Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 26506 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 26506 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 25/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME, nata a Varallo il giorno DATA_NASCITA
rappresentata ed assistita dall’AVV_NOTAIO – di fiducia
avverso la sentenza in data 26/9/2023 della Corte di Appello di Torino visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che non è stata richiesta dalle parti la trattazione orale ai sensi degl artt. 611, comma 1-bis cod. proc. pen., 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5-duodecíes del dl. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del dl. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta con la quale il AVV_NOTAIO, ha chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente al capo A per essere l’azione penale improcedibile per difetto di querela con rideternninazione della pena ai sensi dell’art. 620, lett. I cod. proc. pen.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 26 settembre 2023 la Corte di Appello di Torino, ha confermato la sentenza in data 13 dicembre 2021 del Tribunale della medesima città con la quale, all’esito di giudizio abbreviato, NOME COGNOME era sta dichiarata colpevole di due truffe (art. 640 cod. pen.) ai danni di NOME COGNOME (consumata in data 10 febbraio 2018 – capo A della rubrica delle imputazioni) e di NOME COGNOME (consumata in data 6 aprile 2018 – capo B) e, ritenuta la continuazione ex art. 81, comma 2, cod. pen., esclusa la contestata recidiva, condannata a pene ritenute di giustizia, oltre al risarcimento dei danni nei confronti della parte civile NOME COGNOME con riconoscimento allo stesso di una provvisionale immediatamente esecutiva.
Ricorre per Cassazione avverso la predetta sentenza il difensore dell’imputata, deducendo con motivo unico la violazione dell’art. 599, comma 2, cod. proc. pen. in relazione all’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.
Rileva, al riguardo, la difesa della ricorrente che avrebbe errato la Corte di appello nel qualificare come querela la denuncia presentata alla Guardia di RAGIONE_SOCIALE in data 6 febbraio 2018 dalla persona offesa NOME COGNOME ciò in quanto dal predetto atto – ancorché intestato “denuncia/querela” non emerge alcuna formula dalla quale desumere la volontà che la NOME fosse perseguita penalmente.
A ciò si aggiunge che il COGNOME non si è costituito parte civile e non è comparso nel procedimento penale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
In via preliminare occorre rilevare come il ricorso è formulato esclusivamente con riguardo al reato di cui al capo A della rubrica delle imputazioni con la conseguenza che l’affermazione della penale responsabilità dell’imputata per il reato di cui al capo B (truffa ai danni di NOME COGNOME) e le conseguenti statuizioni in materia civile sono da ritenersi divenute irrevocabili.
2. Il ricorso non è fondato.
Il Tribunale non aveva posto in dubbio che l’atto presentato dalla persona offesa NOME COGNOME potesse essere qualificato come “querela” anche se poi non aveva approfondito la questione nella motivazione della propria sentenza.
La Corte di appello, investita invece da uno specifico motivo di gravame, ha rilevato che non solo l’atto presentato alla Guardia RAGIONE_SOCIALE è intestato “querela”
ma nello stesso la persona offesa ha espressamente dichiarato di essere vittima di reato.
Rileva l’odierno Collegio, che al di la di quanto già correttamente affermato dai Giudici di merito la volontà della persona offesa NOME COGNOME di procedere nei confronti dell’odierna ricorrente emerge anche dalla constatazione che detta persona offesa, pur essendo priva della concreta possibilità di ottenere un ristoro economico per il danno subito, si è comunque determinata a presentare una denuncia/querela alla Guardia di RAGIONE_SOCIALE con l’evidente intento che la NOME fosse quantomeno punita in sede penale.
A ciò si aggiunge che questa Corte di legittimità, con un assunto condiviso anche dall’odierno Collegio, ha chiarito che «In tema di reati perseguibili a querela, la sussistenza della volontà di punizione da parte della persona offesa non richiede formule particolari e, pertanto, può essere riconosciuta dal giudice anche in atti che non contengono la sua esplicita manifestazione, i quali, ove emergano situazioni di incertezza, vanno, comunque, interpretati alla luce del “favor querelae” (Sez. 5, n. 2665 del 12/10/2021, dep. 2022, Rv. 282648).
Da quanto sopra consegue il rigetto del ricorso in esame, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 25 giugno 2024.