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Voluntary Disclosure: falsità e conseguenze penali

Un imprenditore è stato condannato per aver fornito informazioni false nella procedura di voluntary disclosure relativa a opere d’arte. La Cassazione ha confermato la condanna, respingendo i motivi di ricorso su incompetenza territoriale, inutilizzabilità delle prove e prescrizione. La Corte ha stabilito che la competenza è del luogo di accertamento del reato e che il delitto si consuma con l’ultimo atto mendace compiuto durante l’intera procedura, non con la sola presentazione iniziale dell’istanza.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Voluntary Disclosure: Le Bugie Costano Caro, la Cassazione Conferma la Condanna

La procedura di Voluntary Disclosure è stata introdotta come un’opportunità per sanare irregolarità fiscali su capitali esteri, ma la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2559/2024, ribadisce che non è una zona franca. Dichiarare il falso durante questo percorso di collaborazione con il Fisco integra un reato grave, con conseguenze penali significative. La pronuncia analizza aspetti cruciali come la competenza territoriale, l’utilizzabilità delle prove e il momento esatto in cui il reato si considera consumato.

I Fatti: Un Contribuente e la Collaborazione Volontaria

Il caso riguarda un imprenditore condannato per aver fornito dati e notizie non veritiere nell’ambito della procedura di collaborazione volontaria. Le falsità contestate erano molteplici e significative: l’imputato aveva falsamente dichiarato di essere un mero collezionista d’arte anziché un mercante, aveva omesso di dichiarare la riconducibilità a sé di società estere utilizzate per il commercio di opere d’arte e, soprattutto, aveva attestato che numerose opere si trovassero all’estero quando in realtà erano già in Italia.

Contro la condanna, confermata in appello, l’imputato ha presentato ricorso in Cassazione sollevando diverse questioni procedurali e di merito.

La Decisione della Cassazione sulla Voluntary Disclosure

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la condanna. La sentenza è di particolare interesse perché affronta e chiarisce alcuni punti chiave relativi al reato di false dichiarazioni in sede di collaborazione volontaria, fornendo principi applicabili a casi simili.

Le motivazioni della Corte

La decisione della Suprema Corte si fonda su un’analisi approfondita dei motivi di ricorso, offrendo importanti chiarimenti giuridici.

Competenza Territoriale: Dove si Accerta il Reato?

L’imputato sosteneva che il processo si sarebbe dovuto tenere a Milano, sede della Direzione Regionale delle Entrate a cui era stata inviata telematicamente l’istanza, e non a Bergamo. La Corte ha respinto questa tesi, affermando che per i reati finanziari di questo tipo la competenza si determina in base al “luogo di accertamento”. In questo caso, l’accertamento concreto delle falsità è avvenuto a Bergamo, grazie alle indagini della Guardia di Finanza locale. È irrilevante, quindi, il luogo di invio telematico della domanda.

Testimonianza del Professionista: Tra Segreto e Verità

Un punto centrale del ricorso riguardava l’utilizzabilità della testimonianza di un giovane praticante avvocato che aveva assistito l’imputato. La difesa sosteneva che il testimone fosse stato costretto a deporre in violazione del segreto professionale. La Cassazione ha ritenuto che non vi fosse prova di alcuna illecita coartazione. Il professionista, messo di fronte alla possibilità di essere coinvolto nel reato, ha liberamente scelto di rispondere per “prendere le distanze” dalla condotta illecita, rendendo la sua testimonianza pienamente utilizzabile.

Intercettazioni e “Prova di Resistenza”

Erano state contestate anche le intercettazioni di conversazioni tra l’imputato e il suo consulente legale. Sebbene la Corte riconosca che la tutela delle comunicazioni difensive si applichi anche in contesti non strettamente penali come una procedura tributaria, ha ritenuto le intercettazioni utilizzabili. Ciò in base a due principi: in primo luogo, il professionista aveva successivamente testimoniato in giudizio sugli stessi fatti, facendo scattare un’eccezione di legge; in secondo luogo, la condanna si basava anche su altre prove decisive e indipendenti (la cosiddetta “prova di resistenza”), come la testimonianza di un’altra persona che aveva confermato la presenza delle opere d’arte in Italia.

La Natura del Reato nella Voluntary Disclosure: Quando si Consuma?

La difesa aveva tentato la carta della prescrizione, sostenendo che il reato si fosse consumato istantaneamente con il deposito della prima relazione falsa. La Cassazione ha smontato questa tesi, qualificando il reato come “eventualmente abituale”. Questo significa che, sebbene una sola dichiarazione falsa sia sufficiente a integrare il delitto, se il contribuente continua a mentire nel corso del contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate, la consumazione del reato si protrae. Il momento finale, da cui far decorrere la prescrizione, è quello dell’ultimo atto mendace. Nel caso di specie, l’ultima bugia era stata detta mesi dopo la presentazione dell’istanza, spostando in avanti il termine di prescrizione e rendendo il reato non estinto.

Le conclusioni

La sentenza n. 2559/2024 della Corte di Cassazione lancia un messaggio chiaro: la collaborazione volontaria è una procedura basata sulla fiducia e sulla veridicità. Qualsiasi tentativo di ingannare il Fisco fornendo informazioni incomplete o false non solo ne vanifica lo scopo, ma espone a gravi responsabilità penali. La Corte ha inoltre consolidato importanti principi procedurali: la competenza territoriale si radica nel luogo dove le indagini portano alla luce il falso, e la consumazione del reato non si esaurisce con la prima istanza, ma prosegue fino all’ultima menzogna detta all’interno della procedura. Un monito per contribuenti e professionisti sulla necessità della massima trasparenza e correttezza in ogni fase del dialogo con l’amministrazione finanziaria.

Quando si considera commesso il reato di false dichiarazioni in una voluntary disclosure?
Il reato non è considerato istantaneo, ma “eventualmente abituale”. Ciò significa che si consuma non con la semplice presentazione della domanda, ma con l’ultimo atto di mendacio compiuto durante l’intera procedura di collaborazione, inclusi i successivi contraddittori con l’Agenzia delle Entrate.

La testimonianza di un avvocato che ha assistito il cliente nella procedura è utilizzabile contro di lui?
Sì, può essere utilizzata se il professionista sceglie liberamente di testimoniare. Secondo la Corte, il fatto che un professionista decida di deporre per chiarire la propria posizione e distinguersi da una condotta illecita non costituisce una forma di coercizione che renda la testimonianza inutilizzabile.

In quale tribunale si deve celebrare il processo per questo reato?
La competenza territoriale è determinata dal “luogo dell’accertamento”. Questo non è il luogo dove viene inviata telematicamente la domanda (es. la sede della Direzione Regionale), ma il luogo dove le autorità inquirenti, come la Guardia di Finanza, svolgono le indagini che concretamente accertano la falsità delle dichiarazioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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