno di ballottaggio che impedirebbero l’individuazione «di un nesso biunivoco tra il voto espresso e la persona di chi avrebbe “indirizzato” lo stesso» (vedi pag. 18 del ricorso).
COGNOME Con il terzo motivo di impugnazione, il ricorrente lamenta violazione dell’art. 273 cod. proc. pen. e dell’art. 416-bis cod. pen. nonché mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla gravita degli indizi relativi al delitto di concorso esterno di cui al capo 8).
La sussistenza di gravi indizi di reità in ordine al reato di concorso esterno sarebbe fondata su argomentazioni apparenti ed illogiche, specie in ordine al rafforzamento della capacità operativa dell’associazione di stampo mafioso che sarebbe conseguito alle condotte del COGNOME.
Secondo la difesa, i giudici del riesame avrebbero confuso il fatto in cui si sarebbe esaurito il reato di voto di scambio con il fatto integrante il reato di cui agli artt. 110 e 416-bis cod. pen., facendo riferimento a pregressi rapporti tra il COGNOME ed i referenti del RAGIONE_SOCIALE COGNOME/COGNOME del tutto inconferenti rispetto all’incriminazione elevata dalla Pubblica Accusa.
I giudici del riesame, senza tenere conto delle doglianze difensive, avrebbero, inoltre, apoditticamente affermato che il COGNOME si sarebbe reso disponibile «ad aiutare diversi soggetti ad ottenere le certificazioni anagrafiche richieste dal carcere per accedere ai colloqui a seguito degli arresti intervenuti nel novembre 2021 di alcuni esponenti del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE» (vedi pag. 22 del ricorso).
La difesa ha, in proposito, rimarcato che il primo giudice avrebbe omesso di specificare se «tale aiuto fosse stato reso contra legem piuttosto che nell’esercizio delle proprie funzioni» (vedi pag. 23 del ricorso) e che lo stesso organo inquirente non avrebbe elevato alcuna formale contestazione in ordine a tali condotte.
Il Tribunale non avrebbe accertato la serietà e la concretezza degli ipotizzati impegni assunti dal COGNOME a favore del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, limitandosi ad esporre argomentazioni del tutto generiche e decontestualizzate in ordine all’idoneità delle condotte ipotizzate a garantire il rafforzamento delle capacità operative del consesso criminoso e ad un rinvio, del tutto congetturale, ai rapporti che avrebbe legato il ricorrente dapprima al COGNOME ed in seguito al COGNOME.
La difesa ha, infine, sostenuto che l’impugnata ordinanza è priva di idonee argomentazioni idonee a dimostrare l’esistenza di un patto in virtù del quale il COGNOME, in cambio dell’appoggio elettorale, si sarebbe impegnato a sostenere l’organizzazione con condotte idonee a contribuire al suo rafforzamento o consolidamento.
Con il quarto motivo il ricorrente lamenta l’erronea applicazione degli artt. 274 e 275 cod. proc. pen. nonché la carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari ed alla adeguatezza e proporzionalità della custodia in carcere.
La motivazione sarebbe apodittica e contraddittoria laddove i giudici di appello affermano che il COGNOME sarebbe «ben addentrato nelle logiche criminali del RAGIONE_SOCIALE» senza tenere conto che le risultanze indiziarie dimostrerebbero soltanto l’esistenza di un rapporto personale tra il ricorrente ed il COGNOME.
Il percorso argomentativo sarebbe apodittico anche nella parte in cui viene affermato che il COGNOME potrebbe agire anche in altri campi per favorire gli interessi del RAGIONE_SOCIALE, non essendo stato in alcun modo dimostrato «uno spazio operativo del COGNOME, come concorrente esterno, altro e diverso da quello specificamente riguardante la campagna elettorale» (vedi pag. 30 del ricorso).
La ritenuta necessità della custodia cautelare in carcere sarebbe fondata su considerazioni di carattere astratto (spregiudicatezza acquisita e beneficio offerto al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE) e non calibrate sulla persona del ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I primi tre motivi di ricorso sono aspecifici e non consentiti.
Il ricorrente, senza confrontarsi con quanto motivato dai giudici del riesame al fine di confutare le censure difensive in tema di valutazione delle risultanze indiziarie, si è limitato a reiterare le medesime censure asseritamente pretermesse, chiedendo a questa Corte di entrare nella valutazione dei fatti e di privilegiare, tra le diverse ricostruzioni, quella a lui più gradita, senz confrontarsi con le emergenze indiziarie determinanti per la formazione del convincimento dei giudici di merito.
Le doglianze sono improntate ad una valutazione degli indizi del tutto parcellizzata e caratterizzata dall’analisi dei singoli elementi in maniera del tutto avulsa dal contesto, prescindendo dagli evidenti elementi di coerenza palesati e valorizzati nell’ordinanza impugnata.
Quanto alle critiche difensive sull’interpretazione delle conversazioni intercettate, è necessario ribadire che l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle intercettazioni, costituisce questione di fatto, rimessa
all’esclusiva competenza del giudice di merito, il cui apprezzamento può essere sindacato in sede di legittimità solo in presenza di travisamento, ossia nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale e la difformità risulti decisiva ed incontestabile (vedi Sez. 3, n. 6722 del 21/11/2017, COGNOME, Rv. 272558; Sez. 5, n. 7465 del 28/11/2013, COGNOME, Rv. 259516), sicché non sono consentite le censure sviluppate nel ricorso inerenti alla presunta illogicità ed erronea interpretazione delle conversazioni intercettate stante la mancanza di alcun travisamento del loro contenuto da parte dei giudici di merito.
Il primo ed il secondo motivo di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente in quanto inerenti alla sussistenza dei contestati reati di voto di scambio, sono aspecifici e non consentiti in quanto articolati essenzialmente in fatto.
2.1. I giudici del riesame, con motivazione ampiamente articolata, hanno dettagliatamente indicato ed adeguatamente valutato gli elementi indiziari (denunzie presentate da NOME COGNOME, ex sindaco del comune di Melito di Napoli, indagini svolte dalla polizia giudiziaria, intercettazioni riportate i motivazione) in base ai quali è stata desunta l’esistenza di una forte incidenza del RAGIONE_SOCIALE sul risultato elettorale, in virtù soprattutto dei voti che l’organizzazione criminale poteva contare in determinate zone (c.d. palazzine 219).
La ricostruzione della vicenda operata dal giudice del merito non è rappresentativa di dinamiche elettorali “tipiche”, ossia caratterizzate dalle usuali “fibrillazioni” che attengono alla ricerca legittima dei voti e del consenso, ma del tutto “atipica”, registrandosi cambi di casacca e di fette di voti, accompagnata da promesse e dazioni determinate dai desiderata dei RAGIONE_SOCIALE camorristici
Proprio l’incidenza elettorale che il RAGIONE_SOCIALE poteva assicurare ha indotto i vari candidati a cercarne sostegno, nell’ambito di un avvicendamento di schieramenti che nulla ha a che fare con le idee politiche che li dovrebbero caratterizzare, ma univocamente volto ad acquisire quella fetta di consenso indispensabile per ottenere la vittoria della propria coalizione. La circostanza che proprio in quel rione il RAGIONE_SOCIALE fosse in grado di orientare i voti lo si è ricavato dall’ottimo risulta comunque ottenuto dai candidati schieratosi in prima battuta con la lista del candidato sindaco non designato per il ballottaggio, ma sostenuto dal RAGIONE_SOCIALE. Si trattava, quindi, di un “tesoretto” di voti rilevanti per la sorte dei due candidati al ballottaggio (che vedeva contrapposta la lista di NOME COGNOME a quella di COGNOME NOME).
Dalla lettura dell’ordinanza impugnata emerge, inoltre, la decisività del’incidenza del voto nei rioni controllati dal RAGIONE_SOCIALE: non va dimenticato, in proposito, che, nella ricostruzione del giudice del merito, in quella zona il risultato elettorale dei candidati appoggiati al primo turno dal RAGIONE_SOCIALE (che poi hanno cambiato bandiera) era stato assai notevole, benché schieratisi con altra lista contrapposta proprio a quella del COGNOME, per poi confluire decisamente al ballottaggio proprio in favore della lista di quest’ultimo.
2.2. I giudici del riesame, con percorso argomentativo esaustivo e logicamente inattaccabile, hanno desunto -dalle eloquenti conversazioni intercettate- la piena partecipazione del COGNOME al patto illecito tra camorra e gli appartenenti alla RAGIONE_SOCIALE in occasione della prima tornata elettorale nonché con gli appartenenti alla RAGIONE_SOCIALE in occasione del ballottaggio (vedi pagg. da 7 a 20 dell’ordinanza impugnata).
Il Tribunale ha rimarcato che il COGNOME (unitamente all’altro candidato NOME COGNOME) era capace di spostare il maggior numero di voti nelle cd. Palazzine e che lo stesso ha scelto, senza alcuna remora, con quale lista candidarsi sulla scorta delle direttive dei camorristi NOME COGNOME e NOME COGNOME, mettendosi così a piena disposizione delle esigenze del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e venendo incontro alle esigenze di NOME COGNOME, cui era legato da un saldo rapporto di amicizia, rapporto che non veniva interrotto neanche dalla sopravvenuta latitanza del boss.
In motivazione sono, inoltre, espressamente indicate le conversazioni intercettate che hanno permesso ai giudici di merito di affermare che il COGNOME, nonostante avesse già manifestato al COGNOME la propria disponibilità a “vendere il consenso elettorale di cui gode in cambio di un posto di lavoro”, si è successivamente determinato ad indirizzare i voti da lui controllati in favore dei candidati indicati dal COGNOME e da NOME COGNOME sia in occasione della prima tornata elettorale che del ballottaggio, mettendosi così a disposizione per il raggiungimento degli scopi criminali del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (vedi pagg. 12 e 13 dell’ordinanza oggetto di ricorso).
2.3. I giudici di merito hanno, inoltre, argomentato in modo esente da illogicità manifeste, che l’avvenuto pagamento da parte del padre del COGNOME di una somma di denaro in favore del RAGIONE_SOCIALE per far candidare il figlio, non è circostanza idonea ad escludere il coinvolgimento del ricorrente nel voto di scambio descritto al capo 1) in considerazione della spontaneità di tale dazione e della destinazione di tale somma al finanziamento dei costi della campagna elettorale del COGNOME (vedi pag. 14 dell’ordinanza impugnata), motivazione che non può esser rivalutata, in questa sede, non essendo i giudici di merito incorsi
in contraddizioni o illogicità manifeste e non essendosi il ricorrente adeguatamente confrontato con le argomentazioni del Tribunale.
2.4. In modo del tutto logico e consequenziale, i giudici di merito hanno desunto dal contenuto delle intercettazioni riportate nelle pagine da 7 a 20 dell’ordinanza impugnata che il ricorrente fosse pienamente consapevole della natura politico-criminale degli accordi stretti tra i candidati ed il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ed il ruolo decisivo svolto dal COGNOME per il raggiungimento delle finalità inquinanti del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Con motivazione coerente con le risultanze indiziarie ed esente da manifeste illogicità, il Tribunale ha evidenziato che il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE controllava i voti delle sezioni abbinate al rione 219 e che l’indicazione del candidato da votare da parte del COGNOME era percepita dalla cittadinanza come promanante dal predetto RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e pertanto fondata sulla portata intimidatoria tipica delle associazioni di stampo mafioso con conseguente perfezione degli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 416-ter cod. pen. anche in assenza di specifici e comprovati atti di sopraffazione e minaccia da parte degli affiliati (vedi Sez. 6, n. 37374 del 06/05/2014, COGNOME, Rv. 260167 – 01; Sez. 2, n. 46524 del 22/09/2022, COGNOME, non massimata).
2.5. Il Tribunale, inoltre, ha correttamente affermato che la circostanza dedotta dalla difesa, secondo cui i voti ottenuti dai candidati sindaci nei due turni elettorali non sarebbero di molto superiori a quelli ottenuti dagli altri candidati, non è idonea ad escludere la sussistenza del reato di voto di scambio; i giudici del riesame hanno, infatti, correttamente dato seguito all’indirizzo giurisprudenziale secondo cui il reato di pericolo di cui all’art. 416-ter si perfeziona al momento dell’accordo volto a condizionare il risultato, non essendo necessaria per la perfezione dell’elemento materiale “l’effettiva rilevanza dei voti ottenuti” grazie all’accordo illecito. Si tratta, infatti, di un reato-contratto che consuma nel momento in cui viene raggiunto l’accordo concernente le reciproche promesse (vedi Sez. 1, n. 32820 del 02/03/2012, COGNOME, Rv. 253740 – 01; Sez. 6, n. 3405 del 20/12/2022, dep. 2023, COGNOME, non massimata).
Infine, il Tribunale ha correttamente ritenuto che la condotta contestata al COGNOME (promessa ai candidati di sindaci di procurare loro, nelle successive tornate elettorali, i voti necessari all’elezione “proprio perché forte del sostegno del RAGIONE_SOCIALE e dell’assoggettamento da esso provocato” (vedi pag. 20 della sentenza impugnata) sia idonea a perfezionare il reato di cui all’art. 416-ter cod. pen., sottolineando che in tal modo il COGNOME ha fornito il proprio apporto concorsuale alla realizzazione del patto illecito tra il RAGIONE_SOCIALE ed i candidati all elezioni comunali di cui al capo di imputazione.
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3. Il terzo motivo di ricorso è generico ed aspecifico.
3.1. Il Tribunale, con motivazione priva di manifeste illogicità, ha indicato i significativi e convergenti elementi indiziari da cui inferire che il COGNOME abbia posto in essere comportamenti concretizzanti una attiva partecipazione alle attività del RAGIONE_SOCIALE di stampo mafioso, a seguito di una valutazione degli elementi indiziari che appare rispettosa dei canoni di logica e dei principi di diritto che governano l’apprezzamento degli indizi di reità.
Dalle intercettazioni riportate in motivazione i giudici del riesame hanno desunto che il COGNOME, nel corso delle conversazioni captate, si metteva a totale disposizione del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, fornendo un apporto decisivo al raggiungimento degli scopi illeciti del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, sia garantendo il sostegno elettorale ai candidati via via individuati dai vertici dell’associazione sia strumentalizzando la carica di consigliere comunale per agevolare il rilascio delle certificazioni anagrafiche richieste dai parenti degli affiliati detenuti per essere ammessi ai colloqui in carcere. I giudici di merito hanno, pertanto, ritenuto che il COGNOME ha fornito un contributo eziologicamente rilevante, in quanto idoneo a conservare in vita il RAGIONE_SOCIALE e ad accrescerne la capacità di penetrazione e di controllo del territorio (vedi pagg. da 17 a 21 dell’ordinanza oggetto di ricorso).
Il Tribunale, con argomentazioni plausibili ed esenti da vizi di logicità, ha, quindi, ritenuto che le condotte desumibili dalle conversazioni intercettate espressive di una partecipazione concorsuale all’associazione di stampo mafioso; dando seguito all’indirizzo giurisprudenziale in virtù del quale il concorso esterno nell’associazione di tipo mafioso è configurabile anche nelle ipotesi di patto di scambio politico-mafioso, che si concretizzano quando un esponente politico, non inserito stabilmente nella RAGIONE_SOCIALE, si impegna, a fronte dell’appoggio fornitogli in prossimità di una competizione elettorale, a favorire gli interessi strategici del gruppo, rafforzandone la presenza sul territorio (Sez. 2, n. 45402 del 02/07/2018, COGNOME, Rv. 275510 – 02; Sez. 1, n. 19092 del 09/03/2021, COGNOME, Rv. 281410 – 01).
3.2. Il giudizio espresso nella doppia decisione non presenta, in conclusione, aspetti di illogicità o contraddittorietà, posto che il tenore delle conversazioni intercettate consente di apprezzare come il COGNOME non si ponga come soggetto che, solo episodicamente, entra in contatto con il RAGIONE_SOCIALE, dimostrando invece di condividerne le sorti e di esserne concorrente esterno.
Il ricorrente limitandosi ad affermare, in modo generico ed apodittico, la carenza ed irragionevolezza della motivazione, non si è confrontato adeguatamente con le argomentazioni dei giudici di merito con conseguente aspecificità del motivo.
4. Il quarto motivo di ricorso è infondato.
4.1. Il Tribunale, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, ha offerto una analitica valutazione del compendio indiziario al fine di esaminare la sussistenza delle esigenze cautelari; il collegio di merito ha rilevato, infatti, come il collegamento del ricorrente con gli esponenti del RAGIONE_SOCIALE fosse ancora attuale e come il risalente intreccio tra politica e camorra nel contesto territoriale in esame rendano concrete ed attuali le esigenze cautelari ed infausta la prognosi di reiterazione di condotte analoghe (pag. 22 dell’ordinanza impugnata).
I giudici del riesame hanno, peraltro, correttamente richiamato e applicato il principio secondo il quale la presunzione relativa di adeguatezza della custodia cautelare in carcere, prevista per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., può essere superata soltanto quando siano acquisiti elementi specifici dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure.
Infatti, la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia cautelare in carcere, di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., è prevalente, in quanto speciale, rispetto alla norma generale stabilita dall’art. 274 cod. proc. pen.; ne consegue che, se il titolo cautelare riguarda i reati previsti dall’art. 275, comma 3, del codice di rito, detta presunzione, salvo prova contraria, fa ritenere sussistenti i caratteri di attualità e concretezza del pericolo (Sez. 5, n. 33139 del 28/09/2020, COGNOME, Rv. 280450; Sez. 5, n. 4321 del 18/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280452; Sez. 1, n. 21900 del 07/05/2021, COGNOME, Rv. 282004).
L’ordinanza ha esaminato tutti gli elementi indicati dalla difesa, riproposti nel ricorso, a sostegno del superamento di detta presunzione, ma li ha considerati inidonei e recessivi rispetto agli altri di segno contrario, a fronte del radicamento del COGNOME in quell’intreccio di politica e camorra che connota l’attività ammnistrativa del Comune di Melito, radicamento che permetterebbe al ricorrente di favorire nuovamente gli interessi del RAGIONE_SOCIALE in considerazione della piena e pervicace adesione alle modalità ed alle logiche mafiose mostrata dall’indagato ed alla mancata prospettazione di elementi da cui desumere l’affievolimento della sua pericolosità o comunque la rescissione dei legami con il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (vedi pag. 22 dell’ordinanza impugnata).
Detta motivazione risulta logica e incensurabile, dovendosi ribadire che il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato sussiste a prescindere dalla positiva ricognizione di effettive e immediate opportunità di ricadute a portata di mano dell’indagato, essendo necessario e sufficiente formulare una
valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socioambientale (Sez. 3, n. 9041 del 15/02/2022, COGNOME, Rv. 282891; Sez. 2, n. 6593 del 25/01/2022, COGNOME, Rv. 282767; Sez. 5, n. 12869 del 20/01/2022, COGNOME, Rv. 282991).
4.2. Anche in ordine alla scelta della misura di massimo grado la motivazione è immune da illogicità manifesta laddove ha ritenuto non superata la presunzione relativa di adeguatezza e idoneità della sola misura di massimo grado.
I giudici del riesame hanno ritenuto che il pericolo di reiterazione possa essere contenuto solo con la massima misura in quanto altre meno afflittive avrebbero consentito al COGNOME di riprendere i contatti con gli ambienti criminali facenti capo alla camorra, anche in considerazione del rapporto amicale con il COGNOME e della particolare trasgressività ed assenza di scrupoli mostrata dal ricorrente (pag. 23 dell’ordinanza impugnata), motivazione che non può esser rivalutata, in questa sede, non ravvisandosi contraddizioni o illogicità manifeste.
Deve essere ribadita, infine, la costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui «il giudizio del Tribunale del riesame sull’inadeguatezza degli arresti domiciliari a contenere il pericolo della reiterazione criminosa, per la sua natura di valutazione assorbente e pregiudiziale, costituisce pronuncia implicita sulla impossibilità di impiego di uno degli strumenti elettronici di controllo a distanza previsti dall’art. 275-bis cod. proc. pen.» (Sez. 2, n. 43402 del 25/09/2019, Marsili, Rv. 277762; nello stesso senso Sez. 2, n. 31572 del 08/06/2017, Caterina, Rv. 270463 e da ultimo Sez. 1, n. 12475 del 03/11/2022, dep. 2023, Perdichizzi, non massimata).
Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Non conseguendo dall’adozione del presente provvedimento la rimessione in libertà dell’indagato, deve provvedersi ai sensi dell’art. 94, comma 1 ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 20 ottobre 2023
Il Const COGNOME 9stensore COGNOME
Il Pre idente