Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45373 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45373 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME nato a POMPEI il 04/05/1997 NOME nato a TORRE ANNUNZIATA il 11/03/1987
avverso la sentenza del 11/04/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME Monica e NOME COGNOME ricorrono, a mezzo dei rispettivi difensori, con separati atti, avverso la sentenza di cui in epiqrafe entrambi, deducendo violazione di legge e/o vizio motivazionale in relazione alla condizione di procedibilità, non ritenendo valida qua:e querela la denuncia di furto sporta dalal persona offesa il 18/8/2020 e il COGNOME anche mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità , soprattutto laddove non si è tenuto conto delle dichiarazioni di COGNOME COGNOME il quale ha affermato che il COGNOME e COGNOME non erano a conoscenza della sua volontà di rubare il motorino. Chiedono, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
I motivi sopra richiamati non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito
2.1. Ed invero, la questione della mancanza di condizione di procedibilità è stata già scrutinata e confutata, con motivazione logica e corretta in punto di diritto, dalla Corte territoriale,
Si ricorda in sentenza che, per effetto delle modifiche apportate all’art. 624 c p dal D L vo 150120221 il furto, ancorché aggravato ai sensi dell’art 625 cod. pen., e divenuto perseguibile a querela di parte, salvo che in limitate ipotesi che non ricorrono nel caso in esame.
Osserva, tuttavia la Corte territoriale che vi è in atti denuncia sporta in data 18 agosto 2020 dalla persona offesa NOME nella quale è ravvisabile una chiara manifestazione della volontà punitiva nei confronti degli autori del reato.
In proposito, viene innanzitutto evidenziata la piena legittimazione di NOME – che peraltro l’odierno ricorrente non contesta – a presentare querela in qualità di soggetto derubato che aveva la disponibilità e la custodia del motoveicolo oggetto di furto, benché il proprietario fosse il figlio NOME ciò sul co retto rilievo che la giurisprudenza di legittimità ha da tempo chiarito che il bene giuridico protetto dal delitto di furto e individuabile non solo nella proprietà o ne diritti reali personali o di godimento, ma anche nel possesso, inteso come relazione di fatto che non richiede la diretta fisica disponibilità, che si configura anche in assenza di un titolo giuridico è persino quando esso si costituisce in modo clandestino o illecito, con la conseguenza cne anche al titolare di tale posizione di fatto etta la qualifica di persona offesa e, di conseguenza, la ;egittimazione a proporre querela (il richiamo è a S.U. n. 40354/2013). E nel caso di specie il motoveicolo oggetto di furto era pacificamente nella disponibilità di NOMECOGNOME al quale il proprietario l’aveva consegnato ed affidato.
Per quanto attiene poi la manifestazione della volontà punitiva da parte del Bello, viene operata corretta applicazione dell’insegnamento della giurisprudenza di legittimità, laddove pacificamente ritiene, in tema di reati perseguibili a querela, che la sussistenza della volontà punitiva da parte della persona offesa non richiede formule particolari e, pertanto, può essere riconosciuta dal giudice anche in atti che non contengono la sua esplicita manifestazione, purché univocamente dimostrativi di tale volontà (cfr. ex multis, Sez. 5, n. 2665 del 12/10/2021, dep. 2022, Baia, Rv. 282648 – 01).
Ebbene, si fa rilevare che nel caso in esame, benché l’atto di denuncia di furto del motociclo non contenga esplicitamente la volontà dei Bello di punire gli autori del reato, tale volontà risulta univocamente desumibile dalla dichiarazione contenuta nell’ultima parte dell’atto in cui il Bello ha manifestato la volontà di ricever l’avviso, ex art. 408 cod. proc. pen., della richiesta di archiviazione, con l’indica zione specifica dell’indirizzo mail al quale inviarlo, ciò all’evidente esercitare il d ritto di opposizione spettante alla persona offesa.
Ciò appare conforme a criteri di logica in quanto la richiesta di archiviazione si riferisce ad un procedimento penale per la punizione del colpevole cui evidentemente la persona offesa ha interesse.
La pronuncia si colloca, pertanto, nel solco del richiamato dictum secondo cui, in tema di reati perseguibili a querela, la sussistenza della volontà di punizione da parte della persona offesa non richiede formule particolari e, pertanto, può essere riconosciuta dal giudice anche in atti che non contengono la sua esplicita manifestazione, i quali, ove emergano situazioni di incertezza, vanno, comunque, interpretati alla luce del “favor querelae” (così Sez. 5, n. 2665 del 12/10/2021, deo. 2022, Baia, Rv. 282648 – 01 in una fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto chiara espressione della volontà di punizione la richiesta, formulata in un atto di “denuncia querela” da parte della persona offesa dal reato in tale sua qualità, di essere informata della eventuale richiesta di archiviazione formulata dal pubblico ministero, e del contemporaneo conferimento di procura speciale al difensore di fiducia per proporre opposizione alla suddetta richiesta).
Già in precedenza, peraltro, in una situazione analoga a quella che ci occupa, era stato sottolineato come la dichiarazione con la quale la persona offesa, all’atto della denuncia, affermi di volersi immediatamente costituire parte civile deve essere qualificata come valida manifestazione del diritto di querela, considerato che la sussistenza della volontà di punizione da parte della persona offesa non richiede formule particolari e può, pertanto, essere riconosciuta dal giudice anche in atti che non contengono la sua esplicita manifestazione, i quali, ove emergano situazioni di incertezza, vanno, comunque, interpretati alla ‘uce del “favor querelae” (così Sez. 5, Sentenza n. 2293 de! 18/06/2015 dep. 2016, COGNOME, Rv. 266258 –
01 che ha ritenuto immune da censure la decisione con la quale il giudice di merito ha ritenuto validamente integrata la sussistenza dell’istanza di punizione nella dichiarazione della persona offesa di volersi costituire parte civile e di volere ricevere l’avviso della richiesta di archiviazione, ex art. 408 cod. proc. pen).
E il principio del favor querelae .era stato ribadito nella successiva pronuncia in cui si era affermato che, in tema di reati perseguibili a querela, la sussistenza della volontà di punizione da parte della persona offesa non richiede formule particolari e, pertanto, può essere riconosciuta dal giudice anche in atti che non contengono la sua esplicita manifestazione, i quali, ove emergano situazioni di incertezza, vanno, comunque, interpretati alla luce del “favor querelae”; ne consegue che la dichiarazione con la quale la persona offesa, all’atto della denuncia, si costituisce o si riserva di costituirsi parte civile deve essere qualificata come valida manifestazione del diritto di querela (così Sez. 2, n. 5193 del 05/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 277801– 01, che ha confermato la condanna per appropriazione indebita aggravata ex art. 61, n. 11 cod. pen., delitto divenuto procedibile a querela ex art. 10, comma 1, d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36, dopo la sentenza di primo grado, rilevando che la sussistenza della condizione di procedibilità era desumibile dalla riserva di costituzione di parte civile formulata dalla persona offesa nella denunzia).
Logicamente viene evidenziato, infine, che la mancata partecipazione al giudizio abbreviato da parte della persona offesa non può essere intesa come mancanza di effettiva volontà punitiva, atteso che, come si evince dagli atti processuali, al Bello non e stato neppure notificato il decreto di citazione a giudizio
2.2. Manifestamente infondato è il motivo in punto di responsabilità proposto dal Romito. Ed invero si tratta di un motivo generico ed aspecifico non scandito da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata, privo della puntuale enunciazione delle ragioni di diritto giustificanti il r corso e dei correlati congrui riferimenti alla motivazione dell’atto impugnato e volto a prefigurare una rivalutazione o e/o alternativa rilettura delle fonti probatorie, estranee al sindacato di legittimità e avulse da una pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudici di merito.
Per contro, l’impianto argomentativo del provvedimento impugnato appare puntuale, coerente, privo di discrasie logiche, del tutto idoneo a rendere intelligibile l’iter logico-giuridico seguito dal giudice e perciò a superare lo scrutinio d legittimità, avendo i giudici di secondo grado preso in esame le deduzioni difensive ed essendo pervenuti alle loro conclusioni attraverso un itinerario logico-giuridico in nessun modo censurabile, sotto il profilo della razionalità, e sulla base di apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in sede di legittimità.
In particolare, sul tema della mancanza di un concorso del COGNOME, la Corte territoriale ha evidenziato come sia il COGNOME che il COGNOME debbano rispondere del reato in contestazione a titolo di concorse in quanto, dall’analisi dei frame versati in atti, si evince chiaramente che l’azione predatoria messa a segno dai quattro è stata tutt’altro che frutto di una decisione estemporanea del COGNOME (e del COGNOME), come ha cercato di far credere il reo confesso: invero, dalle immagini estrapolate dal sistema di video sorveglianza del lido “Miramare” (frame nn. I e 2 ) si vedono passare i mezzi a bordo dei quali si trovavano gli imputati, rallentare ed operare una “ricognizione” dei mezzi parcheggiati; si vedono poi i predetti mezzi, qualche secondo dopo, ripassare nuovamente dinanzi al lido, .e fermarsi nei pressi del punto in cui era parcheggiato il motoveicolo del Bello, asportato materialmente dal COGNOME, mentre gli altri aspettavano il complice sulle moto. Le telecamere di sicurezza del comune, poi, hanno ripreso i 4 subito dopo il furto: oltre al COGNOME sul mezzo rubato, si vedono chiaramente il COGNOME sul Piaggio Beverly ed il COGNOME ed il COGNOME sull’Honda SH che lo scortano.
Logico, appare, pertanto, che i giudici di appello abbiano ritenuto evidente, la concertazione dell’azione delittuosa tra i quattro (che, individuato il mezzo di interesse, sono tornati immediatamente indietro per rubarlo), ed evidente, altresì, il supporto offerto all’autore materiale del reato sia nelle fasi di apprensione del motociclo (gli imputati rimanevano fermi sulle moto controllando il passaggio delle persone e il buon esito dell’azione del complice), sia in quella successiva di allontanamento dal luogo di perpetrazione del furto (in cui seguivano il mezzo rubato condotto dal COGNOME, scortandolo in luogo sicuro).
Essendo i ricorsi inammissibili e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 21/11/2024